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Autore: aurtemporis    27/01/2024    2 recensioni
Sulle spiagge della Normandia, il colonnello delle guardie reali trova una ragazza priva di sensi e in balia del freddo. Dopo averla soccorsa, cercando di offrirle ulteriore aiuto, tenterà di scoprire le cause che hanno portato la ragazza sul punto di perdere la vita. Al contempo, la ragazza proverà ad impedirle di conoscere la verità, corrotta e pericolosa, e in cui lei è già intrappolata.
AVVISO: Questa ff esce completamente dal seminato. È una storia che se ne va per i fatti suoi e prende solo alcuni tratti dall'anime. Dedicata in particolare ai fans di Oscar/Rosalie, è una distrazione senza pretese da tutte le coppie canoniche dell'opera.
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: André Grandier, Bernard Chatelet, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes, Rosalie Lamorlière
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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André se ne stava nelle stalle, con una brusca spazzolava il cavallo bianco di Oscar, ea quasi il tramonto. Si voltò a guardare il sole arancione, e aveva gli occhi lucidi. Un altro giorno se n'era andato. Toccò il manto del cavallo e strinse più forte la brusca che teneva in mano. Gli parve di ascoltare un fischio lontano, ma non poteva essere. Il cavallo bianco si agitò, provò a tenerlo fermo ma il quadrupede lo urtò con il quarto posteriore facendolo cadere e poi galoppò fuori dalla stalla. "Fermati!"

Lo vide allontanarsi verso l'esterno, fosse fuggito non se lo sarebbe perdonato. Si rimise in piedi e gli corse dietro "Fermo!! Accidenti a te!"

E il cavallo si fermò a un certo punto. Oscar lo stava accarezzando sul collo. Sorrise ad André, il bruno impallidì. Rimase sulle due gambe senza riuscire a muoversi. La bionda si avvicinò trascinandosi, era a pezzi, da sola non ce l'avrebbe fatta a fare un altro passo. "Me la dai una mano?"

Il giovane corse ad abbracciarla, caddero entrambi a terra. André la strinse forte. "Avevano detto che eri morta!"

"E tu ci hai creduto?" lo strinse forte anche lei. "Devo farmi un bagno" disse poi, lui non la lasciava. "Non sono un fantasma, puoi anche allentare la presa, non scompaio" 

André si rialzò e la aiutò a sollevarsi, la sorresse fin dentro la casa "Farai prendere un colpo a mia nonna"

"Vai dunque, avvisala" disse, e si sedette su una sedia, la prima che ebbe vicino "avvisa tutti, che non si dica più che sono morta" però era stanca morta, aveva camminato per giorni. La mente andò a Rosalie, si chiedeva dove fosse e se stesse bene. 

André fece ritorno dopo poco "Oscar, i tuoi non sono in casa" e si mise a ridere "credo siano andati a incontrare le tue sorelle in chiesa, per preparare i tuoi funerali, hanno atteso fino a oggi"

Poteva anche essere buffo, ma non le venne da ridere "André, quando tornano, di' loro di venire subito da me, devo parlargli di una cosa importante"

"Madamigella Oscar!" udirono esclamare entrambi. La bionda si alzò dalla sedia e si lasciò abbracciare dalla tata. "Che vi è capitato? Cosa avete fatto? Dove siete stata tutti questi giorni!" alla donna venne da piangere mentre la stringeva.

Oscar la pregò di preparale un bagno "Racconterò poi, cara tata"

Il bruno rimase nell'androne del palazzo a fissarle, non poteva credere che era davvero tornata. Gli ultimi giorni angustiosi parevano scomparsi nel nulla in un unico momento.

 

Dopo un lungo bagno caldo, la tata le vide i punti e la ferita che aveva cucito Eric "Madamigella, vi hanno sparato?!"

"Sì ma, da lontano" rise appena un po', per sdrammatizzare.

"Non fate di queste battute!" la tata s'infuriò.

"Non darti pensieri, tata, non è recente. Penso si possa anche togliere il filo adesso"

La donna tagliò il filo da cucito e le applicò una fasciatura pulita, poiché decise che non era ancora del tutto guarita. Ripulì le ferite sulla testa e fasciò di nuovo anche quella, infine la brava donna l'aiutò a vestirsi. Nella sua stanza distinse la vecchia divisa poggiata sulla solita gruccia e la sua spada, tirate a lucido. Quando la tata uscì, si alzò e andò prenderla. Il foro era stato rammendato alla perfezione, tanto che se non si sapeva dove cercare pochi se ne sarebbero accorti. La avvicinò al viso e chiuse gli occhi. Quanta sofferenza per quella ragazza pur così giovane, e lei non aveva potuto niente, se non peggiorare le cose. Si avvicinò al letto e si lasciò cadere. Prese sonno immediatamente.

 

Quella stessa sera, nei quartieri malfamati, Eric accompagnò Rosalie presso un locale, era una topaia frequentata da chi non voleva essere visto. C'era gente di malaffare e anche prostitute. "Siete sicura che volete entrare in quel postaccio?"

"Sì, Eric, non c'è altro che rimane da fare" aveva in mente di adocchiare gli stranieri che parlavano inglese o avevano un accento simile a quello che aveva già sentito pronunciare da quell'uomo riccio. Lì, perlomeno, sperava di non incontrare nessuno degli affiliati del conte o del resto dei cospiratori. "Voi mi garantite che è un luogo dove bazzicano anche stranieri?"

"Sì" quando era stato un soldato ci era passato spesso con alcuni colleghi; un posto equivoco, un ritrovo comodo anche per chi era un clandestino. Si coprivano a vicenda. Immaginò che non fosse cambiato molto, negli anni. "Entrerò con voi"

"Però non fate nulla se non sono io a chiamarvi" la ragazza si avvolse nel mantello ed entrò. Dopo qualche secondo entrò anche Eric e già non la vide più. Cercò rapido intorno a sé e la riconobbe a un tavolo con un uomo. Sembravano parlare. Si avvicinò senza farsi scorgere. Rosalie si alzò dal tavolo, l'uomo le disse qualcosa ma la ragazza lo ignorò e quello non la disturbò oltre. Proseguì a spostarsi per la gente, c'erano diverse donne quindi non si sentiva troppo a disagio. Una di quelle donne, una bruna con alcuni anni più di lei, le chiese chi fosse, la ragazza disse che era una forestiera di passaggio e cercava qualcuno.

"Chi cercate?"

"Una persona alta, bionda e con gli occhi azzurri" rispose, non aveva pensato ad altro lì per lì.

"Lì c'è uno biondo" le indicò qualcuno "non so dirvi di che colore ha gli occhi ma non mi pare tanto alto, provate a vedere" la donna se ne andò.

Fece come le aveva detto, trovò un uomo sulla cinquantina, alticcio. Stava seduto a un tavolo ed era trasandato, il tipico uomo da cui sarebbe fuggita soltanto alla vista. Si infuse di coraggio e gli rivolse la parola.

L'uomo alzò la testa e ammiccò "Buonasera"

Quella cadenza, forse ne aveva trovato uno, pensò, gli si sedette di fronte. "Perdonatemi, mi chiedevo se poteste aiutarmi"

"Chiedi" rispose il tale.

Rosalie gli poggiò un foglietto sotto al naso. "Sareste capace di tradurlo?"

L'uomo allungò il collo e sghignazzò "Niente di più facile, sembra una di quelle filastrocche che si insegnano ai piccoli"

"Una filastrocca?" Rosalie ebbe qualche dubbio, chissà se serviva a qualcosa farla tradurre, magari l'uomo l'aveva addosso come ricordo di un figlio o qualcosa del genere. "Che dice?"

"Dice… Dice che se volete che la traduca, dovete darmi qualcosa in cambio"

"Quanto volete?" frugò tra le pieghe del vestito "Vi bastano due pezzi d'oro?"

"Potrebbero, ma mi accontenterei anche di qualcos'altro" sporse la mano e sfiorò la sua.

"Io posso concedervi solo le monete" Rosalie le poggiò sul tavolo, coprendole poi con il palmo "allora?"

L'uomo prese il foglio e si concentrò sulle scritte. "Un botto a monte del fornaio, un botto dall'alto del vetraio, una carriola fronte la via e una decina di lame a coprirne la scia" recitò. Aveva conservato anche le rime baciate.

"Tutto qui?" 

"Te l'avevo detto" ruttò, il vino gli stava tornando su.

Rosalie riprese il foglietto e lo girò dal lato posteriore, scrisse veloce con un gessetto nero quelle parole che aveva appena udito. "Vi ringrazio" spinse le due monete sul tavolo con la mano, avvicinandogliele.

"E dove te ne vai così di fretta?" l'uomo la trattenne.

"Signore, comportatevi da gentiluomo" Rosalie provò ad andarsene ma la stretta era forte. Alzò gli occhi e individuò Eric, gli fece un cenno sbattendo le palpebre. L'uomo arrivò rapido, quando lo sconosciuto l'aveva già trascinata accanto a sé.

"Che abbiamo qua?" Eric acchiappò un orecchio di quell'uomo, subito gli fece lasciare la ragazza. Non gli diede modo di parlare. Con il mento indicò a Rosalie di uscire. "Ma quanto vino hai bevuto? Puzzi peggio di una cantina saltata per aria!" un colpo alla gola con il taglio della mano e il tipo si abbatté sul tavolo, boccheggiando.

La ragazza si era allontanata, poco prima di raggiungere l'uscita, una mano le tappò la bocca e un braccio le circondò la vita, trascinandola di lato. Dove, non poté vederlo, sembrava una stanza laterale, dentro alla locanda. Poi venne spinta contro il bordo di un tavolo. Alzò la testa e riconobbe il volto altero e quella perenne smorfia maligna che disprezzava con tutta l'anima. 

"Ma guarda un po' che sorpresa, trovarti qui" Saint-Just chiuse la porta "ti sei messa sul mercato? Già dimenticato il tuo defunto biondo?"

Rosalie provò a colpirlo, l'uomo fermò la mano prima che calasse su di lui. "Lascia perdere, il mondo è fatto così, morto uno se ne trova subito un altro, e anche meglio" allargò la curva alle labbra. La spinse contro il tavolo "Che dovrei fare con te adesso, per tutti i problemi che ci hai creato? Ucciderti farebbe dispiacere a Bernard, ma potrei comunque darti una lezione!" un manrovescio colpì il viso della ragazza che si aggrappò al tavolo per non cadere, sentì il sapore del sangue tra le labbra "che ci fai in questo posto? Chi cerchi? Che cerchi?"

Lei lo guardò con rabbia, ma non rispose. Con due dita gelide si toccò il labbro ferito. L'espressione non mutò in paura, come l'uomo aveva presupposto accadesse, e se ne sorprese. Rosalie si tirò su appoggiandosi al tavolo e gli occhi rimasero puntati su di lui. "Fatemi uscire o mi metterò a gridare!" la mano destra afferrò il lembo del vestito e lo strinse forte fino a sgualcirlo. 

Saint-Just accentuò il ghigno "Qui dentro non ti sentirebbe nessuno e, anche se ti sentissero, sono tutti molto discreti nel sobborgo" le mani le agguantarono il collo "questa stanza dà sulla strada, è una via di fuga speciale. Ma forse questo non avrei dovuto dirtelo" strinse di più la morsa "ti assicuro che conosco molti metodi per farti parlare e ti posso promettere che lo farai, con tutto il fiato che hai, e mi supplicherai di fermarmi, rivelandomi anche i segreti che non conosce nemmanco tua madre!" 

Rosalie sentiva venir meno i sensi ma spostò ugualmente la mano sotto al vestito, rapida allungò le dita al lato della coscia e liberò lo stiletto dal fodero. Prima che l'altro capisse che succedeva, glielo infilzò per metà nella natica sinistra. Saint-Just urlò. Lei gli allungò un calcio tra le gambe e si scansò dal tavolo. L'uomo si contorceva sul pavimento e la insultava. Avrebbe voluto sfilare lo stiletto e completare l'opera, ma il solo pensarci la ripugnava. Vide l'altra porta dietro di sé, la imboccò ed uscì.

Trovò quasi subito Eric, che la stava cercando "Ma dove eravate finita?"

"Eric, quell'uomo!" indicò dietro di sé "Quello che ha ucciso Oscar!"

"Dove sta?" accorse dove la ragazza aveva indicato. Entrò nello stanzino, c'era solo un tavolo e una sedia, non vide nessuno. Seguì a muoversi verso l'altro ingresso che dava nel locale, si sporse, alcuni si girarono a guardarlo, nessuno che fuggiva o che potesse riconoscere. Tornò fuori scuotendo il capo.

Rosalie aveva le lacrime agli occhi "Potevo ucciderlo e non l'ho fatto!" si avvinghiò al collo di Eric.

"Meglio così, avrebbe potuto farvi del male" le disse mentre la conduceva lontano da quel posto. Aveva visto il labbro gonfio e ancora insanguinato. "Non vi preoccupate, le serpi velenose strisciano finché qualcuno non le schiaccia"

 

Oscar si svegliò la mattina dopo il suo ritorno a palazzo. Quando riaprì gli occhi, trovò la madre accanto, le reggeva la mano con due occhi arrossati e stanchi. "Madre"

"Figlia mia!" la donna l'abbracciò chinandosi sul letto "Come ti senti?" le mormorò dopo averle baciato una guancia. "Che ti hanno fatto?"

"Sto meglio madre, niente di grave" la strinse a sé come non aveva mai fatto neppure da bambina. Quando scesero le scale, un momento dopo, il generale le andò incontro e le afferrò le spalle "Oscar…" e le parve che si stesse sforzando per non piangere "Bentornato" la fissò negli occhi "André ha detto che dovevi parlarci"

"Sediamoci" disse la figlia, la madre le lasciò la mano solo quando si sedette su una sedia. "Sono venuta a conoscenza che stanno preparando un attentato a danno dei reali durante la parata di capodanno"

"Chi?" il generale era già furente "Come fai a saperlo?"

"Questa è la ragione per cui ti hanno ridotto così?" domandò André, e avrebbe voluto torcere il collo al responsabile.

"Le cause sono concatenate" Oscar si voltò verso il padre "il conte Alban de Badeaux è uno dei traditori ma" fermò subito gli altri due che stavano per rivolgerle altre domande "non ci sono ancora prove. Hanno coinvolto gli inglesi, tutto fa sembrare che vogliano eliminare il re per sostituirlo con qualcuno che ha alleanze potenti in Inghilterra" e a quella conclusione ci era arrivata immaginando la ragione del viaggio del conte, che si era scomodato di persona. La lista, ricordò che era rimasta a casa della marchesa, chissà ora chi ce l'aveva. Quella mattina aveva dimenticato ogni cosa, dopo quel bacio… La lista era necessaria, al momento non aveva niente in mano. Anche prendendo il conte per farlo parlare, non c'era modo di costringerlo e non poteva certo minacciarlo a morte o torturarlo. Era pur sempre un nobile. Doveva trovare quella lista e doveva trovare Rosalie. "Non dite ancora a nessuno che sono viva, al di fuori di questa casa"

"Perché?" il padre voleva immediatamente annunciare a tutti che il colonnello, suo figlio, era ancora vivo e fargli occupare di nuovo il posto che gli spettava.

"Mi occorre tempo, padre"

"Quanto tempo? Potrebbe agire diversamente nel mentre" disse il generale, rifendendosi al conte.

"Non lo farà se si sente al sicuro"

"Oscar, la regina era addolorata per la tua scomparsa" le disse André "sicura che non vuoi che neppure lei sappia?"

"Mi dispiace ma, non ancora, André" si alzò dalla sedia e incrociò le braccia "non possiamo ancora fare niente, mi occorre almeno una prova. Mi mostrerò quando sarà il momento opportuno"

"Ma con chi? Con chi vogliono sostituire il re?" la madre aveva preso la parola "Chi può avere tanto potere da subentrare al re seppur morto?"

"Vorrei scoprirlo, madre, ma più sono potenti e meglio sanno nascondersi" e doveva essere un uomo molto influente a corte. Non il conte, qualcun altro il cui nome era ancora ignoto. Sarebbe stato complicato farlo uscire allo scoperto. Innanzitutto le serviva quella lista per non limitare le accuse alle sole parole. E doveva sapere come stava Rosalie. Ma dove iniziare a cercarla non sapeva, ne aveva perso ogni traccia.

"Proviamo a mettergli qualcuno alle calcagna" suggerì André "vediamo da chi ci porta Badeaux"

"Chi?" domandò il generale.

"Io" affermò André.

"Ci avevo già pensato, ma è troppo azzardato, ti conoscono a corte" disse Oscar. L'avevano visto assieme a lei praticamente sempre.

"E chi allora?" 

"Ho in mente l'uomo giusto, devo solamente ritrovarlo" la bionda pensò a Eric. E se avesse trovato lui, magari, avrebbe anche avuto notizie di Rosalie. "Era il maggiordomo della marchesa Ozanne, recentemente scomparsa. Si chiama Eric, intorno ai sessant'anni, non conosco il nome di famiglia però ha fatto parte dell'esercito"

"Lo farò rintracciare in meno di tre giorni" disse il generale "userò un dispiegamento diramando una falsa denuncia"

"Fate attenzione padre, è un brav'uomo, che non gli capiti nulla"

"Provvederò a farlo arrestare con l'accusa di furto di cadaveri per illeciti scientifici"

Quasi le venne da ridere, la vedeva molto improbabile come accusa. Era comunque meglio che altro. Sperò di non averlo messo in difficoltà ma non sapeva come fare per scoprire dove fosse.

 

Il convento era un edificio alto e non molto ampio di superficie. Ma aveva un grande giardino intorno. Rosalie si avvicinò a piedi, la carrozza l'aveva condotta fino a poco distante. Il padre adottivo qualche volta ne aveva parlato di quel luogo, saltuariamente ci si recava per qualche ragione. Aveva con sé la cassetta con la sua dote. La madre superiora volle conoscerla prima di ammetterla tra le consorelle, era una prassi che svolgeva di persona ogni volta. In quel convento vi erano giovani allieve che rimanevano solamente fino all'ingresso in società o al matrimonio e altre che, per una ragione diversa dall'altra, erano aspiranti novizie, ruolo a cui ambiva la stessa Rosalie.

"Entrate, prego" una religiosa le fece strada. Camminarono attraverso corridoi luminosi, era felice di trovare un ambiente molto meno grigio di come l'aveva immaginato. 

"Siete già di ritorno?" la badessa la fece accomodare. 

"Sì, madre" le posò la cassetta sulla scrivania "vorrei appressare l'iscrizione. Se possibile venire a stare qui tra i primi del mese prossimo"

"Cara, non abbiate fretta, pensateci a lungo" la badessa adocchiò la cassetta e la ragazza la aprì, mostrandole l'intero contenuto. "Benedetta figliola! Dove li avete presi? Quando siete giunta qui la prima volta mi avevate detto-"

"Lo so madre, scusate se vi interrompo, ma questo è un lascito che ho ricevuto solo da poco in eredità. Dalla marchesa per cui ho lavorato negli ultimi anni"

"Come vi chiamate figliola? Ancora non mi avete detto il vostro nome" la badessa si sedette con un tonfo, quelle monete potevano bastare a rimodernare tutta un'ala del convento.

"Rosalie, madre" vide che la donna restava ancora in attesa "Rosalie Lamorlière"

La badessa increspò le sopracciglia e crucciò la fronte "Quanti anni avete, figliola?"

"Quasi diciotto, madre"

"E dove siete nata?"

"Qui a Parigi"

"Siete nata a Parigi, ma dove?"

"Non capisco madre, che intendete?"

"Vostro padre, Lamorliére, era il sarto?"

"Sì, madre, lo conoscevate?" Rosalie fu sorpresa, il padre adottivo non era un sarto molto famoso.

La badessa intrecciò le mani e la guardò con attenzione "Benedetta figliola, voi siete nata qui, non a Parigi"

"Qui, dove?" 

"In questo convento" la badessa le disse di ascoltare "vostro padre, il vostro vero padre, era il duca d'Aubont, uomo molto conosciuto e molto odiato" si alzò dalla sedia e mosse due passi nello studio con le mani dietro la schiena che giocherellavano con l'anello che indossava.

"Duca chi?" Rosalie si sentì quasi presa in giro. Non poteva credere a scherzi come quelli che uscivano dalla bocca della madre superiora "Ne siete sicura, madre? Non mi confondete con qualcun'altra?" scoprire lì del suo passato non era cosa che riusciva a contemplare.

"Ascoltate e crederete. Una storia come quella non si dimentica facilmente" sospirò "prima che voi nasceste, vostra madre, la contessa Gabrielle, di cui non ricordo il nome della famiglia, era stata promessa a un suo pari rango, dal padre. Vostro padre l'amava ed era ricambiato. Quando il padre di Gabrielle scoprì che era rimasta incinta, fuori dal matrimonio, la casta era già venuta a sapere ogni cosa. Il conte a cui era promessa ritirò la proposta, e sfidò a duello vostro padre per l'affronto subito" la badessa le accarezzò una spalla quando la vide tremare "vostro padre però aveva intenzione di fuggire in Italia, non voleva lasciare né voi né vostra madre. Tuttavia capitò qualcosa. Dopo la vostra nascita qui al convento, dove trovò rifugio dalla sua famiglia che aveva intenzione di impedirne la fuga, Gabrielle se ne volle andare, tornò a casa dei suoi, senza dare spiegazioni"

"Madre, se ciò che mi dite è vero… Se non è una storia che appartiene a qualcun'altra, perché, perché questa Gabrielle ha lasciato colui che era mio padre?"

"Non so dirtelo, figliola. Purtroppo non facemmo in tempo a capirne le ragioni" le raccontò poi che il padre, disperato, la portò dal sarto. Lamorliére era un uomo retto e d'animo buono, il convento lo conosceva per le piccole donazioni che lasciava annualmente. "Quindi vi diede il nome, il ciondolo che portava al collo e vi portò via dal convento"

Rosalie si alzò di scatto dalla sedia e la fece cadere alle sue spalle "Mi ha abbandonato anche lui alla fine!"

"Non è così, non voleva lasciarvi. Io ricordo bene i suoi occhi quando vi strinse a sé, c'era amore e coraggio, ma il duca non ebbe una buona sorte. Per riabilitare il suo nome e il vostro si presentò al duello, con la speranza di tornare a riprendervi, dopo. Però la pallottola lo colpì al cuore, morì"

Rosalie tirò fuori la catenina che portava al collo, la badessa si intenerì nel vedere il ciondolo, era come lo ricordava.

"Poco dopo morì anche il conte, suo sfidante, per la ferita riportata" la badessa prese le mani di Rosalie "questa storia era ben nota, anni fa, ora non se ne parla più"

"Che ne è stato di mia madre?"

"Non lo so, all'epoca non si fece più vedere negli ambienti della nobiltà. Sembra che abbia cambiato nome. I d'Aubont invece sono decaduti e non è rimasto più nulla della loro dinastia"

Rosalie avrebbe voluto dire che c'era lei, lei era rimasta. Ma a che serviva ormai. Se suo padre era morto e la madre l'aveva abbandonata, non le interessava far parte di nessuna famiglia nobile. E cosa aveva poi per provarlo, oltre quel ciondolo di cui forse nessun altro sapeva. Chiuse gli occhi e soffocò le lacrime.

La badessa la portò a visitare il giardino. Il vento freddo di dicembre sembrava portarsi via gli ultimi patimenti d'animo che l'avevano afflitta da quando aveva saputo di essere stata adottata. Si sentiva vuota, affranta ma allo stesso tempo era come rinfrancata, il padre le avevano voluto bene, anche se gli era stato concesso solo un misero frangente. C'erano altre ragazze e alcune novizie che parlavano o leggevano oppure passeggiavano intorno a loro. Quella sarebbe stata una buona dimora, pensò.

 

Eric stava rileggendo per la sesta volta le parole che Rosalie aveva scritto dietro al foglietto. Una frase in rime, gli venne in mente quel che gli aveva detto il notaio, riguardo la lettera del conte. Versi, una lettera in versi. "Cosa sono questi botti di cui si accenna?" disse a voce alta "i fuochi d'artificio?" fornaio, carriola, lame... Strofinò la fronte e scrocchiò il collo. Serviva più tempo per decifrarlo. La marchesa era sempre stata abile con gli enigmi e gli indovinelli, ricordò con tristezza.

Rosalie rientrò poco prima che facesse buio. La locanda dove avevano preso due stanze era piccola, a gestione familiare. Accogliente ma non molto lontano dalla periferia. Anche lì, se si faceva tardi la sera, si potevano fare dei brutti incontri. "Non ne siete venuto a capo?"

"Non del tutto" Eric aveva fatto uno schizzo su un foglio, un disegno che poi aveva accartocciato "è un messaggio stupido e seccante, mi pare di intendere che si faccia riferimento ai fuochi di capodanno ma potrebbe essere altro"

"Non ha importanza. Quello, unito alla lista e alla mia testimonianza, dovranno pur significare qualcosa per le autorità"

Rosalie andò a coricarsi nella sua camera, era una stanza piccola rispetto a quella che aveva avuto dalla marchesa ma ci stava facendo l'abitudine, immaginava che la cella di un convento fosse ancora più ridotta, quindi poco male. Il tempo di spogliarsi e indossare la camicia da notte che avvertì un rumore alla finestra. Ebbe un sussulto, come una reminiscenza che tornava all'improvviso. Corse ad aprire la finestra, era buio ma sotto vide chiaramente Bernard, aveva tirato un sassolino accanto alla cornice della vetrata.

"Vattene o chiamo aiuto!" strillò con rabbia.

"Aspetta Rosalie, devo darti una notizia!"

"Se non la pianti di tirare sassi ti svuoto il vaso da notte sulla testa!" strillò un uomo che si era sporto dalla finestra di fianco. Il giornalista ne aveva lanciati un po' a casaccio, prima di veder sbucare chi voleva.

La ragazza uscì dalla stanza in camicia da notte, non le importava chi avrebbe incontrato, andò a bussare al vecchio maggiordomo "Aiuto! Eric!" l'uomo comparve subito fuori con una vestaglia pesante addosso e un cappellino di stoffa che usava nel letto durante le notti gelide. 

"Che succede?"

"C'è Bernard qui sotto, ti prego, mandalo via!" gli disse sconvolta.

"Ancora quel farabutto!" stava per uscire quando vide cosa indossava, ma non avrebbe fatto in tempo a cambiarsi, andò così. Si tolse solo il cappellino. Lo trovò appena fuori alla locanda "Che ci fai qui? Come ci hai trovato?!"

Bernard si fece indietro di un paio di passi "Il caso ha voluto che incontrassi Rosalie, l'ho seguita tutto il giorno" si sentì al riparo allargando la distanza tra loro "devo dirvi una cosa importante"

"Parla!"

"Vorrei dirlo anche a Rosalie, in sua presenza, ne sarà felice"

"Scordati di avvicinarti a lei dopo quello che le hai fatto!" alzò un pugno "Parla se devi, o vattene e non farti più vedere! E non spiarla mai più!"

"Dite a Rosalie che non deve chiudersi in convento, il suo Oscar è ancora vivo!" e poi scappò di corsa.

"Eh? Come vivo?" Eric gli andò dietro e quasi inciampò nella vestaglia "Aspetta!!" lo raggiunse "Fermati, pisciasotto!"

"Che volete? Mi avete detto di andarmene e lo sto facendo!" aveva due occhi sconsolati, gli fece quasi pena all'altro uomo, quasi.

"Spiegati, come sarebbe Oscar è ancora vivo?"

"Era qui a Parigi, quando avete lasciato la casa della marchesa, vi ha mancato di poco. Era in un pessimo stato ma ancora vivo, lo giuro, Saint-Just non sbaglia mai ma stavolta si deve essere affidato a qualcuno molto meno sagace di lui"

"Mi stai dicendo il vero?"

"Sì, signore"

"Sai dov'è andato? Dove posso trovarlo?"

"No, ma sarà lui a cercare lei, se la ama quanto me!" corse via e questa volta ci mise tutta la forza che aveva nelle gambe.

Eric sorrise, un sorriso largo che mostrò tutti i denti, anche i tre che aveva perduto anni prima. Poi scoppiò a ridere. Chi lo vedeva chissà che poteva pensare, conciato com'era, a ridere da solo, ma se ne fregò bellamente. Si voltò per precipitarsi a riferirlo a Rosalie, quando una carrozza gli investì in pieno le spalle. Ruzzolò sulla strada e si schiantò contro il muro dell'angolo dell'edificio di fronte. La carrozza si fermò. Il cocchiere era scosso, dopo un primo momento di confusione, scese e si affrettò accanto al corpo "Non l'ho visto!" gridò "Dio mio, non l'ho visto!" vicino a lui si stava raccogliendo una piccola folla. "Vi giuro che non l'ho visto!" si stava creando del trambusto in strada. Molti erano accorsi e si udirono delle grida.

"Ti crediamo, sta calmo, quel tizio rideva come un folle in mezzo alla strada, non è colpa tua" disse uno dei passanti.

La carrozza era vuota, il cocchiere si abbassò e notò che respirava ancora "Dovrei portarlo in un ricovero" lo osservò, perdeva sangue dalla bocca. Giunse infine una ragazza, in camicia da notte. 

"Eric!" si inginocchiò accanto all'uomo, questo aprì gli occhi e tossì. Afferrò la mano che gli accarezzava il viso.

"Rosalie…" mormorò.

"Non parlate! Non affaticatevi!"

"Oscar…" tossì e altro sangue profuse dalla bocca.

"Eric, non parlate!" credeva vaneggiasse, si voltò e pregò chi aveva attorno di aiutarla a metterlo sulla carrozza "Per favore, portiamolo da un medico!"

Eric le afferrò una mano "Oscar non è…" rimase con gli occhi spalancati a fissare la ragazza. "ERIC!" l'abbracciò "Non lasciatemi anche voi!" le lacrime defluivano sulla vestaglia "NO!"

"Ragazza, lascialo andare, è morto ormai" disse sempre lo stesso passante, cercando di sollevarla, lei gli scacciò la mano e continuò a stringerlo. Bernard era tornato indietro, dopo aver udito il baccano. Non ritenne opportuno avvicinarsi, pensò che Rosalie gli avrebbe attribuito la colpa anche di quella disgrazia. Se ne andò.

Eric venne portato direttamente alla chiesa che frequentavano con la marchesa. Rosalie rimase a vegliarlo tutta la notte, assieme a un clericale che si era offerto di svolgere il funerale quella mattina che stava per sorgere. La ragazza pagò il dovuto per fargli avere una tomba accanto a quella della marchesa. Intaccò l'eredità che la donna aveva lasciato a lui, non aveva altri fondi. 

L'indomani, alla funzione in chiesa c'era solamente lei. Bernard guardò da lontano e, ancora più distante, c'erano due soldati che prendevano atto dell'accaduto.

 

Più tardi, a palazzo Jarjayes, giunsero i due a informare il generale dei fatti. "L'indiziato è morto, signore" avevano l'ordine di rivolgersi solamente a lui per tutti i risvolti sul caso.

"Come è potuto succedere?"

"Un incidente, una carrozza gli è andata addosso, i cavalli l'hanno sbalzato lontano, ha battuto il capo nell'urto" 

"Questo non ci voleva!"

La figlia scese le scale di corsa "Padre! L'avete trovato?"

Il generale avrebbe voluto dirle che non doveva farsi vedere se voleva continuare a fingersi scomparsa ma ormai, già che c'era riferì anche a lei "Il tuo uomo è morto, dobbiamo cercare un'altra soluzione" 

Oscar rimase senza fiato, guardò i soldati che a loro volta la fissavano come se fosse un'apparizione celeste.

"Comandante! Siete vivo!" disse uno dei due.

"C'era una ragazza con lui" Oscar li ignorò "Che ne è stato di lei?!"

"Non c'era nessuna ragazza, comandante" rispose il soldato.

"No, cosa dici, c'era, quella che piangeva in chiesa. Era l'unica dei presenti" lo corresse il collega. 

"Quale chiesa?" Oscar lo incalzò arrivandogli faccia a faccia "Dove?!"

"La chiesa che sta vicino al parco in centro"

Oscar scappò fuori veloce, si tolse la benda dalla testa e l'abbandonò al vento, neanche ascoltò il padre che la chiamava. Si diresse alle stalle come un fulmine. Prese il cavallo e lo lanciò al galoppo verso Parigi. "Vai!! Vai!!" 

Trovò la chiesa dopo parecchio tempo, saltò giù dal cavallo ed entrò spalancando le porte. Era deserta. Fermò il primo con la tonaca che vide "Perdonatemi!"

"Che posso fare per voi?"

"C'è stato un funerale stamattina, di un uomo finito sotto una carrozza"

"Voi chi siete?"

"Padre, non c'è tempo per questo!" l'uomo la vide molto agitata "Cerco la ragazza, quella che era assieme alla vittima. Sapete dove posso trovarla?"

"Mi dispiace, non so dirvelo, è andata via"

Rimase congelata sul posto. L'aveva persa, un'altra volta. "Via? Dove?"

L'uomo scrollò le spalle, non sapeva dove, né era cosa che avrebbe potuto chiederle.

Si appoggiò a una panca e si sedette. Ringraziò il clericale con un cenno del capo e quello tornò ai suoi compiti. Le mani strinsero il legno, le nocche divennero bianche. Prese un respiro, avrebbe voluto urlare. Alzò gli occhi e guardò gli intarsi sulla volta fin quando una vertigine la costrinse ad abbassare la testa. E così rimase finché i battiti tornarono a un ritmo accettabile. Attese, come se si aspettasse di sentire la sua voce da un momento all'altro. Quanti giorni erano passati dall'ultima volta che si erano parlate? Aveva perso il conto. Tutto quel tempo trascorso a camminare, per tornare, rassomigliava a un viaggio durato mesi. Spinse la mano sulla panca e si sollevò, uscì lentamente dalla chiesa. 

Tirò le redini del cavallo portandolo nel parco. Avanzò a capo chino sulla strada di breccioline. Non le veniva in mente nessun luogo dove poterla cercare. Si sedette su una panchina e chiuse gli occhi. Il cavallo si spostava tra l'erba alle sue spalle. Eric era morto così, all'improvviso, e Rosalie era da sola, chi le era rimasto adesso? Chi c'era accanto a lei? I pensieri si accavallavano uno sull'altro. Infilò le mani nei capelli e strinse le ciocche tra le dita. 

 

Camminava a ridosso del fiume, stringendo un vaso tra le mani infreddolite. Rosalie lo teneva stretto e guardava solo in terra, intanto che faceva ritorno al cimitero. La prima volta che aveva visto Eric era stato quando era appena arrivata in quella casa con la pianta di limoni. Le era sembrato un tipo scontroso e riservato, poi invece le aveva detto una frase che ricordava ancora, quando aveva lasciato la pianta nel giardino per il travaso. È una piantina piccola ma qui metterà delle radici forti e il tempo andrà così veloce che neppure ce ne accorgeremo, passandole vicino senza farci caso. E le aveva sorriso.

Sospirò, nel camminare cercava di non guardare il fiume, le acque scure le mettevano ancora angoscia che si trasformò poco a poco in brividi; volle allontanarsi, deviò rapida e urtò qualcuno.

"Ci ho impiegato poco per ritrovarti" una lama le sfregò appena il viso, riconobbe lo stiletto di Eric "ho temuto di doverti venire a prendere fin dentro quel covo di bacucche frigide di cui mi ha parlato Bernard" d'istinto si scostò e alzò gli occhi, Saint-Just l'afferrò per i capelli, il dolore le fece lasciare il vaso che cadde al suolo. "Questo l'hai lasciato nel fodero sbagliato, l'ultima volta!" le ringhiò sul viso. Tentò di allontanarsi e lui la tirò più forte, notò però che si muoveva in modo incerto, sulla gamba sinistra. 

Oscar tirava le redini del cavallo mentre si allontanava dal parco, le stringeva tanto da sentire il cuoio irritare la pelle. Un rumore sordo, proveniente dall'altro lato dell'ampia strada, la fece voltare a destra. Aprì e chiuse gli occhi due volte, per essere sicura di chi stava vedendo. Talmente intenta a fissare quel singolo punto che inciampò in una fossa sulla strada, le redini le impedirono di cadere, il cavallo la tirò e le permise di recupere l'equilibrio. Quell'individuo l'aveva visto solo una volta, ed era stato come aver guardato in faccia un servitore del male. Ora era lì, e stava strattonando qualcuno "Maledetto!" lasciò il cavallo e corse. 

"E sai che ti dico? Al diavolo Bernard e la sua smania per te, che mi ha stomacato!" alzò la lama, Rosalie usò una mano per allentare quella che tirava i suoi capelli. Con l'altra lo graffiò sul viso. L'uomo imprecò ma non la lasciò andare, tirò più forte i capelli, uno strattone doloroso ma lei cercava comunque di liberarsi. La punta acuminata si sollevò ancora, la ragazza la fissava impietrita. Venire uccisa da quel concentrato di cattiveria era qualcosa di così ingiusto che non voleva consegnarsi a mani basse. E chi l'aveva messo sul suo cammino era stato Bernard che diceva addirittura di tenere a lei. Il pugno dell'uomo mosse la lama ma non per tempo. Qualcuno gli era piombato addosso e l'aveva trascinato giù, lungo la depressione del terreno che scendeva fino alle acque.

Rosalie vide solo una chioma bionda passarle davanti così veloce che non capì cosa era successo. Aveva reagito di fretta all'intrusione, Saint-Just impugnava ancora lo stiletto e cercava di infilzare la bionda, sotto di lui, mentre questa gli bloccava il polso con entrambe le mani. "Quell'inutile di DAviD!" era furioso, premeva la lama sperando che la forza dell'altra cedesse. Oscar non sapeva chi fosse questo David, non che le interessasse poi tanto in quel momento. Sentì Rosalie gridare il suo nome.

La ragazza si era sporta dal franoso rialzo di terra, le stava scomparendo quella scarica impavida che le aveva dato la forza di reagire poco prima, le mani ora tremavano senza sosta. Il cuore le poteva scoppiare, tanto batteva forte. Era reale? Fosse anche stato un sogno o un gioco della mente annebbiata dal terrore, doveva aiutarla. Scese fino all'argine del fiume e raccolse una ghiaia, poteva colpirlo da vicino, non si fidava a lanciare. 

"Resta lì!" strillò Oscar.

"Poi ci penserò io alla tua amichetta, la concerò per le feste!" Saint-Just le sibilò sulla faccia "Dopo aver sistemato te! Comandante delle guardie!" quelle parole la distrassero per un attimo, la punta d'acciaio le graffiò il collo "Mi sono chiesto a lungo dove avessi già visto la tua faccia!" spinse con tutta la forza del peso, l'altra resisteva a fatica "Quell'imbecille di Bernard! Neanche a sbatterci il grugno s'è accorto di chi sei davvero!"

"Non ti avvicinare!" insisté Oscar quando vide Rosalie farsi avanti con la coda dell'occhio. Iniziò a torcere il polso con lo stiletto e un gemito di dolore lasciò le labbra dell'uomo, tanto che staccò con un lamento la mano che usava come appoggio, per accecarla. Alleggerita la pressione, l'altra ne approfittò, anticipandolo con un pugno in pieno naso, ne fu intontito per qualche secondo. "Da quale buco infernale sei uscito?!" pronunciò rabbiosa la bionda. Il polso torceva e le ossa dell'avambraccio frizionavano tra loro, quando lo spasmo divenne insopportabile, la lama gli scivolò via. Oscar sgusciò da sotto e si alzò. Subito l'afferrò a due mani per i vestiti, si voltò e con l'aiuto delle spalle fece leva, lo ribaltò davanti a sé, direttamente nelle acque del fiume. Riprese poi fiato, appoggiandosi su un ginocchio. Lo vide tornare in superficie pochi attimi dopo, una volta, poi non seppe più. Le correnti erano funeste, come la temperatura. Quando si alzò dal terriccio umido, cominciò a correre. Rosalie la fissava con gli occhi offuscati dalle lacrime, immobile, finché due braccia la strinsero forte. Si sentiva come venir meno, la ghiaia le cadde di mano. Il pianto le scoppiò in gola e i singhiozzi subissarono il frusciare del vento sulle acque. Si aggrappò con tutta la forza alle sue spalle. 

"Sono io, sono io!" chiuse gli occhi e appoggiò la guancia sui suoi capelli "Mi dispiace, perdonami!"

"Oscar!" la teneva stretta per paura le scomparisse tra le braccia. "Sei reale, vero? Sei reale?!"

"Sono io e ti ho ritrovata, finalmente" le strofinò le mani dietro la schiena.

Rosalie acciuffò la camicia della bionda nei pugni e li strinse forte, la mancava il fiato "Sei ferita?" si staccò di poco per guardarla, le toccò la testa, spostò i capelli, vide i tagli "La colpa è solo mia, ti ho causato solo problemi da quando mi hai conosciuta" 

"Che sciocchezze" le prese la mano e la strinse "stanno guarendo, non ti preoccupare" si voltò per cercare il cavallo, era dove l'aveva lasciato. La più giovane le circondò il collo stringendo forte, la tirò giù alla sua altezza e ci mise tutta sé stessa in quel bacio, sollievo, speranza e liberazione. "Ti amo" le mormorò un attimo dopo che si separarono.

Oscar sorrise e accarezzò quel viso scosso "L'amore che ho per te sopravvivrebbe anche senza di me" poggiò la fronte sulla sua "da quando mi hai puntato contro quell'attizzatoio ci sei stata solamente tu"

Rosalie rise, altre lacrime le bagnarono il volto. L'abbracciò ancora, voleva sentirla vicina, e rendersi conto che non era un abbaglio, un'allucinazione disperata. "Tornerà?" disse, gettando un occhio al fiume.

"Meglio per lui che non lo faccia" ammesso che fosse ancora vivo. Rosalie dovette lasciarla per recuperare lo stiletto di Eric, poi risalirono fino alla strada.  Un fischio fece avvicinare il cavallo "Andiamo" Oscar la aiutò a salire e poi montò dietro di lei. 

"Dove?" 

"A casa"

"Perdonami ma, prima devo tornare alla stanza della locanda, ci sono cose importanti che devo recuperare" Rosalie posò una mano sul braccio della bionda "riguardano quella faccenda che sai" le disse subito dopo di accompagnarla al mercato, doveva comprare un altro vaso per Eric.

"Va bene, verrò con te, dove vorrai" replicò Oscar.

   
 
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