Giochi di Ruolo > Dolce Flirt
Segui la storia  |       
Autore: RandomWriter    13/02/2024    2 recensioni
Si era trasferita con il corpo, ma la sua mente tornava sempre là. Cambiare aria le avrebbe fatto bene, era quello che sentiva ripetere da mesi. E forse avevano ragione. Perchè anche se il dolore a volte tornava, Erin poteva far finta che fosse tutto un sogno, dove lei non esisteva più. Le bastava essere qualcun altro.
"In her shoes" è la storia dai toni rosa e vivaci, che però cela una vena di mistero dietro il passato dei suoi personaggi. Ognuno di essi ha una caratterizzazione compiuta, un suo ruolo ben definito all'interno dell storia che si svilupperà nel corso di numerosi capitoli. Lascio a voi la l'incarico di trovare la pazienza per leggerli. Nel caso decidiate di inoltrarvi in questa attività, non mi rimane che augurarvi: BUONA LETTURA
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'In her shoes'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 61 – L’unione tra le fratture
 
Le spietate parole di Rosalya riecheggiavano nella sua testa, caricandosi di odio e disprezzo con il passare dei minuti. L’aveva messa all’angolo con uno scacco matto ed Erin si era limitata ad incassare la sconfitta senza reagire.
Non poteva alterare i connotati del suo viso. Lei per prima era stata vittima di quella scomoda identità quando, dopo la fuga della gemella, quest’ultima le compariva davanti ogni volta che si guardava allo specchio.
Ferita nel profondo, Rosalya aveva sfogato la sua rabbia sadica sull’impotenza di Erin, che non era pronta a incassare il colpo. Quello che inizialmente le era sembrato un gattino ferito, aveva finito per soffiarle contro, graffiandola con la ferocia di una tigre.
« Erin! Rallenta! »
La voce che la chiamò proveniva dalle sue spalle, ricordandole di non essere sola nella sua ritirata. Castiel si era affrettato a seguirla quasi subito, non appena Lysandre gli aveva fatto intendere che si sarebbe occupato lui della sorella in lacrime. Mentre l’amico accompagnava Rosalya dentro casa, Erin si era già allontanata di fretta e furia da casa White, accelerando sempre di più il passo fino a innescare una vera e propria fuga.
Si sentiva tornare bambina a correre in quel modo ma non riusciva a rallentarsi. Eppure, non aveva una meta, lo sforzo fisico sortiva da diversivo su pensieri che l’avrebbero dilaniata se si fosse fermata a pensare.
« ERIN! » la richiamò il rosso con più fermezza. Non gli ci volle molto per raggiungerla e superarla, portandosi davanti a lei.
« Cazzo, Cip » ansimò «  mi farai venire un infarto »
Quell’arresto improvviso fornì alla ragazza il pretesto per fermarsi a sua volta, rimanendo però impermeabile al dialogo.
« Ne possiamo anche non parlare se vuoi ma ciò non cambierà quello che è successo »
Erin lo squadrò appena e mormorò:
« Io... non so cosa dire » e lo superò camminando lentamente lungo il marciapiede. Castiel la fissò e sospirando, si mise accanto a lei, seguendola in silenzio.
La città era calma e la via pressochè deserta. Quella sera erano poche le vetture in circolazione, rendendo ancora più sospesa l’atmosfera tra i due.
La ragazza continuava ad analizzare le poche informazioni di cui disponeva, combattuta tra il desiderio di confrontarsi con l’amico e l’ansia di dover affrontare un argomento in cui il comportamento della sua gemella era imperdonabile.
« Non è da te essere così silenziosa » commentò Castiel a seguito del perdurare di quel silenzio.
« Non è da te essere così chiacchierone. Sembra quasi che tu l’urgenza di parlarne » rispose Erin con una punta di recriminazione.
« Non è questo il punto »
« Allora qual è? »
« Che non riesco proprio a vederti triste »
Le disse quelle parole con un sorriso malinconico, talmente genuino che lei per un attimo sgranò gli occhi, arrossendo confusa. Abbassò il capo, incapace di rispondere alla dolcezza di quell’ammissione.
« Sei arrabbiata con me perchè non te l’ho detto? » indagò allora Castiel, ignorando quanto la sua ultima ammissione l’avesse commossa nel profondo. Quella semplice frase infatti aveva riscaldato il suo animo, cullandolo della confortante certezza di non essere solo.
Castiel era lì, accanto a lei e pronto a sostenerla. Alla sua domanda, aveva risposto con un cenno di diniego, spiegando:
« No. Penso che al posto tuo avrei fatto lo stesso » commentò « non ci saremo mai potuti immischiare tra di loro » aggiunse, calciando distrattamente un sassolino sul suo cammino « ... è solo che... » strinse i pugni e sospirò afflitta « Rosalya non mi aveva mai parlato così »
Si morse il labbro, nel tentativo di non scoppiare a piangere, mentre Castiel affondò le mani nelle tasche, imponendosi di controllare l’istinto di abbracciarla, come aveva fatto poco prima con Rosalya. Per quanto fosse convinto che l’ottusità di Erin gli permettesse di non esporsi troppo, non era ancora pronto a lasciarsi andare in plateali manifestazioni d’affetto.
« Lo so, ma non odia te » chiarì infine.
« Non cambia il fatto che le ricorderò sempre la persona che le ha portato via Nathaniel! » s’inablerò lei, fissandolo per un istante.
Per quanta frustrazione fosse scaturita da quelle parole, Castiel esultò internamente, poichè era riuscito se non altro a instaurare finalmente un dialogo. Non poteva permetterle di crollare nell’autocommiserazione al punto da spezzare quel canale di comunicazione. Doveva permetterle di sfogarsi ma prima, era necessario che ritrovasse la lucidità di affrontare l’argomento.
« Erin, calmati » ribattè lui risoluto.
La vide inspirare profondamente nel tentativo di assecondare l’ordine che le era stato imposto e chiudere gli occhi:
« Io ho così tante domande, Castiel » esalò infine  « Perchè? Come è successo? »
Il rosso si grattò il mento in difficoltà. Seppur consapevole che a quel punto non aveva motivo per non convidividere le informazioni ricevute da Nathaniel, voleva comunque rispettarne per quanto possibile la privacy e lasciare che fosse lui in futuro a decidere cosa raccontare di quella contorta faccenda:
« Non so molto... quello che so è che lui è molto preso da tua sorella »
« Ma quando è successo? » lo incalzò Erin.
Non aveva dato particolare peso al commento di Castiel perchè qualsiasi cosa le avesse raccontato, non era intenzionata a giustificare quello che era accaduto.
Non ce l’aveva solo con Nathaniel. Parte della colpa era anche di sua sorella Sophia che era consapevole dei delicati equilibri che sarebbero crollati a seguito delle loro azioni.
« Credo sia una cosa fresca ma non ho chiesto troppi dettagli a Nate »
Continuavano ad avanzare ed Erin si rese conto che la sua curiosità non bastava a farle superare la paura di conoscere quei dettagli che Castiel non aveva voluto sapere.
L’angoscia per il futuro la opprimeva e più ne avessero parlato, e più avrebbe dovuto accettare la realtà dei fatti: la sua migliore amica era stata tradita con sua sorella.
Per questo, quando Castiel aggiunse « Nathaniel si starà sentendo di merda adesso », Erin non osò commentare quella frase.
Capiva che, analogamente a lei con Rosalya, anche Castiel fosse preoccupato per il biondo ma, diversamente da lei, l’amico non poteva perorare la causa del suo assistito. Nathaniel aveva sbagliato e Rosalya stava soffrendo più di chiunque altro per la sua scelta.
La mora iniziò quindi ad analizzare quell’episodio da un’altra prospettiva, la stessa che l’amica aveva rinfacciato all’ormai ex ragazzo appena un’ora prima. Provò rabbia e risentimento nei confronti di Nathaniel e della superficialità con cui si era dichiarato prima a lei e poi a Rosalya.
Mesi prima Erin si era sentita così in colpa per la fine della loro storia da non osare ripetere la stessa leggerezza con il ragazzo che quella sera era lì, accanto a lei. Non poteva rovinare la sua amicizia con Castiel con una scelta avventata come aveva fatto con Nathaniel.
Eppure sapeva che la solidità dei sentimenti maturati per l’amico era incomparabile alla fragilità delle certezze su cui aveva basato la sua discutibile relazione con Nathaniel.
Da quando aveva scoperto i propri sentimenti per Castiel, Erin aveva accumulato pazientemente ogni sorriso e parola gentile, custodendola nella riserva delle sue emozioni. Il maniacale controllo da formichina su quei beni l’aveva convinta che potesse essere sufficiente a vivere serenamente il suo rapporto con l’amico. Fintanto che non azzardava azioni sconsiderate, nessuno l’avrebbe privata della gioia di continuare ad accumulare la felicità di averlo accanto. Quindi, mentre Erin invece si era limitata ad accettare che non c’era mai stato posto nel suo cuore per una persona che non fosse Castiel, il biondo non aveva esitato più di qualche giorno prima di saltare da una ragazza all’altra, con la leggerezza di una cicala incurante delle conseguenze. Aveva infatti deciso di lasciare Erin per stare con Rosalya, scelta che le era sembrava più che onesta, visti i sentimenti che millantava di avere per la stilista. Peccato che erano stati sufficienti a tenere in piedi il rapporto per appena tre mesi prima di finire a letto con Sophia.
Eppure, per quanto l’autocontrollo di Erin si basasse su una ferrea determinazione a tenere in piedi un’amicizia così preziosa, le era sempre più difficile sopire l’impeto di sentimenti sempre più intensi verso Castiel. Quel ragazzo che per lei c’era sempre stato, anche quando lo pensava lontano. Non l’avevai mai abbandonata e saperlo lì, accanto a lei anche in quel momento presente, le fece desiderare che quella sera il suo coraggio la spingesse oltre le sue paure.
« Non devi sentirti in colpa anche tu » le disse d’un tratto lui, allontanandola dalle sue riflessioni.
Lei annuì senza convinzione e notò in lontananza il profilo della residenza dell’amico.
Non si era accorta di essere giunti a Madison Street anche se quel percorso era per certi versi obbligato poichè casa di Castiel non era lontana da quella della famiglia White.
Dal canto suo, il rosso cercava di trovare qualcosa da dire che potesse smuovere Erin dalle sue dolorose riflessioni. Non meritava di soffrire così per una situazione di cui non aveva nessuna responsabilità anche se, inevitabilmente ne avrebbe pagato le conseguenze. Sapeva quanto Rosalya fosse importante per lei e capiva quanto fosse paralizzante il terrore di perdere un’amicizia così preziosa.
Non avrebbe avuto la serenità d’animo di congedarsi da lei, condannandola ad una serata in solitudine e logorarsi al pensiero di quanto era accaduto.
C’era solo una cosa che poteva fare per sperare di distrarla ed era offrirle un po’ di compagnia.
Si fermò quindi, esitando qualche istante prima di passare davanti al proprio giardino. Se Demon l’avesse sentito arrivare, avrebbe iniziato ad abbaiare allegramente, interrompendo la tranquillità di quell’atmosfera che gli serviva per poterle sussurrare:
« Ceniamo insieme »
Erin, che aveva avanzato di pochi passi prima di accorgersi dell’arresto del rosso, si bloccò a sua volta fissandolo spiazzata.
« Cosa? » aveva ribattutto con un filo di voce.
Cercando di non tradire il suo imbarazzo, il rosso esclamò:
« Ceniamo insieme e poi ti riaccompagno a casa »
Il balsamo di quell’invito lenì l’amarezza che fino a quel momento aveva piegato le labbra dell’amica in una smorfia di tristezza. La vide sorridere appena e guardarlo con gratitudine. Quello che per lui rappresentava un gesto semplice e di dubbia utilità, in Erin si trasformava nell’unica possibilità di ritrovare la serenità perduta.
 
Dopo che Rosalya se ne era andata, Nathaniel si era voltato verso Sophia.
La ragazza aveva un’espressione indecifrabile e proprio per questo, lui le si avvicinò cautamente.
Si mordeva il labbro, gesto che ormai gli risultava fin troppo familiare perchè in comune con la gemella. Il suo tentativo di non scoppiare a piangere era fin troppo evidente.
« Mi dispiace che tu abbia assistito a tutto questo » mormorò il biondo, parandosi davanti a lei.
Sophia scosse il capo, mestamente:
« No, del resto sapevamo a cosa andavamo incontro. Rosalya ha tutto il diritto di sfogarsi in questo momento »
« Ma non volevo che ti facessi carico anche tu di questa cosa. Sono io che l’ho tradita »
« E io ho tradito Erin » completò la ragazza « e temo che non riuscirò a parlarle prima che lo sappia da lei »
« Già » le confermò il ragazzo « questa sera doveva dormire da lei »
« Da Rosalya? »
Nathaniel annuì e la gemella si sentì ancora più colpevole. Quell’episodio avrebbe aggravato la spaccatura che già si era creata tra di loro, dopo che si era rifiutata di convividere i motivi per cui si teneva alla larga da lei e da Allentown.
« A questo punto, temo di non poter fare nulla per rimediare »
Nathaniel la abbracciò, questa volta però privandosi del trasporto di poco prima.
Voleva rassicurarla, trasmetterle tutta la serenità di cui lui per primo ne era privo.
« Affronteremo questa cosa insieme » le sussurrò, mentre Sophia annuiva.
« Io... credo che dovremo andare con calma, Nath » mormorò lei, staccandosi da quell’abbraccio e mentre lui la guardava confuso, lei spiegò:
« Non rimpiango di essere corsa qui, da te. Per quanto sia stato un gesto impulsivo, ci ho messo ore ad arrivare fin qui e per tutto il viaggio mi sono chiesta che cosa volessi da te... e so esattamente che cosa voglio. Voglio che ci proviamo, nonostante tutto »
Lui le prese la mano e le sorrise teneramente:
« Anche io »
Le portò una mano sulla guancia, accarezzandola con delicatezza.
« Però credo anche che tu debba riflettere su quanto è successo. Non voglio dire che Rosalya abbia ragione ma alcune cose che ha detto mi hanno fatto riflettere »
Turbato da quella frase, il biondo incalzò:
« Tipo? »
Una nota di panico era scaturita da quelle due sillabe, così Sophia si premurò di chiarire:
« Ad esempio la velocità con cui ti sei dimenticato di lei. Non voglio metterti pressioni ma non voglio neanche che tu mi prometta sentimenti più grandi di te. Voglio frequentarti, conoscerti meglio e capire se davvero questa relazione ha i presupposti per funzionare »
Nathaniel si accigliò, aumentando la distanza tra di loro.
« Mi stai dicendo che pensi che io possa cambiare idea? » esclamò risentito.
Sapeva che i suoi precedenti non rappresentavano un’argomentazione a suo favore ma non avrebbe mai mandato all’aria il suo rapporto con Rosalya se non fosse stato così convinto dei sentimenti che lo guidavano.
« Ti sto dicendo di iniziare questa storia come due ragazzi che si sono appena conosciuti... non mettiamoci fretta e prendiamoci il tempo che ci serve per sistemare le nostre vite. Io sono in rotta di collisione con mia sorella, ho perso un anno di scuola mentre tu hai ancora questioni irrisolte con la tua famiglia. Io voglio supportarti in questo e farti sapere che sono disposta ad accettare il tuo aiuto per risolvere i miei problemi »
« Ma tutto questo cosa c’entra con noi due? Dico, i problemi che ho con mio padre... »
« C’entrano eccome. Perchè solo quando sarai davvero felice della tua vita e continuerai a volere me, io saprò che questa relazione si fonda su delle solide basi e non su una spasmodica ricerca di affetto... dimostriamo a noi stessi che questi sentimenti sono nati da qualcosa di profondo e non da disperato bisogno di evadere dalla realtà... da un capriccio del momento »
« Non sei un capriccio, Sophia! » si alterò Nathaniel, mentre lei inspirava, cercando di mantenere la calma. Lo conosceva abbastanza da sapere quanto fosse permaloso e doveva calibrare attentamente le sue parole per poter mantenere aperto il dialogo.
« Lo so. So che lo pensi davvero, altrimenti non sarai venuta fino a qui... ma devi darti del tempo per riflettere, perchè quello che abbiamo fatto ha ferito e ferirà altre persone. Non voglio che i tuoi amici mi odino, meno di tutti mia sorella... solo il tempo potrà dimostrare a loro e anche a noi stessi che sappiamo quello che stiamo facendo... »
Il biondo sospirò, sedendosi sulla poltrona a bordo piscina.
Quello che Sophia stava dicendo era perfettamente logico e, una volta che lei l’aveva tranquillizzato sull’entità dei suoi sentimenti, cominciò a capire cosa gli stava chiedendo.
« Hai ragione... è solo che... io non ho dubbi su di noi. Non mi ero mai sentito così, sei diversa da tutte le altre e il solo pensiero di perderti mi paralizza »
« Non mi perderai » gli promise lei, accucciandosi alla sua altezza « affrontiamo insieme questa cosa, un passo alla volta »
 
Come previsto dal padrone di casa, appena si avvicinarono alla siepe, Demon era arrivato di corsa, trotterellando e abbaiando felice. Il padrone allungò la mano per accarezzargli il muso ma dalla delicatezza di quel gesto, l’animale capì che l’amico fosse turbato. Di solito ricambiava la sua energia con strette vigorose che lo facevano scondinzolare all’impazzata ma quella sera Castiel era particolarmente pacato e controllato nei suoi movimenti.
« Ciao bello » l’aveva salutato.
Cercò le chiavi del cancello ma non fece in tempo a superare quella barriera metallica, quando una voce li fece sussultare, voltandosi verso la proprietà confinante.
« Oh Erin! Da quanto tempo! »
Alla loro destra si era materializzata la presenza di Mauro, il cordiale vicino di Castiel. L’uomo si era avvicinato allo steccato che divideva il suo giardino da quello del rosso, accogliendoli con il migliore dei suoi sorrisi.
« Buonasera Mauro » gli aveva sorriso malinconica la ragazza. Per quanto si sforzasse di apparire rilassata, le era difficile fingere di essere la solita Erin allegra e socievole. L’italiano avvertì immediatamente la tensione nell’aria ma il suo intuito gli suggeriva di non fare domande, quanto piuttosto di tentare di allegerirla.
« Speravo proprio di beccarti, Castiel! Ti ho messo da parte una bella fetta di tiramisù. Se mi date un secondo, vado dentro a prenderla »
« Tiramisù? » chiese il ragazzo.
« Sì, stasera sono a cena da amici e ne ho fatto una porzione extra per te... ma  a questo punto non ho nulla in contrario se la vorrai condividere con la tua ospite » gli fece l’occhiolino l’uomo.
Confortato dall’ospitale presenza di Mauro, Castiel acconsentì di buon grado a quell’offerta, sperando che un po’ di zuccheri a fine cena avrebbero addolcino l’animo tormentato di Erin.
Mentre il generoso vicino si recava verso l’interno della propria abitazione, i due ragazzi varcarono il cancello di casa Black, regalando a Demon qualche carezza aggiuntiva che l’animale non vedeva l’ora di ricevere. Il suo rapporto con Erin era talmente migliorato che il cane alternava saltelli davanti alla ragazza a quelli indirizzati al suo padrone. Del resto, era proprio grazie a quella ragazza se durante la permanenza di Castiel a Berlino, le passeggiate settimanali di Demon non erano state interrotte:
« Sta buono » gli aveva sorriso il padrone.
« Ti ricordi la prima volta che sono venuta qui? » sussurrò dolcemente Erin, mentre Castiel si era chinato a strappazzargli il muso.
Nessuno dei due poteva dimenticarlo. La ragazza si era presentata lì dopo cena, la sera prima del concerto del liceo, chiedendo ospitalità per la notte. Demon però si era dimostrato particolarmente ostile, al punto da farla desistere per un attimo dalle sue intenzioni.
Quel ricordo, in cui Erin era rimasta impalata dall’altra parte del cancello a fissare il suo cane con terrore e odio, strappò un ghigno divertito a Castiel che ammise:
« Demon voleva sbranarti »
« E tu che mi dicevi che stavo esagerando! » sbottò lei.
Quella nota piccata lo rincuorò perchè, distratta da quel ricordo, Erin sembrava lasciarsi alle spalle il motivo della sua preoccupazione di quella sera. Mauro nel frattempo era ritornato e, dopo aver accettato la generosa offerta, i ragazzi si erano congedati, augurandogli una buona serata.
Non appena Casteil sbloccò la serratura della porta di ingresso, Erin venne investita da una morsa di nostalgia.
L’ultima volta che era entrata in quella casa, la malinconia dominava il suo animo. Castiel era dall’altra parte dell’Oceano e non aveva risposto a nessuno dei suoi messaggi. Le mancava terribilmente e, a peggiorare la sua posizione, si era unita la consapevolezza di esserne sempre stata innamorata.
Anche nei giorni successivi in cui si era offerta di portare a spasso Demon, non aveva mai osato varcare la soglia di quella casa senza il suo permesso. Mauro le apriva il cancello esterno e lei recuperava il guinzaglio dalla veranda esterna, chiedendosi quando sarebbe stato il padrone dell’animale a tornare a brandirlo.
Quanto le era mancato in quelle settimane.
Ora però doveva concentrarsi sul presente e godersi la prospettiva di una serata in sua totale ed esclusiva compagnia, come era successo tre mesi prima, durante la fredda notte in cui si era presentata a casa sua per la prima volta.
L’appartamento di Castiel, seppur non potesse vantare la spaziosità di quello dei gemelli Evans o lo sfarzo di Villa Daniels, era il posto in cui più di ogni altro si era sentita a suo agio sin dal prima volta che ci aveva messo piede. Ritrovò il divano davanti alla TV e la comoda poltrona alla sua sinistra. L’impressionante raccolta di vecchi CD, tanto cari al ragazzo, erano rimasti sopra il televisore e, sul tavolino in soggiorno erano ammassate delle lattine vuote e il caricabatterie del cellulare.
« C’è un po’ di casino » si era giustificato Castiel entrando. Sul tavolo in cucina c’erano ancora le tazze usate dai Tenia due giorni prima e la lavastoviglie era ancora in attesa di essere caricata.
Eppure in Erin quel disordine rappresentava una sorta di barriera dal mondo esterno perchè era sintomo della familiarità e intimità di quell’ambiente.
Amava il piccolo l’open space costutito dalla cucina e dal soggiorno che fornivano a quell’ambiente un’aria raccolta e familiare.
« Vuoi un po’ acqua? » le offrì l’amico ispezionando il contenuto del frigo.
Tuttavia, se l’intento era cercare di accantonare i pensieri di quella serata, l’acqua non sarebbe stata il mezzo più indicato. Inoltre, la confortante prospettiva di non doversi svegliare presto l’indomani, le regalava la possisibiltà di godersi quel sabato sera senza preoccuparsi per la scuola.
« Non hai qualcosa di un po’ più forte? » aveva quindi contrattato la ragazza.
Sorpreso da quella controproposta, Castiel la fissò per qualche secondo. Diversamente da lui, Erin non era una grande amante dell’alcol e ricordava perfettamente che, quando l’aveva conosciuta, era praticamente astemia per via dell’incidente subito. Con il passare delle settimane, aveva accantonato quella sana abitudine, ma in lui era rimasta radicata la convinzione che la sua ricerca di alcol coincidesse con il malessere di voler dimenticare qualcosa.
« Beh, ho delle birra, vino... e della vodka » calcolò, controllando il freezer « ma quella la eviterei » ridacchiò leggermente.
« Per adesso mi va bene una birra » confermò Erin, avvicinandosi alla cucina.
Si muoveva con disinvoltura in quell’ambiente, con la stessa familiarità di un inquilino abituale.
Castiel le aveva allungato una bottiglia, salvo prima aprirgliela, facendo leva con il fondo di un accendino.
« Mi devi insegnare come si fa » commentò lei incuriosita.
« Ci vuole una manualità particolare. Non credo che tu ne sia in grado » l’aveva punzecchiata con una smorfia canzonatoria.
Quel commento saccente, seppure pronunciato con un sorriso malizioso, l’aveva irretita e aveva provato subito ad imitarlo, strappandogli dalle mani la seconda bottiglia ancora chiusa.
Armeggiò per un po’ ma il risultato fu limitato ad un’infruttuosa tacca sulla plastica dell’accendino usato come apribottiglie.
« Vabbè, aprila tu allora » gliel’aveva restituita sconfitta, mentre lui ghignava beffardo.
Erin nel frattempo aprì il frigo e, ispezionandone il contenuto, si voltò verso il rosso:
« Esattamente a quale cena pensavi? Frittata al limone? » lo provocò.
Per quanto si sforzasse di scherzare, non riusciva ancora a sorridere spontanea come se nulla fosse successo. Tuttavia quell’armonia tra di loro bastava a Castiel per sentirsi più sereno e ottimista circa i suoi tentativi di alleggerirle la mente.
« Beh, non ho avuto molto tempo per fare la spesa in questi giorni... ordiniamo? »
Erin annuì e proprio quando stava per avanzare una proposta, Castiel se ne uscì con:
« Pizza »
« Hamburger » aveva intonato lei in sincrono.
« Non vado matto per gli hamburger » annunciò Castiel leggermente contrariato.
Pronunciata quella frase, Erin non aveva aggiunto altro ma l’aveva scrutato con un’espressione indecifrabile:
« Che ti prende? » aveva chiesto lui confuso.
Erin distolse lo sguardo e si accomodò nel divano, mentre lui la seguiva con gli occhi.
La ragazza si voltò, tornando a fissarlo in cucina e mormorò:
« Non lo so. Ho avuto una sorta di flash back. Come se non fosse la prima volta che me lo dici »
Un accenno di sorpresa comparve negli occhi del rosso. Gli era estremamente chiaro quale fosse quel flash back in questione e l’immagine di loro due, la notte del concerto del liceo sul tetto della scuola, si proiettò nella sua mente. Immagine che Erin aveva rimosso a causa dell’alcol.
« Mi va bene anche ordinare hamburger ma non quelli di Mc Donald » aveva pattuito.
« Perchè? »
« Ne ho fatto indigestione appena mi sono trasferito qui da solo » spiegò, raggiungela nel salotto.
Si accasciò pigramente sulla poltrona mentre lei gli sorrise teneramente dal divano.
Castiel era pur sempre un ragazzo neanche ventenne che si era trovato improvvisamente emancipato dalla famiglia ma senza la maturità di un adulto che può davvero prendersi cura di se stesso. In passato Lysandre aveva testimoniato quanto in fatto di skills culinarie, l’amico fosse piuttosto carente e quell’idea intenerì Erin, al pensiero dei tristi pasti a cui il rosso sottoponeva se stesso. Eppure, sotto altri aspetti  e proprio in virtù della sua delicata situazione familiare, Castiel era più maturo dei ragazzi della sua età, tanto che certi lati più duri e cinici del suo carattere non erano altro che il riflesso di un ragazzo cresciuto in parte da solo.
« Sai che c’è? » soggiunse Erin, cercando un numero nel cellulare « mi è venuta voglia di cinese. Ordiamo dal ristorante di Lin? »
L’offerta di quel compromesso venne accolta positivamente dall’amico.
In quel momento, non le avrebbe più declinato alcuna proposta se ciò fosse servito a impedirle di spegnere quel radioso sorriso che aveva fatto capolino sulle sue labbra. 
 
Nell’attesa dell’arrivo del cibo, il padrone di casa aveva trovato delle patatine e si passavano a turno il sacchetto gustandosele comodamente. Erin era accomodata sul divano mentre Castiel aveva optato per la sua amata poltrona ormai sfondata. Si era disteso orizzontalmente, con le gambe a penzoloni oltre i braccioli. Il primo paio di bottigle di birra era già stato consumato e il ragazzo si era già alzato a recuperarne delle altre dal frigo. Dividere la sua tana con Erin si stava rivelando ancora più confortevole della prima volta. La mora stava gradualmente recuperando un po’ della sua contagiosa allegria e vederla così rilassata sul suo divano faceva sembrare che quella casa fosse sempre stata anche sua.  
Dopo un po’, aveva cambiato posizione e, incrociando le gambe sul divano, aveva aggiornato l’amico sulle recenti scoperte condivise da Melanie quella mattina. Tuttavia, riservò ben poco spazio a quell’argomento, liquidandolo velocemente a qualcosa di cui si sarebbero occupati nei prossimi giorni.
« Comunque ne riparleremo con Ambra, stasera non ci vorrei pensare troppo » aveva annunciato sbrigativamente, recuperando altre patatine dal sacchetto. Parlare del mistero del quadro l’aveva ricollegata a Sophia, nome che non intendeva evocare quella sera per tutelare la propria serenità.
Rimasero in silenzio, finchè Castiel sbottò:
« Cazzo, che fame! Speriamo si sbrighino » sospirò, alzandosi pigramente dalla poltrona.
Lei lo seguì con lo sguardo, sorridendo pazientemente.
« Abbiamo ordinato appena un quarto d’ora fa, Cas... e poi è sabato sera » gli aveva ricordato.
« Cerco qualcos’altro da mangiare allora » aveva annunciato il rosso, dilaniato dai morsi della fame.
Frugò nella dispensa, maledicendosi per la sua scarsa capacità di organizzazione. Colpa anche dei Tenia che qualche giorno prima avevano dilapidato le sue ridotte derrate alimentari.
Anche se il suo obiettivo primario era assicurarsi che Erin potesse distrarsi dalla storia di Nathaniel e Rosalya, inevitabilmente era stato lui il primo a beneficiare della presenza dell’amica quella sera.
Troppo abituato a passare le serate con la sola ed esclusiva compagnia di Demon, avere in casa la ragazza che era sempre al centro dei suoi pensieri rappresentava il suo ideale di sabato sera in relax.  
Il suo buonumore però si spense non appena, tornando in soggiorno, notò che il suo allontanamento momentaneo era bastato a rabbuiare nuovamente la ragazza.
« Castiel » gli chiese Erin d’un tratto, mentre lui apriva un pacchetto di salatini « pensi che io e Rosalya torneremo amiche? »
C’era così tanta vulnerabilità nel suo sguardo che poteva scioglierlo con la sua tenerezza.
Ancora una volta, avrebbe voluto azzerare la distanza tra di loro e accarezzarla affettuosamente, ma si limitò a tranquillizarla a parole:
« Sì, non preoccuparti. Lei ti vuole troppo bene »
« Ma come potrà tornare tutto come prima? Io sarò sempre- »
« Lo so » la interruppe lui prima che precisare l’ovvio generasse inutili lacrime « ma ciò non toglie che tu non ne abbia alcuna colpa e questo lei lo sa »
La ragazza abbassò il capo e si portò le ginocchia al petto, cullandosi in quella posa così infantile e vulnerabile. Fissava un punto davanti a sè, incapace di fornire alcun ulteriore contributo alla conversazione. Affossò la testa tra le ginocchia, sospirando pesantemente.
Non poteva permettere di farsi trascinare ancora una volta dal turbine di pensieri negativi, ma le risultava così difficile ignorarli.
Castiel, per contro, la fissava indeciso finchè, sconfitto da quella manifestazione di fragilità, trovò la temerarietà di sedersi accanto a lei. Azzardò a sfiorandole appena il ginocchio, attirando dolcemente la sua attenzione:
« Ehi... »
Quel semplice richiamo, che concentrava in sè una carica di affetto e empatia, le fece alzare lo sguardo per incrociarlo alle iridi magnetiche del suo interlocutore.
« E’ impossibile fare a meno della tua amicizia, Erin »
Si fissarono per un istante carico di sospensione in cui, nonostante i nobili tentativi di Castiel di consolarla, la dolcezza di quella frase amareggiò l’animo della destinataria. Lui aveva appena rimarcato il confine del loro rapporto, un confine che continuava a frenarla da ogni audace iniziativa di valicarlo.
« Grazie » gli disse, sorridendo malinconica e cercando di cammuffare la delusione.
Castiel si riallontanò compiaciuto, ignaro del fatto che nel tentativo di sollevarle l’umore, aveva scalzato un problema per farne riaffiorare un altro, da sempre presente nel loro rapporto.
Erin si avvicinò la birra alle labbra e la sorseggiò.
Castiel aveva ragione.
Lei non aveva colpa di quello che era successo a Rosalya e struggersi per lei non avrebbe portato ad alcun giovamento. L’amica inoltre le aveva dato prova in più occasioni di quanto le fosse affezionata e non sarebbe bastato un evento, per quanto spiacevole, ad incrinare quel legame. Specie se nessuna delle parti aveva colpa per quanto accaduto.
Doveva tirare fuori la grinta di reagire e la pazienza di aspettare anche e soprattutto Rosalya assimilasse l’impatto di quel brutto colpo.
Mentre era persa in quelle riflessioni, il suo telefono si illuminò e vide una notifica fare capolino nella home.
Lo sbloccò freneticamente e, appena lesse febbrilmente quel breve messaggio, un sorriso rincuorato le distese le labbra.
« Che c’è? » aveva chiesto Castiel, scrutandola perplesso.
Era stato così radicale il cambio di espressione dell’amica che per un attimo, sperò ingenuamente che il mittente fosse Rosalya, la fonte di ogni preoccupazione di Erin quella sera.  
« E’ Lys » lo smentì l’amica, senza però abbandonare la smorfia di sollievo « mi dice che ora Rosa si è calmata e che si sistemerà tutto... e che sono la prima persona che cercherà appena le sarà passata la rabbia »
Castiel ringraziò mentalmente l’amico per l’incredibile supporto che le stava dando con quel messaggio. Il poeta era dotato di una sensibilità unica, quasi femminile, che gli permetteva di dire sempre la cosa giusta al momento giusto.
« Vedi? » le sorrise il rosso « devi solo lasciarle del tempo »
Erin annuì e finalmente, sentì di avere il diritto di godersi una serata con la compagnia migliore che potesse chiedere.
 
Quando finalmente il fattorino suonò alla porta, i due avevano optato per sistemare un paio di piatti sul tavolino e consumare quella cena in modo alquanto spartano.
Erin afferrò il contenitore degli udon e, dopo aver diviso le due bacchette dall’estremità che le teneva unite, lasciò che il gusto saporito di quel cibo completasse il resto del suo processo di guarigione.
« Questo è il miglior ristorante cinese della città » aveva borbottato a bocca piena.
Una serata che era partita con il peggiore degli esordi stava migliorando di minuto in minuto. L’esclusiva compagnia di Castiel era necessaria e sufficiente a rilassarla, al punto che l’unico rammarico era raprpesentato dalla prospettiva di dover tornare a casa di sua zia dopo cena. Inoltre Pam avrebbe trascorso la notte da Jason e starsene da sola in quell’appartamento proprio quella sera, la faceva sentire vagamente inquieta.
Frugò tra i contenitori sopra il tavolino ma non trovando l’oggetto del suo interesse, spostò lo sguardo su Castiel e sul pezzo che teneva tra le posate cinesi. Il ragazzo si era seduto sul divano, mentre Erin preferiva starsene seduta a terra con le gambe incrociate, sostenendo che così si sentiva più vicina alla cultura orientale. Castiel avrebbe voluto puntualizzare che quell’abitudine era radicata nella tradizione nipponica più che in quella cinese ma si limitò ad assecondarla.
« Ehi, il taro l’avevo ordinato io! » sbottò all’improvviso Erin, indicando il colpevole.
Stupito per quell’energia, Castiel sorrise beffardo e, davanti all’espressione sbigottita dell’amica, se lo mangiò in un solo boccone. Malgrado le sue aspettative, quel cibo non lo gratificò e reagì con una smorfia poco convinta.
« Ben ti sta! » annuì lei vittoriosa « ma quindi fa schifo? »
« Perchè tu non l’hai mai mangiato? » indagò lui, sciaquandosi la bocca con un sorso di birra fresca.
Erin fece cenno di diniego, facendo scattare il rosso:
« Ma perchè l’hai preso allora? Pensavo fosse buono! »
« Volevo provarlo, che male c’è? » si giustificò, strappandogli di mano il contenitore e assaggiandone un pezzo:
« Ti dirò, a me non dispiace... sa tipo di patata » commentò dopo un po’, masticando a bocca piena.
« Preferisco gusti più decisi » aveva replicato Castiel.
« Mi passi il riso alla cantonese? » gli ordinò Erin.
Più mangiavano e più i loro stomaci reclamavano quel cibo così saporito e gustoso. Si erano avventati sugli incarti con una tale foga che in appena dieci minuti più di metà della cena era sparita.
« Solo se tu mi dai un po’ di quel pollo » patteggiò lui, indicando un contenitore poco lontano da Erin ma abbastanza da lui per poterlo raggiungere standosene seduto.
« Non se ne parla! E’ il mio piatto preferito! Te l’ho chiesto mille volte se dovessimo prenderne due » lo rimbeccò lei avvicinandoselo al petto.
« Ehi ehi! Da quando in qua sei così possessiva con il cibo? » rise il ragazzo, mentre Erin ne afferrava un pezzo.
« Con il cibo cinese non scherzo mai. Specialmente quello del ristorante di Lin »
« Quindi niente pollo per me? » la sfidò Castiel.
« Dovrai passare sul mio cadav- » ma non finì la frase che il rosso era balzato su di lei e, prima che le scivolasse la presa, intercettò il pezzo di pollo incastrato tra le due bacchette.
Si leccò le labbra e, guardandola malizioso commentò:
« Il sapore del cibo conquistato con la lotta è migliore » annunciò vittorioso e si rimise seduto sul divano.
Erin in tutta risposta gli lanciò addosso un cuscino, che Castiel intercettò al volo. Le sorrise e lei rimcabiò prontamente quella smorfia divertita.  
Erano stupidamente felici di essere loro due da soli, cullati da una complicità e sintonia che viene sperimentata solo all’interno di una coppia di persone le cui abitudini si sono modellate nel tempo dopo anni di convivenza. In quella cena non c’era un silenzio che fosse realmente disagevole o un momento in cui si stessero annoiando. In certi casi, l’uno finiva la frase dell’altra, riuscendo a creare l’armonia che si respira solo quando ci si sente davvero in famiglia.
Finirono ben presto la misera scorta di birra del ragazzo, optando per il vino che lui aveva portato poco prima:
« Normalmente preferisco la birra » annunciò sorridendo malizioso « ma visto che abbiamo un’ospite speciale... »
Erin rise lusingata, allungandogli il suo bicchiere che venne prontamente riempito.
« Sono un’ospite speciale! » ripetè Erin brindando all’aria e alzando un po’ troppo il volume della voce. Si preoccupò immediatamente per il chiasso creato e incurvandosi nelle spalle, si scusò con il padrone di casa.
« Non preoccuparti. La vecchia del piano di sopra non c’è. E’ fuori città »
« Quindi possiamo fare quello che ci pare? » esultò Erin, recuperando la sua energia. Il fatto che non reggesse bene l’alcol quanto Castiel era già stato dimostrato in passato ma almeno in quella circostanza il ragazzo poteva assicurarsi che non esagerasse. Inoltre, per quanto l’allegria tra di loro stesse aumentando ad ogni sorso, sembrava che entrambi riuscissero ancora a tenere un atteggiamento dignitoso, anche la meno allenata dei due. Il cibo che stava gradualmente riempiendo i loro stomaci aiutava sicuramente a tamponarne gli effetti.
Finita la deliziosa cena, recuperarono sbrigativamente i rifiuti e Castiel li abbandonò in un sacchetto sotto il lavandino.
« Cosa vorresti fare ora? » le chiese, guardandosi attorno. Possedeva giusto qualche gioco in scatola e un x-Box ma entrambe le alternative non figuravano come proposte adatte per quella serata.
Lui amava passare le sue serate a rilassarsi guardando qualche film in streaming oppure ascoltando musica. Come se le avesse letto nel pensiero, la ragazza propose proprio quella seconda alternativa:
« Ascoltiamo un po’ di musica? » suggerì, posando lo sguardo sulla nutrita raccolta di cd davanti a lei.
Il padrone di casa sorrise sollevato ma, anzichè sfruttare la propria collezione, ammise che nelle ultime settimane era caduto vittima anche lui della musica in streaming.
« Fintanto che pagano i diritti ai musicisti » aveva borbottato, di fronte allo stupore di Erin « visto che ci vorrei vivere di questa cosa, spero solo che tu non ti metta a piratare le canzoni »
« No » mentì Erin in difficoltà « ma scusa Cas, mi fai la morale, quando anche tu scarichi film illegalmente »
Il ragazzo arrossì per essere caduto in contraddizione con sè stesso e mormorò qualcosa sul fatto che le grandi case di produzione cinetamografiche non risentivano della pirateria informatica quanto i piccoli artisti.  
« Cosa vuoi ascoltare? » le chiese, cercando di cambiare argomento.
« Welcome to the Black Parade »
Quella canzone era uscita ormai otto anni prima e rappresentava per Castiel uno dei suoi primi incontri con il genere emo, periodo che aveva segnato l’inizio della sua tormentata adolescenza.
« Wow, ci hai messo mezzo secondo a decidere » commentò lui, sorpreso dalla sua velocità di scelta.
Fu così che le prime note al pianoforte si diffusero nell’ambiente, così come la malinconia del resto della melodia.
Erin dondolò il capo e, appena la musica attaccò iniziò a canticchiare:
« When I was a young boy, my father took me into the city to see a marching band. He said, "Son, when you grow up, would you be the saviour of the broken, the beaten and the damned?" »
Castiel la ascoltò in silenzio, sperando che la cantante azzardasse ad alzare il volume della sua voce ma lei proseguiva in quel timido concerto, fino ad interromperlo quando la voce dei My Chemical Romance si fece più aggressiva:
« Sono sorpresa che tu non ti sia lamentato della mia scelta » sogghignò Erin « temevo non fosse abbastanza di nicchia per te »
« Il fatto che una canzone sia diventata famosa non significa che sia banale » replicò lui asciutto, mentre le note più punk prendevano il sopravvento.
« Dopo mi faresti ascoltare in anteprima qualche canzone dell’album dei Tenia? »
« Non ti aspetterai che io canti » borbottò Castiel, scrollando distrattamente il cellulare.
« Eddai Cas! Ti ho sentito canticchiare solo una volta! »
Lui scosse il capo trattenendo a stento un sorriso sghembo.
Lo lusingava quel continuo interesse per il suo lavoro da compositore, lavoro che lei aveva sempre cercato di incoraggiare.
Continuarono a punzecchairsi, alternando i tentativi di Erin di convincerlo a cantare con la perentorietà del suo rifiuto. Nel frattempo la sua playlist stava decidendo autonomamente con quali canzoni decorare quell’atmosfera magica ed era passata ai più energici Metallica.
« Piuttosto, c’è una cosa che mi sono sempre chiesto » sviò Castiel  « tu hai studiato canto? »
La vide alzare le sopracciglia e scrollare le spalle:
« Sì, cioè, a grandi linee so leggere uno spartito... ho studiato musica per un anno, poi ho mollato perchè avevo anche danza » spiegò e, sorpresa da quell’interesse, domandò « come mai? »
Il ragazzo non le rispose subito. Teneva le braccia incrociate dietro la nuca e fissava il soffitto sovrappensiero:
« Ehi, rispondi Black » lo pungolò lei.
« Sei intonata » le disse semplicemente.
A quell’ammissione, Erin era leggermente arrossita, e abbassando il capo, aveva mugolato un timido « Grazie »
Castiel per contro si era isolato nei suoi pensieri così, cercando di richiamarne l’attenzione, l’amica chiese:
« A te Cas come è nata la passione per la musica? »
Quell’argomento sembrò destarlo e lo vide cambiare posizione. Si sedette composamente sulla poltrona e piegò la testa di lato, nel tentativo di formulare una risposta chiara. Era difficile replicare a quella domanda perchè gli sembrava di avercela nel sangue sin dall’infanzia, quando ascoltava le sigle dei film Disney. Ricordò in particolare che, nonostante la tenera età, era rimasto particolarmente colpito dalle musiche di Fantasia, durante uno dei tanti pomeriggi passati in casa da solo.
« Non saprei. Direi che ce l’ho sempre avuta » minimizzò.
Seppure insoddisfatta di quella risposta, la ragazza lasciò cadere l’argomento.
Canzone dopo canzone, Castiel appariva sempre più meditabondo e distaccato.
Erin non poteva immaginare che in quel momento, con la sua amata musica di sottofondo, fosse in corso un’irrefrenabile lotta interiore in cui la mente del ragazzo formulava pensieri via via sempre più romantici verso di lei. Era piombato in uno stato catartico in cui, anche i silenzi di Erin erano musica.
Se avesse potuto congelare quell’istante, non avrebbe esitato un secondo a farlo.
Sogghignò quando, allineandosi alle sue riflessioni, nella stanza si diffusero le prime note di With me dei Sum 41:
« I don't want this moment to ever end, Where everything's nothing without you » stava intonando timidamente Erin, fissandosi i piedi.
Lui sorrise e la lasciò cantare indisturbata la prima strofa finchè la affiancò:
« Thoughts read unspoken, forever in vow, And pieces of memories fall to the ground »
Nel riconoscere quella seconda voce, Erin esultò e aumentò il volume e la convinzione della propria. Staccò gli occhi dalle sue gambe e cominciò a recitare quella canzone con pathos eccessivo, facendo sorridere la sua spalla:
« I don't want this moment to ever end, Where everything's nothing without you »
Castiel alzò il volume della musica al massimo, così da sentirsi ancora più libero nel canticchiare.
« With everything, I won't let this go… These words are my heart and soul… I'll hold on to this moment, you know… As I bleed my heart out to show… And I won't let go »
Era la prima volta che Castiel cantava in quel modo. Con un sorriso così dolce e al contempo accattivamente al punto che una morsa di incontenibile attrazione stritolò il ventre di Erin, conseguenza della soffocante autoimposizione di controllare ogni slancio d’affetto.
La canzone finì e con essa la magia che si era instaurata tra di loro.
Castiel la vide staccarsi dal comodo giaciglio, barcollando leggermente.
Quando le chiese dove fosse diretta, replicò laconica:
« In bagno »
« Devi vomitare? » si preoccupò lui, soppesandone il tono apatico.
« No, no sto bene » lo tranquillizzò lei, sorpresa per la sua capacità di tenere l’alcol.
Appena chiusasi la porta del bagno alle spalle, si guardò allo specchio.
Erano ormai le undici e qualche residuo di mascara le aveva inesorabilmente macchiato la palpebra inferiore.
Un pensiero si stava impadronendo della sua mente ed era stata pronunciato proprio quella sera:
« E’ impossibile fare a meno della tua amicizia, Erin »
Quelle parole avevano iniziato a vorticarle nella sua mente proprio mentre la canzone dei Sum 41 stava volgendo al termine.
Le parole di Castiel l’avevano rattristata, rimarcando un muro che lei non osava scavalcare.
Eppure lei lo desiderava così tanto.
Quella notte più di altre.
Avrebbe voluto tornare in quel soggiorno e, guardandolo dritto negli occhi, ammettere quella scomoda verità.
A costo di perderlo per sempre, generando dell’incancellabile imbarazzo tra di loro.
Era una serata perfetta in cui la compagnia esclusiva del ragazzo le aveva permesso di isolarsi dal mondo esterno, come se fossero le uniche persone rimaste sul pianeta.
Avevano appena finito di ascoltare musica insieme, c’era armonia tra di loro e non capiva come per il rosso quella situazione potesse apparire normale. Il suo sguardo non aveva mai tradito dell’imbarazzo ed Erin si convinse di essere l’unica a sentire una fortissima tensione. Castiel infatti era più incline a distrarsi e perdersi nei propri pensieri, quasi la compagnia di lei talvolta lo annoiasse.
Prima di uscire, recuperò della carta igienica e, adattandosi ad usare il sapone per mani, cercò di rimuovere i residui del trucco del mattino così da avere aspetto meno stanco.
Quando tornò in salotto, a riprova della negatività dei suoi pensieri, trovò Castiel accucciato a terra, intento a mettersi le scarpe.
« Che fai? » chiese lei, come se non fosse già fin troppo ovvio. Involontariamente lasciò trasparire una leggera nota di panico nella sua voce ma il ragazzo non sembrò coglierla.
« Beh, si sta facendo tardi. Meglio se ti riaccompagno a casa » spiegò, rimettendosi eretto.
« Sono solo le undici, Castiel. Domani è domenica » tentò lei, senza schiodarsi dalla sua posizione.
« Sì ma non hai paura di svegliare tua zia, se rientri troppo tardi? » osservò lui, piegando la testa di lato.
« Lei dorme da Jason questa sera » gli ricordò lei risoluta.
Spiazzato da quella determinazione, Castiel la squadrò.
Non poteva prevedere quanto ancora Erin volesse prolungare la sua permanenza in quella casa ma di certo la prospettiva di uscire diventava via via meno allettante. Il clima continentale della loro città poteva far scendere la temperatura notturna fino allo zero e il tepore del proprio appartamento era troppo confortevole per essere abbandonato.
« Vabbè » acconsentì alla fine « guardiamo un film e poi ti riaccompagno? » patteggiò. Inevitabilmente, quella proposta venne accolta con un sorriso vittorioso da parte della seconda inquilina. Non avrebbe mai pensato che sarebbe stato così facile prolungare la sua serata in quella casa, come Castiel non poteva capire quanto per lei fosse corroborante farlo.
 
Dopo aver finito l’ennesimo episodio di The Office senza alcuna risata, Trevor si rassegnò a spegnere il computer.
Guardare quella serie era spesso sufficiente a distrarlo dalle sue preoccupazioni e pensieri, anche se generalmente questi ultimi non gli avevano mai impedito di dormire sonni tranquilli.
Per un ragazzo spensierato e per certi versi, superficiale, come lui, quella sera era particolarmente difficile isolare la mente dagli avvenimenti di quella giornata.
Ricontrollò il cellulare ma nessuna nuova notifica era comparsa.
Non stava a Jordan scrivergli ma in cuor suo sperava tanto che, per qualche motivo, l’avrebbe cercato. Farlo lui per primo equivaleva all’ammettere che, in parte, si sentiva in colpa per averla ferita.
 
La scelta del film per quella serata era ricaduta su Whiplash, film uscito quell’anno e che rappresentava uno dei preferiti di Castiel. Quest’ultimo si era visto costretto a cambiare il suo storico giaciglio, passando dalla poltrona sfondata al divano. Il computer, che fungeva da schermo, era stato infatti posizionato sul tavolino davanti ad Erin.
Con una certa reticenza, i due amici si erano avvicinati ma quel contatto fisico, per quanto minimo, li aveva resi entrambi nervosi.
La ragazza aveva così iniziato a commentare ogni scena, nel tentativo di smorzare l’atmosfera che, secondo lei, si stava caricando di tensione. Sentiva i muscoli della schiena irrigidirsi di secondo in secondo e aveva il terrore che l’amico si accorgesse della scomparsa della sua spontaneità.
Dal canto suo, Castiel era troppo impegnato a tenere a bada le proprie emozioni per accorgersi di quelle della sua vicina. Ogni pausa della pellicola gli permetteva di udire il respiro regolare di Erin, la cui coscia era poco distante la propria. L’aveva sbirciata con la coda dell’occhio un paio di volte ma era tornato immediatamente a fissare lo schermo, nel timore di essere scoperto. In più occasioni, durante quella serata, si era sentito sul punto di cedere. Sul punto di voltarsi verso di lei e creare quell’opportunità che tardava ad arrivare. Tuttavia, la razionalità della sua mente lo riportava violentemente all’autoconvincimento che la dolcezza che Erin gli riservava non era diversa da quella destinata al resto dei suoi amici.
« Dov’è che l’ho già visto questo attore? » stava chiedendo Erin, dopo una serie interminabile di domande e commenti.
« Cip, guardiamo il film adesso » le aveva risposto Castiel, trattenendo a stento una divertita irritazione.
« Ok, ok ora stiamo zitti » promise lei, cucendosi le labbra.
« Ma sei stai parlando solo tu! »
Erin corresse la posizione e il suo ginocchio si trovò incollato a quello del ragazzo. Quest’ultimo si irrigidì e, sentendo il corpo di lei ancora più vicino, si alzò, con la scusa di dover andare in bagno.
Era talmente confuso che non la sentì nemmeno quando lei gli chiese se dovesse mettere in pausa il film.
Castiel si rifugiò quindi in bagno ed esalò un profondo respiro. Alzò lo sguardo verso lo specchio, controllando la sua espressione: doveva darsi un contegno, sembrava un ragazzino delle medie alle prese con la prima cotta. Quel lato così insicuro non si addiceva alla sua personalità impudente e arrogante. Doveva trovare una soluzione e la individuò sentendo un abbaiare poco lontano. Quasi gli avesse letto nella mente, Demon era pronto a soccorrerlo con la sua invadente presenza. Sarebbe stato un’efficace distrazione dalla sua ossessione per Erin di quella sera.  
Tornato quindi in soggiorno, condivise quella proposta con la ragazza che si dimostrò ben disposta ad accogliere il secondo proprietario di casa.
Il cane ci mise pochi secondi a capire che, nonostante la presenza di un’ospite, gli veniva offerto il tepore di quell’abitazione. Entrò trotterellando e senza lasciare il tempo al padrone di dargli indicazioni, si sedette sul divano, accanto ad Erin, salvando inconsapevolmente Castiel dal contatto diretto con la ragazza. Era piuttosto buffo poichè l’animale aveva il muso rivolto verso lo schermo, quasi fosse interessato al film quanto i suoi amici umani.
Ripresero quindi la visione del film, questa volta in silenzio. La presenza del cane sortì l’effetto sperato ma solo per una decina di minuti.
Castiel infatti iniziò ad accarezzarlo sovrappensiero finchè le sue dita non intrecciarono quelle più sottili di Erin, intenta a dedicargli le medesime premure.
Ritrassero entrambi la mano, borbottando un impacciato « Scusa » da una parte e un « Figurati » dall’altra. In tutta risposta, venendo a mancare quel rilassante massaggio, Demon abbaiò contrariato.
Quale fosse il problema tra quei due, lui non intendeva rinunciare alle coccole.
Poichè nessuno dei due riprendeva, il cane si mise eretto sulle zampe e, ruotando di novanta gradi, posizionò la testa sulle gambe del padrone e le zampe posteriori sulle ginocchia di Erin.
« Dimmi se ti pesa che lo faccio scendere » le aveva sussurrato Castiel, mentre il cane si abbandonava ad un confortante sonno, vigilato dai due guardiani umani.
Erin scosse il capo e tornò a concentrarsi sul film. Dopo poco tempo quel tentativo si rivelò particolarmente complesso, poichè il sonno di Demon si rivelò rumoroso e disturbato. Ogni tanto piegava forsennatatamente le zampe e constringeva Erin ad avvicinarsi di più a Castiel per assumere una posizione più comoda.
Il ragazzo d’altra parte, cercava di dissimulare quanto quegli spostamenti lo innervosissero concentrandosi sul film. Whiplash era uno dei suoi film preferiti e, anche se ormai lo sapeva quasi a memoria, non si stancava mai di vederlo. Si rivedeva nella determinazione del protagonista e nella sua ossessione per la musica. Quella pellicola rappresentava uno dei migliori film musicali che avesse mai visto, se non il migliore. La capacità alientante della musica aveva sempre costituito per Castiel l’aspetto più affascinante e inqueitante di quell’arte e in quel film, veniva resa magistralmente.  Sperò di poter condividere questo pensiero con la sua compagna, dal momento che ormai i titoli di coda avevano annunciato la fine della pellicola, ma la trovò completamente addormentata.
Non si era accorto che l’avesse abbandonato e, controllando l’ora, realizzò che era decisamente arrivato il momento di accompagnarla a casa. Tuttavia, dover uscire in quella notte frizzante di inizio Aprile continuava a suonargli come un dovere alquanto scomodo.
Dopo la notte con i Tenia, seguita da quella tormentata dalle confessioni di Nathaniel, Castiel aveva un disperato bisogno di recuperare qualche ora di sonno. Inoltre quel giorno aveva giocato a basket per un paio d’ore e il suo corpo iniziava a reclamare prepotentemente del riposo fisico.
Eppure, pur di rivedere Erin il mattino successivo, avrebbe accettato di passare quella notte sul divano, come del resto aveva fatto tre mesi prima, quando lei gli aveva chiesto ospitalità. Del resto, era la sua condanna non riposare adeguatamente ogni volta che la ragazza era sua ospite.
I suoi occhi erano sigillati e il capo era reclinato verso di lui. Era così dolce la sua espressione che rimase qualche minuto a guardarla indisturbato. Le accarezzò teneramente la mano e, più sfiorava quella pelle e più sentiva il bisogno di rinvigorire quel contatto.
Quella carezza finì per svegliare la ragazza che sbattè le palpebre confusa:
« Non sto dormendo » biascicò istintivamente.
« Come no, stavi russando »
« Davvero?! » si agitò lei, diventando paonazza mentre Castiel scoppiava a ridere.
« Scherzo, scema » e stiracchiandosi la schiena, obbligò anche Demon a svegliarsi, alzandosi da quel comodo giaciglio.
« Castiel... » mormorò lei sbadigliando.
Prima che potesse finire la frase, lui si voltò e completò:
« Vuoi dormire qui? »
Lei sgranò gli occhi, sollevata da quell’offerta e squittì un ringraziamento:
« Non ho proprio voglia di dormire da sola a casa... » ammise « però questa volta lasciami il divano, mi sentirei troppo in colpa »
« Sì, se riusciamo a schiodare Demon » sorrise Castiel apprezzando la serenità onirica dell’animale. Quest’ultimo infatti, nonostante il tentativo del padrone, si era limitato a girare il muso dalla parte opposta.
Sfilandosi di dosso il mastino, anche Erin si mise in piedi e iniziò a frugare nella borsa che si era portata con sè:
« Vado a lavarmi i denti » annunciò, recuperando lo spazzolino.
Castiel approfittò di quel frangente per recarsi nella sua stanza dove cercò delle lenzuola pulite. Era fin troppo scontato che non le avrebbe lasciato il divano, anche se quella cavalleria gli costava non poco sacrificio. Per cercare di alleviare la spossatezza muscolare e preparare il suo corpo ad un adeguato riposo, ragionò che fosse arrivato il momento per una doccia calda. Tutt’al più quella mattina la triade divina gli aveva dato non poco filo da torcere sul campo da basket e aveva bisogno di togliersi di dosso quella sensazione di sudore e stanchezza.
Per questo, quando Erin uscì, lo trovò inaspettatamente a petto nudo.
Avvampò all’istante, anche se non era la prima volta che lo vedeva in quelle condizioni. Tuttavia, nell’intimità della sua stanza, quella nudità le risultò quasi spinta e imbarazzante.
Non era mai stata del tutto immune all’effetto che quel fisico tonico e gli addominali esercitavano sui suoi livelli di ossitocina, pertanto finì per distogliere lo sguardo, borbottando a disagio:
« H-ho finito »
« Io mi faccio una doccia rapida » aveva annunciato lui, sparendo in bagno e totalmente ignaro dell’effetto che aveva sortito nell’amica.
Mentre sentiva il getto dell’acqua aprirsi dall’altro lato della porta, Erin ricontrollò il cellulare.
Con sollievo notò che nessuna notifica fosse apparsa dopo il messaggio incoraggiante di Lysandre e così si limitò a riappoggiarlo sul tavolino davanti a lei.
Provava sempre una certa sensazione di sollievo ogniqualvolta il cellulare le confermava che nessuno l’avesse cercata o contattata.
Quella sera più che mai desiderava continuare ad isolarsi da un mondo esterno in cui i problemi dei suoi amici sarebbero diventati i suoi.
Demon nel frattempo si era svegliato e dopo essersi stiracchiato pigramente, era sceso dal divano. Erin sospirò, notando che qualche pelo si era depositato sui cuscini. Doveva riconoscere che, nonostante il disordine, Castiel fosse piuttosto attento alla pulizia dell’appartamento e che quella era la prima volta che notava il pelo dell’animale in casa.
In mancanza di alcuna distrazione, Erin si spostò in camera del rosso mentre Demon la seguiva docilmente. Il cane si accasciò sul tappeto, mentre lei si guardava attorno. La pianola posta in un angolo catturò il suo interesse e con essa, uno spartito posizionato sul leggio. Lo analizzò sbrigativamente, chiedendosi se quello fosse il fatidico pezzo il cui testo della canzone stava mettendo Castiel particolarmente in difficoltà. Per lo meno questo era quanto aveva detto Lysandre, durante la pausa pranzo. Il foglio però le scivolò dalle mani e, nel tentativo di raccoglierlo, Erin notò un cartoncino bianco incastrato dietro la scrivania.
Lo raccolse, anche se nel disordine generale della stanza non avrebbe fatto alcuna differenza. Quando lo vide però, lo riconobbe all’istante.
Era il ritratto che Violet le aveva fatto durante il suo primo mese a Morristown.
Lo stesso disegno che il rosso aveva dichiarato di aver buttato.
 
Castiel uscì dal bagno e fortunatamente per i nervi di Erin, era già completamente vestito. Aveva rimesso i pantaloni della tuta neri e una vecchia maglietta a mani corte con il logo Converse. Entrando nella propria stanza, vide l’amica china a fissare un foglio che gli era particolarmente familiare.
Appena si accorse di non essere più sola, lei staccò lo sguardo dal ritratto e fissò l’amico con serietà.
« E di questo che mi dici? »
Castiel si trovò faccia a faccia con il ritratto di Erin, quel disegno che Violet aveva eseguito con una tale precisione che, piuttosto di perderlo nella consegna di un compito scolastico, aveva preferito eseguire di suo pugno. Peccato che all’epoca avesse dichiarato di averlo buttato.
Erin lo fissava in silenzio e lui per qualche secondo esitò a risponderle.
« Beh » borbottò in difficoltà cercando di apparire rilassato « evidentemente non l’avevo buttato » ammise cercando di prendere tempo.
« Evidentemente no » si accigliò Erin « sai quanto ci tenevo a questo disegno! Potevi dirmi che non lo trovavi più invece di raccontarmi una balla! »
Seppur a Castiel sembrava particolarmente sospetto e ovvio il motivo di quella bugia, Erin riusciva sempre a ribaltare la situazione, eliminando ogni spiegazione che implicasse dell’interesse romantico verso di lei. Tuttavia, il ragazzo non avrebbe saputo dire se quella dinamica giocasse realmente a suo favore. Da un lato, non avrebbe dovuto affrontare i propri sentimenti, correndo il rischio di compromettere la loro amicizia. Dall’altro però, una parte di lui agognava un incoraggiamento, un minimo invito che, forse, quei sentimenti così intensi non erano unidirezionali.
Castiel abbandonò quindi la stanza, scuotendo il capo arrendevole.
« Dove vai? » si contrariò lei, insoddisfatta per l’esito della loro discussione.
« Non ti va un po’ di tiramisù? » borbottò la voce dal corridoio.
Era incredibilmente assurdo quanto per quella ragazza fosse remota la possibilità che lei gli piacesse. Lui l’aveva conservato semplicemente perchè in quel disegno Violet aveva rappresentato quel lato più dolce di Erin e che Castiel amava tanto in lei.
« Beh, visto che ne hai così poca cura, questo me lo riprendo io! » aveva esclamato lei dall’altra parte della casa.
Mentre Castiel appoggiava due fette di tiramisù sul tavolino del soggiorno, la ragazza stava facendo ritorno in quella stanza:
« Ti ricordo che quello l’ha fatto su mia richiesta » precisò il rosso.
« Manco sapevi dove fosse finito! » obiettò Erin stringendo quell’opera al petto e passandogli davanti, incurante delle proteste del ragazzo.
« Travis, molla l’osso » le ordinò Castiel.
« Beh allora dimmi perchè ci tieni tanto! »
Demon seguì quello scambio di battute finchè, dopo la domanda di Erin il suo padrone non aveva saputo replicare. Era arrossito leggermente e, quasi l’animale volesse esortare in lui una risposta, abbaiò.
« Quel disegno potrà valere un sacco se Violet diventerà famosa » esalò infine.
Per quanto poco convincente, Erin sembrò credergli poichè replicò stizzita:
« Per la cura con cui l’hai tenuto finora, meglio se lo prendo io e dividiamo a metà » e senza lasciargli diritto di replica, arrotolò il ritratto e tentò di ficcarlo nella propria borsa.
Irretito per l’imminente sconfitta, Castiel si riprese dal disagio e azzerò la distanza tra di loro, cercando di strapparle il disegno dalle mani. Erin però lo strinse al petto, costringendolo a farle il solletico sui fianchi, cosa che la ragazza soffriva terribilmente.
« No, ti prego... Cas! Basta! Non ce la faccio! » rise lei, dimenandosi.
In quell’azione perse l’equilibrio e oltre al suo, si trascinò dietro anche il ragazzo.
Atterrarono sul divano e i loro visi finirono a pochi centimetri di distanza.
Erin lo guardava come atterrita mentre l’espressione di lui era indecifrabile.
Per un istante, posò i suoi occhi sulle labbra di lei prima di staccarsi violentemente da quella pericolosa vicinanza.
« Dai, mangiamo il tiramisù sennò si raffredda » mormorò frustrato.
« Ma è già freddo » obiettò Erin fissandolo interrogativa.
« Si scioglie » si corresse prontamente il ragazzo in imbarazzo.
Si sedettero così l’una sul divano e l’altro sulla poltrona, consumando il delizioso dolce in silenzio.
Quando erano stati così vicini, Erin aveva avvertito il profumo del bagnoschiuma dell’amico solleticarle il naso, acuendo i suoi sensi.
Castiel nel frattempo aveva spronato Demon a tornarsene in giardino, nonostante le proteste della mora che erano soggiunte puntuali:
« Demon sa che ci sono delle regole » le spiegò lui « anche se sono contento che sia migliorato così tanto il vostro rapporto »
« Ma poverino, per una sera non può dormire dentro? »
« No, perchè poi non sei tu quella che se lo ritrova sullo stomaco durante la notte » replicò lui asciutto aprendogli la porta.
Docilmente il mastino assecondò l’invito del padrone, lanciando un’ultima occhiata supplicante al suo avvocato che però, aveva perso la causa.
Una volta tornati soli, Castiel raccolse i piatti ormai vuoti mentre Erin ancora leccava via dalla forchetta gli ultimi residui di crema:
« Mauro è stato molto gentile » commentò, gustandosi l’ultima nota di dolcezza.
« Lui è sempre così. E’ come uno zio per me » aggiunse Castiel.
Cercava di ostentare un atteggiamento rilassato ma dentro di sè sentiva che si stava riaccendendo la quella lotta interiore che quella sera non voleva dargli tregua. La sua coscienza gli ricordava che aveva appena perso un’occasione irripetibile e odiava sentirsi così timido e goffo.
Per un attimo si era convinto a tentare il tutto per tutto ma ancora una volta, la sua razionalità aveva preso il sopravvento, creandosi così un silenzioso imbarazzo tra i due.
Pensieri analoghi vorticavano nella mente di Erin che si chiedeva cosa si celasse dietro quell’espressione di disagio con cui lui si era staccato da lei. Che Castiel le avesse letto in faccia i suoi sentimenti per lui e volesse farle capire indirettamente che non intendeva assecondarli?
Si instillò quindi il dubbio che fosse lei la causa di quell’imbarazzo tra di loro. Non poteva escludere che, nonostante i suoi tentativi, l’amico avesse colto i suoi reali sentimenti verso di lui. Il fatto che li evitasse però, erano l’ennesima conferma di un’inevitabile friendzone.
Ad un certo punto Castiel si alzò dalla poltrona e recuperò una scatola in legno sullo scaffale del soggiorno:
« Senti, quello che succede in questa casa, resta in questa casa, d’accordo? » sentenziò guardandola con intensa complicità.
Era scattato in piedi senza alcun preavviso, come mosso da un impeto istintivo.
Erin sbiancò.
Il cuore cominciò a battere più velocemente e la sua fantasia a galoppare in verdi pascoli decorati da romantiche farfalle e cuoricini.
Forse quella notte non era l’unica a sentire la magia nell’aria e inghiottì un grumo di saliva nel tentativo di liberare la respirazione che si faceva via via più difficoltosa.
Deludendo però le sue rosee aspettative, Castiel era tornato a sedersi sulla poltrona e dalla scatola in legno, estrasse una piccola giara, il cui contenuto però non era ancora chiaro alla ragazza.
Non appena la aprì, Erin si avvicinò incuriosita e sentì sprigionarsi un odore vagamente aromatico e pungente, proveniente da un piccolo cespuglietto essiccato:
« Ti dispiace se mi faccio una canna? » mormorò lui.
Sapeva che quella novità l’avrebbe sorpresa e non in positivo.
Non aveva mai parlato prima ad Erin di quella sua nuova abitudine serale.
La ragazza infatti aveva sgranato gli occhi per un istante e il suo stupore le permise di accantonare la tensione emotiva di cui era stata vittima poco prima.
« E da quando fumi erba? »
Il rosso si grattò la guancia e ammise:
« Da Berlino. Ma non dirlo agli altri. Lo sa solo Nate e non vorrei che iniziassero a rompere le palle »
L’esperienza in Germania si era dimostrata educativa e stimolante sotto una serie di punti di vista. Era la prima volta che il ragazzo era così lontano da casa, in un paese straniero e costretto a condividere l’alloggio con dei perfetti estranei. Ma la novità che aveva accolto con maggior apertura mentale era proprio il vizio dei Tenia di concedersi un po’ di relax artificiale.
Una parte di lui sperò che quello fosse il pretesto per accendere una discussione con Erin, da sempre estremamente contraria al suo vizio per il fumo. Osò quasi sperare in un litigio tra di loro, che gli permettesse di ricredersi su quanto quella ragazza potesse essere la sua partner ideale o, per lo meno, di smorzare quella tensione sessuale che sentiva verso di lei quella sera.
Contrariamente alle sue speranze però, Erin aveva già accantonato l’iniziale stupore e, quasi con timidezza, gli chiese:
« Posso provare anche io? »
Preso in contropiede, Castiel rimase immobile con le labbra socchiuse.
Imprecò dentro di sè perchè con quella risposta, Erin non lo stava affatto aiutando nel suo tentativo di autosabotaggio.
Dopo aver ottenuto la tacita approvazione dell’amico, la mora lo osservò con curiosità mentre sgranava una parte di quel cespo e lo posizionava nel grinder.
Lui si sedette accanto a lei sul divano che così potè osservare da vicino quella chirurgica operazione. Sorrise nel notare l’estrema cura con cui Castiel distribuiva quella sorta di farina grossolana e verdastra all’interno di una striscia di tabacco precedentemente posizionata su una cartina lunga.
« Vuoi che ti faccia un filtro a M intanto? »
Il ragazzo sollevò il sopracciglio, tra l’irritato e il deliziato.
« D-davvero lo sai fare? » borbottò cercando di dissimulare la sorpresa nella sua voce.
« Ho beccato mia sorella una volta che se ne preparava una... ho fatto solo un paio di tiri però mi ha insegnato a fare il filtro » spiegò Erin con una punta di orgoglio.
Era la prima volta che accennava a sua sorella e si affrettò a chiudere l’argomento. Sin da quando era entrata in quella casa aveva iniziato a stare meglio e non avrebbe permesso a quella presenza di rovinarle quei pochi minuti ancora in compagnia del ragazzo, prima di salutarlo per la buonanotte.
Castiel metabolizzò quell’informazione e commentò:
« Sei una costante sorpresa, Travis »
La mora ridacchiò, contenta che la sua seppur esigua esperienza precedente potesse essere d’aiuto e non farla passare per la solita perbenista agli occhi dell’amico.
Quando finalmente lo spinello fu pronto, Castiel glielo allungò, mentre lui recuperava un posacenere abbandonato sul davanzale esterno.
Erin rimirò quel lungo cilindro sottile, intravendendo oltre la trasparenza della cartina l’esigua striscia verdognola di marijuana che la attraversava da parte a parte.
« Credo che quella che ho fumato io avesse più roba » osservò senza malizia.
Quel commentò però fece ridacchiare il padrone di casa che sbottò:
« Ehi, guarda che l’ho fatta leggera per te... non ti lamentare »
« Non mi sto lamentando » replicò lei.
Castiel nel frattempo le sfilò il cilindro dalle dita.
« Comunque aspira piano... » la ammonì, guardandola negli occhi.
Lei arrossì, rimanendo ipnotizzata da quello sguardo. Vide l’amico portarsi lo spinello tra le labbra ed accenderne un’estremità, facendo bruciare la carta in eccesso.
Esalò sbrigativamente il primo tiro, per poi aspirare con più intensità e lasciare che il fumo si diffondesse giù per la trachea.
Sentì immediatamente una sensazione di benessere anche se era consapevole che quella notte sarebbe rimasto lucido. Era stato molto parsimonioso nel dosaggio della marijuana e inoltre, ne avrebbe pure ridotto il consumo spartendolo con Erin.
Dopo qualche minuto infatti, si sporse verso di lei, allungandole la canna in silenzio.
Erin allora accettò l’offerta e con eleganza, intrecciò quella sigaretta speciale accavallando le dita.
Una striscia di fumo sottile si librò nell’aria, mentre Castiel non si era perso un istante di quella scena, di quegli occhi che sembravano chiudersi sotto le ciglia della ragazza. Lo aveva colpito la disinvoltura con cui aveva afferrato quel cilindro tra le dita e come lo scintillio della cenere avesse illuminato per un attimo quel volto così angelico.
Erin aspirò un paio di tiri e, prevedibilmente iniziò a tossire convulsa.
« Ehi, vacci piano, Bob Marley » ridacchiò il ragazzo con tenerezza.
Le allungò la lattina di birra rimasa sul tavolino ed Erin non esitò a beneficiare di un sorso rinfrescante.
Sentiva la gola leggermente irritata, ma il fastidio era comunque sopportabile.
Come seconda esperienza, non si scostava molto dalla precedente con Sophia. Aveva sentito un aroma strano in gola, meno fastidioso di quando aveva provato a fumare del semplice tabacco. Era impossibile che dopo un solo tiro fosse già rilassata ma probabilmente l’impatto psicologico di quell’azione la stava influenzando. Iniziò quindi a sentirsi più leggera, come se il suo corpo non avesse più peso.
« A proposito di Bob Marley, mettiamo Redemption song? » propose lei, restituendogli la canna.
Il rosso ormai rispondeva meccanicamente alle richieste di Erin.
Lei anticipava i suoi desideri, intercettava i suoi pensieri. Castiel adorava mettere un sottofondo musicale prima di andare a dormire, specialmente quando si intratteneva in soggiorno a fumare. Il pensiero che quel genere di serate potesse un giorno diventare la loro quotidianità, lo stava davvero spingendo ad un punto di rottura.
La musica rilassata di Marley si diffuse così nella stanza e il volume basso contribuì a creare un’atmosfera soffusa. Non poteva esserci testo più in linea con le riflessioni che si erano scatenate nella testa di entrambi i ragazzi, seduti in quel soggiorno a fingere che quell’armonia serena tra di loro fosse imputabile ad una semplice e casta amicizia.
Le parole di Bob Marley invitavano a prendere coscienza delle proprie capacità e potenzialità, scegliendo come gestire la propria vita, liberandosi dalle paure per andare incontro al futuro in modo consapevole.
Spinta dal vento, la finestra che Castiel aveva lasciato aperta si richiuse e il ragazzo fu costretto ad appoggiare la canna sul posacenere per alzarsi a riaprirla.
« Visto che sei in piedi » sussurò Erin « spegni la luce? »
Era ormai notte fonda e l’illuminazione a giorno della stanza strideva con il clima rilassato che permeava la stanza.
In tutta risposta il padrone di casa accese una piccola lampada accanto alla libreria e spense l’interrutore principale, rendendo l’ambiente ancora più intimo e caldo.
Unita alla canzone di sottofondo, la stanza si caricò improvvisamente di velato romanticismo.
Consapevole della pericolosità della sua situazione, Castiel era tornato a sedersi sulla poltrona, prendendo le distanze da quella figura così dannatamente attraente che lo aspettava sul divano.
Quella decisione però scatenò una punta di malinconia in Erin.
Per quanto la sua presenza accanto a lei rappresentasse una tortura per il suo autocontrollo, più passavano i minuti e più sentiva di non riuscire più a trattenere l’impulso di avvicinarsi a lui.
L’idea del rifiuto la terrorizzava, avrebbe incrinato quel rapporto così speciale ma sapeva anche non poteva più rimandare il momento della verità.
Era pronta ad incassare la delusione, preparandosi a calibrare le parole con cui gli avrebbe detto che anche se i suoi sentimenti non erano ricambiati, non voleva perderlo come amico.
Solo così, poteva sperare di riuscire a togliersi quell’ossessione che la logorava.
Sentendo il cuore che le esplodeva nel petto e il viso andarle in fiamme, sussurrò:
« Perchè non ti siedi qui? »
Vide Castiel dischiudere le labbra, fissandola impietrito.
Erin gli sembrò improvvisamente vulnerabile, in preda a delle emozioni che non potevano essere nascoste dalla sincerità dei suoi occhi verdi.
Per la prima volta in sei mesi, il ragazzo non pensò a un equivico.
Non aveva colto ingenuità in quella domanda. Lei lo guardava come se volesse da lui ciò che per tutta la sera aveva gridato nel profondo della sua anima. Come se entrambi volessero una svolta che tardava ad arrivare.
« Ti salterei addosso se lo facessi » mormorò con un filo di voce.
Quello era il punto di non ritorno.
Erin sgranò leggermente gli occhi e, abbassando lo sguardo, bisbiglio dolcemente:
« E allora cosa aspetti? »
Fu un attimo.
Vide Castiel alzarsi con impeto dalla poltrona e portarsi sopra di lei.
I suoi occhi la incastravano in quella scomoda posizione rendendole impossibile ogni tentativo di fuga. L’unico movimento che le era concesso era il leggero tremore che le attraversava il corpo.
« Che cosa hai detto? » le sussurrò lui con una determinazione che lasciava poco spazio all’immaginazione.
Era così serio, così focalizzato su di lei che Erin capì che non poteva più negare quello che aveva sempre provato. Lui glielo stava leggendo in faccia.
La musica di Bob Marley era ormai finita e il player automatico aveva saputo selezionare una musica che contribuì ad acuire il romanticismo di quel momento, riproducendo All of me di John Legend.
Il cuore di Erin iniziò a pompare il sangue con veemenza e un tenero rossore le imporporò ancora di più il viso.
Era talmente agitata che faticava a respirare normalmente.
La striscia di fumo che si levava dal cilindro abbandonato si era affievolita fino a spegnersi ma Castiel non si era allontanato da lei.
Aveva udito perfettamente le parole di Erin.
Non era necessario che le ripetesse.
Quello di cui aveva disperamente bisogno era la conferma che entrambi non stessero scherzando. Perchè da parte sua, non era mai stato più serio e vulnerabile in vita sua.
Per la seconda volta quella sera si ritrovarono faccia a faccia e pochissimi centimetri distanziavano i loro visi.
Erin si era ammutolita ed era diventata ormai dello stesso colore dei capelli del ragazzo. Lo fissava sconvolta tenendo le labbra socchiuse e fu su quest’ultime che alla fine Castiel posò ancora una volta lo sguardo.
Socchiuse gli occhi e accorciando al millimetro la distanza tra le loro labbra, le sussurrò:
« Aspettavo te, Erin... da tutta la vita »
A quelle parole, vide gli occhi di lei allargarsi per un commosso stupore ma ormai Castiel non poteva più resistere.
Avvicinò le sue labbra e le posò delicatamente su quelle di lei, con una delicatezza di cui non pensava di essere capace. Si ritrasse dopo un istante, fissandola negli occhi ma la dolcezza di quel primo contatto aveva fatto desiderare ad entrambi di ritrovarsi.
Le sorrise appena e mentre lei teneva abbassava le palpebre, la imitò, tornando a baciarla ma questa volta con passione.
Non aveva aspettato che lei formulasse un pensiero a parole poichè cercava quella risposta nell’intensità con cui lei accettava quel bacio, ricambiandolo ed alimentandolo con tutto il desiderio che entrambi avevano frenato quella notte.
Erin gli sfiorò il collo, mentre lui le posava una mano dietro la nuca, avvicinando ancora di più le loro bocche.
Dopo mesi a struggersi per un’amicizia che era diventata troppo preziosa per essere compromessa, scoprivano di aver solo ritardato una svolta che era voluta ardentemente da entrambi.
Era la prima volta che lei baciava un ragazzo con quel trasporto ma aveva sognato così tanto quel momento che le sembrava di sognare e, proprio per questo, si sentì libera di lasciarsi andare.
Con quel bacio, Castiel stava ribaltando ogni sua certezza che fino a quel momento le aveva impedito di dichiararsi.
Iniziò finalmente a capire quanto fosse stata stupida ed ingenua nell’interpretare nel modo sbagliato dei gesti del ragazzo che rivelavano palesemente quanto lui la volesse e ci tenesse a lei. Come quando aveva preso un aereo da Berlino per supportarla con l’operazione di Sophia. Oppure quando le aveva regalato Ariel, il più bel regalo di compleanno che avesse mai ricevuto. Si rammaricò nel ripensare a quanto si fosse infastidito per la sua storia con Nathaniel o quando l’aveva fatto preoccupare alle Bahamas, rapita dal nuoto degli squali. L’aveva visto imbarazzarsi sotto il suo sguardo quando aveva indossato il vestito cucito da Rosalya o quando aveva cambiato look dopo la gita, abbandonando la vecchia Rapunzel. Troppe indizi aveva ricevuto e non solo non li aveva interpretati correttamente, ma ne aveva pure forniti di forvianti. Anche Castiel in questo era stato un pessimo stratega: avevano giocato con la stessa strategia un gioco in cui potevano vincere entrambi semplicemente aprendosi l’uno all’altra. Si erano sempre piaciuti eppure avevano aspettato mesi per ammetterlo.
Quelle considerazioni la fecero destare da quell’ammaliante morsa e si staccò improvvisamente dal ragazzo:
« Aspetta un attimo! » sbottò, corrugando leggermente la fronte. In tutta risposta, il ragazzo rimase basito e per certi versi, pure frustrato da quella sgradita interruzione.
« Da quand’è che ti piaccio? » incalzò Erin, mettendosi seduta.
Molte delle immagini che le erano apparse in quegli ultimi secondi risalivano a ben prima del viaggio a Berlino. Lei aveva acquisito consapevolezza dei propri sentimenti solo dopo che lui se ne era andato ma la prospettiva che lui li avesse maturati molto prima, la spiazzava.
Dopo aver udito quella domanda, Castiel era rimasto immobile, con un’espressione tra il divertito e il contrariato per quell’interruzione.
« Beh da quando ti ho sentito cantare la prima volta, credo » le sorrise lui con una dolcezza tale che annientò il suo ingiustificato risentimento.
« M-ma se mi conoscevi da una settimana! »
Lui fece spallucce, sorridendo appena in imbarazzo mentre Erin sembrava sinceramente sconvolta.
Si sentì talmente ingenua da non essersi accorta di nulla per sei mesi da dubitare della sua stessa intelligenza. Eppure a più riprese i suoi amici le avevano fatto intendere che lei e Castiel potessero formare una coppia.  
« Abbiamo sprecato un sacco di occasioni, Cas » mormorò infine, cercando di riprendersi dallo shock.
« Allora vediamo di non buttare all’aria questa » la zittì lui e, portandole una mano dietro la testa, avvicinò nuovamente i loro visi, tornando a baciarla con passione.
Gli sembrava surreale che, non solo fosse finalmente riuscito a dirle la verità, ma che lei ricambiasse i suoi sentimenti così intensamente. Il profumo della sua pelle gli solleticava il naso e non avrebbe mai smesso di accarezzarle quei mobidi capelli castani.
Con il passare dei secondi, il ragazzo azzardò a introdurre più passione e con essa anche la lingua in quei baci via via più lascivi.
Baciare Erin era un’esperienza nuova, totalmente diversa dal casto bacio che le aveva strappato mesi prima sul tetto della scuola. Era un gesto che lo smuoveva da dentro e che gli rendeva sempre più difficile controllarsi.
Proprio nel tentativo di calmare i suoi bollenti spiriti, fu il primo a staccarsi, a malincuore, da quelle labbra. Sospirò frustrato, mentre lei lo osservava in silenzio:
« Mi diventa difficile comportarmi da gentleman, Erin » mormorò. Aveva atteso per così tanto quel momento che la necessità di doversi staccare da lei lo mortificò.
« Solo un altro po’ » patteggiò lei, trascinandolo a sè.
Vinto da quell’intraprendenza, il ragazzo sorrise e tornò a posarsi sopra di lei, cercando di non schiacciarla con il suo peso. Lasciò che la sua mano scivolasse lungo le costole di Erin, assecondando la forma snella della vita fino a raggiungere i fianchi.
Fu allora che a contatto con il suo basso ventre, lei avvertì quanto intesamente lui la desiderasse e quanto stesse lottando internamente nel tentativo di controllarsi.
Castiel loleva disperatamente il suo corpo e per quanto quell’esperienza fosse così nuova e sconosciuta, si accorse che con lui non aveva paura di niente.
« Castiel… » gli sussurrò ad un filo di voce.
Lui si staccò, timoroso che il suo bisogno di lei l’avesse spinto troppo oltre, al punto da metterla a disagio.
Gli occhi di Erin però brillavano innamorati e, trovando l’ardore di non distogliere lo sguardo, gli sussurrò con una dolcezza infinita:
« …voglio fare l’amore con te »
Il rosso deglutì a fatica, rimanendo impietrito per qualche secondo.
Erin sapeva che nessun’occasione sarebbe stata più memoriabile di quella che stavano vivendo in quel momento. L’unico suo timore era di non essere all’altezza di quanto stava per accadere. Diversamente da lui, non aveva nessuna esperienza e per niente al mondo avrebbe voluto deluderlo.
Se solo fosse riuscita a interpretare l’amore dietro al sorriso incredulo di lui, la ragazza avrebbe eliminato ogni incertezza. Perché era da quando lei aveva passato la prima notte a casa sua che Castiel aveva iniziato a desiderare con ogni fibra del suo corpo di unirsi a lei, fondendo i loro corpi. Talvolta si addormentava sognando il giorno in cui al suo risveglio l’avrebbe trovata tra le sue braccia e poterle baciare la pelle nuda mentre un debole raggio di sole la faceva brillare. 
Alla sua dichiarazione, Castiel non era riuscito a replicare.
Riprese a baciarla con passione perchè il solo pensiero di quello che sarebbe accaduto di lì a poco spingeva la sua eccitazione oltre le sue più intime e temerarie immaginazioni. Non sapeva cosa risponderle, le parole gli erano morte in gola quando l’aveva sentita dire quella frase che continuava a riecheggiargli in testa.
 
Dopo che lei gli aveva chiesto di diventare una cosa sola, avevano spento la musica e, sorridendo si erano spostati in silenzio nella camera del ragazzo.
Erin aveva fatto giusto in tempo a sedersi sul letto quando lui era tornato a cercare le sue labbra, avvinghiandola a sè mentre ne accompagnava dolcemente la schiena a distendersi sul materasso.
I suoi movimenti volontari erano ormai annullati. Come una foglia che galleggia sull’acqua, Erin si lasciava trasportare da quella corrente impetuosa. Aveva perso la percezione del tempo ma non delle sensazioni di cui il suo corpo era infuso.
Castiel la teneva stretta a sé, rendendo sempre più viscerale il loro contatto. L’atmosfera era soffusa e distesi sul letto, continuavano a baciarsi alternando momenti di dolcezza ad altri di maggior passione e impeto. Quel contatto fisico lo faceva impazzire, il desiderio di farla sua cresceva esponenzialmente ma la razionalità che ancora albergava nella sua mente lo invitava alla prudenza.
Erin, dal canto suo, era troppo inebriata da quei baci, intensi e lascivi, che il ragazzo alternava tra la sua bocca e il suo collo per tornare a preoccuparsi di ciò che sarebbe successo di lì a pochi istanti. Sorrise, lusingata dell’effetto che era riuscita a sortire in lui. Lui nel frattempo aveva spostato le sue mani sul torace della ragazza, portandola a distendersi su un fianco. Le accarezzava la schiena, partendo dalle scapole e scendendo lungo la colonna vertebrale, fino a soffermarsi sul sedere; i suoi palmi assecondarono quelle forme così femminili che il ragazzo aveva intravisto per la prima volta in piscina con la scuola. I loro respiri si accorciavano sempre più, a causa di quei baci di soffocante piacere.
I movimenti di lui divennero sempre più espliciti: non poteva resistere ancora a lungo a quella deliziosa tortura. Intuendone le intenzioni, Erin si staccò, sollevando la schiena dal comodo materasso mentre lui la guardava confuso:
« Castiel, aspetta  » gli aveva sussurrato con delicatezza.
Il ragazzo attese impaziente, temendo che un ripensamento da parte della compagna.
Quasi gli avesse letto nel pensiero, Erin precisò:
« Non è che non voglia più farlo… anzi… » lo rassicurò timidamente « è solo che ho un po’ di… inesperienza » ammise a disagio.
A quelle parole, anche lui si era sollevato e avvicinando i loro visi, le aveva stampato un bacio sulla guancia, ammirandola estasiato:
« Non l’hai mai fatto con... nessuno » le sussurrò comprensivo.
La ragazza scosse il capo e pronunciò una frase che si impresse nel profondo del suo cuore e della sua memoria:
« La mia prima volta poteva essere solo con te »
Non era abituato a sentirla parlare così spontaneamente dei suoi sentimenti per lui e mai avrebbe voluto abituarsi alle sensazioni che riusciva a regalarle con la sua disarmante dolcezza.
Riprese ad accarezzarla e, confortato da quella dichiarazione così romantica, azzardò a spostare le mani sotto la maglia di lei. Avvertì il contatto caldo delle pelle ma non si accorse quanto quel tocco delicato le generasse brividi in tutto il corpo.
Nel rispondere a quelle carezze Erin lasciava che fosse l’istinto a guidarla, perché se avesse dato retta alla ragione, l’atmosfera che si era creata tra di loro avrebbe perso la sua magia. Vincendo la sua timidezza, afferrò il lembo inferiore della maglia del ragazzo e la tirò verso l’alto; Castiel sovrappose le sue mani a quelle di lei e velocizzò l’operazione: in un istante si trovò a torso nudo, ma mentre lui era perfettamente a suo agio, Erin arrossì ulteriormente. La vista di quel corpo maschile così tonico e forte le fece venire le farfalle allo stomaco, deliziandosi per quella perfezione. Intravedeva gli addominali definiti, percepiva l’odore di quella pelle appena lavata e il profumo dei suoi capelli. Il petto del ragazzo aderiva al suo, mentre il suo cuore batteva sempre più forte, tanto che lei era convinta che Castiel avrebbe potuto udirlo.
Era ancora completamente vestita, ma il rosso non attese molto prima di scambiare i ruoli e spogliarla della felpa. Con la coda dell’occhio, Erin vide la stoffa bianca accasciarsi al suolo, accanto a quella nera del ragazzo. A coprire la parte superiore del suo corpo, era rimasto solo il reggiseno e, istintivamente, la ragazza incurvò le spalle in avanti, incrociando un braccio davanti al corpo.
Era la prima volta che si sarebbe mostrata in intimo davanti ad un uomo e non era ancora sicura di riuscire a comportarsi con naturale disinvoltura.
Appoggiandole la mano sopra le sue braccia, Castiel la invitò a sciogliere quella debole barriera, sussurrandole dolcemente:
« Lasciati guardare »
Lei sorrise timidamente mentre lui le faceva scivolare via le spalline del reggiseno lungo le spalle e le baciò la clavicola.
Si impose di mantenere un ritmo cadenzato anche se da parte sua sarebbe stato pronto in qualsiasi momento. Voleva assicurarsi che Erin riuscisse davvero a godersi quella notte, anche se l’idea che potesse soffrire un po’, lo preoccupava.
Con esperta maestria, portò la sua mano all’altezza dell’inguine e la liberò dei jeans che raggiunsero il resto dei capi sul pavimento. La visione della ragazza in intimo fu talmente estatica che cacciò fuori un sospiro pesante:
« Che c’è? » chiese Erin preoccupata.
« Che mi fai eccitare troppo » mugolò lui, avvicinandosi al suo orecchio.
Sapeva di non aver ancora visto tutto e per questo cominciò a dubitare della sua capacità di resistenza.
Non solo erano mesi che non soddisfava quel genere di pulsioni ma in aggiunta lo stava facendo con la ragazza che aveva desiderato più di ogni altra in vita sua.
Senza che lui la incoraggiasse, Erin incrociò le braccia dietro alla schiena e, in poche mosse, Castiel vide il reggiseno allentarsi sotto i suoi occhi.
Le sfiorò il seno e quella visione lo eccitò ulteriormente.
Erin si morse le labbra e inarcò la schiena e, massimizzando quel contatto, si lasciò sfuggire un gemito di piacere.
Reclinò la testa all’indietro quando sentì un tocco, dapprima delicato poi più deciso, sfregare la sua intimità. Si lasciò sfuggire un gemito, che fece sorridere il compagno, quando invece lei avrebbe voluto che non lo udisse. Continuava ad accarezzarle il seno con la mano rimasta libera, mentre l’altra rimaneva abbassata a livello pubico.
Lui nel frattempo si era liberato dei pantaloni della tuta e attendeva il momento in cui, finalmente, avrebbe scoperto cosa significasse realmente fare l’amore con lei. La ragazza sentiva un calore sprigionarsi del basso ventre e si rese conto che ormai non aveva più senso prolungare quei libidinosi preliminari.
Involontariamente, graffiò lievemente la pelle del ragazzo, con le unghie che radevano la sua schiena.
Si guardarono negli occhi e Castiel sembrò leggere le sue intenzioni:
« Andiamo? »
Erin annuì e dopo averle stampato l’ennesimo bacio, si sfilò i boxer.
Cacciò giù un grumo di saliva mentre Castiel si allungò verso il cassetto del comodino. Pregò con tutte le sue forze di trovare ciò che cercava e fortunatamente, le sue preghiere vennero esaudite. Dopo qualche secondo, la ragazza vide un pacchettino quadrato essere scartato rapidamente. Lei non riuscì a guardarlo mentre con gesti esperti, il ragazzo prendeva ogni precauzione necessaria prima di entrare in lei.
Erin fissava il soffitto, sapendo che di lì pochi istanti, avrebbe provato un’esperienza nuova e indimenticabile. Avrebbe perso la sua verginità con Castiel e mai avrebbe immaginato di farlo la stessa notte in cui si sarebbe dichiarata. Era quasi rammaricata dall’idea che la lacerazione di quella piccola membrava intima sarebbe stata irreversibile ma al contempo, si sentiva sicura della sua scelta.
Incrociò lo sguardo del ragazzo, che la osservava rapito.
Nonostante la sua determinazione, non riuscì a controllare il tremolio delle mani, mentre cercavano il viso del ragazzo rimasto sopra di lei.
Castiel le diede un ultimo lungo bacio, intenerendosi per l’insicurezza che la ragazza cercava di celare:
« Farò più piano che posso » la rassicurò, tradendo un po’ di emozione nell’incrinatura della sua voce.
Delicatamente, le allargò le gambe che erano piegate davanti a lui e, studiandone l’espressione, entrò dentro di lei.
Erin ritirò le labbra, mordendosele per il dolore.
Lei e Castiel erano diventati una cosa sola e mai prima di allora erano stati così uniti sia mentalmente che fisicamente.
Il ragazzo attese un paio di secondi per abituarla alla sua presenza poi, cercando di controllare il ritmo, cominciò a muoversi lentamente.
Un paio di lacrime inumidirono le ciglia di Erin che serrò gli occhi.
Afferrò saldamente il lenzuolo, stringendolo con tutte le sue forze. Percepiva come un fuoco sotto di sé, ma non aveva il coraggio di chiedere al compagno di fermarsi. Se gli avesse chiesto di uscire, l’istinto le suggeriva che avrebbe solo sofferto di più.
Ammise però che quella sensazione non era poi così intollerabile: più passavano i secondi, e più la presenza del ragazzo dentro di lei le risultava sopportabile, se non addirittura piacevole. Probabilmente era merito anche dell’esperienza del compagno, che aveva saputo gestire la situazione preparandola al meglio all’atto vero e proprio.
Lui aveva i gomiti piegati contro il materasso, all’altezza dei capelli della ragazza. Ogni tanto tornava a cercare le sue labbra, ma appena se ne distaccava, riprendeva la penetrazione con più vigore.
Dopo un po’, Erin sentì di volere qualcosa di più: cominciò così a muovere il bacino, esplorando talvolta dei punti nella sua intimità che le risultavano particolarmente appaganti. 
Quella reattività eccitò il rosso al punto che, sollevando con maggior veemenza del cosce della ragazza, approfondì le spinte. Erin strinse le palpebre, reclinando il collo all’indietro, anche se avrebbe preferito tornare a guardare il fisico scultoreo del ragazzo.
I loro movimenti erano sempre più frenetici e lei sentiva il suo corpo sempre più caldo e affaticato. I loro respiri erano sempre più bramosi di ossigeno e la loro pelle infuocata. Erin, che fino a quel momento aveva cercato di trattenere dei gemiti di piacere, fu costretta a cedere a quell’autoimposizione e ciò non fece che aumentare l’eccitazione del suo compagno.
Quella danza dalla cadenza frenetica continuò per diversi minuti, finché il ragazzo ritornò a stendersi sopra di lei, lasciando che i loro corpi aderissero completamente.
In quella nuova posizione, Erin avvertì una nuova sensazione, nettamente più piacevole delle precedenti e sperò che lui continuasse a offrirgliela senza perdere il ritmo.
Castiel sembrò leggere le sue intenzioni e sorrise appagato, anche se gli diventava sempre più difficile controllarsi. Proprio quando si stava rassegnando che farla arrivare all’orgasmo sarebbe stata una sfida troppo ardua per la loro prima volta, il corpo della ragazza si irrigidì per qualche istante, mentre un’incontenibile sensazione di puro piacere si scaricava lungo il suo corpo.
La sentì rilassarsi ma a quel punto le spinte del ragazzo diventarono più rapide e profonde.
Erin chiuse nuovamente gli occhi, sentendo che la sua intimità implorava una pausa e, per questo, spero che anche il compagno si affrettasse a concludere l’atto.
Per sua fortuna, Castiel era ormai giunto all’apice del piacere e, dopo l’ennesima spinta cadenzata, si irrigidì, lasciandosi sfuggire un gemito di appagamento mentre liberava tutto il desiderio represso.
Cercò gli occhi di lei e li trovò inchiodati sul suo viso.
Lo guardava con una tenerezza che mai le aveva visto, rendendola ancora più bella. I suoi capelli si erano distribuiti sul cuscino, il viso era arrossato dallo sforzo appena compiuto e dall’eccitazione.
Erin era una visione estasiante.
Gli sistemò un ciuffo dietro l’orecchio, sorridendo felice; ricambiando quell’espressione, Castiel rimase ancora dentro di lei, appoggiandosi al suo petto delicatamente.
« Ti peso? » le sussurrò.
« No »
Rimase in silenzio a bearsi di quella sensazione stupenda per qualche minuto finchè non fu costretto ad uscire da lei. Il ragazzo si risollevò e con gesti esperti, si sfilò il preservativo, annodandone un’estremità e gettandolo nel cestino poco lontano. Cercò dei fazzoletti con cui si tolse i residui di lubrificante e finalmente potè stendersi accanto a lei.
Non vedeva l’ora di poterla toccare di nuovo così iniziò ad accarezzarle la schiena nuda, provocandole dei brividi di piacere.
Si sentiva incredibilmente spossato, ma mai prima di allora era stato così felice.
Recuperò la coperta ai piedi del letto e coprì i loro corpi, ancora accaldati e sudati per l’atto appena conclusosi.
Si portò una mano sotto il cuscino che avrebbe condiviso con lei la quale non riusciva a staccargli gli occhi di dosso.
Per entrambi quell’esperienza aveva superato ogni aspettativa e il fatto che fosse accaduta all’improvviso, la rendeva ancora più speciale.
Non poteva che essere lui il ragazzo a cui donare tutta se stessa, l’unico che, ne era convinta, avrebbe amato più di ogni altro in vita sua.
« Ti ha fatto male? » mormorò lui.
Lei scosse il capo e lo tranquillizzò sorridendogli felice.
« Poi non è che ti dimentichi anche questa, vero? » scherzò lui, accarezzandole la guancia.
Lei gli restituì un’espressione interrogativa che gli strappò immancabilmente una risatina divertita:
« Quello di prima non è stato il nostro primo bacio, Erin » chiarì lui.
« Come no?! »
Nel pronunciare quell’esclamazione aveva drizzato il busto e lasciato che i raggi della luna illuminassero il corpo nudo.
Distratto da quella scena, Castiel dimenticò l’argomento di conversazione e tentò di sfiorarle l’oggetto del suo desiderio:
« Hai pure delle tette stupende... »
« Noi ci siamo già baciati?! Quando?! » continuò lei, deviando la mano in avvicinamento e riportandolo all’argomento principale. Si coprì pudicamente il busto, anche se ormai non c’era angolo del suo corpo che il compagno non avesse già esplorato.
Castiel incrociò le braccia dietro la nuca e spiegò:
« Ci siamo baciati una volta... la sera del concerto del liceo. Quando ti ho detto che sarei partito per Berlino »
« Coosa? Mi stai prendendo in giro! » esclamò lei sconvolta.
« Prenderti in giro? » sbottò lui, accantonando la tenerezza con cui si era rivolto a lei fino a quel momento « immaginati come mi sono sentito io quando ho capito che non te lo ricordavi nemmeno, scema! »
« M-ma come è successo?? » balbettò lei.
« Beh, tu eri devastata dall’idea di perdermi. Non la smettevi di piangere dicendo che ero l’amore della tua vita, che non potevo lasciarti e che ti saresti buttata giù dal tetto piuttosto che lasciarmi partire... »
Erin allora lo scrutò poco convinta.
« Mi stai prendendo in giro »
Il ragazzo scoppiò a ridere e lei gli sigillò quell’adorabile risata con un bacio.
Più passavano i minuti e più le sembrava naturale cercare quel genere di contatto fisico con lui, come se la loro complicità fosse radicata dopo anni di relazione.
« Però il bacio era vero? » indagò.
« Il bacio era vero » confermò lui felice « peccato che quando un giorno ci chiederanno “come è stato il vostro primo bacio” tu non sappia neanche come è successo »
« Ma la smetti di sfottere? » si corrucciò lei, mentre lui rideva divertito.
Lei sbuffò, però vederlo allegro e di buon umore era una situazione talmente rara, che gli perdonò all’istante di essersi fatto beffe di lei.
In quel momento non poteva sapere che quelle risate sarebbero diventate sempre meno rare, così come lo scambio di effusione d’affetto e d’intesa.
« A proposito di raccontare cose... » esordì lei tutto d’un tratto, mentre Castiel le accarezzava la spalle rapito « ti dispiace se questa cosa la teniamo per noi? Almeno per un po’ »
Il ragazzo soppesò quella proposta, scrutandola attentamente. La prospettiva di vivere la nuova relazione con Erin senza prese in giro e battutine ironiche da parte della loro schiera comune di amici non gli dispiacque. Solo che non era convinto che quelli fossero gli stessi motivi che spingevano Erin a quella singolare richiesta:
« No, non mi dispiace affatto. Posso sapere il perchè? »
« Cioè, per un po’ intendo fino a quanto non avrò l’occasione di dirlo io a Rosalya » chiarì « lei mi ha sempre spronato a dirti tutto. Direi che era la nostra supporter più accanita »
Castiel la guardò stupito e ammise:
« Beh, questa non me l’aspettavo da lei. Pensavo di non meritarti, soprattutto ai suoi occhi »
« Ecco, diciamo che nel profondo ti vuole bene e- »
« Molto nel profondo » la interruppe Castiel con tono beffardo.
« ...e soprattutto, sapeva che non mi sarei mai innamorata di nessun altro come mi sono innamorata di te » concluse Erin.
A quelle parole Castiel la avvinghiò nuovamente, costringendola a distendersi al suo fianco:
« Ma come sei improvvisamente diventata spudorata, Travis. Dove erano tutte queste dolci parole quando ne avevo bisogno? Mi hai torturato per mesi con le tue cazzo di friendzonate »
« Io ti ho friendzonato? » si arrabbiò lei « ma se stasera mi hai detto che è impossibile fare a meno della mia amicizia! »
Lui ridacchiò e riconobbe:
« A mia discolpa, lo penso davvero. E’ solo per questo che non ti ho mai detto nulla finora. Immaginati se mi avessi detto di no »
« Era ovvio che mi piacessi, Cas! » si inalberò lei.
« Non era ovvio un corno! Mi avevi definito il tuo migliore amico! E più di una volta! »
« Ma tu mi davi corda! Tra l’altro mentre eri in Germania non ti sei mai fatto vivo! »
« Perchè volevo provare a dimenticarti! Non hai idea di quanto sono stato male per colpa tua e della tua ottusità! »
Erin gonfiò le gote, indecisa se rispondergli a tono o assimilare quell’ammissione di vulnerabilità da parte di lui. Optò per la seconda opzione ma senza rinunciare alla tentazione di stuzzicarlo un po’:
« A quanto pare però non ti è riuscito molto bene come tentativo. Sei venuto a consolarmi in ospedale dopo appena pochi giorni »
« E anche in quel caso non l’avevi capito. A volte ho dubitato seriamente della tua intelligenza, Cip »
« Sei arrivato che ero praticamente addormentata e te ne sei andato prima che mi svegliassi » gli ricordò la ragazza.
« Sì, ma anche dopo che l’hai scoperto, non solo non hai fatto due più due, ti sei pure incazzata con me » puntualizzò Castiel.
« In quel momento non sapevo cosa fare: ero indecisa tra il baciarti e il buttarti giù dal grattacielo »
« Senti, senti cosa scopro » sorrise lui mellifluo « ma tu piuttosto... quand’è che hai capito che... »
« Che? » lo incoraggiò Erin, ghignando divertita per il pudore del ragazzo.
« Sì insomma... hai capito »
« Che mi piacevi? » completò lei « per averlo capito, è stato il giorno del mio compleanno... ma probabilmente avevi già iniziato a piacermi da prima »
« Prima quando? »
« Non c’è stato un evento particolare. E’ successo tutto lentamente. Poi in quei mesi ero anche distratta da Nathaniel ma dentro di me sapevo che qualcosa non andava »
Castiel meditò su quelle parole ed infine chiese:
« Pensi che se mi fossi fatto avanti prima, le cose sarebbero andate diversamente? »
Erin ne studiò l’espressione che, se fino a quel momento era intrisa di dolcezza, ora le appariva mutata in una smorfia di malinconia.
Riflettè sui sentimenti di Castiel quando l’aveva vista scegliere il suo migliore amico e si sentì in colpa per non essersi accorta di averlo ferito.
Non avrebbe mai immaginato che mentre lei era impegnata a far funzionare quella relazione traballante, il suo migliore amico stesse lottando per nascondere i suoi reali sentimenti.
« Penso di sì. Mi avrebbe forzato a vedere la nostra amicizia sotto una luce diversa... e non ci avrei messo tanto a capire che ho sempre e solo voluto te »
Quella confessione addolcì l’animo del ragazzo che, senza aggiungere altro, la abbracciò, stringendola a sè.
« L’importante è che alla fine ci siamo trovati. Alla fine ne è valsa la pena aspettare » sussurrò lei, sprofondando ancora di più nel petto di Castiel.
Lui non le rispose immediatamente, così lei lo pizzicò per scatenarne una reazione.
« Eh eh, se avessi saputo che il sesso con te era così, fidati che ti sarei saltato addosso molto prima »
La ragazza arrossì e, in quella tenera espressione, lui cercò le sue labbra.
Persino la prospettiva di addormentarsi, per quanto il suo fisico ne avesse disperatamente bisogno, gli risultava poco allettante poichè implicava doversi separare da quella bocca.
Suo malgrado però la ragazza sentiva una profonda stanchezza investire il suo corpo, così mugolò:
« Saranno le due ormai ».
« Sonno? »
« Credo che mi ci vorrà un po’ per addormentarmi » ammise lei. Lui le baciò la fronte con dolcezza mentre lei guardò per un attimo fuori dalla finestra e sorrise, constatando che la tapparella fosse alzata.
« Vuoi che la abbassi? Guarda che è aggiustata adesso » la informò Castiel, ricordando che l’ultima volta non aveva minimamente assecondato quella richiesta.
La ragazza sorrise per quella premura, ripensando esattamente allo stesso episodio ma chiuse gli occhi e mormorò:
« No, non serve »
« Ma l’altra volta non avevi paura? »
« Sì, ma adesso ho te » replicò lei e affossò ancora di più il viso contro il petto del ragazzo, beandosi di quella sensazione di protezione e calore. Il profumo della pelle nuda di Castiel esercitava un’azione inebriante su di lei, il cui respiro iniziò a farsi gradualmente più regolare e profondo.
Dal canto suo il ragazzo, lui non riusciva a staccarle gli occhi di dosso, così continuò a fissarla per qualche altro minuto.
La stanchezza si stava facendo sentire anche in lui ma stava combattendo con tutto se stesso per non cedere subito al sonno poichè avvertì che l’ispirazione artistica era dietro l’angolo.
Erin non aveva più parlato così provò a sussurrarle la buonanotte ma non rispose.
Cercando di non svegliare la sua musa, allungò un braccio verso la scrivania accanto a sè.
A tentoni cercò il cellulare e aprì un’app per prendere appunti.
Le parole per quella canzone d’amore che non era ancora riuscito a trovare scorrevano rapide nella sua mente e lo stavano investendo con la forza di un tornado perchè la realtà di quella notte era migliore di qualsiasi sogno avesse mai fatto.
 


NOTE DELL’AUTRICE:
 
Non so da che parte iniziare.
Intanto posso meritarmi una pacca sulla spalla per aver pubblicato il capitolo con puntualità? Ma penso (e spero) che questo passi in secondo piano rispetto a ciò che avete appena letto.
Tranquillizzo eventuali teorie complottistiche sul fatto che sì. E’ successo veramente e nel prossimo capitolo Erin non si sveglierà pensando che sia stato tutto un sogno.
Da romantica inguaribile quale sono, avevo abozzato alcune parti di questo capitolo ben prima della pausa eterna di IHS, quindi almeno cinque anni fa, se non di più.
L’aspetto positivo di averlo pubblicato ora è che credo di aver descritto la scena con più consapevolezza e maturità di quanto avrei potuto fare in passato.
Inoltre, anni fa, avevo previsto questa scena come una delle più tardive nella storia ma mi sono resa conto che non aveva senso procrastinarla ulteriormente.
Credo fermamente che se a diciott’anni si è convinti di aver trovato il ragazzo giusto, una come Erin possa passare da zero a mille e assecondare l’istinto. Voi che ne pensate? Troppo presto?
Comunque ora avrete intuito perchè mi piaceva l’idea di pubblicare questo capitolo a San Valentino (anche se su EFP l'ho pubblicata un giorno prima).
Per il prossimo, credo mi ci vorranno più di tre settimane, quindi verosimilmente, ci risentiremo verso Aprile.
Intanto, grazie a chinque sia arrivato fino a qui.
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Giochi di Ruolo > Dolce Flirt / Vai alla pagina dell'autore: RandomWriter