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Autore: Iria    18/09/2009    3 recensioni
Il sapore del sesso era viscido.
Appariva denso e corposo,ne potevi godere come se fosse stato un vino;e solo in seguito ti rendevi conto del putridume assorbito.
Il sesso rappresentava la passione sfrenata,senza limiti e senza alcun rispetto verso il partner violato per una notte.
E di questo Hidan era pienamente consapevole.
[Terza Classificata al 'Tears Contest' indetto da Red Diablo e vincitrice del Premio Narratore e del Premio IC]
Genere: Dark, Drammatico, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Hidan, Kakuzu, Nuovo Personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Autore: Iria
Titolo: Childhood [Protect me…Kill me.]
Genere: Dark, Drammatico, Erotico.
Rating: Arancione
Personaggi (ed eventuali Paring): Hidan, Jashin, Kakuzu.
Uso beta reading: No 
Avvertimenti: Yaoi/Shonen-ai,One-shot,What if..?
Introduzione: Il sapore del sesso era viscido.
Appariva denso e corposo, ne potevi godere come se fosse stato un vino; e solo in seguito ti rendevi conto del putridume assorbito.
Il sesso rappresentava la passione sfrenata, senza limiti e senza alcun rispetto verso il partner violato per una notte.
E di questo Hidan era pienamente consapevole.

Childhood [Protect me… Kill me.]
“Death in life is your ideal
Life is like a wheel… and it's rolling still”

Il sapore del sesso era viscido.
Appariva denso e corposo, ne potevi godere come se fosse stato un vino; e solo in seguito ti rendevi conto del putridume assorbito.
Il sesso rappresentava la passione sfrenata, senza limiti e senza alcun rispetto verso il partner violato per una notte.
E di questo Hidan era pienamente consapevole. 

“Che squallido amante del bondage.”
Infastidito da quei fottuti tentacoli che rendevano nullo ogni suo movimento, lo shinobi si limitava a divorare le proprie labbra, maciullandole con forza.
Il sesso sapeva anche di sangue.
Perché era il sangue che riempiva la sua bocca e lo stesso si riversava dal suo orifizio al pavimento.
Chinò le palpebre, volendo ignorare il macello che era divenuto il suo corpo.
Non se ne curava, era immortale.
Ma Jashin, quel dolore era insopportabile.
Avvertiva il volto farsi livido per i colpi prepotenti e… sì, anche per quell’unica lacrima versata.
La violenza del sesso era come una malattia. 
Consumava da dentro e, rendendo l’essere umano meno che animale e ancor meno che uomo, tramutava Hidan in un semplice involucrodi carne sfregiata.

Kakuzu possedeva ben cinque cuori, nessuno dei quali in grado di amare; lo mantenevano in vita e questo bastava all’avaro ninja, il quale non poteva tollerare l’apparente immortalità del compagno.
Per quanto quella peculiarità fosse utile all’Akatsuki era, in parte, fonte di sfrenata invidia e di imbarazzante incoerenza, per Kakuzu.
Aveva sempre sostenuto l’inesistenza dell’immortalità; ma quella, viva e nuda, appariva innanzi i suoi occhi, legata ad arte.
Era inammissibile.

Le fibre nere del nukenin erano un ausilio prezioso per quell’atto tanto simile ad uno stupro.
Come acqua, si infiltravano ovunque e bruciavano tra le sue carni.
Come sangue,le avvertiva fluire nel suo corpo ed abbandonarlo con uguale naturalezza.
Gemette,serrando gli occhi.
Il dolore cura altro dolore e, in quel campo, Hidan poteva dirsi esperto.
Ebbene: cosa vi era stato di peggio?

Il Villaggio delle Calde Primavere si ergeva su di una collina attraversata da un fiumiciattolo; il sole mite splendeva in ogni suo angolo, illuminando il dolce paesaggio del luogo.
Ma Hidan non aveva mai potuto godere pienamente  di quello spettacolo alla luce del giorno.
Albino, dagli occhi ametista, la sua nascita era stata segnata dai pregiudizi.
In un piccolo villaggio come quello, pareva quasi ovvio
 che il suo aspetto nascondesse qualcosa di mefitico e dannato.
Accucciato in un angolo della propria camera, osservava il sole morire da una piccola fessura, la quale faceva da finestra nello spazio immacolato divenuto rifugio e prigione per il bambino.
Era completamente bianca, la sua stanza.
Sterile.
Fredda.
Senza la testimonianza di una presenza infantile.
Priva di balocchi.
Solo il bianco, col quale Hidan pareva confondersi.

Al calare delle tenebre, l’oscurità era spessa a tal punto che l’avvertiva premere sul suo corpo, schiacciarlo, insinuarsi tra le sue membra e strisciare sotto lo strato organico che avvolgeva le sue ossa.
Il buio, nel ferirlo, gli parlava; sussurrava i peccati degli uomini crudelmente e, in mille voci struggenti, perforava il suo udito.
E quanto più il piccolo Hidan premeva le mani ai lati della testa per zittirle, queste allo stesso modo si facevano più insistenti e violente, fino a fargli sanguinare le orecchie.
Gridava straziato nel cuore della notte, e le sue lacrime venivano asciugate dalla mano del buio che, gelata, odorava di sangue.
Era grande, nero e liscio quel  palmo e, al centro della pianta, lo avvertiva inumidito da una sostanza densa e vischiosa, nella quale riconosceva la consistenza del sangue.
Il bambino, però, non badava a quella piccolezza: si limitava a sorridere tra le uniche due lacrime versate, aggrappandosi con le sue piccole e in egual modo gelide mani a quella dell’oscurità.

Cullato dalla silenziosa figura che tormentava e quietava le sue notti, Hidan trovava la pace del sonno.

Soffocato dalle quattro mura dov’era rinchiuso, il primo giorno di Primavera, Hidan decise di concedersi una piccola fuga.
Un regalo che voleva farsi per il suo compleanno, un pensiero partorito innocentemente e senza malizia alcuna.
Abbandonato alla sua solitudine e non sorvegliato, poiché per la sua famiglia era meno d’un cadavere (difatti era nutrito raramente: solo quando i suoi lievi lamenti richiamavano l’attenzione di qualche anima pia della casa ),varcata la soglia della sua camera, si ritrovò in un universo che avrebbe potuto definire quasi parallelo.
Meraviglia che colmò del tutto i suoi occhi quando si ritrovò all’esterno della dimora.

I piedi nudi affondarono nell’erba bagnata e l’aria…
Oh, l’aria era così diversa dalla pesante atmosfera della sua stanza!
Respirandola, sentiva i polmoni colmarsi di una freschezza mai provata.
Così leggera…
Rabbrividì appena, puntellandosi sui talloni, quando una lieve brezza che portava con sé lo scrosciare dell’acqua sfiorò la sua pelle. 

Allora, incuriosito da quel rumore, si incamminò barcollando verso ciò che aveva attratto la sua attenzione.
Era bellissimo il fiume…
Rimase per attimi interminabili (o forse furono ore?) ad ammirare i pesci argentati.
Gli occhi viola del bambino studiavano meticolosamente i corpi affusolati degli animali; provava ad afferrarli a mani nude e rideva spensierato agli schizzi che gli venivano, poi, riservati.

Per un momento tutto fu immerso in un’immobilità innaturale.
Hidan sollevò appena il volto rigato dal sangue.
“Ti sei già stancato, bastardo? Un’attività come questa non è fatta per i nonni come te,in effetti”la sua lingua era scattata come un serpente, velenosa.
Masochista oltre ogni dire,ma quella non era poi una grande novità.
Kakuzu lo fissò glaciale, nel silenzio più totale.
Uno sguardo insopportabile,nel quale notò celarsi un certo divertimento, cui seguì un dolore come quello di una ferita inferta da una lama arrugginita: penetrava lentamente, dolorosamente...

Sadicamente.

Il suo sorriso si spense quasi nell’istante stesso in cui nacque.
L’aria scomparve e fu l’acqua a prendere possesso delle sue narici…
Dilagava in lui, riempiendogli i polmoni.
La sentiva.

Viscida,era nella sua bocca.
Arrancava, cercando di sigillare le labbra.

Ghiacciata,pungeva sulla sua pelle.
Fluiva nelle sue orecchie e la pressione le divorava.
Artigli meschini gli ferivano la nuca e appena prima di perdere i sensi si ritrovò scaraventato sul prato verde. 

Le gocce d’acqua che scorrevano via dal suo volto bruciavano, e la stessa acqua riaffiorava dalla bocca del bambino.
Quando spalancò gli occhi sul cielo azzurro, la luce quasi lo accecò; tossì  con violenza inarcandosi sul suolo erboso, strappando i fili d’erba che stringeva in pugno: sembrava quasi voler sputare fuori i polmoni.
L’ombra di un uomo lo sovrastò.

Suo padre era un ninja molto forte,temuto e rispettato da tutti al villaggio, e non concepiva l’idea che la sua adorata moglie avesse dato la vita per un moccioso come quello: ai suoi occhi quella creaturina dai capelli bianchi era alla stregua di un assassino. 
Nato dal sangue e figlio della morte.

Gli occhi neri dello shinobi lo trafissero con severità.
Erano pozze senza fondo, di un’oscurità che Hidan non conosceva…
Il bambino si rialzò in silenzio, obbedendo ad un muto ordine.
“Perché sei uscito fuori di casa?Devo iniziare a legarti, per caso?”quel sibilo lo ferì lentamente, ma Hidan non diede segno di sofferenza.
Aprì e rinchiuse la bocca per due volte, provando a voler giustificare le sue azioni…
Perché?
Lo desiderava…

“Sai cosa genera la violenza,piccolo?”quando l’oscurità parlava aveva una voce profonda e tonante. 
“Cosa?” chiese in un bisbiglio, sinceramente incuriosito, il bambino.
“I desideri, di qualsiasi tipo essi siano: gli uomini sono peccatori incalliti, poiché abbondano di libidine.”spiegò con tranquillità il buio.
“E’ una malattia?”domandò ancora Hidan.
“Molto simile ad una malattia, si.” Concesse con un cenno del capo.
“Si può guarire?”
“Certo: accettando con consapevolezza il dolore della punizione, traendone piacere.”rispose.

Per il suo folle desiderio il piccolo venne,difatti, punito. 
Era stato suo padre a tingere di rosso e viola la sua carnagione, ma Hidan nel dolore non aveva pronunciato un solo lamento: aveva peccato, quella era la sua punizione e dal castigo doveva trarre il piacere di una possibile redenzione… Così come la sua segreta compagnia, tempo prima, gli aveva spiegato.

Il buio leccava via il sangue che perdeva, lo faceva lentamente.
Sentiva la scia umida di una lingua posarsi sulle ferite pulsanti e catturare, ingorda, la linfa purpurea.
L’oscurità, poi, porgeva ad Hidan le sue grandi mani, e il bambino da queste leccava via il sangue raggrumato sui palmi.
Gemeva appena nel ripulire quei neri arti..

Sospirò, lasciando trapelare un pizzico di soddisfazione.
Liberato dalle fibre del compagno, poggiò le mani sulle spalle di quest’ultimo, affondandovi le unghie smaltate.
Tirò con forza le cuciture che ne percorrevano il perimetro, sfilacciandole.
Poi rise, chinandosi a prenderne tra i denti la consistenza, la quale appariva organica ed inorganica allo stesso tempo.
Kakuzu si irrigidì a quel contatto, stupendosi per l’improvviso coinvolgimento mostrato da Hidan.

Il desiderio era peccato,il peccato veniva punito,della punizione bisognava godere.

Accadde che una notte fu più illuminata e rumorosa delle altre…
Hidan si avvicinò accigliato alla finestrella nella stanza e, rimirandone lo spettacolo all’esterno, l’espressione sul suo volto non mutò.
Il Villaggio delle Calde Primavere era stato messo a ferro e fuoco.
Le luci delle esplosioni e degli incendi appiccati risplendevano sul viso marmoreo del bambino, il quale, poco dopo (stanco dei lamenti, delle grida, dei combattimenti e del sangue),distolse lo sguardo scocciato.
Fece per tornare ad accucciarsi sul suo letto, quando la figura dell’oscurità gli si parò interamente innanzi.
Lo sovrastava in maniera spaventosa…
Il cuore di Hidan mancò di un battito, il respiro gli si mozzò e sentì di venire schiacciato.
Avrebbe voluto gridare, ma una strana consapevolezza (d’impotenza, quasi) lo colse, bloccandone le corde vocali.
Non riusciva a celare l’orrore dei suoi occhi ed era paralizzato…
Era come se una stretta vincolasse interamente il suo corpo.

In un improvviso lampo di luce,il bambino poté distinguere ancor meglio le sembianze del buio…
Ad un primo impatto poteva sembrare un normalissimo uomo, se non fosse stata per la carne interamente nera…
Poi, nell’osservarlo più attentamente, Hidan notò la trasparenza della pelle, all’interno della quella distingueva (oltre che ai radi vasi sanguigni) solo ed unicamente un cuore nero.
L’organo pulsava sangue del medesimo colore in ogni angolo di quelle robuste membra.
E il piccolo l’osservava contrarsi, riempire e svuotare la cute dell’oscurità…
Ne percepiva il battito come se fosse stato il proprio; aveva un ritmo regolare, nonostante fosse molto più lento di quello di un normale essere umano.

Nell’assordante silenzio che li circondava l’essere sollevò un braccio, mostrando ad Hidan il capo mozzato di suo padre. 
Il respiro del bambino si fece più violento quando ciò che rimaneva del genitore rotolò a terra.
Si ritrasse, per evitare che le punte dei suoi piedi si sporcassero di sangue.
Portò lentamente lo sguardo agli occhi ormai ciechi del ninja, e la sua attenzione fu attratta dal coprifronte ancora legato alla nuca dell’uomo.
Si chinò a terra, sciogliendone il nodo, incurante della benda che grondava sangue.
Un nuovo lampo di luce illuminò un particolare sul simbolo del villaggio, che nell’oscurità non aveva distinto.
La placca in metallo era stata sfregiata da una linea lunga e sottile…
“Che cosa significa..?” riuscì a chiedere a stento Hidan, dopo attimi di lungo silenzio. 

“Tradimento.” fu la secca risposta.
Il bambino sbarrò gli occhi, stringendo il coprifronte fino a ferirsi e, nel versarsi, il suo sangue si mischiò a quello del padre.
Un’esplosione risuonò più vicina delle altre facendo sobbalzare il bambino, ed una verità sinistra dai mille tentacoli si insinuò nei suoi pensieri. 
“Morirò…” soffiò, tremando. 
E non aveva vissuto un solo giorno della sua vita.
“Non voglio morire...” aggiunse in un singhiozzo, scuotendo il capo e stringendosi nelle braccia.
L’oscurità si chinò su di lui.
“Non morrai.” quel sussurro gli solleticò appena l’udito. “Io, il Dio Jashin, ti prendo sotto la mia ala protettrice.” continuò la figura, prendendo dalle mani del bambino il coprifronte.
Jashin ne assaporò il liquido rosso sulla fascia, gustando anche l’aroma di quello sui palmi di Hidan.
“Siamo legati dal sangue, Hidan.”disse ancora, posando le sue labbra macchiate di porpora su quelle del piccolo.
“E nel sangue sopravvivremo insieme.” concluse, prendendolo tra le braccia.

“Sarai allevato secondo la mia dottrina.” fermi in una radura, Jashin riprese a parlare.
Hidan era in ginocchio sull’erba e lo guardava dal basso, ascoltando attentamente le sue parole.
“Ti farò dono dell’immortalità e, quando sarai pronto, ciò che volevano negarti diventerà tuo.”continuò il Dio, mostrando al bambino il coprifronte del genitore.
Hidan annuì con decisione, poi si alzò.
“Jashin-sama..?”lo chiamò, ammaliato.
“Dimmi.”
“Proteggimi.” fu la sua prima preghiera.

Hidan si ritrovò solo.
Macchiato dal seme di Kakuzu, aveva scacciato via a suon di parolacce il nukenin dopo che quest’ultimo,fatti i suoi porci comodi,gli aveva imposto di ricomporsi.
“Il tempo è denaro.”
Era stata la risposta data alle colorite proteste dell’immortale, che aveva reagito con altrettanto entusiasmo a quelle parole.
“La prossima volta fottiti i tuoi schifosi soldi, stronzo!”
Invito che (molto probabilmente) Kakuzu prese alla lettera, visto che si defilò senza tante cerimonie subito dopo la raffinata proposta.

 Il sangue bagnava il pavimento della loro camera.
Sapeva che non vi era solo il suo; l’iniziale smarrimento che lo aveva sorpreso aveva lasciato spazio alla fantasia più sfrenata e lui stesso,il torturato,era divenuto presto anche il torturatore.
Ma indubbiamente il suo sangue abbondava.
Lo avvertiva dall’odore; col tempo aveva imparato a riconoscere il proprio, e in quella stanza il suo profumo sconfiggeva l’aspra fragranza di Kakuzu.

Il suo primo rito si compì a tredici anni.
La sua cute assunse la consistenza e le sembianze di quella di Jashin-sama, ma essendo lui un misero umano questa si tinse di bianco in corrispondenza delle ossa.
Assaporò la morte della vittima ferita dopo ferita, lasciando che la lama, illuminata dal sole, sfregiasse con distrazione le sue carni.
Era inesperto e si arrecava inutili dolori, assimilandone le sfumature più varie…
Sentiva la morte attraversarlo con dolcezza, lambirlo e abbandonarlo, poi, brutalmente; il piacere momentaneo si attenuava, sostituendosi ad una fastidiosa insoddisfazione.
“Il rito è compiuto.”
Il ragazzino sapeva di aver ottenuto il pieno favore di Jashin-sama, e la consegna del coprifronte di suo padre ne fu la conferma.
La morte divenne il suo partner in vita; ne avrebbe sempre goduto senza mai riceverne la benedizione…
Era stato un bambino molto sciocco nel rifiutarla.

“Non voglio morire…”

Peccato che l’entità dei suoi desideri mutò col trascorrere degli anni.
L’eternità non sarebbe bastata per cancellare i dolori inflitti a se stesso e agli altri…
Perché se gioiva nell’adempire al volere del suo Dio, non riusciva mai a reprimere del tutto il lieve ronzio dei lamenti che si accumulavano nella sua testa…

Col sangue di una ferita aperta sull’avambraccio sinistro, circoscrisse sul pavimento un triangolo equilatero all’interno d’un cerchio.
“Jashin-sama…” soffiò, stringendo quasi spasmodicamente il ciondolo al petto.
Era caduto in ginocchio, senza neanche rendersene realmente conto.
Spalancò le braccia, in segno d’offerta.
“Jashin-sama…”ripeté in un gemito.
Com’era dolce il sangue leccato via da quei palmi d’ombra che gli carezzavano il volto…
“Uccidimi…” supplicò.

Kakuzu nell’osservare silenzioso la scena, intravide Hidan trafiggersi il torace niveo con la sua lancia.
Il sangue salì alla bocca del giovane, riversandosi ai lati del mento.
L’espressione dell’immortale era di pura estasi.
Ma Jashin, invisibile presenza, ripulì le labbra e il petto del nukenin con una cura tale da apparire animalesca.
Ed Hidan sorrideva, rivolgendo il suo ghigno sporco di sangue all’avaro fermo sullo stipite della porta…

Il sapore della morte era simile a quello del sesso.
Contaminava il suo corpo, ed appariva vischioso in quell’onirico contatto.
L’estasi stessa della morte poteva essere paragonata a quella sessuale… 
Il suo profumo, invece, era diverso.
Col sesso Hidan aveva conosciuto l’odore aspro,ma non sgradevole, di Kakuzu.
E quasi lo rimpiangeva.
Aleggiava una spirale di fumo che sapeva di nicotina, nell’aria…
C’era la vuota oscurità sotto i suoi piedi, pronta a catturarlo in una caduta infinita.

Il buio riprese a gridare, ma non illustrava più i  peccati degli uomini…
Solo le colpe di Hidan, per l’eternità.

*Owari*

Note dell'Autore (Facoltative): Allora… Inizialmente questa fic doveva essere una SasorixSakura basata su una canzone dei Green Day (Viva la Gloria –Little Girl-),ma dopo aver scritto i primi righi mi sono subito resa conto non sarei riuscita a scrivere una storia a sfondo eterosessuale (mea culpa =.=’).
Ero in crisi, poi mi sono ritrovata a pensare ad Hidan…
Sul suo passato non si sa nulla –o per lo meno io non ho trovato informazioni- quindi mi sono abbandonata alla mia fantasia.
L’ossessione di Hidan verso Jashin-sama deve avere avuto un inizio, no?Ed io ho immaginato che questa abbia avuto origine nella sua infanzia.
Altro punto è la sua elezione a ninja: ho fantasticato tantissimo sul rapporto Jashin-sama/Hidan (lasciandomi andare, in certi casi, anche all’ambiguo) e in questa shot ho realizzato parte di quella piccola fantasia.
Come si può dedurre leggendo la shot, gli spezzoni in stampato rappresentano il presente, il corsivo il passato e il neretto un avvenimento passato avvenuto nel passato.
Il desiderio di morire di Hidan non è, però, una mia invenzione.
Infatti nel manga, parlando con Kakuzu, Hidan dice “Sai quanto mi piacerebbe morire.”…
Ed ecco quindi spiegato come Kakuzu sappia di questo desiderio.
Ho voluto, inoltre, rendere simili il più possibile l’inizio e la fine della fic.
Hidan viene sconfitto da Shikamaru, il quale accende delle carte-bomba col mozzicone di una sigaretta…
Il profumo che il nostro caro albino si ritrova, inesorabilmente, ad associare alla morte.
Non so se sono riuscita nel mio intento, spero comunque che la fic sia stata di gradimento.
*“Death in life is your ideal 
Life is like a wheel…and it's rolling still”* 

La morte in vita è il tuo ideale. 
La vita è come una ruota... E sta ancora girando. 
-Dalla canzone 'Sun and Steel' degli Iron Maiden.

Sono assolutamente soddisfatta dell'inaspettato risultato… 
Non credevo che questa storia valesse un terzo posto, sopratutto per una che, come me, si è creata il suo piccolo spazio in un fandom altrettanto piccolo come quello di Beyblade....
Quindi, arrivare terza su ventuno partecipanti in un concorso su Naruto (fandom immenso) è stato come essere prima, assolutamente.
Mi rammarico d’avere il vizio (come avrete potuto notare) di non lasciare spazi tra i punti d’intersezione; sapevo che questa cosa mi avrebbe penalizzata ed è proprio per questo motivo che non ho corretto la fic da quel punto di vista: mi servirà da monito per il futuro ù.u!
Soddisfazione maggiore è stata vincere ‘Il Premio Narrotore’ e ‘Il Premio IC’: ed io che per quest’ultimo credevo d’aver oltrepassato il limite massimo XD!
Well, well, well…
That’s all, folks! See you soon ^^!  -fine English-time XD-

 

TERZA CLASSIFICATA
Childhood [Protect me…Kill me] - Iria

Grammatica: 8,5/10 punti
Stile: 10/10 punti
Originalità: 9,9/10 punti
IC personaggi: 10/10 punti
Attinenza al tema dato: 10/10 punti
Gradimento personale: 5/5 punti

Totale: 53,5/55 punti

Liquidiamo da subito l’aspetto più spinoso del mio giudizio: la grammatica. Ritengo doveroso spiegarti perché ho abbassato di tanto il giudizio: a parte una virgola mancante, sono assenti praticamente ovunque gli spazi dopo i segni di punteggiatura. Sarebbe un errore venale, se isolato, ma qui si tratta di un errore ripetuto per tutta la lunghezza della fic, quindi ha inciso negativamente sulla valutazione.
Sullo stile, nulla da ridire: hai una padronanza della lingua ottima, e ho letteralmente adorato il tuo modo di scrivere così fluido, che riesce a rendere scorrevole persino una fic dai toni incredibilmente cupi come questa.
Ho apprezzato moltissimo l’idea di base: scoprire i retroscena della scelta di Hidan di seguire Jashin lungo una vita immortale e dannata è stato veramente interessante e tremendamente affascinante.
Punteggio massimo anche nell’angst, splendidamente trattato sia nella condizione dell’Hidan bambino, che del candore infantile non ha proprio nulla, sia in quella dell’Hidan adulto: hai trattato il dramma in modo tanto realistico da essere quasi disarmante.
Niente da ridire sull’IC: Hidan è Hidan, e anche quando parli di lui come fanciullo è estremamente convincente, e mantiene coerentemente il carattere da bambino maledetto; persino Jashin è raffigurato magistralmente.

Giudizio personale:

la prima cosa che ho da dire è: mi dispiace. Mi dispiace perché questa fic è geniale nella sua spietata trattazione di come un bimbo solo si sia trasformato in un sanguinario sacerdote, e che sia stata rovinata dalla grammatica è una cosa che mi dispiace davvero moltissimo. Ho apprezzato questa storia dalla sua prima riga all’ultima sillaba: hai una lodevole maestria nell’intrecciare presente e passato, mantenendoli al contempo definiti e separati nella mente del lettore, senza creare la benché minima confusione. I pensieri di Hidan sono tanto contorti quanto carismatici, e le costanti apparizioni di Jashin sono assolutamente d’effetto. Davvero i miei più vivi complimenti, perché questa fic grida angst e bravura da ogni lettera.

Inoltre questa fanfic ha vinto ‘Il premio Narratore’ ed ‘Il premio IC’



   
 
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