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Autore: Valerie    07/01/2024    0 recensioni
Eleonora non riusciva a capacitarsi di come fosse possibile che le camicie dell’uomo che lei stava fissando senza ritegno da almeno dieci minuti semplicemente non esplodessero nel mal contenere tutta la muscolatura strabordante che si portava addosso.
Erano le dieci del mattino, era arrivata in ufficio da appena un’ora e già si era distratta una dozzina di volte dalla mole di lavoro che avrebbe dovuto sbrigare entro la pausa pranzo.
Il suo capo non le facilitava le cose.
Tanto bello quanto odioso, Gabriele La Torre era la persona più detestabile che Eleonora avesse mai conosciuto.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo 4
 
 
 
Aveva sempre apprezzato il mare. Proveniva lei stessa da una località balneare, anche se non tra le più rinomate. Il suo paese, steso su una sottile striscia di costa mediterranea, nella parte centrale dell’Italia, offriva a Eleonora, e a tutti i sognatori come lei, una valida via di fuga dal caos opprimente della città.
Si ritrovò a cercare di capire dove la linea dell’orizzonte si nascondesse in quel mare scuro che la notte avvolgeva rendendo indistinguibile tutto ciò che fagocitava, ma l’unica cosa che riusciva a vedere erano i riflessi che le acque intorno alla lussuosa imbarcazione restituivano delle diverse luci colorate presenti a bordo.
Alla fine aveva ceduto: si era presentata all’entrata dell’albergo in attesa del suo capo per presenziare allo sfarzosissimo party organizzato dalla signora Ferrera in persona. Non prima, però, di aver convinto Frank ad avvisare La Torre della sua assenza. Una piccola parte di sé aveva sperato che, privato del suo designer di punta, il grande capo avrebbe potuto concedere anche a lei di rimanere in hotel. Ahimè, niente di tutto quello era avvenuto.
Così, aveva dovuto cercare un abito adatto all’occasione fra i pochi indumenti che aveva infilato alla bell’e meglio dentro la sua valigia. Ovviamente nessuno era consono all’evento.
Quando fu tornata nella sua stanza, dopo la ricca conversazione tenuta con l’amico e collega, era stata sul punto di accusare un malore lei stessa circa una quindicina di volte: non poteva di certo presentarsi con quei tailleur così basic che spesso utilizzava per lavoro ad un party pieno di persone chic e con la puzza sotto al naso.
Arresa all’evidenza che svuotare la valigia per la terza volta non avrebbe fatto materializzare un abito mozzafiato sul fondo, Eleonora aveva deciso di prendere il toro per le corna e di scendere a comprarne uno che non le facesse fare la figura della segretaria sfigata di turno.
Un po’ la infastidiva dover spendere dei soldi per impressionare gente snob che non la conosceva affatto e che non avrebbe mai più incontrato nella vita.
O, più plausibilmente, mal sopportava l’idea di sentirsi a disagio, come era accaduto appena la mattina di quello stesso giorno, guardandosi allo specchio e confrontandosi con le belle donne sicuramente presenti alla festa. Il nemico pubblico numero uno era, senza ombra di dubbio, Veronica Ferrera. Perché, anche se lo avrebbe ammesso con una fatica senza precedenti, Eleonora si sentiva, in una piccola parte reclusa di sé stessa, in competizione con lei.
Analizzando razionalmente la questione, non poteva esserci nessuna competizione. Lei non concorreva davvero per la conquista delle attenzioni del suo capo, e, in ogni caso, non avrebbe di certo avuto la più remota possibilità contro la bellezza di quella donna. Eppure, se ne avesse avuto l’occasione, avrebbe tanto voluto rovesciare una scodella di Sangria in testa alla bella figlia di papà.
Aperta la porta della sua camera d’albergo, pronta per immergersi nell’ardua missione di trovare un vestito mozzafiato, Eleonora si era trovata davanti un fattorino con in mano due grosse scatole. Una di forma più o meno quadrata di colore nero e l’altra, più stretta e lunga, di un romanticissimo color rosa antico e con un enorme fiocco di seta bianca a sigillarla. Entrambe le confezioni riportavano l’iconica scritta “Dior”.
Inutile descrivere il vertiginoso senso di stupore che la colse quando le venne spiegato che erano entrambe per lei. Aveva cercato pazientemente di spiegare al fattorino che probabilmente aveva sbagliato persona, ma quello, sorridendo appena, aveva insistito dicendo che era sicurissimo che il signor la Torre avesse indicato proprio Eleonora Tosti come destinataria di quei pacchi.
-Potresti chiudere la bocca? – aveva detto a Frank dopo essere corsa in camera sua a fargli vedere l’elegantissimo vestito che il suo capo le aveva appena fatto recapitare in camera.
Era un lungo abito realizzato con chiffon di seta nero con uno scollo a trapezio e che vedeva le spalline unirsi al sottile girocollo di perle che impreziosiva il tutto. Sul retro, una profonda scollatura aggiungeva a tutta quell’eleganza un tocco decisamente sexy.
Francesco era andato totalmente su di giri, mentre Eleonora aveva avvertito un leggero fastidio all’altezza dello stomaco. Forse non era in grado lei di trovare un vestito adatto all’occasione?
L’amico l’aveva redarguita nel giro di trenta secondi nel vedere quel velo di disappunto dipinto sul suo volto. Per cui, avrebbe indossato quel vestito che morbido le ricadeva sul corpo valorizzandolo e non avrebbe alzato nessuna polemica al riguardo.
L’ultima frase che le aveva rivolto, sorridendo in modo allusivo e chiudendole immediatamente la porta in faccia per evitare di essere investito dalle sue sterili polemiche era stata “Non preoccuparti di farmi sapere che non tornerai a dormire in camera, sta notte”. In modo del tutto prevedibile, El aveva sbraitato contro la porta chiusa arrossendo dalla radice dei capelli alla punta dei piedi.
A discapito delle grandi previsioni di Frank, appena una mezz’ora dopo, Gabriele La Torre aveva mantenuto un’espressione abbastanza impassibile alla visione di Eleonora vestita in quel modo, forse, sospettava lei, manifestando una certa e fastidiosa delusione, perché il bianco capospalla di leggera pelliccia che lui le aveva fatto recapitare assieme al vestito copriva le scollature strategiche dell’abito.
Fortunatamente, il volo in aeroplano era stato abbastanza veloce ed indolore. Solamente lei, il suo capo e il signor Ferrera erano presenti a bordo e gli uomini avevano subito attaccato a parlare di affari. Eleonora aveva quasi temuto che La Torre le potesse ordinare di prendere appunti.
-Veronica ha raggiunto sua madre nel tardo pomeriggio- aveva detto d’un tratto il presidente della Cotton Style, forse notando la mancata curiosità riguardo l’assenza di sua figlia -Mia moglie desiderava molto che fosse lì ad accogliere gli ospiti insieme a lei-
Il suo capo aveva accennato un segno d’assenso e poi aveva ripreso a parlare della campagna pubblicitaria.
Eleonora voltò le spalle al mare scuro che la circondava emettendo un sonoro sospiro. Si era distaccata dalla compagnia già da diverso tempo e forse era il caso di entrare nella sala del rinfresco.
Non che ne avesse molta voglia, in realtà. Appena saliti sullo yacht, Veronica Ferrera aveva corso, o meglio ancheggiato, fino a loro in modo così fintamente contenuto, nel suo succinto vestito blu cobalto, che Eleonora aveva desiderato ardentemente buttarsi in acqua e sparire nel buio degli abissi, quando poi aveva ricordato che lei non aveva nulla da invidiare a quella donna, perché, sempre lei, non aveva mire espansionistiche sul suo sexy capo.
Poteva stuzzicare la sua fantasia, certo, tutta quella storia che Frank le aveva raccontato, ma per lei ancora contava ciò che aveva direttamente vissuto sulla propria pelle e, se davvero La Torre nutriva un qualche remoto interesse per lei – e faticava a crederlo davvero – avrebbe dovuto fare molto più che affittarle un vestito di Dior.
Perché lo aveva affittato, vero? Si ritrovò a chiedersi in preda al panico. Ma probabilmente non era quello il momento adatto per farsi venire ulteriori paranoie. Non lo aveva ancora ringraziato, in verità, per quello. Quando era giunta all’entrata dell’albergo aveva trovato i due uomini con cui avrebbe intrapreso il volo già intenti a chiacchierare di pubblicità e marketing, quindi non ne aveva avuto il modo.
-Dentro è meno umido- la voce del suo capo sopraggiunse da sinistra e subito scattò con lo sguardo verso di lui. Era davvero bello nel suo completo Gucci, mentre avanzava verso di lei con quelle che avevano tutta l’aria di essere due flûte di champagne. Le linee dell’abito esaltavano quelle del suo corpo scolpito mettendone in evidenza l’armoniosità.
-Stavo per l'appunto rientrando- si affrettò a dire staccandosi dal parapetto e riscuotendosi mentalmente da quei pensieri.
-In realtà, non si perde niente- le disse allungandole il bicchiere e poggiandosi con i gomiti alla ringhiera, guardando verso il mare buio.
-La festa non è di suo gradimento?- gli chiese lei, accettando lo champagne e sorseggiandone un goccio.
Quella quasi confidenzialità la metteva a disagio. Non era abituata a conversare con lui, non in modo naturale come quella situazione richiedeva.
Magari un po’ di alcol le avrebbe dato una spintarella.
-Tanto quanto lo è a lei- le rispose, probabilmente alludendo alla sua fuga sul ponte.
-Pensavo fosse avvezzo a questo genere di cose- gli disse, più per provocarlo che per convinzione.
-Diciamo che il mio ruolo di imprenditore richiede un certo carnet di party l’anno. Questo non rende gli eventi godibili, forse solo leggermente sopportabili-
-Non può essere una vera agonia partecipare a feste come questa. Immagino ci siano cose più sgradevoli- lo rimbeccò allora lei affiancandolo e voltandosi a guardare le tremolanti luci riflesse nell’acqua.
-Certo che sì. Ma lei ha fatto una supposizione e io mi sono sentito in dovere di argomentarla. Questo è lavoro, per me. Nulla più. Anche se, in alcuni casi, può offrire alcune occasioni piacevoli, come bere del buono champagne godendo del rilassante rumore delle onde del mare- aggiunse alzando la flûte come ad indicare il mare tutto intorno.
-Il mare rende migliore qualsiasi cosa- commentò EL guardando fissa davanti a sé con aria assorta.
Non lo disse, ma per lei il mare era sempre stato il luogo delle grandi chiacchierate con Dio.
“Dio abita al mare” aveva pensato un giorno passeggiando sulla riva di una spiaggia e lasciando le impronte sulla sabbia.
Non sapeva spiegarlo, ma un senso di meraviglia la invadeva quando rimirava il sole maestoso all’orizzonte immergersi nel mare. In quel momento, nel cuore sorgeva sempre la certezza ingenua che Dio abitasse un posto incredibile come quello e che da lì la ascoltasse, che accogliesse le sue parole silenziose quando la risacca del mare le riportava indietro.
Per un attimo ebbe l’impulso di condividere con l’uomo che aveva accanto questo piccolo segreto, ma poi si trattenne.
-A lei piace il mare?- gli chiese, invece.
-Molto, ma preferisco la montagna-
Ecco. Meno 150 punti a Gabriele La Torre.
-Tipo da trekking?- lo incalzò lei.
-Se così si può dire- le sorrise -In realtà trovo che la montagna sia un luogo che dia adito a riflessioni e meditazioni. Con i suoi paesaggi, i suoi sentieri e a volte anche le sue dure prove. Lei crede in Dio?- le chiese a bruciapelo.
Eleonora rimase un attimo interdetta. Trovava la domanda singolare e anche un po’ invadente, oltre che stranamente coincidente con i propri pensieri.
-Lei ci crede?- gli chiese di rimando, temendo un giudizio polemico sulla sua posizione.
Lui si voltò a guardarla, colpito dalla mancata risposta.
-Quando riesci ad abbracciare con lo sguardo certi panorami non puoi evitare di pensare che sì, un dio esista. Poi, però, torno alla realtà…-
Chi era quell’uomo? Cosa ne aveva fatto del suo capo? Perché, tutto d’un tratto, le raccontava certe cose? E perché lei trovava piacevole starsene lì fuori, con l’umidità che le gonfiava i capelli, a discutere dell’esistenza di Dio?
Con un sol sorso bevve lo champagne che le era rimasto nel bicchiere.
-Credo che ci stiano cercando- disse, provando a dirottare il discorso su ciò che le riusciva più facile gestire.
-Gabriele!- la voce melliflua di Veronica Ferrera li raggiunse.
-Per l’appunto- disse Eleonora a mezza bocca, ignara dell’occhiata divertita che il suo capo le aveva appena riservato.
-Gabriele- ripeté la ragazza raggiungendoli e mettendo in evidenza la profonda scollatura sul decolleté -Mio padre è impaziente di presentarti alcuni partner dell’azienda-
Ma non aveva freddo? Cos’aveva? Il riscaldamento sottocutaneo?
-Sì, certo, stavamo rientrando- disse lui prontamente.
-Vieni, potrebbero essere tutti tuoi potenziali clienti- fece ancora la ragazza con aria complice e arpionando il braccio dell’uomo con il suo.
Eleonora li seguì a qualche passo di distanza, incapace di distogliere lo sguardo da quel contatto.
Guardò con attenzione l’espressione del suo capo, ma niente tradì un ipotetico fastidio. Manteneva un’espressione cordiale e un accennato sorriso.
Scosse la testa infastidita. Magari sarebbe scivolata dallo yatch e finita in pasto agli squali. C’erano gli squali nel Tirreno?
In alternativa, avrebbe sempre potuto cercare quella famosa scodella di Sangria.
 
 
 
   
 
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