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Autore: dirkfelpy89    15/01/2024    1 recensioni
Il giovane Marius Black ha undici anni e mille dubbi per la testa. Perché non ha ancora ricevuto la sua lettera da Hogwarts? Perché non riesce a compiere neanche la più semplice delle magie. Perché sua madre piange e suo padre lo caccia fuori di casa, il 1° Settembre?
Perché dovrebbe starsene buono e non cercare la sua vendetta?
(Questa fic partecipa alla challenge "Gruppo di scrittura!" indetta da Severa Crouch sul forum "Ferisce più la penna")
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aberforth Silente, Arabella Figg, Famiglia Black, Marius Black, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Capitolo 9, Nina e Cassiopeia

 



Ci volle un po' di tempo ma presto, dopo solo qualche settimana, la figura di Marius Black rappresentò, per gli avventori del pub, una piacevole novità.
Un ragazzo giovane, timido ed educato ma allo stesso tempo un gran lavoratore, nonostante il servizio non fosse ancora dei migliori. Tutto il contrario di quel burbero di un Aberforth.
Divenne quasi una mascotte di quel pub lurido e pieno di avventori, spesso non proprio raccomandabili.
Marius dimostrò presto una capacità di adattamento che sorprese il suo datore di lavoro e perfino Richard Weasley, quest'ultimo solito controllare la nuova routine del Magonò.
Non era certo il lavoro dei suoi sogni, bisognava ammetterlo, ma rispetto all'orfanotrofio si trattava di un notevole miglioramento.

Si svegliava tutti i giorni intorno alle sette di mattina e, dopo aver sistemato la sua stanza, scendeva al piano inferiore per preparare il pub all'apertura.
Pagava i fornitori, sistemava le bevande dietro il bancone, puliva il pavimento e gettava via i rifiuti. Quando Aberforth scendeva, normalmente mai prima di mezzogiorno, il pub era già pronto per il servizio pomeridiano.
Silente borbottava e brontolava, perché il Magonò aveva stravolto il suo locale, ma sotto i baffi sorrideva, sorpreso che, per una volta, Richard Weasley non gli avesse proposto un completo caso umano.

A pranzo si occupava di raccogliere le ordinazioni e servire i tavoli, sebbene ancora non fosse completamente a suo agio nel compito.
“Sei troppo insicuro, guarda che se rompi i piatti li ripaghi tu!” Era il mantra ripetuto costantemente da Aberforth.
Dopo un breve riposo, la routine riprendeva la sera fino a tarda notte quando finalmente si ritirava nelle sue stanze, stanco, esausto ma soddisfatto e con qualche buona mancia in tasca.
Il lavoro duro non lo stancava né tantomeno lo spaventava: si era fatto le ossa all'orfanotrofio quando era solo un ragazzino, e alla fattoria.
No, ciò che lo disturbava era il fatto che non fosse ancora riuscito ad avere notizie di sua sorella.
Si era confidato con Aberforth qualche giorno dopo il suo arrivo a “La Testa di Porco”.

“E così sei alla ricerca di tua sorella, nella speranza che ti accolga a braccia aperte?” L'oste aveva esclamato. “Ma fregatene, puoi ricostruirti una vita qui. La tua famiglia non ti merita, non dopo il trattamento che ti hanno riservato.”
“Ma mia sorella è diversa…”
Aberforth aveva scosso la testa.
“Forse faresti meglio a dire che era diversa. Anche mio fratello era diverso, eppure si è trasformato in un decelebrato. Il sangue non vale un cazzo, prima te ne renderai conto e prima riuscirai a vivere meglio.”

Marius aveva annuito, anche se chiaramente non condivideva la visione cinica del suo datore di lavoro.
In realtà, aveva compreso fin da subito che quel lavoro poteva rivelarsi una miniera di informazioni utili.
Gli avventori del bar non erano solamente stregoni malvagi, tutta una serie di ubriaconi si riversava nel pub, durante il sabato sera, e per esperienza il giovane Black aveva scoperto che chi è preda dell'alcol parla molto più liberamente e senza freni.
Inoltre, trascorreva quasi tutto il martedì, l'unico suo giorno libero, ai “Tre Manici di Scopa” il locale più affollato della cittadina, ma con pochi risultati.

/ / / / / / /

Erano passati diversi mesi dall'arrivo di Marius a Hogsmeade e i progressi tardavano ad arrivare.
Il pub era particolarmente ricco di avventori quel sabato sera del 5 Dicembre 1937., Marius, lavorava a rotta di collo, trasportando Burrobirra e alcolici dal bancone ai tavoli senza freno.
Ma si bloccò quando vide la stazza poderosa di Arthur de Loney cercare di prendere posto dietro una lunga tavolata.

Con uno scatto, il ragazzo si avvicinò all'uomo con fare deferente.
“Salve, signor de Loney, il solito?”
“Si capisce ragazzo, si capisce,” borbottò l'altro, sfinito per lo sforzo di far entrare il suo pancione nello stretto spazio tra la seduta e il tavolo.
Marius obbedì, zelante, e dopo qualche minuto tre pinte di Whisky Incendiario e due idromele erano state posizionate davanti agli occhi famelici di uno dei clienti più abbienti del pub.
Arthur frequentava i “Tre Manici di Scopa” ma dopo un’ubriacatura molesta di troppo, e la creazione di una rissa memorabile, gli era stato impedito l'accesso al famoso locale.
Per questo motivo aveva dovuto trasferire le sue sbronze nell’altro pub della cittadina e Marius aveva accolto il suo arrivo come una benedizione.
Nella veste di rappresentante, De Loney promuoveva prodotti di un'illustre industria di casalinghi magici, fornendo a metà della popolazione Purosangue oggetti per la casa.. Forse i Black erano tra queste.

Ci volle una mezz'oretta affinché gli alcolici avessero effetto e Arthur iniziasse a mostrare gli effetti di un'ubriacatura poderosa.
“Ah caro, ragazzo, un giorno di questi mando tutti a quel paese,” bofonchiò. “Non ne posso più di tutti quei Purosangue che ti guardano dall'alto in basso. Sono pronto a scommettere che possiedo un conto alla Gringott sicuramente migliore di tanti di loro eppure sono un Mezzosangue, faccio un lavoro umile, quindi mi trattano come una merda! Scusa il termine, ragazzo.”
“Quali famiglie serve? Immagino, quasi tutte quelle Purosangue,” chiese Marius.
“Già, e tutti i più stronzi li ho beccati io!” Arthur rispose, “e domani devo andare dai Black, i peggiori di tutti, te lo assicuro.”

A quelle parole, per poco Marius non fece cadere il vassoio. Solo grazie all'esperienza riuscì a mantenere l’equilibrio e a far passare quel gesto inconsulto come una perdita di equilibrio.
Si scusò, riportò il vassoio da Aberforth, e nel frattempo rifletté sulle parole di Arthur.
Conosceva i Black e comprendeva che doveva approfittare della situazione.
Raccolse il coraggio a due mani e poi tornò dall'uomo con un nuovo boccale di idromele.

“Ah grazie,” borbottò de Loney.
“Si figuri, è un piacere. Perdoni la domanda, ma, per caso, conosce Cassiopeia Black?” Chiese Marius, il cuore in gola.
L'altro aggrottò le sopracciglia.
“Il nome non mi è nuovo,” esclamò, estraendo dalla tasca un libricino consunto. Lo aprì, sfogliò diverse pagine e poi disse: “infatti, è una delle mie clienti, la dovrò incontrare tra qualche giorno, sì. Come fai a conoscere una Black?” Chiese, sospettoso.
“Ah, ecco… eravamo compagni di classe ad Hogwarts… Serpeverde,” aggiunse e a quelle parole lo sguardo dell'altro si fece più vivido.
“Ah, lo sapevo che eri uno a posto.”
“Non è che potrebbe lasciarle un messaggio da parte mia?” Chiese Marius, reggendosi al tavolo perché la paura di crollare era troppo forte.
“Uhm? Sì, immagino di sì. Ma scrivimelo, ragazzo, perché sono convinto che domattina non mi ricorderò niente di questa conversazione,” borbottò de Loney, passando al ragazzo il libricino e una penna.
“I Babbani sono degli idioti ma queste loro penne sono decisamente più comode.”

Marius rifletté prima di scrivere. Doveva inserire un messaggio breve, ma conciso, e che solo sua sorella avrebbe potuto comprendere.
Infine appoggiò la penna Babbana sulla carta e scrisse, nella sua grafia sghemba.

“Ciao Peia, sono Marius. In questo momento mi trovo a Hogsmeade, lavoro per “la Testa di Porco.” Che ne dici, ti va d'incontrarci ai “Tre Manici di Scopa”? Ho tante cose da dirti, martedì è l'unico giorno libero che ho. Se questa settimana non potrai, ti aspetterò ogni martedì fino a quando non tornerai da me.”

Dopo un’ultima occhiata al messaggio, ringraziò Arthur e continuò il suo lavoro, il cuore in una morsa nella gola, come un prigioniero ansimante.

/ / / / / / /

I giorni successivi si rivelarono un’agonia per il giovane Marius. L’idea che sua sorella avrebbe potuto ricevere un suo messaggio, dopo anni di lontananza, poterla incontrare di nuovo… tutto sembrava andare troppo bene, quasi in maniera irreale e innaturale.
Visse i giorni successivi in una specie di trance, portò avanti il suo lavoro al pub come sempre ma era chiaro a tutti che Marius avesse altri pensieri per la testa.
E poi venne martedì.
Marius non dormì, quella notte, troppe le emozioni che stava provando in quel momento e che facevano gara per avere il sopravvento su di lui.
La mattina successiva, Marius trascorse ore chiuse in camera, curandosi, indossando gli abiti migliori. Seduto sul letto, cercava di non impazzire mentre preparava un discorso per Cassiopeia.
Che cosa avrebbe fatto, quali parole le avrebbe rivolto, rivedendola? Sarebbero andati a vivere insieme?

Pensa a Sarah, pensa a quello che ti ha detto e com’è finita.

Quella vocina si ripresentò ma Marius la ignorò bellamente. Non ne aveva più bisogno.

A mezzogiorno scese le scale, salutò Aberforth e poi uscì tra le stradine innevate di Hogsmeade. Faceva freddo ma il ragazzo non se ne curava, avanzando nella neve alta come se camminasse lungo una strada perfettamente liscia.
Quando “I Tre Manici di Scopa” apparve all’orizzonte, Marius ormai aveva il fiatone, sul punto di svenire.

Non verrà, chi te lo dice che quell’ubriacone si sia ricordato? O che lei voglia avere a che fare con te?

Questa volta ignorare la voce fu più difficile.
Fece per voltarsi, una volta di fronte alla porta, e per scappare via, tornare al pub e darsi dello stupido. Ma poi l’immagine di Sarah gli si parò davanti agli occhi. Ma cosa stava facendo?
Mollava proprio in quel momento, quando era così vicino a scoprire la verità? A capire se quel viaggio e la fuga dall’orfanotrofio avessero avuto un senso?
Chiuse gli occhi, respirò a fondo e poi aprì la porta per mettere piede nel locale.

“I Tre Manici di Scopa” si rivelò fin da subito ben diverso da “La Testa di Porco”.
Il pavimento era lucente, la stanza luminosa e accogliente, con una clientela non affatto equivoca e ben più numerosa rispetto alla tana di Aberforth.
Una ragazza gli si avvicinò, zelante. “Posso aiutarti?”
Marius fece fatica a rispondere, la bocca asciutta a causa dell'ansia.
“Sto aspettando una persona. Posso… sedermi, nel frattempo?”
La ragazza annuì e indicò all’altro un tavolo grazioso abbastanza vicino alla porta. Marius si sedette e poco dopo ordinò una Burrobirra.
Com’era diverso il clima, più amichevole, caloroso. Chissà come sarebbe stato lavorare là…
Poco dopo, ordinò una Burrobirra. Non aveva sete, ma voleva almeno avere qualcosa da fare per distrarsi dall'ansia che lo tormentava.
Bevve, la mente lontana da quel pub, da Hogsmeade.
Andò indietro nel tempo, alla sua gioventù, ai pomeriggi passati in compagnia dei fratelli, degli zii. Chissà sua madre o sua padre che cosa avrebbero detto, rivedendolo? Come avrebbero reagito i suoi parenti, la comunità Purosangue…

“Ehm, scusa… sei tu Marius?”
Una voce delicata lo riscosse dai suoi pensieri. Scosse la testa, intontito. Oltre le finestre, il Sole era più basso… ma quanto tempo era trascorso, perso nei suoi ricordi?
Di fronte a lui era apparsa una donna, apparentemente sulla trentina, lunghi capelli rossi, un vestito elegante e l’aria d’imbarazzo a malapena celata nello sguardo.
“Io… sì, sono Marius. Piacere…”
La ragazza non si mise a sedere, rimase in piedi, a disagio. Il pub adesso sembrava decisamente meno affollato, la Burrobirra ormai tiepida.
“Sono Nina.” Fece per aggiungere qualcos’altro ma si morse la lingua e rimase in silenzio, cercando evidentemente di trovare le giuste parole.
“So che oggi ti dovevi incontrare con Cassiopeia,” disse, infine. “Quando de Loney è venuto…”
“Un momento,” Marius interruppe la ragazza, alzando le sopracciglia “tu… tu vivi con Cassiopeia?”
Nina arrossì lievemente.
“Sì, per questo ho ricevuto io il tuo messaggio. Tua sorella si trova fuori città, tornerà questo sabato. Prima di parlarle, però, volevo incontrarti e capire se non si trattasse di uno stupido scherzo.”

Marius annuì, stupito e allo stesso tempo curioso.
“Peia ti ha parlato di me?” Chiese, ansioso.
“Sì, lo ha fatto. E adesso che so per certo della tua esistenza, e della tua permanenza qui a Hogsmeade, non appena tornerà le parlerò,” annunciò Nina, sorridendo.
“Come sta? Io non ho avuto…” chiese Marius. L'altra esitò.
“A questa domanda risponderà senz'altro tua sorella. Scusami, ma devo andare, sono piuttosto di fretta,” dichiarò, abbassando lo sguardo.
“Io… sì, d'accordo!”
“Lavori alla Testa di Porco, giusto? Riferirò il tuo messaggio a Cassiopeia e il prima possibile verremo a incontrarti.”

E prima ancora che Marius potesse rivolgerle qualche altra domanda, la ragazza si era già dileguata fuori dal pub.

Certo che era parecchia strana quella Nina. Aveva evitato ogni riferimento alla sorella, sembrava tesa come una corda di violino, forse quasi quanto lui.
Però si era comunque trattato di un successo, pensò il ragazzo, alzandosi dal tavolo un quarto d'ora più tardi e avviandosi verso “La Testa di Porco” quando ormai già il Sole stava tramontando oltre le montagne.
Nina viveva con Cassiopeia, le avrebbe riferito il suo messaggio e sarebbero venute a incontrarlo.
Non sapeva bene quando, certo, ma avrebbe aspettato, l'aveva fatto per tutti quegli anni, sarebbe riuscito a resistere qualche giorno.

/ / / / / / /

Fortunatamente, nei giorni successivi, Marius si immerse nel lavoro, pensando alla sorella solo qualche volta, di solito la sera prima di addormentarsi.
Iniziò a crearsi tutta una serie di discorsi nella sua testa, parole da rivolgere a Cassiopeia per convincerla a riallacciare i rapporti.
Martedì, privo del lavoro che solitamente lo distraeva, Marius preferì restare nella sua stanza. Il timore di perdere una possibile visita da parte di Nina e di sua sorella lo trattenne, lasciandolo immerso in pensieri cupi e tristi.

Non verrà, perché mai dovrebbe farlo? Quella Nina ti ha giocato un brutto scherzo, sono pronto a scommetterci. Non farti illusioni perché tanto si riveleranno tutte sbagliate.

Alle sette la tensione era troppa, scese al piano di sotto e propose ad Aberforth di aiutarlo con il servizio, nonostante quella fosse la sua giornata libera.
“Daccordo, ma gli straordinari non te li pago,” borbottò l'oste.
“Non importa,” rispose il ragazzo, afferrando un vassoio.
Le cose allora andarono meglio, il lavoro lo aiutava a non pensare, anche se il padrone del pub più volte lo squadrò da capo a piedi, un'espressione strana negli occhi taglienti.
Quel limbo durò ancora un paio di giorni.

Giovedì, una serata piovosa, ben pochi avventori ai tavoli.
Marius servì un idromele a uno stregone dall'aria piuttosto ambigua quando sentì la porta aprirsi alle sue spalle. Si voltò, con fare ossequioso, pronto ad accogliere il nuovo cliente, ed ecco che la sua espressione cambiò non appena riconobbe le due figure che avevano appena messo piede nel pub.
E quando lo fece, dovette reggersi con tutta la sua forza al bordo del tavolo per evitare di svenire.
Riconobbe subito la chioma di Nina e dietro una ragazza più o meno della sua età con lunghi capelli neri, ondulati, e due splendidi occhi grigi.
Cassiopeia.
Era cambiata, diventando una splendida donna, eppure avrebbe potuto riconoscere quegli occhi in mezzo a migliaia.

“Peia…” mormorò prima di staccarsi dal tavolo e raggiungere la sorella.
“Marius…” sussurrò l'altra.
Si osservarono per un altro secondo, in silenzio, poi Marius colmò la distanza tra di loro e fratello e sorella si abbracciarono, per la prima volta, dopo anni di lontananza.
“Marius, se hai intenzione di sedurre una mia nuova cliente, ti chiedo il favore di farmelo sapere prima.”
La burbera voce di Aberforth ruppe quel momento magico.
“No, Ab, questa è mia sorella,” esalò Marius, staccandosi da Cassiopeia.
L'oste osservò la ragazza intensamente poi borbottò: “andate di sopra, non vorrei che i miei clienti scivolassero sulle vostre lacrime.”
Nina si sedette a un tavolo e, con un gesto, invitò Marius e l'amica a fare come Aberforth chiedeva.
Il ragazzo non se lo fece ripetere una seconda volta: prese per mano la sorella e la guidò fino al piano superiore, verso la camera nella quale ormai dimorava da mesi.

Da quando aveva incontrato Nina, Marius era entrato in un vortice di attesa e ansia nel quale solo il lavoro riusciva a distrarlo. Di conseguenza il locale, già poco accogliente di per sé, appariva ancor più lurido.
Il giovane Black arrossì mentre liberava una sedia dalla sua confusione di cartacce e vestiti sporchi per far accomodare la sorella. Poi si sedette sul letto.
Cadde nuovamente il silenzio tra di loro, il volto del ragazzo puntato su quello di Cassiopeia, lo sguardo dell’altra che vagava per la stanza e infine sul fratello a lungo perduto.
“Marius…” sussurrò infine.

“Peia, non sai quanto io sia felice,” esclamò il ragazzo, trattenendo a stento le lacrime.
“Anche io, anche io. A lungo mi sono immaginata questo momento,” rispose la giovane Black. "Ma, dimmi, che cosa ti è capitato in tutti questi lunghi anni di lontananza?”
E Marius parlò e lo fece a lungo, senza quasi interrompersi. Raccontò alla sorella di St. James, delle angherie subite ma anche di Sarah e dei loro pomeriggi trascorsi nel cortile dell'orfanotrofio.
Narrò la sua fuga, la vita nella fattoria, il viaggio al Liverpool e la scoperta della morte della sua migliore amica.
Non disse di aver commesso un omicidio, ma narrò il suo viaggio verso la Scozia e la vita da semplice garzone nel pub di Aberforth, una vita semplice eppure onesta e a suo modo soddisfacente.

“Quando ho scoperto che de Loney sarebbe venuto a casa tua, non ho resistito e ho mandato un messaggio,” terminò infine di raccontare.
Gli occhi di Cassiopeia erano ricolmi di lacrime e la sua mano andò a stringere quella del fratello.
“Oh, Marius. Non hai idea di quanto ho odiato doverti lasciare, di quante volte ti abbia pensato,” sussurrò.
“La stessa cosa vale per me… ma non importa le tribolazioni che ho dovuto affrontare, adesso che siamo di nuovo insieme!” Esclamò il ragazzo e un qualcosa nello sguardo dell'altra si incupì in maniera quasi impercettibile.
“Ma dimmi, come sta nostra madre?”

A quelle parole, Cassiopeia si alzò e si diresse verso l'unica, sudicia, finestra che dava sulla strada.
Non parlò per diversi secondi, limitandosi a osservare la notte oscura con le poche luci delle stelle che si riflettevano sulle sue iridi. Fu sufficiente quella reazione per far capire a Marius che qualcosa non stava andando per il verso giusto.
Quando la sorella infine si voltò per osservare il fratello, calde lacrime solcavano il suo volto.
“Oh, Marius, detesto essere io a comunicartelo ma credo che sia necessario che tu conosca la verità. Nostra madre se n'è andata da questo mondo tre anni dopo il tuo ingresso all’orfanotrofio di St. James.”

All'inizio quelle parole non riuscirono a fare breccia nella corteccia cerebrale del ragazzo.
Non avevano senso, si trattavano di parole che lui non era in grado di comprendere.
Nostra madre se n'è andata da questo mondo…
Cosa voleva dire? Pur sforzandosi, non riusciva a comprendere, e le altre parole che Cassiopea gli rivolgeva apparivano anch'esse strane, distanti, eteree.
“Non è riuscita a sopportare il dolore e la vergogna. Il dolore di aver perso un figlio perché Magonò, la vergogna di essere additata da tutti come la rovina di una famiglia potente e rispettabile come i Black,” continuò la ragazza, il tono aspro.
Solo in quel momento, il giovane riuscì a percepire come reali le parole dell'altra.
Sua madre, si ricordava di lei come una figura fragile ma sempre pronta a tirare fuori forze che non le appartenevano per difendere i suoi figli.
Sua madre non c'era più.

“Ma perché… additarla come rovina, lei non…” riuscì a sussurrare.
Avrebbe dovuto piangere, disperarsi. Tuttavia, il dolore che stava provando era oltre le lacrime, anestetizzando ogni reazione umana comprensibile.
“Quando si è saputo che i Black avevano generato un figlio Magonò, si è scatenata tutta una serie di voci, attacchi e provocazioni. Gli anziani della famiglia hanno pensato bene di difendere il nostro onore scaricando in maniera informale ogni responsabilità su nostra madre. È stato troppo per lei.”
Cassiopeia piangeva senza ritegno; il dolore di Marius, invece, presto si trasformò in rabbia.
"Come hanno osato fare una cosa del genere? Nostro padre come ha potuto…” esclamò, stringendo i pugni e digrignando i denti. Una rabbia sorda aveva sopraffatto ogni altra reazione nel ragazzo.
“Papà è cambiato molto, un'altra persona rispetto a prima, non la potresti riconoscere,” la sorella lo interruppe. “Il dolore e la paura lo hanno trasformato. Si è risposato ma non ha più messo al mondo un altro figlio perché teme di poter generare un altro Magonò. È ossessionato da te, Marius, ossessionato dal fatto che, adesso che il Mondo Magico sembra aver dimenticato il tuo nome, tu possa tornare e mettere in pericolo le basi della famiglia. Per questo motivo, non appena hai compiuto diciotto anni, la maggiore età nel mondo dei Babbani, ha radunato tutti noi, suoi figli, e ci ha fatto stringere un Voto Infrangibile secondo il quale non avremmo mai, e per nessun motivo, dovuto accoglierti in una delle nostre dimore.”

La mole di informazioni schiacciò Marius come se un elefante avesse posto una delle sue zampe su di lui.
Sua madre morta, scaricata dalla famiglia per salvarsi da uno scandalo. Suo padre, ossessionato da un suo possibile ritorno, aveva fatto giurare a tutti i suoi parenti di non ospitarlo.
Quell'incontro, a lungo atteso, si era trasformato in un incubo.

“Se non fosse stato per il Voto Infrangibile, mi sarei già messa in contatto con te…” spiegò la ragazza.
“Perché l’hai stretto? Avresti potuto…”
“Rifiutare. Sì, ma il prezzo sarebbe stato fare la tua fine, essere diseredata dalla famiglia. E se fosse dipeso solo da me, forse lo avrei anche fatto, ma non posso decidere solo per me stessa,” replicò Cassiopeia.
“Nina?” Chiese Marius, un lampo di comprensione lo colpì.
Cassiopeia annuì.
“Ci frequentiamo dai tempi di Hogwarts, a lungo ho dovuto combattere con i nostri genitori che mi volevano accasare con qualche altro Purosangue,” spiegò, nuove lacrime scesero dai suoi occhi. “Ma io amo solo lei e credo che alla fine papà se ne sia reso conto e abbia accettato lo stato delle cose. È un ricatto non verbale, lo conosco bene e so che il prezzo per aver accettato la presenza di Nina in casa è il non dover mettermi in contatto con te.”

Marius rimase in silenzio, cupo.
“Lo avevo capito dal modo in cui parlava di te. Sono contento tu abbia trovato una persona con la quale vivere insieme,” disse. “Solo, non capisco perché mio padre provi così tanto risentimento nei miei confronti.”
“Odia la tua condizione, il pericolo che potresti arrecare ai Black. Inoltre, sono convinta che in qualche modo perverso, lui ti ritenga responsabile della morte di mamma,” replicò la ragazza. A quelle parole, l'altro si infiammò.
“Come osa pensare una cosa del genere, se non mi avesse cacciato via, la mamma sarebbe…”
“Lo so, Marius, io lo so!” Esclamò Cassiopeia, nuovamente sull'orlo delle lacrime. “E, nel caso tu non te ne sia reso conto, sto rischiando molto vendendo qui, forse anche la mia stessa vita. È per questo che ho tardato a incontrarti, ho prima voluto consultare qualche mio amico, capire se vedendoti qui avrei in qualche modo infranto il Voto. E se non sono ancora stramazzata a terra, morta, evidentemente sto agendo nel giusto e nei limiti che mi sono stati imposti.”
“Perdonami, mi ero aspettato ben altro incontro. Mi sono illuso che nostro padre avesse cambiato idea e invece capisco che non è stato così, anzi,” sussurrò il giovane Black, le mani tra i capelli.
“Devi essere forte, hai trovato un buon posto di lavoro, una nuova vita. Non lasciartela sfuggire," Cassiopeia gli toccò nuovamente la mano. “Io verrò ogni volta che potrò, ti darò del denaro se ne avrai bisogno.”
“È dell'affetto della mia famiglia che abbisogno, non di denaro. Ma ti ringrazio comunque, Peia. Ora va’, ti prego, ho molte cose sulle quali riflettere.”

La ragazza rimase ancora qualche secondo a fianco del fratello, osservandolo intensamente, poi, in silenzio, si alzò e uscì dalla stanza. Al piano inferiore trovò Nina intenta a bere in compagnia dell'oste.
“Andiamo,” chiese Cassiopeia. L'amica si alzò in piedi mentre Aberforth pose il suo sguardo indagatore su di lei.
“Sei la sorella di Marius, dunque,” esclamò.
“Sì, lo sono.”
“Marius è un tipo a posto, non adatto a questi tempi oscuri,” l'uomo sussurrò, chinandosi verso la ragazza. “Tu prova a illuderlo, prenderlo in giro o in qualunque modo deluderlo e te la vedrai con me, donna o non donna, Purosangue o non Purosangue.”

/ / / / / / /

Dopo l'incontro con Cassiopeia, il giovane Black si sentì completamente svuotato e sfinito, come se avesse corso una maratona sotto il Sole, indossando un giubbotto di piume d'oca.

Che cosa ti avevo detto? Non hai ancora capito che non devi farti delle illusioni? I Black ti schifano e tua sorella ha accettato di vederti solo per pura umanità?
Non tornerà, non dopo questa sera, e se lo farà sarà solamente un paio di volte, per pena. Perché tu le fai pena, Marius, e davvero sei pronto ad accettare il suo aiuto solo per pena?


Si era illuso, certo, ma in fondo al cuore sapeva che non sarebbe stato così facile tornare dai Black.

E dopo tutto quello che Cassiopea ti ha detto, vuoi ancora tornare da loro? Da un padre che ti odia e una sorella che non ha mantenuto la sua promessa?

“Marius.”
Il ragazzo si voltò di scatto e, con sua somma sorpresa, vide Aberforth sulla soglia della porta.
Lo stava osservando e nel suo viso albergava un'espressione inedita per lui: la pena.
Avanzò nella stanza e, in silenzio, si mise a sedere sul letto, accanto al ragazzo.
“Immagino che le cose non siano andate benissimo," borbottò.
“No, Peia ha…”
“Lascia perdere, posso immaginare,” lo interruppe l'oste. “Non ti dirò ‘te l'avevo detto’ perché è una cosa che trovo insopportabile, ma, insomma…”
“Perlomeno ha promesso che mi verrà a trovare, varrà pur qualcosa,” sussurrò Marius, abbattuto.

Aberforth sbuffò.
“Il mio caro fratellone ti direbbe che la sofferenza che provi è bella perché dimostra che sei umano. Bah, ogni volta che tirava fuori questo argomento io lo mandavo sempre a quel paese: che cazzo me ne frega che sono umano, mi interessa di non soffrire, piuttosto!”
Marius sorrise, debolmente.
“Quindi lascia che ti dica una cosa che proviene dalla mia esperienza, molto meno accademica ma molto più della strada," aggiunse l'uomo. “Non permettere alle persone che ti fanno del male di avere così tanta influenza sulla tua vita. Se qualcuno ti fa soffrire semplicemente non è degno del tuo tempo e del tuo amore, dagli un bel calcio nel culo, se non puoi, ignorali bellamente.”
Il ragazzo annuì ma era evidente che avesse bisogno di rimanere da solo, per riflettere. Aberforth, dopo un ultimo colpetto al braccio, si alzò e lasciò la stanza.

Sagge parole da parte di un oste. Ma davvero vuoi permettere a quella canaglia di tuo padre di vivere serenamente la sua vita? Davvero non vuoi incontrarlo e fargli capire che sei tu ad avere il coltello dalla parte del manico?

Marius strinse i pugni fino a quando le unghie non gli si conficcarono nella carne. No, Aberforth aveva ragione, avrebbe ignorato la sua famiglia, forse, ma prima, prima doveva parlare con suo padre.
Prima voleva la sua vendetta.

/ / / / / / /

Buongiorno a tutti e buon anno a tutti soprattutto! Siamo arrivati a un momento topico, un momento che Marius ha lungo atteso ma che non è andato proprio secondo i suoi piani. Penso che questo sia stato uno dei capitoli più lunghi che abbia mai scritto.

La moglie morta dopo aver cacciato di casa il figlio magonò e aver subito uno scandalo senza precedenti. Il padre di Marius è deciso a tutto pur di evitare di ripetere una simile situazione, anche a costo della felicità del figlio. Come sempre cerco di creare dei villain che abbiano un minimo di senso logico nelle sue loro motivazioni, il prossimo mese le capiremo meglio
Ringrazio tutti quanti, in particolar modo il caro Farkas per le sue graditissime recensioni e alla prossima!

  
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