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Autore: aurtemporis    01/02/2024    3 recensioni
Sulle spiagge della Normandia, il colonnello delle guardie reali trova una ragazza priva di sensi e in balia del freddo. Dopo averla soccorsa, cercando di offrirle ulteriore aiuto, tenterà di scoprire le cause che hanno portato la ragazza sul punto di perdere la vita. Al contempo, la ragazza proverà ad impedirle di conoscere la verità, corrotta e pericolosa, e in cui lei è già intrappolata.
AVVISO: Questa ff esce completamente dal seminato. È una storia che se ne va per i fatti suoi e prende solo alcuni tratti dall'anime. Dedicata in particolare ai fans di Oscar/Rosalie, è una distrazione senza pretese da tutte le coppie canoniche dell'opera.
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: André Grandier, Bernard Chatelet, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes, Rosalie Lamorlière
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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La tomba di Eric era alla sinistra di quella della marchesa. Il marmo grigio della lapide poggiava in terra, l'incisione con il nome in via di compimento. Il marmista era veloce, disse loro che avrebbe terminato prima di un'ora. Eric Marcel Roux. Lesse il colonnello. Toccò la croce e si inginocchiò per un breve momento, non l'aveva conosciuto abbastanza ma era certa che fosse un brav'uomo. Rosalie aggiustò i fiori, diversi e colorati, nel vaso che era appena arrivato dal mercato. 

La ragazza posò un bacio sulle dita e toccò il marmo di entrambe le tombe, poi andarono via. Una mano strinse forte la sua "Avevano detto a Eric che eri morta, Bernard o quell'altro spergiuro del suo amico!"

"Ci sono andata molto vicino, quando" preferì non dirle come e dove "quando mi sono risvegliata qualcuno mi ha aiutato. Quell'uomo, Saint-Just, penso abbia creduto di avermi ucciso davvero" scuoté la mano per rassicurala "il giornalista mi ha vista pochi giorni fa, davanti la casa della marchesa" 

Riflettendo sulle ultime parole di Eric, Rosalie iniziò a supporre che forse era stato Bernard a riferire all'uomo di Oscar. Non sapeva che pensare, l'aveva già delusa due volte. Le stringeva il cuore l'idea che le ultime parole affannose di Eric erano state per lei e non l'aveva capito.

A piedi, il colonnello teneva il cavallo per le briglie quando la ragazza le disse che erano arrivate alla piccola locanda dove alloggiava con il vecchio maggiordomo. La sua parente, che poi era una cugina, non si era neppure scomodata ad andare al funerale. Rosalie la guardò di sbieco quando la vide, al suo rientro. La donna la ignorò. Aveva riposto nella sua stanza il resto delle monete dell'uomo, avrebbe dovuto darle alla parente ma era combattuta. Lui aveva detto di voler comprare un podere ma non aveva mai nominato dei figli o altri congiunti, e adesso era rimasto solo il denaro. A chi poteva lasciarlo? Ci avrebbe pensato dopo.

"Entra" la condusse nella sua camera, andò poi a prendere la lista e l'altro foglio. Li aveva nascosti subito dopo l'incidente. Non aveva lasciato nulla in camera dell'uomo che potesse ricondurre al complotto, tutto quello che avrebbe potuto trovare un curioso erano solo i pochi abiti rimasti e qualche oggetto personale.

"L'altro giorno, con Eric, prima che…" le mostrò il foglietto che aveva fatto tradurre "Stavamo cercando di risolvere questo messaggio"

Oscar si sedette sul letto e lo lesse più d'una volta. Ciò che poteva infastidire più del non sapere era una conoscenza inesatta dei fatti, che avrebbe portato a conseguenze incalcolabili "Ci dovrò riflettere" e magari mostrarlo anche al padre. Alzò la testa e vide che Rosalie la stava guardando. Le fece cenno di sedersi accanto a lei. "Non voglio più vederti piangere, Rosalie"

La ragazza le si accomodò accanto e l'abbracciò. Nascose il viso tra quelle ciocche bionde. Una lacrima le scese senza controllo e la giovane rise, asciugandola subito con la mano "Accadrà sempre, sono fatta così" si sdraiò sul letto e fissò l'altra negli occhi, poi distese un braccio. Un rossore acceso le comparve sulle guance. Oscar si chinò ma poi si bloccò, girando il capo a fissare la finestra. "Che c'è?" i battiti accelerarono, la più giovane si sollevò, infilò poi le mani nella sua camicia, tirandola a sé in un abbraccio.

"Se andiamo oltre, poi…"

"Poi, cosa?" si scansò, spostandosi sul letto "Non vuoi che diventi seria?" l'altra le tenne la mano prima che si separasse del tutto da lei.

"Non penso possa diventare più seria di quello che è già. No, non è questo" la fissò negli occhi "Non è necessario affrettare le cose, se non ne sei sicura"

"Se continui a trattami come una bambina sciocca che non sa quello che vuole, allora… Forse sei tu a non essere convinta!" la spinse distante e si alzò dal letto. "Mi chiedi se sono sicura... Non sono una che si concede così, per piacere e basta!"

"Non volevo offenderti" lasciò cadere le mani sulle gambe "dannazione! Se poi hai un ripensamento-"

"Basta!" gli occhi di Rosalie luccicavano ed erano lacrime di rabbia "Ripensamento? Non sai cosa ho passato quando ho saputo che eri morta!" una mano si fermò brevemente sulla fronte "Oscar, hai tanti pregi ma sei molto più ingenua di me su questo e lo comprendo, vissuta sempre in ambienti maschili, hai la testa infusa di discorsi da" strinse i pugni, poi sospirò "caserma!" quanto erano chiare ora le parole di Maude, quando le aveva raccontato del colonnello la prima volta. "Non giudicarmi come fossi una ragazzina frivola che agisce senza raziocinio! Mi ferisce a morte! Io voglio te e te soltanto e così sarà per sempre!"

Oscar si alzò in piedi e Rosalie si fece più lontano. Una parte di ragione l'aveva, l'addestramento del padre non includeva le relazioni sentimentali, anzi, le proibiva. Non aveva mai fatto domande a nessuno, neppure alla madre o alla tata, mai se ne era interessata, fino ad allora. Tirò la camicia fuori dai calzoni e iniziò a sbottonarla. Ciò che la faceva esitare era il dubbio di stare approfittandosi di un momento di fragilità, ma la galanteria doveva finire a un certo punto o il suo eccesso poteva venire frainteso. La sfilò facendola passare sopra la testa e la fece cadere sul pavimento. Si avvicinò ancora e l'altra le tenne le spalle. Afferrò Rosalie per la vita, la sentì resistere, la tirò a sé, la più giovane tornò a percepire il cuore aumentare il ritmo. "Vuoi me? Allora siamo in pari" voltandosi poi la lasciò cadere sul letto, dove erano tornate quasi senza far caso ai passi. "Perché io voglio te" gli occhi negli occhi, senza battere ciglio. Rosalie mise mano ai lacci dietro al collo come fosse l'ennesimo gesto di assenso e Oscar la aiutò a liberarsi del vestito, finì sopra la sua camicia. Rosalie sollevò le braccia e l'ultimo indumento le scomparve di dosso. La mano di Oscar sfiorò quel ciondolo, la più giovane guardò quegli occhi azzurri inquieti "Non" si coprì il viso "non è andata come ha detto lui, ha tentato ma non ha potuto" un'altra mano strinse la sua e l'allontanò dal volto. "Io sono ancora…" un bacio la zittì. Era una sensazione imprevista, come se avesse tutto intorno una barriera a proteggerla, diversa da quella vissuta con Bernard. Le mani le tremavano per l'anticipazione e non per la paura, gli occhi si chiudevano non per il timore di essere veduta ma per lasciare spazio agli altri sensi di vivere quel momento.

 

Nello stesso giorno, qualche ora più tardi, nell'Hampshire, sud Inghilterra.

Hughes, un uomo sui quarantacinque e di corporatura robusta, non perdeva di vista la grande sala della sua residenza dove musica e danze riempivano l'ambiente. Gli era stata recapitata una lettera dalla Francia. L'aveva letta un paio di volte intanto che si strofinava la lunga barba, come faceva sempre quando arrivavano lettere indirizzate alla figlia che lui intercettava per consuetudine. L'aveva quindi strappata in piccoli pezzi e gettata nello stesso piattino in cui gli era stata consegnata. Con le guance avvinate dal brandy invecchiato, di cui conservava una notevole scorta nelle sue cantine e di cui usava bere oltre il dovuto durante le feste; osservava infastidito la figlia tra le braccia di un giovane lord dai folti capelli rossi e gli occhi blu. La figlia esibiva un volto così radioso che di rado le aveva colto da quando era nata.

"Con chi sta danzando Ellie?" chiese stizzito al suo valletto, un tale dei suoi stessi anni che non muoveva un passo se non al suo diretto ordine.

"Il signorino Monroe, mio signore, la sua famiglia ha una rendita di dodicimila sterline l'anno"

"Non me ne importa un beneamato della rendita!" picchiò il bicchierino vuoto sul vassoio che il valletto sorreggeva con estremo equilibrio. "Caccialo! Mia figlia non deve trattenersi in compagnia di nessuno al di fuori di ciò che impone la cortese ospitalità. Nessuno!" si voltò verso il valletto "Minaccialo, deve aver paura anche solo ad avvicinarsi a questa dimora prima che a mia figlia!" gli ordinò.

Ellie era rossa in viso dalla danza veloce in cui si stava dilettando con il cavaliere che aveva di fronte e che l'aveva fatta ridere per tutto il pomeriggio. Per qualche tempo si era dimenticata di vivere segregata in casa dal padre, per quasi tutti i suoi diciannove anni di vita. I riccioli biondi le oscillavano sul viso, si toccò il petto per calmare l'affanno alla fine del ballo. Proprio allora si avvicinò il valletto.

"Perdonatemi, signore, due parole in privato" disse, portandosi via Monroe che lo seguì dubbioso dopo aver sorriso un'ultima volta alla giovane lady, con quei suoi occhi profondi e gentili che l'avevano colpita immediatamente.

Ellie comprese in quello stesso istante che non l'avrebbe più rivisto e l'oscura consapevolezza s'impadronì del suo viso, annullando ogni traccia di gioia.

 

Quando Rosalie riaprì gli occhi era buio. Una mano sotto al cuscino e l'altra intrecciata a quella del colonnello le ricordò che non stava immaginando ogni cosa. Poche volte si era sentita felice nel corso della sua vita, così poche che le ricordava una per una. E in ogni singola circostanza la felicità era scomparsa non appena aveva fatto in tempo a rendersi conto che l'aveva raggiunta, pregò che non fosse così anche quella volta. L'altra stava guardando i riflessi della sera sulla piccola conchiglia sul comodino, con un ginocchio tirato su e la schiena contro il muro dietro al piccolo letto. 

"Ti fa ancora male?" Rosalie tolse la mano dal cuscino e le accarezzò la fasciatura.

"Non più" rispose Oscar, sollevò le loro mani intrecciate e posò un bacio su quella che stringeva la sua. "Hai mai sentito parlare del mito della cascata con il salto più alto d'Europa?"

"No, racconta" c'era solo una misera coperta su di loro e cominciava a fare ancora più freddo. La più giovane si mise seduta, avvicinandosi di più all'altra. Voleva che l'abbracciasse ma stranamente il colonnello non si muoveva.

"C'era questa ninfa bellissima che s'innamorò di un pastore. Era, la divinità, venne a saperlo e non approvò affatto la loro unione, poiché la ninfa era una semidea e l'altro un semplice un pastore. Quindi la punì, trasformandola in un fiume. Il pastore accorse e si gettò dal dirupo delle Marmore da cui scorreva la ninfa tramutata in fiume, per salvarla, credendo che stesse annegando. Allora, Zeus, mosso da pietà, trasformò il pastore in cascata, salvandogli la vita. Così che potessero incontrarsi in un ciclo perpetuo e stare insieme in eterno" 

Rosalie le strinse il braccio "Un giorno vorrei vederla, questa cascata" anche se immaginava che fosse fuori dalla Francia. Ma fantasticare non costava niente. 

"Perché no, il futuro non si scrive da solo" solleticò sotto al braccio di Rosalie che si era rannicchiata al suo fianco. Era certa che se l'avesse tirata a sé, come voleva, si sarebbero attardate troppo e il tempo scarseggiava.

"No! Questo non lo sopporto!" si agitò finché non la lasciò.

"Però adesso hai meno freddo!" Oscar rise "Te la senti di andare?"

"Sì" Rosalie sporse le gambe dal letto, tirandosi dietro la coperta scese dal letto e cercò di recuperare al buio i suoi vestiti. Oscar la seguiva con gli occhi, era aggraziata, anche senza veli e con una coperta usata più come strascico che per tenersi al caldo. "Perché non mi aiuti invece di stare lì?"

Gli occhi azzurri la guardavano silenziosi e la fecero arrossire, di nuovo. A ogni modo recuperò i vestiti e li indossò nella penombra. Lanciò la camicia a Oscar, che l'infilò sulla testa e poi veloce la sistemò nei calzoni. Rosalie accese una candela e iniziò a raccogliere le sue cose e a riporle in una borsa. Non aveva molto con sé, dato che voleva andare in convento, aveva anche dato via la maggior parte degli oggetti che possedeva, soprattutto i libri che non potevano entrare in quella borsa. E adesso che il convento era del tutto uscito dalla sua prospettiva futura, avrebbe dovuto tornare dalla superiora a spiegarle le cose. Ma già sapeva che, per deferenza, non le avrebbe chiesto indietro la dote che ormai le aveva consegnato. Quando la borsa fu chiusa, Oscar la prese prima che Rosalie potesse sollevarla, si scambiarono un sorriso ed uscirono dalla stanza. 

Nell'ora che il cavallo bianco si fece vedere a palazzo Jarjayes, era quasi notte. Oscar lo riportò nelle stalle, poi aiutò Rosalie a scendere e le tenne stretta tra le braccia ancora un po' prima di lasciarla andare. André accorse non appena udì il nitrito del cavallo. "Oscar!? Dove ti eri cacciata?!" poi vide anche Rosalie ed ebbe come la certezza di un dubbio.

"Buonasera, André, perdonatemi per il brusco arrivo" disse la ragazza.

"Rosalie, benvenuta" il giovane la guardò in modo curioso. Le apparve molto cresciuta dall'ultima volta che l'aveva vista.

"André, chiedi alla tata che le prepari una camera, per favore" Oscar accompagnò la ragazza in casa "vieni, non preoccuparti, i miei sono brave persone. Saranno lieti di averti qui con noi"

Rosalie le sorrise e si strinse al suo braccio. 

Madame de Jarjayes si affrettò dalla figlia "Oscar!" rallentò quando vide che con lei c'era una giovane donna.

"Madre, scusatemi per tutte le preoccupazioni che vi sto causando ultimamente" disse la figlia.

La donna scese con eleganza i gradini, poi spostò gli occhi su Rosalie "Chi ti accompagna?"

"Madre lei è" Oscar venne interrotta dal braccio della giovane che stringeva il suo, Madame de Jarjayes notò che erano molto in confidenza. 

"Rosalie d'Aubont, mia signora" così, d'impulso, aveva dato il nome della sua vera famiglia, forse per non sentirsi troppo in difetto in quella casa.

Oscar la guardò chiedendosi da dove l'avesse tirato fuori quel nome, ma non poteva mettersi a questionare davanti alla madre. "Madre, Rosalie è colei che ci ha informato dei fatti, è grazie a lei se abbiamo elementi chiave per scoprire la verità sul complotto"

"Abbiamo una duchessa in questa casa, ne sono onorata" la donna era un po' in imbarazzo. Non sapeva se doveva inchinarsi o altro. Un tempo i d'Aubont erano una delle famiglie più potenti della Francia.

"Oh no, mia signora, mi è rimasto solo il ricordo della mia famiglia d'origine, né titolo né altro" disse la ragazza con un velo di tristezza negli occhi.

La nonna di André aveva sistemato una camera in tutta fretta ma con gli onori dovuti a una nobile. Il tempo di mangiare qualcosa velocemente e Rosalie si ritrovò in una stanza che era grande il doppio di quella che aveva avuto dalla marchesa. Simile alla stanza in cui aveva vissuto quei pochi giorni in Normandia. Ogni tanto ci pensava, a Maude e anche a Joris.

André afferrò un braccio di Oscar che stava andando verso la camera della ragazza "Dove pensi di andare!" la tirò dall'altra ala del palazzo e poi verso le scale. Lei non disse niente per non far rumore, il padre non c'era ma tuti gli altri sì, valeva a dire la madre e la servitù, ospite a parte.

"André, che ti prende?" il giovane le lasciò il braccio solo quando furono di nuovo al pianterreno, davanti al camino acceso.

"Dimmelo tu, Oscar, che volevi fare?" la fissò con irritazione.

"Darle la buonanotte, che altro dovrei fare?" incrociò le braccia e lo guardò.

"Non lo so, quando c'è di mezzo quella ragazza tu perdi la testa"

"Ti ricordi quando in Normandia ti dissi che Rosalie non ci stava raccontando tutta la verità? Hai ora una vaga idea di ciò che stava nascondendo per sua ferma ostinazione?"

"D'accordo, ha dimostrato una forza d'animo notevole, ma io non dimentico che l'ultima volta che le sei corsa dietro ti hanno quasi ammazzata"

"Ma non è successo, e grazie a lei abbiamo contezza dei fatti e degli indizi" andò poi a prendere del vino e due calici. Ne versò in entrambi e uno lo lasciò sul tavolino basso al centro della stanza.

"Oscar, con me non puoi fingere, ti conosco meglio dei tuoi genitori e meglio di Rosalie"

"In cosa starei fingendo?" si sedette con il calice tra le mani.

"Non ti sopporto quando fai finta di non capire" André prese l'altro calice e guardò nel liquido rosso, c'era il suo riflesso, ne bevve due terzi in una sola volta "attenta, Oscar, attenta a non infilarti in un vicolo cieco. Andrai a sbattere contro un muro, prima te ne rendi conto e meglio è per tutte e due voi" continuò.

"André, non girarci intorno, di' ciò che devi senza allusioni figurate"

"Sei tu che devi dirlo, non io, sai bene a cosa mi riferisco! Piantala di fare la gnorri!"

"Che devo dirti, se hai capito, è uno spreco di fiato. Puoi anche farti beffe di me, se credi, ma sarà lo stesso come tentare di capovolgere il corso di un fiume" svuotò il calice, poi si alzò e lo posò sul tavolino.

"Non tarderanno anche altri, dopo di me, ormai ve lo si legge in faccia, non lo nascondete neppure" André batté il calice sul tavolo "purtroppo per te, lei ti corrisponde, sarebbe stato meglio così non fosse, sarebbe stato meglio non t'avesse mai incontrata e che fosse passato qualcun altro su quella spiaggia, prima di te"

Oscar lo guardò, ruotò la mandibola e tornò a sedersi.

"Dimenticala, e augurati che ti dimentichi. Ciò che siete, o volete essere, non può esistere nel mondo in cui vivi. Basta una voce, un sussurro, e correrà veloce. Tutto ciò che sei stata verrà cancellato, dimenticheranno ogni servizio che hai reso alla Francia, resterà solo la reputazione macchiata per sempre. Tutti coloro che ti odiano e tramano per liberarsi di te non aspettano altro che un'occasione; diventerai un mormorio da salotto, ti colpiranno da tutti i lati, verrai allontanata dalla reggia perché non sarai più ritenuta degna di stare accanto ai sovrani" toccò il calice vuoto e lo fece vacillare senza farlo cadere.

Oscar oscillò una mano come per enfatizzare il quadro delineato da André "Manco se avessi insultato il re, dandogli del tonto ingenuo al cospetto di tutta la sua corte, e poi alzato la posta, accusando di ladrocinio e furfanteria oltre la metà dei suoi ministri, sempre in pubblico" disse con un pizzico di sarcasmo.

"In quel caso finiresti sul patibolo. Non scherzare, queste dicerie sono le scintille che animano i pettegolezzi, quello di cui i salotti sono affamati. I… Capricci, quando escono fuori dall'ombra, non possono essere tollerati in una posizione come la tua"

"Non chiamarlo capriccio, André, o vedrai una me che non hai mai conosciuto finora" lo fissò malamente.

 "Come ti pare… Guarda ciò che è accaduto alla regina con il suo Fersen, a corte si trattengono ma fuori sono una satira di mal costume, e se non è stata capace sua maestà di impedirlo, immagina tu. Il fuoco addosso ti arriverà proprio da dentro le splendide mura della reggia, ti volteranno tutti le spalle, tuo padre potrebbe anche disconoscerti. Dopo non si torna indietro, e lo sai benissimo!" scolò il resto del liquido e la lasciò seduta lì, da sola.

La bionda lasciò cadere la testa sulla sedia e posò gli occhi sulle fiammelle del camino. 

 

Rosalie era sulle scale, e aveva udito ogni cosa. Era uscita per vederla ma in un attimo era come se fosse stata investita da un'improvvisa sferzata gelida che le era entrata nelle vene, e la conosceva bene quella vecchia sensazione. Un gelo che non sarebbe andato via con nessuna coperta e nessun fuoco acceso. Si nascose quando André salì le scale. Si riparò dietro il muro dall'altro lato delle rampe, nel corridoio oscuro. Voleva precipitarsi giù per abbracciarla e starle vicino come appena poche ore prima, ma temeva quello che poteva dirle. Per quanto era stato duro, e che l'avesse convinta o meno a rinunciare a loro due, c'era verità nelle parole di André. Finito un incubo ne iniziava un altro. Che sciocca illusa era stata a costruirsi tutte quelle speranze che non avevano fondamenta, proprio quello che la madre le aveva sempre raccomandato di evitare. Le lacrime le riempirono gli occhi, con enorme sforzo obbligò le gambe a tornare in camera. 

La bionda invece rimase inchiodata sulla sedia fino al mattino seguente. La tata la ritrovò esattamente dove André l'aveva lasciata, si era addormentata con la testa all'indietro.

"Oh, madamigella Oscar!" la donna andò a smuoverla, per fortuna il camino era rimasto acceso fino all'alba "Non vi fa mica bene dormire così!"  

La giovane bionda si svegliò, raddrizzò il collo dolorante alzandosi in piedi "Devo essermi addormentata, tata" le sorrise. Era triste, la donna se ne accorse ma non disse niente, andò a preparare la colazione. In quella casa stavano accadendo molte cose insolite di recente, la tata non sapeva da dove cominciare per far tornare l'ordine e la monotonia di un tempo. 

Il generale arrivò in quel momento con un filo di barba e gli abiti del giorno prima, lasciò il cavallo fuori e si precipitò in casa. Trovò la figlia vicino al camino, un braccio appoggiato alla parete mentre gli occhi azzurri fissavano come incantati le braci che si estinguevano. L'uomo si fece vedere, Oscar alzò la testa. La schiaffeggiò forte, lei dovette tenersi a una sedia per non cadere. Quando ritrovò l'equilibrio incrociò gli occhi dell'uomo. 

"Non farlo mai più!" gridò il generale.

"Cosa, padre?" Oscar strofinò la guancia con il dorso della mano, le pizzicava.

"Ciò che hai fatto ieri, ti mostri all'improvviso e poi te ne vai come se non esistesse nessun altro!"

"Vi chiedo perdono, padre" raddrizzò la sedia che aveva spostato per reggersi "non potevo fare altrimenti"

"Ho dovuto intimorire quei soldati, per non fargli rivelare che sei vivo!" le puntò un dito contro il viso "La vita dei sovrani viene al primo posto, prima di me e di te, prima della nostra famiglia o di qualsiasi altro! Ricordatelo!"

"Lo so" aggiunse poi che andava a prendere la lista e l'altro messaggio che aveva conservato personalmente dopo che Rosalie glieli aveva ceduti. Passando accanto la camera della loro ospite, la osservò ma non ebbe la forza di bussare. L'avesse guardata anche una sola volta, avrebbe capito che c'era qualcosa che la perseguitava. Girò la testa e scese le scale.

"Oscar" la voce della ragazza le arrivò mentre era di spalle. La porta si schiuse e Rosalie uscì. Il colonnello cercò di mostrarsi serena, sfoggiò un sorriso e si voltò ma il sorriso si spense subito quando la vide. Aveva gli occhi gonfi e teneva la sua borsa tra le mani.

"Che significa?" tornò indietro e le si avvicinò. Sporse una mano per toccarla ma l'altra si scansò.

"Non posso restare, mi dispiace" che poteva dire, ci pensò e non volle mettere in mezzo André o nessun altro di quella famiglia "avevo preso impegno con un convento e ho pensato che è meglio che vado a stare lì, almeno fin quando non inizia l'anno nuovo" Oscar la spinse nella camera di peso e chiuse la porta dietro di sé. La borsa cadde dalle mani di Rosalie quando si sentì abbracciare. 

"Che è successo? Che è successo in così poco tempo?" le mormorò, una mano teneva ben salda la testa che posava sulla sua spalla. Dopo meno di un giorno dal momento che le aveva legate ancora più in profondità.

Rosalie iniziò a piangere, le circondò la vita e chiuse gli occhi.

"Non andartene" continuò il colonnello.

"Ho sentito, per caso… Ieri sera" le braccia del colonnello la strinsero più forte.

"Non badare a quelle parole, fanno parte di una visione del tutto sproporzionata. Tu hai coraggio, me lo hai dimostrato più volte, non cedere adesso"

"André ha ragione invece!" cercò di districarsi dall'abbraccio, finché riuscì a scansarla "Un piccolo errore in pubblico, una parola sbagliata, e presto o tardi causerà enormi problemi a te e alla tua famiglia, e io non voglio esserne la causa!"

"Non farlo!" le prese le mani "Non c'è un modo solo, non c'è una sola via, abbi fiducia in me, non andartene! Io voglio te e te soltanto, ricordi?"

La ragazza prese un lungo respiro, le lacrime erano irrefrenabili "Non ti lascerò mai, anche se non sarò con te…" le labbra tremavano e trovava difficile parlare "Tu… Tu sarai sempre il mio primo e unico vero amore" raccolse la borsa, veloce, le passò accanto correndo. Non riuscì a fermarla e aveva detto convento. Le andò dietro. 

"Aspetta!" gridò dalla cima delle scale "Non essere precipitosa!" dalla sala si girarono il padre, la tata e anche André che si era svegliato da poco. Rosalie corse, e passò davanti a tutti loro come un vento impetuoso che cercava solo uno sbocco per lasciare quella casa.

"Non seguirmi!" si fermò quando udì i passi della bionda raggiungerla.

"Non farlo, Rosalie! Non perdiamoci ancora!"

"Devo farlo. Meglio così adesso che peggio più tardi. Grazie per il bello che hai portato nella mia vita, e perdonami tutti i fastidi che ti ho causato" si asciugò il viso "starò bene, te lo prometto. Sapere che sei viva e che non avrai problemi a causa mia mi basterà. Grazie, per tutte le volte che mi hai salvata e mi hai difesa anche a tuo stesso danno…" evitò di guardarla e rimase di schiena.

Riuscì a prenderle la mano, un'altra volta "Chi si arrende senza tentare ha perso per scelta, e chi perde senza lottare non sacrifica solo sé stesso ma anche chi vuole proteggere!"

"Perdonami!" le dita scapparono una dopo l'altra dalla mano che le catturava "Non posso più sopportare l'illusione della felicità per poi vedermela strappata via. Mi ucciderebbe! Pensa pure di me come a una vigliacca, ma non ce la faccio più…" singhiozzò.

"Non posso lasciarti andare! Non chiedermelo!"

Rosalie scuoté la testa e avanzò di qualche passo.

"Dimmi almeno dove stai andando! Dove sta questo convento!?" 

"Addio" riprese la corsa sfrenata. Su per il sentiero che tagliava per le terre della tenuta e conduceva fuori. 

"Come addio?" Oscar sentiva le lacrime bruciarle gli occhi, pareva uno scherzo assurdo. Tornò in casa, non guardò in faccia nessuno, mise tra le mani del padre i due fogli, poi scappò fuori e se ne infischiò dell'uomo che la stava chiamando. Iniziò a correre.

 

"André, che sta capitando?" il generale si rivolse al giovane che aveva osservato la stessa scena. 

"Signore, Oscar prova qualcosa per quella fanciulla. Un affetto romantico" forse non aveva il diritto di dirlo ai suoi, al posto di lei, ma almeno il generale poteva provare a convincerla dove lui aveva fallito. "Ha smesso di ragionare con lucidità da quando l'ha conosciuta alla residenza sulla spiaggia, non fa altro che rincorrerla"

La tata s'irrigidì così tanto che gli occhiali quasi le scivolarono oltre la punta del naso.

"Che fandonie vai raccontando?" il generale si avvicinò ad André e l'acciuffò per una spalla "Oscar non ha mai avuto niente a che spartire con nessuna donna, chiaro?" sbottò "Ora mi dici che, per qualche giorno che se n'è stato da solo in Normandia, gli è capitata davanti questa… Questa sconosciuta, e l'ha ridotto come un cane da riporto?!"

"La ragazza ricambia i suoi sentimenti, signore" André si scansò appena l'uomo lo lasciò andare.

"Ciò che dici non corrisponde a verità!" il generale andò a sedersi su una sedia, una mano sulla testa sfregava la parrucca. "Non è da Oscar comportarsi così, quella donna deve avergli fatto qualcosa" si alzò e decise che avrebbe risolto la faccenda in un secondo momento, ora c'era da proteggere i reali. "Quando torna, non dirgli niente, che venga da me. Ci penserò io a ricordargli di nuovo quali sono i suoi obblighi" iniziò a leggere i fogli che gli aveva messo in mano la figlia. Senza staccare gli occhi da quelle due pagine, si spostò nel suo studio.

"André!" la nonna lo guardò con biasimo.

"Che c'è, nonna?"

"Ti rendi conto in che situazione hai messo madamigella Oscar?!"

"Sto solo cercando di aiutarla" evitò di guardare gli occhi della nonna "Oscar è adulta ma ogni tanto si dimentica chi è davvero e c'è bisogno di qualcuno che la riporti alla realtà"

"Ma non così! Babbeo! Ora il padre cosa pensi che faccia quando tornerà?!"

"Le ficcherà un po' di buon senso nella testa" disse infine, e si recò alle stalle. Almeno la ragazza aveva dimostrato maggior assennatezza, andandosene via, rifletté.

   
 
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