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Autore: Enchalott    07/01/2024    3 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a tutti! :)
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Dopo una guerra ventennale, i Salki vengono sottomessi dalla stirpe demoniaca dei Khai. Negli accordi di pace figura una clausola non trattabile: la primogenita del re sconfitto dovrà sposare uno dei principi vincitori. La prescelta è tanto terrorizzata da implorare la morte, ma la sorella minore non ne accetta l'ingiusto destino. Pertanto propone un patto insolito a Rhenn, erede al trono del regno nemico, lanciandosi in un azzardo del quale si pentirà troppo tardi.
"Nessuno stava pensando alle persone. Yozora non sapeva nulla di diplomazia o di trattative militari, le immaginava alla stregua di righe colorate e numeri su una pergamena. Era invece sicura che nessuna firma avrebbe arginato i sentimenti e le speranze di chi veniva coinvolto. Ignorarli o frustrarli non avrebbe garantito alcun equilibrio. Yozora voleva bene a sua sorella e non avrebbe consentito a nessuno di farla soffrire."
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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L’uomo che ho scelto.
 
Il Kharnot concesse al re sconfitto di abbracciare la figlia, poi sbatté tutti fuori, intimando ai guaritori di tornare al momento debito.
Yozora riacquisì graduale contezza, le guance si colorirono di rosa tenue. Schiuse le palpebre, un moto di dolore le transitò sul viso.
«Mahati…»
Lui si piegò a baciarle la fronte, il sorriso velato di commozione.
«Ho sognato mio padre e… dove siamo?»
«A Seera. Non è un’illusione.»
«C-come? Cos’è accaduto, perché…?»
Mahati le sedette accanto, sfiorandola con una carezza.
«Stavi per lasciarmi. Non ho avuto scelta.»
Gli occhi di lei si colmarono di lacrime.
«Dèi! Ho avuto paura.»
«Ssh. Non pensare alla morte.»
«Non di lei! Tu, Mardan, il nostro matrimonio… che nulla fosse vero!»
Lui posò le labbra sulle sue.
«Così allevio i tuoi timori?»
Yozora guardò affascinata l’uomo che aveva scelto, regale e attraente come lo aveva conosciuto dopo la guerra. Allungò il braccio per toccarlo, guadagnandosi una fitta.
«Cerca di non muoverti, il dardo è penetrato a fondo, è normale che ti dolga.»
«Dardo? Ricordo uno spasmo insopportabile… oh! Era avvelenato?»
Il principe annuì e riassunse gli eventi.
«Spero che Rhenn abbia risparmiato il colpevole, così lo sgozzerò di persona, dopo avergli fatto conoscere da vivo il fondo del naarak
«Perché la tossina non mi ha uccisa?»
«Forse esserne già venuta a contatto ha creato una lieve immunità e farti ingerire il nostro sangue è stato risolutivo.»
“Nostro” significa che è intervenuto Rhenn.
Yozora lo aveva colto tra le proiezioni caotiche dell’inconscio, anzi le era sembrato l’unico elemento concreto. Ma mettere insieme i pezzi era sfiancante.
«Portarmi qui dichiarandoti a corto di soluzioni ti è costato molto in termini d’orgoglio. Mi dispiace.»
«Šokai non vanta il primo posto. Nulla vale più della tua vita.»
La principessa si strinse al marito con le poche forze che riuscì a raccogliere.
«Ringrazio gli Immortali, poiché esisti davvero e mi scaldi l’anima.»
«A tal proposito» sviò lui «Sei gelida, hai perso molto sangue e il veleno ti ha sottratto le energie. Senza contare la dannata umidità di questo posto.»
«È la nostra romantica primavera. È sufficiente attizzare il camino o un’altra coperta.»
«Ecco la più efficace dell’universo.»
Mahati si spogliò e s’infilò tra le coltri, sciogliendole la veste leggera. Il pelle contro pelle evocò i ricordi e riscaldò entrambi.
«Anche questo è ahanimi» arrossì Yozora.
Il giovane sorrise alla definizione traducibile come “dolce vita”, ma che espressa dalla moglie acquisiva un significato esclusivo.
«Riposa. Mi troverai al risveglio.»
«Kaniša si adirerà se non rientrerai a Mardan. Non scontentarlo, mio padre e mia sorella si occuperanno di me finché non starò meglio.»
«Ti porterò via appena sarai in grado di montare. Io penserò a te. Il re può andare all’inferno o sfogarsi con Rhenn.»
«Ma…»
«Non impedirò a Entin di vederti guarire o di vezzeggiarti alla maniera salki. Tuttavia sono tuo marito, qui detengo il comando, pertanto ho la prelazione.»
Nonostante l’affermazione autorevole, Yozora rincuorò. Il polso duro di Mahati era un lato del suo temperamento che mai avrebbe creduto di apprezzare: risoluto ma equo, la faceva sentire protetta, desiderata.
«Ne ero certa» mormorò poggiando la fronte sul suo petto.
«Che sono spietato anche con mia moglie?»
«No, che ho fatto bene a sceglierti. Lo dirò ai miei, affinché vivano sereni.»
Lui inarcò un sopracciglio come se non avesse considerato la cosa.
«Scegliermi? Contavi su altre opzioni?» borbottò cupo.
«Morire con onore.»
«Tsk! Taci!»
«Mahati» sussurrò mentre il sonno la catturava «Ti voglio bene.»
La risposta si perse nella foschia del dormiveglia.
 
«Yozora!»
La porta si spalancò senza bussata preventiva: Hyrma irruppe nella stanza con indosso il mantello da viaggio e gli stivali infangati. Aveva il fiatone, i riccioli dorati erano sfuggiti all’acconciatura, gli occhi blu erano dilatati dal panico.
«Yozora!»
Erano trascorsi due giorni da quando la sorella era stata portata a Seera in fin di vita, il tempo di rientrare dalla visita alla famiglia di Hoshi e si era precipitata lì con il cuore gonfio di pena. Corse a lei, sollevando nelle gonne con poca signorilità. Si bloccò nel riscontrare che non era sola.
Il giovane dai capelli corvini la squadrò in silenzio, le iridi nocciola fendevano come lame. Era nudo sotto le pellicce e sul petto si dipanavano roventi lingue di fiamma.
«S-scusa, non pensavo… ero così angosciata…» avvampò distogliendo lo sguardo.
A sua volta Yozora arrossì per la situazione non programmata. Lui restò impassibile. Si alzò, coprendosi con un istante di ritardo senza preoccuparsene, si rivolse alla compagna in lingua khai e lasciò il talamo.
«C-chi…?» balbettò la maggiore.
«Mio marito.»
«È l’uomo più bello che abbia mai… e poi è… oh dèi, è… tanto!»
«Hyrma!» si scandalizzò l’altra.
La prima uscì dalla catatonia, il rosso sulle guance virò al violaceo. Serrò la bocca e finalmente corse ad abbracciare la sorella.
«Non capisco» confessò stordita dalla raffica di emozioni «Non hai sposato Rhenn?»
«No, c’è stato un equivoco.»
«Oh che sollievo! Il solo guardarlo mi ha atterrita, sapere che non appartieni a un simile mostro…»
«Ho sposato Mahati.»
Il conforto dell’altra mutò in incredulità e sgomento.
«Q-quello? Quel ragazzo è… impossibile! Un demone non può avere tale aspetto!»
«Ho avuto la medesima reazione. Sotto il pigmento rosso i Khai come lui. Il resto è un abile inganno.»
«C-come? Potrei crederti, ma non è ciò che mi turba!»
La minore non comprese.
«Ti sta accanto come se fosse il benvenuto, ti cinge con… premura?» precisò Hyrma esterrefatta «Quell’assassino non può avere quello sguardo! Ti ha drogata!? O ti tiene legata con la minaccia di distruggerci!?»
«Ssh, ti sente! Lui non è… non mi ha fatto del male.»
«Giuralo sul sacro Ariun
«La mia parola non basta?» sospirò Yozora amareggiata «È complicato prestarmi fede, lo so, ma non ti sto mentendo e non ho paura. Mahati è colui che ho scelto, non perché ho onorato gli accordi, bensì ha meritato il mio rispetto.»
«Rispetto? Quel maledetto, intriso del nostro sangue, di quanti abomini è reo?!»
«Di quelli che entrambe ricordiamo.»
«Allora… allora come riesci a coricarti con lui, se non l’hai dimenticato!? Gli stavi sorridendo, lasciavi che ti toccasse… dèi, che orrore!»
«L’ho perdonato.»
La maggiore spalancò gli occhi sconvolta.
«Non esiste! Dimmi che ti fingi accomodante per fargliela pagare, che progetti di pugnalarlo nel sonno! È per quello che sei andata a Mardan, vero?»
«Hyrma, ascoltami. I mesi trascorsi laggiù mi hanno indotta a riflettere e non sono stata la sola a pormi in discussione. Non ho mai pensato alla vendetta, mentre l’idea di dovermi rassegnare mi ha gettata nella disperazione. Poi mi è stato insegnato a ripudiare la passività, a non comportarmi da ostaggio. Ho appreso dagli stessi Khai che la condizione in cui sarei vissuta tra loro sarebbe dipesa da me.»
«Capisco, hai preferito adeguarti per sopravvivere. Oh Yozora, non avevo capito! È una recita, anche ora… non avrei dovuto dubitarne!»
«Sai che non riesco a simulare. Vorrei raccontarti tutto e non farlo sembrare assurdo. Credo nel perdono, sono persuasa che la mia presenza sia positiva per i Khai e, ogni volta che scruto la triplice alba, tale convinzione si rafforza. Esistono persone che contano su di me, sono l’unica a incarnare ciò che i demoni non provano o non accettano e posso trasmetterlo senza intaccarne l’orgoglio.»
«C-che? Li stai scusando? Bambini innocenti che non hanno percezione del male?»
«Niente affatto, ne sono consci ma hanno leggi diverse, spietate, convivono con la morte, ascoltano solo chi mostra la medesima tenacia. Ho dovuto sconfiggere i miei timori prima di riuscire a comunicare in una lingua che avrebbero considerato degna di stima. Sarebbe stato paradossale parlare di pace o d’amore senza mettersi in gioco, un’ipocrisia che avrebbero disprezzato. Lo giuro, nulla è mai stato tanto arduo quanto pronunciare l’assoluzione davanti a chi ha cancellato Seera, voltare pagina per scrivere il nuovo capitolo a quattro mani. Il cuore mi ha aiutata, prima hai osservato dove ciò ci ha condotti. Era indispensabile smettere di odiare.»
Hyrma la guardò, le lacrime fluttuanti negli occhi celesti.
«Tra le lenzuola, ecco dove siete finiti! Lì la coscienza non serve!»
«Cosa?!»
«Immagino il tuo terribile sacrificio! Se non fosse tanto attraente da ridurre all’oblio le efferatezze che ha commesso, l’avresti scagionato? Quanto hai impiegato a darti a un uomo incredibilmente bello e potente!?»
Yozora guardò la sorella con vivo dolore, prostrata dal giudizio tagliente: era la collera parlare, così inghiottì il rammarico.
«L’unione è avvenuta al momento giusto, per i Khai il rapporto fisico è un modo per esprimere…»
«E quale brivido proibito hai provato nel concederti all’assassino di nostra madre!?»
«Sei ingiusta! Ho conquistato la serenità a minuscoli passi, ci sono freni e pensieri che ancora stento a superare. Mahati è la persona che mi è stata destinata, né lui né io abbiamo stabilito le nozze. Costruire un vincolo sincero è stata invece una libera scelta. Abbiamo desiderato di essere compagni, non nemici.»
La maggiore scosse la testa a scacciare ogni tentativo di chiarimento.
«Riesci a guardarti allo specchio, Yozora? Come puoi raccontarlo con leggerezza! Riferirti a quel dannato con affetto e rimproverare me?»
«Che il sommo Kalemi mi sia testimone, non mi pentirò di essermi legata a lui! Se Khai e Salki trovassero un punto d’incontro simile a quello tra me e mio marito, conviveremmo in pace! Ignoreresti la possibilità al mio posto?
«Le tue parole sono un oltraggio! Sei cambiata!»
«Lo sono! Non l’unica e non in peggio. Ogni dolore, ogni lutto resta intatto ma è il passato. Cambiare significa superarlo, non dimenticarlo. Impedire che si ripeta, richiamarlo alla memoria come un errore da rifuggire. L’astio e la rivalsa impediscono la concordia, stroncano la speranza. La mamma ne era convinta, eravamo troppo giovani per comprenderlo. Ora siamo cresciute, spetta a noi portare la sua eredità.»
«Non osare nominare la mamma!»
Yozora sentì male al petto allo sguardo furente della sorella.
«Un giorno la vita di Mahati è stata posta tra le mie mani» mormorò «Non ho esitato a salvarlo e il mio cuore gioisce. Se l’avessi lasciato al Custode, avrei tradito i miei sentimenti, gli insegnamenti della mamma e tutto ciò in cui credo. Sono certa che saperlo morto non ti farebbe sentire meglio. Non è così, Hyrma?»
«Tu… mi fai schifo!»
La maggiore fuggì dalla stanza senza girarsi.
 
Dalla sala attigua Mahati aveva ascoltato l’intera conversazione. Senza intenzione, la parete non era sufficiente a inibire l’udito finissimo. I singhiozzi della moglie lo raggiunsero: serrò i pugni, contenendo la furia contro la primogenita di Entin.
Non per ciò che pensa di me, per il dolore che ha dato a lei.
Le parole di Yozora avevano scatenato un uragano e non era la sorpresa per essere stato difeso a oltranza. Il cuore pulsava frenetico, rovente, al ritmo di un’emozione che ingigantiva di giorno in giorno. All’inizio l’aveva ritenuta una stranezza, poi si era impegnato ad annientarla, infine a conviverci senza concederle di trapelare. Ora traboccava, ribolliva per emergere.
Non riesco a oppormi. Non voglio oppormi.
Inspirò come se avesse necessità d’aria e uscì allo scoperto.
«Hai sentito?» mormorò la principessa «M-mi dispiace» aggiunse al suo assenso.
Mahati la strinse a sé. Giocò con le sue labbra e le sfiorò il viso, lambendo le lacrime. A lungo, le dita tra i suoi capelli, le membra che fremevano per trasformare quei gesti delicati e passionali in amplesso.
«Sei un dono per il bene compiuto in una vita precedente. In questa non scorgo ragioni per meritarti.»
Yozora si abbandonò a lui, lo sguardo velato dall’intensa commozione.
«Vorrei che Hyrma non mi detestasse perché non mi sei nemico. Che non disprezzasse la felicità che abbiamo costruito.»
«Concedile tempo. Non è stato immediato per te accettare che l’iwatha aveva scalzato l’odio. L’hai vissuto come un sopruso verso la tua gente, così lei.»
«Mi ha trattata come un’estranea, una bugiarda. Ho chiesto di essere ascoltata, di darti una possibilità. Perché non è avvenuto?»
«Non l’ho chiesta» mormorò lui «Sono orgoglioso di te. Non ti sei sminuita né le hai rinfacciato di aver preso il suo posto. Sono grato agli Immortali che ti hanno condotto a me, alla follia che mi ha spinto ad attenderti, al cuore che non si è fatto fuorviare dalle divergenze e – arduo ammetterlo - a Rhenn, che mi ha reso mortalmente geloso. Un Khai non pronuncia termini svilenti per il credo: io, stratega delle armate, li accolgo senza vergogna e, se fossi l’unico a Mardan, non m’importerebbe. Tua sorella, che ti vuole bene e non segue le mie regole, ti ascolterà.»
Lo sguardo di Yozora luccicò incantato.
«Oh, Mahati…»
«Guarisci in fretta. Quando torneremo a casa, nulla ostacolerà le notti sponsali. Guarisci, insegnami a tradurre in amplesso quello che sento. Ho bisogno di te al per farlo mio.»
«C-come?»
Il principe sorrise indecifrabile e lasciò la camera da letto.
 
Hyrma si era tenuta alla larga dagli appartamenti della sorella. La rabbia era forte, si sentiva sciocca per essersi preoccupata per lei, quando invece se la spassava con il demonio che li aveva trucidati per vent’anni.
Il condono non era concepibile per chi aveva una coscienza. Un atto contro natura e contro la sofferenza che avevano condiviso. Assolvere era affondare la spada altre mille volte, era accettare l’atroce destino di servitù dei loro figli.
Smise di dondolare la culla dove un neonato riposava tranquillo.
Quale futuro!? Quello in cui Isei dovrà piegare le ginocchia e calibrare ogni respiro? Ove il privilegio di essere l’erede al trono diverrà una condanna capitale?
Volutamente non le aveva parlato del nipote: non meritava di vederlo, di toccarlo con le stesse mani con cui aveva stretto Mahati.
La prospettiva che il bambino avesse parentela con i Khai la riempì di disgusto. Lo avrebbe preservato da quello e dagli altri mali, Yozora compresa.
Chissà se addirittura progetta di dare alla luce il frutto di quell’assassino?
Era convissuta per mesi con il senso di colpa, perché non era stata abbastanza risoluta da implorare Rhenn di attenersi ai patti originari. Era convinta di aver ucciso la sorella con le proprie paure, si era sentita egoista, ogni momento sereno era stato offuscato dalla sua assenza, pervaso dalla sensazione di estrema inadeguatezza. Persino quando si era sposata e quando era rimasta incinta.
Osa sbattermi in faccia la sua felicità, esigendo che mi adegui! Che dimentichi!
«Dovresti parlarle» suggerì Hoshi.
«C’è già mio padre che non mi dà tregua, non ti ci mettere anche tu!»
«Concordo con lui, sei stata precipitosa. Yozora è viva per miracolo, concedi che non si sia spiegata al meglio.»
«È stata cristallina!»
«Se fossi convinta delle tue ragioni, non rimugineresti.»
«E magari dovrei prendere un tè con Mahati! Farci amicizia e scherzare sul fatto che un anno fa ti ha quasi staccato un braccio!»
Hoshi sfiorò l’arto destro: la guarigione non era stata ottimale, i movimenti restavano limitati e non avrebbe più impugnato la spada.
«Non fraintendermi, i Khai restano Khai. Ma Yozora non merita il tuo silenzio e, se il Kharnot l’ha portata qui perché in lui si è risvegliato un pizzico d’umanità, vale la pena di comprenderne il modo.»
«Libero di farlo senza di me!»
Isei prese a gorgogliare, disturbato dal tono perentorio della madre. L’ex generale lo sollevò giocoso verso il soffitto, facendolo ridere.
«Sei irragionevole. Inoltre è scorretto nasconderle che è diventata zia.»
La donna osservò intenerita la scena, tuttavia i propositi rimasero saldi.
«Non è la persona che hai conosciuto» ribatté «Non è mia sorella!»
Hoshi la osservò sbattere la porta e strinse rassegnato il figlio.
 
Il sole giocava a nascondino tra le nuvole spinte dalla brezza.
Hyrma passeggiò in giardino tentando di smaltire l’irritazione e, quando ricominciò a piovere, si rifugiò sotto la copertura marmorea del patio. Capì di non essere sola quando l’uomo uscì dall’ombra del colonnato. Sbiancò per il terrore.
Mahati le scoccò un’occhiata gelida: alla luce naturale era ancora più attraente, il nocciola delle iridi era ipnotico, l’incarnato d’ambra ammaliante. Ma le lame e gli artigli lo rendevano altrettanto spaventoso.
Paralizzò, mancando all’obbligo di riverenza e rabbrividì quando se ne rese conto.
Le labbra piene di lui si piegarono in una smorfia sprezzante.
«Lieto di conoscervi» ironizzò «Dovrei chiamarvi kalhar, ma sarebbe sgradito ad ambo le parti. Il nostro incontro capita a proposito, vi avrei cercata quanto prima.»
Hyrma sbarrò gli occhi nel sentirlo parlare salki. La voce non le uscì e si sentì perduta, paventando che Yozora gli avesse riferito la conversazione.
«Non sono solito tranciare giudizi, ma devo ammettere che Rhenn ha buon occhio» seguitò lui «Non valete il viaggio a Mardan e non sareste durata una notte.»
La giovane avvampò per l’osservazione affilata.
«Smettete di tremare, per rispetto a mia moglie ignorerò la lesa maestà di cui siete rea. Solo gli ingenui credono che i pensieri degli sconfitti stiano alle leggi dei vincitori e oggi non è il giorno in cui inizierò ad angustiarmene. Ciò che risulta intollerabile è la scortesia riservata a vostra sorella.»
Era impossibile sostenere il suo sguardo: la principessa chinò il capo, certa di morire.
«Non ve ne rendete conto e ascoltare non è tra le vostre decantate virtù» proseguì il demone «Perciò reputo necessario un insegnamento speciale.»
Hyrma sentì le gambe cedere, l’aria smise di riempirle i polmoni.
«I-io… imploro il vostro perdono…»
«Il mio?»
«N-non volevo…»
«Volevate eccome e Yozora ne soffre.»
Sentire quel nome uscire con familiarità dalla bocca del principe dei Khai la frastornò. Avrebbe pianto, ma in sua presenza ogni reazione appariva congelata.
«Prendete» ordinò Mahati tendendole un foglio ripiegato.
Nel sollevare il viso, Hyrma notò l’anello d’oro al suo mignolo. Lo riconobbe all’istante e fu invasa da un malessere carico d’impotente incredulità.
«Q-quello è di mia madre, come…?»
«Anche questo. Leggetelo.»
La calligrafia era di Kelya e le righe indirizzate alla consorte di Kaniša costituirono ulteriore conferma all’autenticità dello scritto.
«Perché…»
«Perché ho fatto venire la missiva da Mardan? O perché la regina dei Salki si è premurata di tentare? O perché porto quest’anello? Quando troverete le risposte, forse avrete la compiacenza di comprendere il valore della donna che ho sposato.»
   
 
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