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Autore: Spoocky    03/02/2024    2 recensioni
Un guerriero senza patria, un devoto rifiutato dal suo Credo e un'adolescente senza radici, ognuno con le proprie difficoltà ed un passato difficile, si trovano costretti dalle circostanze a doversi aiutare a vicenda per raggiungere un obiettivo comune: attraversare le infide paludi di Arrak.
Questa storia partecipa al contest “D&D Mania – Capitolo II” indetto da Ghostro sul forum di Efp
Genere: Avventura, Hurt/Comfort, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Carissimi, mi dispiace aver lasciato passare tanto tempo dallo scorso aggiornamento.
Purtroppo, una serie infinita di problemi familiari, impegni di lavoro e di studio non mi hanno lasciato il tempo sufficiente per mettere la testa sulle storie da aggiornare.
Ad ogni modo, ecco l'ultimo capitolo di questa storia. Vi avviso che non sarà una vera e propria conclusione: essendo stata scritta per un contest ispirato a Dungeons & Dragons ho scelto di strutturarla come se fosse una sessione, che termina qui, in previsione della prossima.
Ebbene sì, ve lo anticipo fin d'ora: ci sarà un seguito.

Nel frattempo, ringrazio di cuore tutti voi che avete voluto dedicare un po' di tempo a questo racconto, in ispecie tutti voi che avete lasciato un commento e avete atteso con pazienza gli aggiornamenti. Vi ringrazio davvero di cuore.

Buona lettura ^^

 
Le tre ore di marcia che li separavano da Irladÿs si ridussero della metà a dorso del Guardiano, che li depositò con cura su uno spiaggione a circa un miglio dalle porte della città. Venne loro spontaneo rivolgergli un saluto, a cui rispose con un rapido movimento di branchie prima di ruotare su sé stesso e scomparire negli abissi del fiume, lasciandosi dietro una scia di bolle.  

“E’ andata anche meglio del previsto.” Borbottò Till mentre batteva una mano sulla schiena di Jonah, piegatosi in due per una fitta improvvisa. Ora che si stavano avvicinando al santuario, il marchio aveva ricominciato a dolergli.  
“Che cos’ha?” Chiese l’adolescente “Sta molto male?” 
“Non preoccuparti: starà meglio presto. Tu, piuttosto, che cosa farai adesso, ragazzina?” 
“A chi hai detto ‘ragazzina’? Non sono una ragazzina!” 
“Si fa presto a dimostrarlo.” Tagliò corto il guerriero che, forte della propria altezza, allungò una mano e le levò dal capo il berretto. I capelli castani erano tagliati corti ma, uniti ai suoi lineamenti delicati e al fisico snello, lasciavano pochi dubbi sul fatto che non si trattasse di un ragazzo. 
“Ridammelo subito!” Scattò la giovane, che saltò addosso a Till per riprendersi il berretto. Questi non oppose resistenza. Anzi, fu proprio lui a calcarglielo di nuovo in testa con un gesto rozzo del palmo: “Tienilo su. Fai bene: non sai mai chi potresti incontrare in giro.” 
La ragazza fece un passo indietro, sulla difensiva: “Adesso che lo sapete, cosa avete intenzione di farmi?” 
Till si scostò il ciuffo dalla fronte con un gesto secco del capo: “Niente. Da che me ne sono accorto, avrei potuto farti di tutto, se avessi voluto. Non credo che la tua stazza avrebbe potuto impedirmelo. Stessa cosa vale per lui. Te n’eri accorto anche tu, vero?” Batté di nuovo la mano sulla schiena di Jonah, che aveva in qualche modo riacquistato la posizione eretta, ma era ancora sofferente, per cui si limitò ad annuire. 
“E’ così evidente?” Chiese lei, preoccupata. 
“No.” La rassicurò Jonah, la voce provata dalla sofferenza “Ma noi ci siamo dovuti avvicinare parecchio e, nella situazione concitata in cui ci siamo trovati, puoi ben capire che non è facile mantenere una copertura. Ad ogni modo, ti posso giurare sul Sangue del Profeta che nessuno di noi due ti farà del male… Perdonami, non ti ho nemmeno chiesto come ti chiami.” 
“Ceovida.” Rispose lei, un poco più tranquilla “Ma potete chiamarmi ‘Ceo’. Anzi, meglio che mi chiamate così.”  
“Piacere di conoscerti, Ceo.” Sorrise il giovane, porgendole la mano “Io sono Jonah.” 
“Till.” Si presentò il guerriero, secco, senza preoccuparsi dei formalismi “E non hai ancora risposto alla mia domanda.” 
Ormai a proprio agio, Ceo sorrise: “Diciamo che ho delle commissioni da sbrigare ad Irladÿs.” 
Jonah le impose una mano sulla fronte, recitò una breve formula e le sorrise: “Ho intenzione di trattenermi in città per qualche giorno. Se dovessi avere bisogno d’aiuto, non esitare a cercarmi.” 
“Grazie di cuore.” La ragazza s’inchinò, accomiatandosi “A tutti e due.” 
Lasciarono che s’avviasse per la sua strada, a passo svelto ed agile, e ne approfittarono per sistemare i propri equipaggiamenti, prima d’intraprendere a propria volta il sentiero che conduceva alle porte della città. 
 
† 


La vicinanza del fiume aveva permesso ad Irladÿs di diventare una cittadina fiorente, sia grazie agli scambi commerciali che al traffico di pellegrini che si recavano al Santuario di Shuva, vero cuore pulsante della città, in cui era custodita una delle Lance che aveva trafitto il Profeta nel primo Giorno del Trapasso. La presenza della reliquia l’aveva resa una vera e propria roccaforte del culto di Shuva. Secondo i dettami del Culto, la città non era stata dotata di orpelli inutili: le solide mura di granito avevano un particolare colore verdastro, con venature più scure, che sembrava riflettere le sfumature a del fiume a cui la città doveva la sua fortuna. 
Quel colore così singolare, dovuto peraltro al semplice fatto che le rocce locali erano di quella tonalità, era l’unica concessione che i costruttori avevano fatto all’estetica. Il resto era ridotto ad una rigida essenzialità, più funzionale che gradevole allo sguardo. 

Nell’avvicinarsi alla severa cinta muraria, Till sentì il bisogno di chiedere al suo compagno di viaggio: “Hai intenzione di fermarti a lungo?” 
Jonah si strinse nelle spalle: “Almeno quanto basta a visitare il tempio. Ho sentito che il custode del santuario è uno dei tre Bruciati…” 
“I tre cosa?” 
“Bruciati. Vedi, a capo della Chiesa di Shuva c’è il Vicario Penitente e, sotto di lui.” Fece una specie di scala immaginaria con le mani “I tre Bruciati, paladini che si sono distinti nella lotta contro i demoni e che il Vicario ha individuato come suoi possibili successori. Si chiamano così perché hanno dovuto affrontare la Prova del Fuoco. Hanno dovuto attraversare un fuoco reso ancora più caldo dalla magia e, sopravvivendo, hanno dimostrato la fermezza della loro fede.” 
“Che coglioni!” Sbottò il guerriero “Quanto cazzo bisogna essere stupidi per fare una cosa del genere?!”  
Con sua grande sorpresa, anziché offendersi, il giovane si mise a ridere: “E’ un punto di vista interessante, in effetti. Ad ogni modo,” Aggiunse, recuperata la serietà “pare che questo Bruciato in particolare sia un esperto nel rapporto tra demoni ed esseri umani. Una specie di esorcista, se sai cosa intendo.” 
“Conosco il genere.” 
“Ecco. Speravo che potesse aiutarmi con…” Sospirò sconsolato: ogni volta che provava a parlarne provava un dolore atroce o, come in quel caso, qualcosa gl’impediva di trovare le parole. Si strofinò il marchio con il palmo, cercando di massaggiare la muscolatura dolorante, ma senza successo. Scosse il capo, avvilito. 
Till si spinse a poggiargli addirittura una mano sulla spalla: “Per me sono tutte cazzate. Comunque, spero che tu possa trovare l’aiuto che cerchi.” 
Jonah gli rivolse un sorriso mesto, ma sincero: “Grazie, Till. Lo apprezzo, davvero.” 
Il guerriero si scostò di nuovo il ciuffo dalla fronte con il suo solito scatto del capo: “Bah. Piuttosto, sapresti dirmi nulla sulla guardia cittadina?” 
“Vuoi unirti a loro?” 
“Almeno per il momento. Ho sentito che stanno cercando… volontari, per così dire, e che la paga è buona.” 
Jonah si soffermò un attimo a pensare prima di rispondere: “A quanto ne so, a Irladÿs non c’è una vera e propria milizia cittadina. Data la presenza del santuario e quant’altro, è la Chiesa di Shuva a gestire l’ordine pubblico e garantire la difesa in fatto di attacco. Le guardie sono paladini, o comunque osservanti che seguono il percorso per diventarlo, e “volontari” - come li chiami tu – sempre stipendiati dalla Chiesa.” 
“Ah!” Fece Till, sorpreso “Quindi, bisogna essere per forza osservanti per entrare nella guarnigione?” 
“No, no.” Lo rassicurò l’altro “Ti spiego: gli osservanti ed i paladini svolgono questo servizio in cambio di vitto e alloggio, perché fa parte dei loro compiti proteggere il santuario. Quello che non rientra nei loro doveri viene affidato a laici o, come nel tuo caso, addirittura a non credenti, che vengono però pagati dalla Chiesa e non dalle autorità cittadine, in cambio della disponibilità ad ospitare il tempio e tollerare il passaggio dei pellegrini. Per questo la paga è maggiore del solito.” 
“Capisco.” Annuì il guerriero “In effetti, ha senso.” 
“Se ti può essere utile, ho un lasciapassare firmato dal Prelato della città da cui sono partito: è valido per chi lo porta e chi l’accompagna. Non è molto, ma potrebbe esserti utile per entrare nella guarnigione. Se vuoi, ti posso accompagnare.” 
“Sì, va bene. Questi invasati non tollerano volentieri chi non la pensa come loro.” Di nuovo, si tolse il ciuffo dalla fronte con il consueto gesto “Per ringraziarti, appena sistemata la burocrazia, ti offro da bere.” 
“Molto volentieri.” Sorrise l’altro, lieto di poter fare qualcosa per sdebitarsi verso quello che, ormai, iniziava a considerare un amico. 

I due proseguirono fianco a fianco, come vecchi compagni d’armi, ignari delle ombre che sembravano allungarsi attorno a loro, troppo scure e dense per essere dovute al sole ormai calante. Le zone d’ombra, tutto intorno alle mura, sembravano animate da un ribollire sinistro, invisibile all’occhio umano. Mascherati dalla brezza, afflati e sussurri gelidi si rincorrevano laddove orecchi d’uomo non potevano raggiungerli.  
Per un istante impercettibile, poco meno d’un battito di ciglia, il sole fu oscurato da quella che poteva sembrare una nube passeggera. Se la si fosse osservata da vicino, tuttavia, vi si sarebbe scorto uno sciame di creature diafane, dall’apparenza quasi umana ma dotate di corna ed ali membranose, come di pipistrelli, ma sottili e iridescenti come fossero d’insetti.  
 
- Al Prossimo Capitolo- 
  
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