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Autore: aurtemporis    10/02/2024    1 recensioni
Sulle spiagge della Normandia, il colonnello delle guardie reali trova una ragazza priva di sensi e in balia del freddo. Dopo averla soccorsa, cercando di offrirle ulteriore aiuto, tenterà di scoprire le cause che hanno portato la ragazza sul punto di perdere la vita. Al contempo, la ragazza proverà ad impedirle di conoscere la verità, corrotta e pericolosa, e in cui lei è già intrappolata.
AVVISO: Questa ff esce completamente dal seminato. È una storia che se ne va per i fatti suoi e prende solo alcuni tratti dall'anime. Dedicata in particolare ai fans di Oscar/Rosalie, è una distrazione senza pretese da tutte le coppie canoniche dell'opera.
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: André Grandier, Bernard Chatelet, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes, Rosalie Lamorlière
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Qualche giorno di ritardo, ma doppio capitolo.



Fece rientro qualche ora dopo. Era stanca ma la furia che aveva in corpo superava di gran lunga la fiacca. La tata le andò vicino non appena la vide e le prese una mano "Vostro padre sa di Rosalie, fate attenzione, madamigella" la bionda serrò i denti e poi toccò la mano della tata, rassicurandola come poteva in quel momento.

André, come se l'avesse attesa al pari della nonna, l'aveva seguita dalle stalle. La bionda lo vide avvicinarsi, vide quegli occhi, un po' più scuri dei suoi, che la guardavano severi come a redarguirla. Strinse forte i pugni, fino a farli tremare. Gli diede le spalle e si avviò verso la rampa di scale, era lì solo per parlare con il padre.

"Oscar! Ragiona!" André fece un passo nella sua direzione "Un amore impossibile va stroncato subito, prima che ti distrugga e inghiottisca altri intorno a te in quella stessa sofferenza"

La bionda posò una mano sulla parete vicino le scale. "Nessun amore vero è impossibile, ciò che apre o chiude ogni possibilità è quanto si è disposti a fare o a rinunciare affinché esso sopravviva" rispose, poi iniziò a salire "e non venirmi a parlare di cose impossibili, non a me, che non dovrei neppure esistere" continuò per le scale.

"Sei sempre la solita! Come un proiettile, una volta partita non ti si ferma più!" la conosceva, come in tutte le altre situazioni del passato, se c'era da combattere non si tirava indietro.

Bussò alla camera dei genitori. Le aprì la madre "Oscar? Che sta succedendo?" la donna le disse che il padre era nel suo studio e la stava aspettando ma non ne conosceva la ragione.

"Va tutto bene, madre, non potrebbe andare meglio" replicò con una malcelata ironia. Così si diresse allo studio. Il padre aveva sentito delle voci e la stava aspettando sull'uscio.

"Entra" le disse. Oscar varcò la soglia e rimase in piedi finché l'uomo si sedette. Sulla scrivania c'erano quei pezzi di carta. La giovane provò a capire cosa gli passava per la testa, per la loro famiglia i sovrani venivano prima di tutto, era vero, però, la guardava anche in modo singolare. Si aspettava una sberla, un colpo, non appena l'aveva visto, ma non era arrivato, perlomeno non ancora. "Spiegami"

Oscar fece un passo avanti e prese la lista "Questa è la lista passeggeri di un vascello che circa due mesi fa ha portato in Francia quattro stranieri, viaggiavano assieme al conte de Badeaux" gli indicò i nomi che erano già stati segnati da un lapis. "Come potete leggere, il conte si è scomodato ad andare fino in Inghilterra di persona, deve avere qualche appoggio importante"

"A questo ci ero arrivato da me"

Oscar gli parlò poi del biglietto "Che vi sembra?"

"Una stupida frase senza senso" disse "a una prima occhiata" aggiunse poi.

 "Credo che si tratti di una strada, di un percorso. I nomi delle botteghe, sono luoghi chiave per l'attentato, probabilmente" disse la figlia. Ci aveva riflettuto a lungo dopo averlo letto la prima volta.

"Non possiamo metterci a cercare ogni fornaio e ogni…" poi ebbe una rivelazione, forse i due negozi potevano essere solo edifici dirimpetto utili allo scopo "forse dal tetto!"

"Potrebbero essere posti ideali per dei tiratori scelti. Uno per lato, uno per bersaglio" proseguì Oscar.

"E noi dovremo trovare un fornaio e un vetraio sulla stessa strada"

"Per capire il punto esatto da dove vogliono uccidere il re e la regina, esatto, padre. Carriola e lame, probabilmente vogliono tentare di chiuderli prima di attaccare, per impedirgli la fuga e accertarsi che non ne escano vivi. Cercheranno di ostruire la strada fronte e retro il corteo reale, forse per ostacolare anche eventuali soccorsi"

"Dobbiamo impedire che gli attentatori ci arrivino su quella strada, dobbiamo mettere il conte in condizione di non nuocere" si alzò e raccolse i fogli dalla scrivania "come li hai avuti questi?"

"Rosalie. Era sul vascello"

Il generale comprese "André mi ha detto una cosa ridicola su di te e lei, non c'è niente di vero, è così Oscar?"

La bionda socchiuse gli occhi "Dipende da cosa vi ha detto"

Il generale batté una mano sulla scrivania "Non voglio saperlo! A questo punto non mi interessa. Quella donna non è più qui, il problema non esiste" Oscar non rispose, quindi l'uomo le spiegò che dovevano coinvolgere l'esercito, e per farlo occorreva dire le cose come stavano almeno agli ufficiali d'alto rango. "Il conte è compromesso ma va colto con le mani nel sacco"

"Il vecchio piano di farlo seguire può ancora funzionare, potrebbe condurre a qualcuno ancora più influente di lui. Ci penserò io a seguirlo" disse lei. 

"È troppo pericoloso"

"Non per qualcuno che è dato per morto, inoltre non ho altri nomi da proporre" ribatté la bionda. Il conte, si sapeva dove abitava, e l'uomo non sospettava quello che avevano scoperto, si sentiva al sicuro. Almeno per adesso, poteva agire indisturbata.

"Come farai a muoverti liberamente?"

"Inventerò qualcosa"

Il generale le poggiò una mano sulla spalla "Confido in te allora, c'è poco tempo"

"Lo so, padre"

Quando si separarono, Oscar andò a coricarsi nella sua camera. Non volle vedere nessuno per il resto del giorno. Il convento non era troppo lontano da quel palazzo, fuori Parigi, immerso nel verde. L'aveva visto solo da lontano, seguendo la ragazza a piedi. Era stato difficile mantenere il controllo e ignorare tutto quello strazio. Poi era arrivata e l'aveva guardata sparire al di là del cancello. Si era soffermata un po' a osservare, quasi nella speranza che cambiasse idea, che uscisse da lì dentro per tornare, ma non era accaduto. Era testarda e cocciuta quando prendeva una decisione, in questo si somigliavano. Se n'era andata, ma se credeva che avrebbe lasciato che tutto finisse così ignorava chi lei fosse davvero.

 

L'indomani, Oscar uscì presto. Quando in casa nessuno si era ancora alzato, si diresse nelle stalle e si cambiò, via la camicia, indossò una vecchia maglia pesante, sdrucita e scolorita che sembrava sfumare dal marrone al beige; ormai ci stava facendo l'abitudine a calzare quel ruolo. Poi legò i capelli e coprì la testa con un fazzoletto nero. Prese il pugnale che le aveva dato quell'uomo anziano e se lo legò al fianco, coprendolo con la maglia. "Stavolta non puoi venire con me" disse al suo cavallo bianco. Lo accarezzò sul collo e sul muso. Prese infine un vecchio sacco di tela e se lo tirò sulle spalle, dentro ci aveva infilato solo della paglia e una coperta. L'ultima volta che si era conciata così, era riuscita a passare per un vagabondo per tutto il tempo fino al suo ritorno a Parigi. Non c'era niente che potesse collegarla alla nobiltà. Quindi uscì. Un passo dietro l'altro, scomparve dalla tenuta.

La residenza del conte era dal lato opposto alla sua, rispetto a Parigi che stava nel mezzo, ci sarebbe arrivata tardi. Il freddo la preoccupava, non le andava di dormiva all'addiaccio e non aveva che qualche moneta addosso e di più non ne avrebbe potute portare. 

Parigi non era più come la ricordava da ragazzina, più la vedeva, anno per anno, e più appariva degradata. La gente era incattivita e guardava chiunque con sospetto. Meno gente la vedeva e meglio era, passare inosservati in mezzo a chi esaminava ogni faccia nuova come fosse un pericolo imminente non era semplice. Era tarda mattina quando aggirò il centro e attraversò i vicoli, per fare prima. Una donna con un vestito scollacciato e una mantellina la guardò mentre le passava accanto, le fece un sorriso, Oscar ricambiò e continuò a camminare. "Aspetta, occhioni blu, ti serve un posto dove stare?" le parlò prima che si allontanasse troppo.

"Grazie, mia signora, ma devo andare altrove" Oscar rispose senza fermarsi e abbassando la testa. Una grossa lama spuntò da un vano nascosto dal muro del vicolo, un uomo gliela puntò alla gola, era una spada a due mani, antica "Dove credi di andare? Non ti sembra scortese rifiutare?" il tipo, grosso e con una lunga barba nera, le urtò il mento con il piatto della lama. 

"Non ho tempo per insegnarvi le buone maniere, signore" guardò bene quella spada medievale, avrebbe dovuto trovarsi in qualche vecchia collezione. Alzò una mano, non era il caso di mettersi a combattere con quel tipo che pareva voler solo rubare.

"A chi vuoi insegnare tu?? Marmocchio!" le agitò la spada davanti agli occhi, lei si tirò indietro "Dammi quel sacco!"

Oscar lo lasciò cadere ai suoi piedi e poi gli tirò un calcio "Prendilo pure" l'uomo lo schiacciò a un angolo con il tacco e si accorse di cosa trasportava "Solo ciarpame!" gridò di alzare le braccia "E smettila di fissarmi con quegli occhi! Guarda a terra!" ma gli occhi azzurri non si spostarono, tuttavia alzò le braccia.

La donna le si avvicinò alle spalle mentre lui la minacciava ancora con la lunga spada. L'abbracciò "Vediamo cosa hai addosso…" le mani vagarono.

"E non ti ci strusciare!" sbraitò il compagno.

Pochi secondi dopo e la donna mostrò un volto meravigliato all'altro che la osservava ancora più irritato "Tu sei una-"

"Che ha fretta" l'anticipò Oscar, e per quanto infastidita non si mosse, fissò ancora negli occhi quello con la spada che era rosso di collera "quando la vostra signora ha terminato di cercare, potreste rendermi di nuovo quel sacco? Di notte fa freddo" una mano della donna stava arrivando al pugnale "perdonate ma, se continuate poi dovrò perdere altro tempo" la donna non capì cosa volesse dire, ma non andò oltre.

"Bastardo insolente!" l'uomo balzò in avanti e le fece alzare la testa con la spada a un centimetro dal collo "Ti secco quella lingua in un attimo!" quanto odiava quelli bellocci su cui la donna perdeva più tempo del dovuto "Sbrigati! Che stai facendo?" si rivolse poi alla complice.

"Lascia che vada" la donna si spostò "non ha niente che possiamo vendere" guardò ancora in quegli occhi che non sembravano neppure un po' spaventati "Chi sei, occhioni blu?" era sorpresa, la vide far due passi e chinarsi e raccogliere il sacco, dopo averlo sbattuto un paio di volte tornò sulle spalle.

"Qualcuno che ha fretta" ribadì come risposta. Si scansò da entrambi e prese di nuovo la strada. L'uomo infilzò la punta della claymore in terra e indignato guardò la compagna.

"Che ho fatto?" lei scrollò le spalle.

"Che ci trovavi in quel poppante?"

"La fai sempre così lunga, è lavoro" la donna gli si avvicinò e lo baciò a un angolo delle labbra. Lui non se n'era accorto, del resto la giovane che era appena passata lo nascondeva in modo convincente. E chissà dove andava con così tanta premura, pensò.

 

Camminando più avanti si trovò in una piazza, il sole era allo zenit e il clima più sopportabile. Prese un po' d'acqua dal pozzo nel mezzo e proseguì. Quando poco più tardi una colonna di soldati le passò vicino, chinò la testa. Le ciocche bionde che scendevano lungo le tempie, le riparavano anche il viso. Le venne quasi da ridere, nascondersi dai suoi stessi uomini come fosse una criminale. Avanzò senza fretta. Quasi al tramonto, Parigi era ormai oltrepassata. Si fermò all'ultima osteria che incontrò per fare un pasto veloce. C'era poca gente. Ma c'era anche il conte. Oscar si stupì di vederlo così presto. Era seduto da solo a un tavolo, proprio di fronte a lei e aveva solo una giara davanti, colma a metà di birra.

Si sedette e prese a consumare la sua minestra lentamente. Un sorso il conte, un cucchiaio lei, per non finire né prima né dopo. Inzuppò il pane nel brodo, e attese che succedesse qualcosa. L'uomo restava seduto imperturbabile anche dopo aver finito la sua birra. 

"Volete dell'altro?" l'oste si avvicinò alla bionda che stava seduta e mangiava come una lumaca.

"No, grazie" si alzò e lasciò due monete sul tavolo, non poteva stare ancora a fissarlo senza attirare la sua attenzione. Nel mentre usciva, entrò un tizio, di passaggio lo vide avvicinarsi al tavolo del conte e lasciargli un biglietto. Indugiò qualche secondo sulla porta e poi uscì. Doveva avere quel biglietto. Decise che avrebbe anticipato il conte a casa sua. Aveva in mente di provare a farsi assumere per qualsiasi lavoro. Se ne avesse avuto modo. Di fretta giunse alla residenza dei Badeaux. Era quasi buio, bussò al cancello, le si avvicinò un uomo che era largo il doppio di lei e la fissò come se fosse una scocciatura a fine turno lavorativo "Che vuoi?"

"Mi chiedevo, se cercate un lavorante" Oscar sfoggiò un sorriso, il migliore che le venne. 

L'uomo l'adocchiò qualche secondo "Che sai fare?"

"Ho molte abilità, signore"

"Abbiamo bisogno di qualcuno che sappia battere il ferro"

"Eccomi" disse lei senza perdere il sorriso.

"C'è da riparare un vecchio braciere e due candelabri"

"Dove sono?" 

"Vieni in casa, se ne parla domani" l'uomo le fece strada. "Come ti chiami, ragazzo?"

"Eric" aveva detto il primo nome che le era venuto in mente.

"Io sono Alfi, sei arrivato giusto prima che chiudessero le cucine, hai mangiato?"

"Sì, signore"

"Bene, Eric, allora ti dirò dove puoi riposare le ossa, fino a domani"

Ottima cosa che l'alloggio che le propose era all'interno dell'abitazione principale, pensò. Avrebbe potuto sbirciare in giro, con un po' di fortuna. Strano che si fidassero degli estranei così tanto. Appena entrarono in casa trovò un gruppo di uomini a sorvegliarla. Un paio di loro non li persero d'occhio un istante mentre attraversavano la grande sala, subito dopo l'ingresso. Allora comprese il perché di così poca mal fidanza. 

"Chi c'è con te, Alfi?" chiese una voce femminile. La moglie del conte arrivò sbucando da una stanza. Era una donna bruna, elegante e di poco sotto la quarantina. Osservava la persona con il fazzoletto nero sulla testa e vestita miseramente. 

"Un mastro ferraio, signora" Alfi si inchinò e Oscar fece uguale.

"A quest'ora non voglio forestieri per i locali della casa"

"Certo, signora " la donna ritornò nella stanza dalla quale era sbucata. Alfi condusse Oscar dove c'era una branda di pagliericcio, era un luogo adiacente alla casa, comunicante tramite una singola porta ma separato allo stesso tempo. Si trovò in uno stanzino buio, Alfi accese una candela appena entrarono e le disse di stare lì e non uscire fino al giorno dopo. Chiuse la porta e la lasciò. C'era un lucernaio almeno, poté guardare fuori. Si domandò cosa stesse facendo Rosalie in quel momento. C'era già una coperta, prese il sacco che si era portata dietro tutto il giorno e lo usò come cuscino. Si addormentò. 

Non molto dopo venne svegliata da delle voci. 

"Signor conte, nessuno è venuto a cercarvi" riferì Alfi.

"Bene, seguimi" 

Doveva essere circa mezzanotte, Oscar socchiuse la porta dello stanzino. Il conte si era ritirato molto tardi. Lo vide circondato da tre uomini. La scorta era massiccia dentro casa ma non lo seguiva fuori, cosa insolita pensò la bionda. Gli uomini non si spostavano da là fuori, come poteva uscire? Chiuse la porta e si sedette sulla branda. La luce che arrivava da dietro la schiena le fece ombra. Si girò. Era un lucernaio abbastanza grande per passarci. E non era tanto alto, del resto lo stanzino stava al piano terra. Lo aprì, un vento gelido le investì il viso. Posò le mani sul bordo e fece forza per tirarsi su. Una volta fuori si inerpicò su una tettoia spiovente. Era scivolosa. Camminò molto piano. Salì poi sul cornicione del palazzo attaccato e lo seguì spostandosi lateralmente. In quella casa c'erano un sacco di occhi vigili, doveva fare attenzione. Una finestra la trovò socchiusa, si infilò all'interno. Era buio, si acquattò contro la parete e poi andò avanti a camminare. Doveva solo trovare una prova, senza allarmare il conte, non voleva che cambiassero i piani all'ultimo minuto. A capodanno mancavano pochi giorni. Camminò lungo i corridoi tenendosi nell'ombra, finché udì parlare, e si avvicinò lì dove provenivano i suoni.

"…il duca inglese crede di averci in pugno, crede che io sia il suo servo e che mi accontenti di avere in cambio più terra, quando piazzerà la figlia sul trono"

"E che avete intenzione di fare? Può capire che state facendo il doppio gioco se non obbedite alle sue richieste"

"Non lascerò che una donna inglese venga e sieda sul trono di Francia"

"Allora, mio signore, non dovevate coinvolgerli affatto!" quella era proprio la voce di Alfi, Oscar la riconobbe.

"Gli inglesi ci servono solo come colpevoli a cui addossare l'attentato dei sovrani, dopotutto siamo nemici su territorio americano. Possiamo farla passare come l'azione di lupi solitari. Come potremmo giustificarlo altrimenti? Un regicidio non è tollerabile neppure per una buona causa, finirei sulla ghigliottina anche se poi mi ricorderanno nei libri di storia come colui che ha salvato il paese dalla rovina" soffiò il naso su un fazzoletto "mi accerterò di persona che non riescano a tornare in patria vivi"

Oscar si sporse ancora un po'.

"Leggi!" il conte rise con sprezzo "Uno dei suoi tirapiedi mi ha mandato un bigliettino in cui vuole che uccida i generali fedeli alla corona subito prima dell'attentato. Come se potessi fare una cosa del genere, ammesso che la prendessi in considerazione"

Oscar si irrigidì. 

"È un modo come un altro per gettare il paese nel caos"

"Chi sostituirà quel pupazzo inutile che siede oggi sul trono avrà il favore del popolo e dell'esercito, non sono necessarie queste bassezze"

"Come risponderete?"

"Scriverò a Hughes, cioè a sua figlia, e gli farò credere che ha il controllo, ancora una volta" rise ancora "c'è questa corrispondenza tra noi, così assidua, e mai una lettera è arrivata nelle mani della ragazza" disse, uno stratagemma messo su dal padre, più sicuro per lui e più facile per il conte gestire ogni cosa, ricevere e inviare lettere come fosse una corrispondenza tra amanti. "La figlia non sa ancora nulla delle macchinazioni del padre"

Quando Oscar udì i rumori della sedia spostarsi, si scansò. Si tirò indietro nel corridoio buio. Avanzò finché non si scontrò con una figura che reggeva una piccola candela in mano apparsa di soppiatto, la contessa perse l'equilibrio, Oscar l'acciuffò prima che cadesse. La donna si sentì trascinare altrove, la bionda la condusse in una camera vuota. Le tappò la bocca quando la contessa accennò un urlo. "Non gridate!" 

La tenne stretta finché non udì i passi avanzare fuori la porta e perdersi nel silenzio. "Ora vi lascio, ma non urlate" disse alla donna. Quando fu libera la donna si scansò e la schiaffeggiò. 

"Come vi permettete? Chi siete!"

"Perdonate, mia signora" doveva inventarsi qualcosa, di nuovo "ma non ho potuto farne a meno" era buio, ma la luce della finestra era sufficiente a mostrare un sorriso furbo e ammaliatore.

"Che dite?!" la donna si fece distante, arrivando a toccare il grosso comò alle sue spalle.

Oscar si fece più avanti, in realtà non aveva la minima idea di cosa stesse facendo "Mi dispiace ma, è stato più forte di me" disse "non speravo quasi più di incontrarvi, imbattermi nella vostra camera al buio è complicato" continuò. 

"Piccolo sfrontato di uno sguattero! Uscite immediatamente da questa casa!"

"Una donna così bella, con dei modi così sgarbati" un altro passo avanti.

La donna era effettivamente bella, formosa e piacente. La bionda sperò che le venisse qualcosa in mente alla svelta, per cavarsi fuori da quella situazione, non poteva improvvisare ancora a lungo.

"Non osate avvicinarvi ancora! Mio marito e i suoi uomini vi faranno a pezzi!"

"Può darsi, intanto non mi hanno trovato fino a qui" le si accostò, noncurante "magari lo faranno, ma solamente dopo"

"Dopo cosa?!" sgranò gli occhi.

La bionda le afferrò un braccio e la donna svenne. Le era andata bene, pensò, buttando fuori un fiato intanto che la sorreggeva fra le braccia. Tranne che non sapeva dove lasciarla adesso. Uscì dalla stanza con la donna, se l'avessero vista in quello stato, davvero non ne sarebbe uscita tutta intera. Dove poteva trovarsi la camera della donna? Impossibile da scoprire senza farsi vedere. La lasciò sul pavimento, vicino la piccola candela che le era caduta poco prima; la adagiò piano, senza farla svegliare. Qualcuno l'avrebbe trovata e, se le andava bene ancora una volta, la donna non l'avrebbe incontrata il giorno dopo. Svelta, tornò indietro, doveva rifare tutta la strada dalla finestra allo stanzino. "Indossa la divisa Oscar, chi te lo fa fare a passare il tempo a ricamare e a spianarti il sedere nei salotti…" pronunciò sarcastica, intanto che si arrampicava. Il nome del duca le era rimasto in testa, ecco il collegamento che cercava con l'Inghilterra. Ma ancora non bastava, non aveva saputo chi volevano piazzare al posto del re. Che supponeva essere il mandante di tutta la faccenda. 

 Il tempo di richiudere il lucernaio cigolante e riuscì ad appisolarsi per qualche ora. Alfi giunse a svegliarla che era appena l'alba. "Vieni con me, Eric" l'uomo grosso si fece seguire, attraversarono l'androne della casa. Tre uomini la tenevano di nuovo sotto lo sguardo a ogni passo che compiva. Oscar era in allerta, qualcuno poteva aver immaginato cosa era accaduto se avessero visto la contessa svenuta, oppure ella stessa poteva aver raccontato. La mano correva sul pugnale di tanto in tanto. 

Passando fuori dalle cucine, l'uomo le diede del pane appena sfornato, poi le disse di seguirlo ancora "Mangia in fretta, c'è molto da fare e più di mezza giornata non possiamo tenerti"

"Va bene, signore"

Il braciere aveva una zampa spanata, l'appoggio era instabile e oscillava. Oscar pensò che con qualche martellata poteva schiacciare il chiodo e ridurre la filettatura tale da renderlo stabile di nuovo. I due candelabri invece, erano messi male, lì sarebbe servita una fucina. Guardò Alfi interrogativa.

"Lo so, vedi che puoi fare lo stesso. Il conte è molto attaccato alle sue cose e ai suoi soldi"  

"Ce l'avete del fil di ferro?" domandò, giusto per provare a capire come poteva risolvere il braccio incrinato che penzolava di uno dei candelabri e l'altro che aveva perso uno degli inserti delle candele.

"Vado a vedere, non muoverti da qui" 

La bionda ingoiò l'ultimo boccone di pane e rimase a guardare gli uomini che le ronzavano intorno. Fissò brevemente uno di loro, in cambio ricevette un'occhiataccia. Poi si spostò di tre passi, gli uomini la tenevano sempre d'occhio. Si sporse nel corridoio. Il conte stava arrivando, un bastone bianco picchiettava rumoroso il pavimento a ogni passo, la moglie al suo braccio. Oscar tornò al suo posto, senza fretta. La donna la vide, divenne completamente rossa in viso, il marito si accorse dell'improvviso colorito paonazzo della consorte e osservò nella sua stessa direzione. Digrignò i denti. "Alfi!!"

"Maledizione" mormorò la bionda, la mano sul coltello sotto la maglia.

L'uomo grosso arrivò presto, aveva lasciato qualsiasi cosa stesse facendo "Dite, signore"

"Caccia quel garzone! Non voglio vedere nessuna faccia nuova in casa, sono stato chiaro?"

"Subito, signore, perdonatemi" Alfi si inchinò.

Oscar tornò a respirare normalmente. La contessa ogni tanto azzardava a guardarla, e arrossiva ancora di più distogliendo subito gli occhi. Aveva fatto uno strano sogno, che sogno neppure le sembrava, e quel giovane biondo era il protagonista di quel sogno. Ma non l'aveva detto a nessuno, tanto se ne vergognava.

Alfi l'accompagnò fuori la residenza "Mi dispiace"

"Non importa, signore"

"Troverai altrove, ne sono certo" le disse che non poteva pagarle nulla, la bionda non se ne preoccupò, dopo un cenno del capo, se ne andò. Era stata comunque molto fortunata. Sospirò e prese a camminare con il suo sacco in spalla. Dopo un pezzo di strada si fermò a bere presso una polla, dove si specchiò. Con quel fazzoletto sulla testa sembrava quasi un bandito, pensò che era meglio stare senza. Se lo tolse e lo infilò nel sacco. Riprese a muoversi, il freddo le congelava gli arti. 

 

Rosalie era nel grande giardino del convento, una mano leggeva un libro che aveva preso nella piccola biblioteca che possedevano. Era così triste che se non piangeva era soltanto perché gli occhi erano irritati e non ne potevano più, anche leggere era diventato complicato. La madre superiora le si sedette accanto. 

"Che è accaduto, figliola?"

"Siete voi, madre" strofinò gli occhi stanchi e la guardò "dormo poco, devo abituarmi ancora"

"Non dite bugie, non vi fa bene e fa dispiacere anche a nostro Signore"

Rosalie chiuse il libro e lo tenne sul grembo "Non so che dirvi, madre, non appena mi sembra che tutto vada meglio…" sospirò "Mi ritrovo daccapo a disperarmi. Però è vero che dormo un po' male, non è una bugia" accennò un sorriso alla badessa.

La donna posò una mano sulle sue e le diede qualche pacca amichevole "Ascoltate, qui siete libera di restare, non dovete prendere i voti o altre decisioni definitive" non le aveva chiesto perché aveva anticipato il suo arrivo, le aveva dato come riferimento l'anno nuovo. C'era qualcosa che stava tenendo nascosto e l'affliggeva. "Vi conosco poco, ma quel poco mi fa sospettare che non è qui che vorreste essere"

Rosalie annuì. "Lo so, mi fa sembrare scorretta ai vostri occhi. Ma è qui che devo stare, ci vorrà solo del tempo per abituarmi" 

"C'è una visita per Rosalie" disse una novizia, giunta con estremo silenzio. L'aveva mormorato a entrambe. Rosalie trasalì inconsciamente. Nel convento gli uomini non potevano entrare, salvo rare eccezioni. Il visitatore era rimasto fuori i cancelli. La ragazza vide Bernard che tirava qualche calcio a un sasso mentre aspettava oltre la cancellata.

"Vattene" non gli arrivò neppure vicino, aveva una mano serrata intorno la sbarra gelida del cancello. Era riuscito a trovarla anche lì.

"Devo parlarti" 

"Non voglio sentirti, né vederti!" fece per tornare indietro e l'altro si avvicinò "Smettila di perseguitarmi!" le tremò la voce "Mi hai aizzato contro quel mostro del tuo amico! Non so per quale motivo ti rivolgo ancora la parola!" 

"Chi!? Saint-Just?"

Rosalie mosse il capo confermando.

"È venuto qui? Ti giuro che non ne sapevo niente! Mi sono solo confidato con lui!"

"Non mi interessa più, lasciami vivere in pace" allargò un braccio indicandogli di andarsene.

"Se ti ha fatto qualcosa, dimmelo, ci penserò io!" eppure era sempre stato molto chiaro con il suo amico, sapeva quanto ci tenesse a lei.

Rosalie lasciò andare una breve risata nervosa "Vattene Bernard, ogni volta che ti avvicini a me non fai che causarmi dolore"

"Ascoltami, ti prego, io non c'entro con la morte del maggiordomo, è stato un incidente!"

Si girò, era fredda come una statua "Se mi vuoi davvero un briciolo di bene, non venire più da me, non cercarmi, mai più"

"Ma perché sei qui? Ero venuto a dirti che Oscar è ancora vivo, perché non sei con lui?"

"Non devo dirti niente"

"Sì invece, mi sono fatto da parte solo perché volevi lui e non me. Ma se quello lì non è più nei tuoi pensieri, io non mi arrenderò di nuovo"

"Non sai nulla, Bernard, lascia perdere. Va via" tirò il cancello e prima che potesse chiuderlo, la mano del ragazzo lo bloccò. "Che vuoi fare? Vuoi provare ad aggredirmi anche qui per caso?"

Bernard sbatté il cancello finché udì la serratura scattare, ci si aggrappò "Non ti lascerò chiusa qui dentro per tutta la vita, puoi scordartelo!" colpì le stanghe di ferro con la mano "Il tuo Oscar non ti ama più? Sta con un'altra? Vuoi annullarti per la delusione?"

Rosalie era al sicuro dall'altro lato "Va via, Bernard" ripeté, si voltò per andarsene.

"Allora gli darò una lezione quando lo vedrò, ti giuro che gli pianterò una pallottola in mezzo agli occhi" la vide girarsi "lo ammazzerò come un cane e stavolta mi fermerò solo quando avrà esalato l'ultimo fiato" 

"Non provare ad avvicinarti a Oscar!" una mano traballante toccò il metallo del cancello.

Bernard sorrise "Lo farò invece, e tu non potrai nulla. Chiusa qua dentro non saprai nulla, né se è crepato, né se sta con un'altra!" camminò indietro di qualche passo.

"Bernard! Lasciaci in pace!"

Lui si girò e di spalle alzò un braccio come per un saluto irrisorio. L'aveva vista scossa e spaventata, amava ancora quel dannato biondo, rifletté e strinse i pugni. Doveva indagare per scoprire perché si erano separati. Forse a Parigi, ma Bernard non aveva proprio idea di dove trovarlo. Non sapeva che il suo nome. Doveva confidare solo in un colpo di fortuna. Oppure, doveva solamente attendere.

Rosalie aveva le mani nei capelli, il viso arrosato e tremava come una foglia.

   
 
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