Autore: Iria
Titolo: Childhood
[Protect me…Kill me.]
Genere: Dark, Drammatico, Erotico.
Rating: Arancione
Personaggi (ed eventuali Paring): Hidan, Jashin, Kakuzu.
Uso beta reading: No
Avvertimenti: Yaoi/Shonen-ai,One-shot,What
if..?
Introduzione: Il sapore del
sesso era viscido.
Appariva denso e corposo, ne potevi godere come se fosse stato un vino; e solo in
seguito ti
rendevi conto del putridume assorbito.
Il sesso rappresentava la passione
sfrenata, senza limiti e senza
alcun rispetto verso il partner violato per una notte.
E di questo Hidan era pienamente consapevole.
Childhood
[Protect me… Kill me.]
“Death in life is your ideal
Life is like a wheel… and it's rolling still”
Il sapore del sesso
era
viscido.
Appariva denso e corposo, ne potevi godere come se fosse stato un vino; e solo in
seguito ti
rendevi conto del putridume assorbito.
Il sesso rappresentava la passione
sfrenata, senza limiti e senza
alcun rispetto verso il partner violato per una notte.
E di questo Hidan era pienamente consapevole.
“Che squallido
amante del bondage.”
Infastidito da quei fottuti tentacoli che
rendevano nullo ogni
suo movimento, lo shinobi si limitava a divorare le proprie
labbra, maciullandole
con forza.
Il sesso sapeva anche di sangue.
Perché era il sangue che riempiva la sua bocca e lo stesso si riversava
dal suo
orifizio al pavimento.
Chinò le palpebre, volendo ignorare il macello che era divenuto il suo
corpo.
Non se ne curava, era immortale.
Ma Jashin, quel dolore era insopportabile.
Avvertiva il volto farsi livido per i colpi prepotenti e… sì, anche per
quell’unica lacrima versata.
La violenza del sesso era come una malattia.
Consumava da dentro e, rendendo l’essere umano meno che animale e
ancor meno che uomo, tramutava Hidan in un semplice
involucrodi
carne sfregiata.
Kakuzu possedeva
ben cinque cuori, nessuno dei quali in
grado di amare; lo mantenevano in vita e questo bastava all’avaro
ninja, il quale
non poteva tollerare l’apparente
immortalità del compagno.
Per quanto quella peculiarità fosse utile all’Akatsuki era, in
parte, fonte di
sfrenata invidia e di imbarazzante incoerenza, per
Kakuzu.
Aveva sempre sostenuto l’inesistenza dell’immortalità; ma quella, viva
e nuda, appariva
innanzi i suoi occhi, legata ad arte.
Era inammissibile.
Le fibre nere del
nukenin erano un ausilio prezioso
per quell’atto tanto simile ad uno
stupro.
Come acqua, si infiltravano ovunque e
bruciavano tra le sue
carni.
Come sangue,le avvertiva fluire nel suo corpo ed abbandonarlo con
uguale
naturalezza.
Gemette,serrando gli occhi.
Il dolore cura altro dolore e, in quel campo, Hidan poteva dirsi esperto.
Ebbene: cosa vi era stato di peggio?
Il Villaggio delle
Calde Primavere si
ergeva su di una collina attraversata da un fiumiciattolo; il sole mite
splendeva in ogni suo angolo, illuminando il dolce paesaggio del luogo.
Ma Hidan non aveva mai potuto godere pienamente di
quello spettacolo alla luce del giorno.
Albino, dagli occhi ametista, la sua nascita era stata segnata dai
pregiudizi.
In un piccolo villaggio come quello, pareva quasi ovvio che
il suo
aspetto nascondesse qualcosa di mefitico e dannato.
Accucciato in un angolo della propria camera, osservava il sole morire
da una
piccola fessura, la quale faceva da finestra nello spazio immacolato
divenuto
rifugio e prigione per il bambino.
Era completamente bianca, la sua stanza.
Sterile.
Fredda.
Senza la testimonianza di una presenza infantile.
Priva di balocchi.
Solo il bianco, col quale Hidan pareva confondersi.
Al calare delle
tenebre, l’oscurità era
spessa a tal punto che l’avvertiva premere sul suo
corpo, schiacciarlo, insinuarsi tra le sue membra e strisciare sotto lo
strato
organico che avvolgeva le sue ossa.
Il buio, nel ferirlo, gli parlava; sussurrava i peccati degli uomini
crudelmente
e, in mille voci struggenti, perforava il suo udito.
E quanto più il piccolo Hidan premeva le mani ai lati della testa per
zittirle, queste allo stesso modo si facevano più insistenti e
violente, fino a
fargli sanguinare le orecchie.
Gridava straziato nel cuore della notte, e le sue lacrime venivano
asciugate
dalla mano del buio che, gelata, odorava di sangue.
Era grande, nero e liscio quel palmo e, al centro
della pianta, lo
avvertiva inumidito da una sostanza densa e vischiosa, nella quale
riconosceva
la consistenza del sangue.
Il bambino, però, non badava a quella piccolezza: si limitava a sorridere
tra le
uniche due lacrime versate, aggrappandosi con le sue piccole e in egual
modo
gelide mani a quella dell’oscurità.
Cullato dalla silenziosa figura che tormentava e quietava le
sue notti, Hidan
trovava la pace del sonno.
Soffocato dalle
quattro mura dov’era
rinchiuso, il primo giorno di Primavera, Hidan decise di concedersi una
piccola
fuga.
Un regalo che voleva farsi per il suo compleanno, un pensiero partorito
innocentemente e senza malizia alcuna.
Abbandonato alla sua solitudine e non sorvegliato, poiché per la sua
famiglia
era meno d’un cadavere (difatti era nutrito raramente: solo quando i
suoi lievi
lamenti richiamavano l’attenzione di qualche anima pia della casa
),varcata la
soglia della sua camera, si ritrovò in un universo che avrebbe
potuto
definire quasi parallelo.
Meraviglia che colmò del tutto i suoi occhi quando si ritrovò
all’esterno della
dimora.
I piedi nudi
affondarono nell’erba bagnata
e l’aria…
Oh, l’aria era così diversa dalla pesante atmosfera della sua stanza!
Respirandola, sentiva i polmoni colmarsi di una freschezza mai provata.
Così leggera…
Rabbrividì appena, puntellandosi sui talloni, quando una lieve brezza che
portava
con sé lo scrosciare dell’acqua sfiorò la sua pelle.
Allora, incuriosito da quel rumore, si incamminò barcollando
verso ciò che
aveva attratto la sua attenzione.
Era bellissimo il fiume…
Rimase per attimi interminabili (o forse furono ore?) ad ammirare i
pesci
argentati.
Gli occhi viola del bambino studiavano meticolosamente i corpi
affusolati degli
animali; provava ad afferrarli a mani nude e rideva spensierato
agli schizzi che gli venivano, poi, riservati.
Per un momento
tutto fu immerso in un’immobilità
innaturale.
Hidan sollevò appena il volto rigato dal sangue.
“Ti sei già stancato, bastardo? Un’attività come questa non è
fatta per i
nonni come te,in effetti…”la
sua lingua era scattata come un
serpente, velenosa.
Masochista oltre ogni dire,ma quella non era poi una
grande novità.
Kakuzu lo fissò glaciale, nel silenzio più totale.
Uno sguardo insopportabile,nel quale notò celarsi un
certo
divertimento, cui seguì un dolore come quello di una ferita inferta da
una lama
arrugginita: penetrava lentamente, dolorosamente...
…
Sadicamente.
Il suo sorriso si
spense quasi
nell’istante stesso in cui nacque.
L’aria scomparve e fu l’acqua a prendere possesso delle sue narici…
Dilagava in lui, riempiendogli i polmoni.
La sentiva.
Viscida,era nella sua
bocca.
Arrancava, cercando di sigillare le labbra.
Ghiacciata,pungeva sulla
sua pelle.
Fluiva nelle sue orecchie e la pressione le divorava.
Artigli meschini gli ferivano la nuca e appena prima di perdere i sensi
si
ritrovò scaraventato sul prato verde.
Le gocce d’acqua che scorrevano via dal suo volto bruciavano, e
la stessa
acqua riaffiorava dalla bocca del bambino.
Quando spalancò gli occhi sul cielo azzurro, la luce quasi lo
accecò; tossì con
violenza inarcandosi sul suolo erboso, strappando i fili d’erba che
stringeva in
pugno: sembrava quasi voler sputare fuori i polmoni.
L’ombra di un uomo lo sovrastò.
Suo padre era un
ninja molto forte,temuto
e rispettato da tutti al villaggio, e non concepiva l’idea che la sua
adorata
moglie avesse dato la vita per un moccioso come quello: ai suoi occhi
quella
creaturina dai capelli bianchi era alla stregua di un
assassino.
Nato dal sangue e figlio della morte.
Gli occhi neri
dello shinobi lo trafissero
con severità.
Erano pozze senza fondo, di un’oscurità che Hidan non conosceva…
Il bambino si rialzò in silenzio, obbedendo ad un muto ordine.
“Perché sei uscito fuori di casa?Devo iniziare a legarti, per caso?”quel
sibilo
lo ferì lentamente, ma Hidan non diede segno di sofferenza.
Aprì e rinchiuse la bocca per due volte, provando a voler giustificare
le sue
azioni…
Perché?
Lo desiderava…
“Sai cosa genera la
violenza,piccolo?”quando l’oscurità parlava aveva una voce profonda e
tonante.
“Cosa?” chiese in un bisbiglio, sinceramente incuriosito, il
bambino.
“I desideri, di qualsiasi tipo essi siano: gli uomini sono peccatori
incalliti, poiché abbondano di libidine.”spiegò con tranquillità il buio.
“E’ una malattia?”domandò ancora Hidan.
“Molto simile ad una malattia, si.” Concesse con un cenno del capo.
“Si può guarire?”
“Certo: accettando con consapevolezza il dolore della
punizione, traendone
piacere.”rispose.
Per il suo folle
desiderio il piccolo
venne,difatti, punito.
Era stato suo padre a tingere di rosso e viola la sua
carnagione, ma Hidan
nel dolore non aveva pronunciato un solo lamento: aveva peccato, quella
era la
sua punizione e dal castigo doveva trarre il piacere di una possibile
redenzione… Così come la sua segreta compagnia, tempo prima, gli aveva
spiegato.
Il buio leccava via
il sangue che
perdeva, lo faceva lentamente.
Sentiva la scia umida di una lingua posarsi sulle ferite pulsanti e
catturare, ingorda, la linfa purpurea.
L’oscurità, poi, porgeva ad Hidan le sue grandi mani, e il bambino da
queste
leccava via il sangue raggrumato sui palmi.
Gemeva appena nel ripulire quei neri arti..
Sospirò, lasciando
trapelare un pizzico di
soddisfazione.
Liberato dalle fibre del compagno, poggiò le mani sulle spalle di
quest’ultimo, affondandovi le unghie smaltate.
Tirò con forza le cuciture che ne
percorrevano il
perimetro, sfilacciandole.
Poi rise, chinandosi a prenderne tra i denti la consistenza, la quale
appariva
organica ed inorganica allo stesso tempo.
Kakuzu si irrigidì a quel contatto, stupendosi per l’improvviso
coinvolgimento
mostrato da Hidan.
Il desiderio
era peccato,il peccato veniva
punito,della punizione bisognava godere.
Accadde che una
notte fu più illuminata e
rumorosa delle altre…
Hidan si avvicinò accigliato alla finestrella nella stanza
e, rimirandone lo
spettacolo all’esterno, l’espressione sul suo volto non mutò.
Il Villaggio delle Calde Primavere era stato messo a ferro e fuoco.
Le luci delle esplosioni e degli incendi appiccati risplendevano sul
viso
marmoreo del bambino, il quale, poco dopo (stanco dei lamenti, delle
grida, dei
combattimenti e del sangue),distolse lo sguardo scocciato.
Fece per tornare ad accucciarsi sul suo letto, quando la figura
dell’oscurità
gli si parò interamente innanzi.
Lo sovrastava in maniera spaventosa…
Il cuore di Hidan mancò di un battito, il respiro gli si mozzò e sentì
di venire
schiacciato.
Avrebbe voluto gridare, ma una strana consapevolezza (d’impotenza, quasi)
lo
colse, bloccandone le corde vocali.
Non riusciva a celare l’orrore dei suoi occhi ed era paralizzato…
Era come se una stretta vincolasse interamente il suo corpo.
In un improvviso
lampo di luce,il bambino
poté distinguere ancor meglio le sembianze del buio…
Ad un primo impatto poteva sembrare un normalissimo uomo, se non fosse
stata per
la carne interamente nera…
Poi, nell’osservarlo più attentamente, Hidan notò la trasparenza della
pelle, all’interno della quella distingueva (oltre che ai radi vasi
sanguigni)
solo ed unicamente un cuore nero.
L’organo pulsava sangue del medesimo colore in ogni angolo di quelle
robuste
membra.
E il piccolo l’osservava contrarsi, riempire e svuotare la cute
dell’oscurità…
Ne percepiva il battito come se fosse stato il proprio; aveva un ritmo
regolare, nonostante fosse molto più lento di quello di un normale
essere umano.
Nell’assordante
silenzio che li circondava
l’essere sollevò un braccio, mostrando ad Hidan il capo mozzato di suo
padre.
Il respiro del bambino si fece più violento quando ciò che
rimaneva del
genitore rotolò a terra.
Si ritrasse, per evitare che le punte dei suoi piedi si sporcassero di
sangue.
Portò lentamente lo sguardo agli occhi ormai ciechi del ninja, e la sua
attenzione fu attratta dal coprifronte ancora legato alla nuca
dell’uomo.
Si chinò a terra, sciogliendone il nodo, incurante della benda che
grondava
sangue.
Un nuovo lampo di luce illuminò un particolare sul simbolo del
villaggio, che
nell’oscurità non aveva distinto.
La placca in metallo era stata sfregiata da una linea lunga e sottile…
“Che cosa significa..?” riuscì a chiedere a stento Hidan, dopo attimi di
lungo
silenzio.
“Tradimento.” fu la secca risposta.
Il bambino sbarrò gli occhi, stringendo il coprifronte fino a ferirsi
e, nel
versarsi, il suo sangue si mischiò a quello del padre.
Un’esplosione risuonò più vicina delle altre facendo sobbalzare il
bambino, ed
una verità sinistra dai mille tentacoli si insinuò nei suoi
pensieri.
“Morirò…” soffiò, tremando.
E non aveva vissuto un solo giorno della sua vita.
“Non voglio morire...” aggiunse in un singhiozzo, scuotendo il capo e
stringendosi nelle braccia.
L’oscurità si chinò su di lui.
“Non morrai.” quel sussurro gli solleticò appena l’udito. “Io, il Dio
Jashin, ti
prendo sotto la mia ala protettrice.” continuò la figura, prendendo dalle
mani
del bambino il coprifronte.
Jashin ne assaporò il liquido rosso sulla fascia, gustando anche l’aroma di
quello sui palmi di Hidan.
“Siamo legati dal sangue, Hidan.”disse ancora, posando le sue labbra
macchiate di
porpora su quelle del piccolo.
“E nel sangue sopravvivremo insieme.” concluse, prendendolo tra le
braccia.
“Sarai allevato
secondo la mia dottrina.”
fermi in una radura, Jashin riprese a parlare.
Hidan era in ginocchio sull’erba e lo guardava dal basso, ascoltando
attentamente le sue parole.
“Ti farò dono dell’immortalità e, quando sarai pronto, ciò che volevano
negarti
diventerà tuo.”continuò il Dio, mostrando al bambino il coprifronte del
genitore.
Hidan annuì con decisione, poi si alzò.
“Jashin-sama..?”lo chiamò, ammaliato.
“Dimmi.”
“Proteggimi.” fu la sua prima preghiera.
Hidan si ritrovò
solo.
Macchiato dal seme di Kakuzu, aveva scacciato via a suon di parolacce il
nukenin
dopo che quest’ultimo,fatti i suoi porci comodi,gli
aveva imposto di
ricomporsi.
“Il tempo è denaro.”
Era stata la risposta data alle colorite proteste dell’immortale, che
aveva
reagito con altrettanto entusiasmo a quelle
parole.
“La prossima volta fottiti i tuoi schifosi soldi, stronzo!”
Invito che (molto probabilmente) Kakuzu prese alla lettera, visto che si
defilò
senza tante cerimonie subito dopo la raffinata proposta.
Il sangue bagnava
il pavimento della loro
camera.
Sapeva che non vi era solo il suo; l’iniziale smarrimento che lo aveva
sorpreso
aveva lasciato spazio alla fantasia più sfrenata e lui stesso,il
torturato,era
divenuto presto anche il torturatore.
Ma indubbiamente il suo sangue abbondava.
Lo avvertiva dall’odore; col tempo aveva imparato a riconoscere il
proprio, e in
quella stanza il suo profumo sconfiggeva l’aspra fragranza di Kakuzu.
Il suo primo rito
si compì a tredici anni.
La sua cute assunse la consistenza e le sembianze di quella di
Jashin-sama, ma
essendo lui un misero umano questa si tinse di bianco in corrispondenza
delle
ossa.
Assaporò la morte della vittima ferita dopo ferita, lasciando che la
lama, illuminata dal sole, sfregiasse con distrazione le sue carni.
Era inesperto e si arrecava inutili dolori, assimilandone le sfumature
più
varie…
Sentiva la morte attraversarlo con dolcezza, lambirlo e
abbandonarlo, poi, brutalmente; il piacere momentaneo si
attenuava, sostituendosi
ad una fastidiosa insoddisfazione.
“Il rito è compiuto.”
Il ragazzino sapeva di aver ottenuto il pieno favore di Jashin-sama, e
la
consegna del coprifronte di suo padre ne fu la conferma.
La morte divenne il suo partner in vita; ne avrebbe sempre goduto senza
mai
riceverne la benedizione…
Era stato un bambino molto sciocco nel rifiutarla.
“Non voglio morire…”
Peccato che
l’entità dei suoi desideri
mutò col trascorrere degli anni.
L’eternità non sarebbe bastata per cancellare i dolori inflitti a se
stesso e
agli altri…
Perché se gioiva nell’adempire al volere del suo Dio, non
riusciva mai a reprimere del tutto il lieve ronzio dei lamenti che si
accumulavano nella sua testa…
Col sangue di una
ferita aperta sull’avambraccio
sinistro, circoscrisse sul pavimento un triangolo equilatero all’interno
d’un
cerchio.
“Jashin-sama…” soffiò, stringendo quasi spasmodicamente il ciondolo al
petto.
Era caduto in ginocchio, senza neanche rendersene realmente conto.
Spalancò le braccia, in segno d’offerta.
“Jashin-sama…”ripeté in un gemito.
Com’era dolce il sangue leccato via da quei palmi d’ombra che gli
carezzavano
il volto…
“Uccidimi…” supplicò.
Kakuzu
nell’osservare silenzioso la scena, intravide
Hidan trafiggersi il torace niveo con la sua lancia.
Il sangue salì alla bocca del giovane, riversandosi ai lati del mento.
L’espressione dell’immortale era di pura estasi.
Ma Jashin, invisibile presenza, ripulì le labbra e il petto del nukenin
con una
cura tale da apparire animalesca.
Ed Hidan sorrideva, rivolgendo il suo ghigno sporco di sangue all’avaro
fermo
sullo stipite della porta…
Il sapore della
morte era
simile a quello del sesso.
Contaminava il suo corpo, ed appariva vischioso in
quell’onirico contatto.
L’estasi stessa della morte poteva essere
paragonata a quella
sessuale…
Il suo profumo, invece, era
diverso.
Col sesso Hidan aveva conosciuto l’odore aspro,ma
non sgradevole, di
Kakuzu.
E quasi lo rimpiangeva.
Aleggiava una spirale di fumo che sapeva di nicotina, nell’aria…
C’era la vuota oscurità sotto i suoi piedi, pronta a catturarlo in una
caduta
infinita.
Il buio riprese a
gridare, ma non illustrava più
i peccati degli uomini…
Solo le colpe di Hidan, per l’eternità.
*Owari*
Note dell'Autore
(Facoltative): Allora… Inizialmente
questa fic doveva essere una SasorixSakura basata su una canzone dei
Green Day
(Viva la Gloria –Little Girl-),ma dopo aver scritto i primi righi mi
sono
subito resa conto non sarei riuscita a scrivere una storia a sfondo
eterosessuale (mea culpa =.=’).
Ero in crisi, poi mi sono ritrovata a pensare ad Hidan…
Sul suo passato non si sa nulla –o per lo meno io non ho trovato
informazioni-
quindi mi sono abbandonata alla mia fantasia.
L’ossessione di Hidan verso Jashin-sama deve avere avuto un
inizio, no?Ed io ho
immaginato che questa abbia avuto origine nella sua infanzia.
Altro punto è la sua elezione a ninja: ho fantasticato tantissimo sul
rapporto
Jashin-sama/Hidan (lasciandomi andare, in certi casi, anche all’ambiguo)
e in
questa shot ho realizzato parte di quella piccola fantasia.
Come si può dedurre leggendo la shot, gli spezzoni in stampato
rappresentano il
presente, il corsivo il passato e il neretto un avvenimento passato
avvenuto nel
passato.
Il desiderio di morire di Hidan non è, però, una mia invenzione.
Infatti nel manga, parlando con Kakuzu, Hidan dice “Sai
quanto mi
piacerebbe morire.”…
Ed ecco quindi spiegato come Kakuzu sappia di questo
desiderio.
Ho voluto, inoltre, rendere simili il più possibile l’inizio e la fine
della fic.
Hidan viene sconfitto da Shikamaru, il quale accende delle carte-bomba
col
mozzicone di una sigaretta…
Il profumo che il nostro caro albino si
ritrova, inesorabilmente, ad
associare alla morte.
Non so se sono riuscita nel mio intento, spero comunque che la fic sia
stata di
gradimento.
*“Death in life is your ideal
Life is like a wheel…and it's rolling still”*
La morte in vita è il tuo ideale.
La
vita è come una ruota... E sta ancora girando.
-Dalla canzone 'Sun and Steel' degli Iron Maiden.
Sono assolutamente soddisfatta
dell'inaspettato risultato…
Non credevo che questa storia valesse un terzo posto, sopratutto per una
che, come me, si è creata il suo piccolo spazio in un fandom altrettanto
piccolo
come quello di Beyblade....
Quindi, arrivare terza su ventuno partecipanti in un concorso su Naruto
(fandom
immenso) è stato come essere prima, assolutamente.
Mi rammarico d’avere il vizio (come
avrete potuto notare) di
non lasciare spazi tra i punti d’intersezione; sapevo che questa cosa
mi
avrebbe penalizzata ed è proprio per questo motivo che non ho corretto
la fic
da quel punto di vista: mi servirà da monito per il futuro ù.u!
Soddisfazione maggiore è stata vincere ‘Il Premio Narrotore’ e ‘Il
Premio IC’:
ed io che per quest’ultimo credevo d’aver oltrepassato il limite
massimo XD!
Well, well, well…
That’s all, folks! See you soon ^^! -fine
English-time XD-
TERZA CLASSIFICATA
Childhood [Protect me…Kill me] - Iria
Grammatica: 8,5/10 punti
Stile: 10/10 punti
Originalità: 9,9/10 punti
IC personaggi: 10/10 punti
Attinenza al tema dato: 10/10 punti
Gradimento personale: 5/5 punti
Totale: 53,5/55 punti
Liquidiamo da subito l’aspetto più spinoso del mio giudizio: la
grammatica.
Ritengo doveroso spiegarti perché ho abbassato di tanto il giudizio: a
parte
una virgola mancante, sono assenti praticamente ovunque gli spazi dopo
i segni
di punteggiatura. Sarebbe un errore venale, se isolato, ma qui si
tratta di un
errore ripetuto per tutta la lunghezza della fic, quindi ha inciso
negativamente sulla valutazione.
Sullo stile, nulla da ridire: hai una padronanza della lingua ottima, e
ho
letteralmente adorato il tuo modo di scrivere così fluido, che riesce a
rendere
scorrevole persino una fic dai toni incredibilmente cupi come questa.
Ho apprezzato moltissimo l’idea di base: scoprire i retroscena della
scelta di
Hidan di seguire Jashin lungo una vita immortale e dannata è stato
veramente
interessante e tremendamente affascinante.
Punteggio massimo anche nell’angst, splendidamente trattato sia nella
condizione dell’Hidan bambino, che del candore infantile non ha proprio
nulla,
sia in quella dell’Hidan adulto: hai trattato il dramma in modo tanto
realistico da essere quasi disarmante.
Niente da ridire sull’IC: Hidan è Hidan, e anche quando parli di lui
come
fanciullo è estremamente convincente, e mantiene coerentemente il
carattere da
bambino maledetto; persino Jashin è raffigurato magistralmente.
Giudizio personale:
la prima cosa che ho da dire è: mi dispiace. Mi
dispiace
perché questa fic è geniale nella sua spietata trattazione di come un
bimbo
solo si sia trasformato in un sanguinario sacerdote, e che sia stata
rovinata
dalla grammatica è una cosa che mi dispiace davvero moltissimo. Ho
apprezzato
questa storia dalla sua prima riga all’ultima sillaba: hai una lodevole
maestria nell’intrecciare presente e passato, mantenendoli al contempo
definiti
e separati nella mente del lettore, senza creare la benché minima
confusione. I
pensieri di Hidan sono tanto contorti quanto carismatici, e le costanti
apparizioni di Jashin sono assolutamente d’effetto. Davvero i miei più
vivi
complimenti, perché questa fic grida angst e bravura da ogni lettera.