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Autore: dragun95    17/02/2024    2 recensioni
Keto è una città portuale in cui vige la legge del più benestante. Chi ha i soldi può permettersi tutto, mentre i poveri hanno poco o niente. Nergal fa parte di una minuscola parte della parte bassa della città che può vantarsi di avere ricchezza e potere, tanto che tutta la città lo conosce come "Il maestro oscuro".
In genere non gli interessa niente di chi abita la parte alta, basta che non danneggino i suoi affari. Almeno finché non si ritroverà coinvolto suo malgrado in un intrigo che serpeggia in tutta Keto e che sembra voler riportare alla luce un segreto rinnegato nelle profonde acque nere che bagnano e danno vita alla città.
Genere: Noir, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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CAPITOLO 4

 


Sperava non stesse parlando con lui, non gli andava di avere una discussione con un nobile. Voleva solo finire il suo pranzo.
 
-Ehy tu. Il signorino Askew sta parlando con te- lo riprese una delle guardie del corpo. Il moro avrebbe scelto di ignorarli, ma avrebbe solo finito per attirare attenzioni indesiderate. Come quell’idiota che si stava rivolgendo a lui.
 
-Come se questa bestia capisse. Scommetto che non sa nemmeno parlare!- rise divertito il signorotto dai capelli neri. Si atteggiava da re, anche se era alla base della piramide di potere delle famiglie. Per molti nobili sarebbe potuto sembrare un onore, ma era anche uno schifo.
 
-Ha ragione signorino- concordarono la sue guardia del corpo, ridendo insieme al loro protetto. Nergal non rispose con ancora la tazza alle labbra. La poggiò sul tavolo aggiungendovi una spruzzata di limone e mescolando come se non avesse sentito. In genere provocazioni simili se le lasciava scivolare via come l’acqua limitandosi ad ignorarli.
Quell’atteggiamento disinvolto però non piacque al giovane rampollo. Il quale schioccò le dita e una delle sue guardie si avvicinò, facendo volare via la tazza sul tavolo. Nergal guardò la tazza e poi la guardia in armatura. Non appena questi incontrò i suoi occhi venne pervaso da un senso di terrore che lo costrinse ad indietreggiare di qualche passo.
 
-Capisco bene quello che dite!- sussurrò lui alzandosi dalla sedia. Se volevano la sua attenzione, ora l’avevano eccome.
 
-Quindi il mostro parla. Chi lo avrebbe detto- si stupì il rampollo. Evidentemente non sapeva quanto il “mostro” come lo chiamava lui fosse pericoloso, perché se lo avesse saputo, sarebbe già scappato a gambe levate.
 
-Parole grosse, dette dal verme che sta in fondo alla gerarchia- tutto sembrò fermarsi. Tutta la gente in strada si congelò sul posto, mentre alcuni rimasero fermi altri preferirono rifugiarsi nei negozi più vicini. L’istinto gli stava dicendo che presto la situazione sarebbe precipitata e di mettersi al riparo.
 
-Che hai detto spazzatura? Sai chi sono io?!- gli urlò Askew rosso di rabbia, come si permetteva quello scherzo della natura di insultarlo. Nergal però non sembrò minimamente preoccupato, aveva previsto quella reazione.
 
-Si. Un rampollo idiota- il giovane membro dei Kragebrats a quel punto non ci vide più. Con gli occhi ardenti di rabbia scoccò le dite e le sue guardie personali estrassero dalla cintura dei manganelli in metallo ricoperti di cristalli neri. Quando li strinsero in mano questi vennero percosse da delle lievi scariche elettriche.
Si trattava di armi di autodifesa e guardia pensate per folgorare e mettere fuori gioco l’aggressore senza ucciderlo.
 
“Vogliono folgorarmi e percuotermi. Forse con un altro avrebbe funzionato” ammise senza fare una piega.
 
-Puoi sempre inginocchiarti e implorarci, forse non ti faremmo troppo male- lo provocò la guardia che si era messa davanti a lui, ma in risposta ottenne solo il silenzio e uno sguardo di fastidio. Possibile che volessero tutti attaccare briga o prendersela con lui quel giorno. A quella reazione il bodyguard alzò il manganello per colpirlo. Ma prima che l’arma elettrica potesse colpirlo qualcosa gli afferrò il braccio.
Ciò che l’aveva fermato non era di certo umano anche se ne aveva i tratti. Si trattava dell’ombra di Nergal stesso. La quale si era allungata diventando tangibile e fermando l’aggressore del suo padrone. Tutti restarono a bocca aperta, incluso il giovane rampollo dei Kragebrats.
 
-Ma cosa?...-
 
-Toglimelo dai piedi- come ordinato l’ombra piegò il braccio della guardia per appoggiare il manganello elettrico contro la sua armatura e fargli prendere la scossa. Mentre era stordito gli strappò l’arma di mano e la uso per colpirlo alla testa mandandolo a terra. Gli altri tre si misero in guardia avvicinandosi al loro protetto. Anche se prendevano ordini il loro dovere primario era la protezione di Askew.
 
-Che diavolo è quella?- chiese il giovane indicando la figura nera.
 
-È solo la mia ombra- rispose tranquillamente l’altro mentre l’ombra tornava ai suoi piedi come era prima. Askew strinse i denti furioso, una feccia simile si stava davvero ribellando a lui. Un membro di una delle cinque famiglie più influenti di Kētō.
 
-Credi che ti perdonerò dopo questo affronto? Tu sei solo un…- prima che potesse finire la frase dei rovi neri spuntarono dal terreno immobilizzando le sue guardie. I tre provarono a liberarsi, ma erano completamente immobilizzati, ora era totalmente solo e senza alcuna difesa. Il giovane Kragebrats deglutì sentendo la paura crescere dentro di lui, mentre Nergal fece un passo in avanti.
 
-Pensi che con il tuo grado di Nobile di una delle “Cinque famiglia”, ti possa permettere di fare tutto quello che vuoi?!- a grandi falcate il corvino superò le guardie imprigionate, arrivando a tre metri da Andrew, che sussultò facendo un passo indietro iniziando a sudare freddo. Mentre Nergal lo scrutava da capo a piedi, poteva sentire l’odore di paura che il giovane stava emanando.
 
-In confronto a te, Fenrir ha più onore e classe- dopo quelle parole la paura che attanagliava Askew sparì facendo spazio alla rabbia che ardeva come un incendio. Come si permetteva di tirare in ballo i Bàthory, quei maledetti cani non facevano altro che guardarli dall’alto in basso. Ma lui era un nobile. Non poteva permettere che un mostro come quello lo trattasse così, ne andava del suo orgoglio e di quello della sua casata.
 
-NON SOTTOVALUTARMI SPAZZATURA!- alzò il braccio contro Nergal concentrando il potere magico per lanciare un incantesimo. La vampata di fuoco che scaturì dal suo palmo invece di essere lanciata in avanti, venne diretta verso il cielo. Il moro spostò lo sguardo vedendo che l’ombra del Maestro oscuro si era nuovamente allungata, afferrandogli e spostando la direzione del braccio con cui stava lanciando l’incantesimo.
Andrew preso in contropiede, provò a liberarsi. Ma la presa era ferrea anche se quella figura era fatta solo di ombra.  Strinse i denti portando la mano libera alla cintura per prendere la pistola, ma Nergal lo intercettò fermandolo e costringendolo a guardarlo negli occhi. Appena si specchio in quelle pozze rosse il giovane sentì tutte le forze e la rabbia scemare.
 
-…Già ero irritato. Ma ora tu mi hai fatto leggermente arrabbiare- disse rilasciando parte del suo potere. Sentendo quell’esposizione di mana da quella distanza ravvicinato, il giovane rampollo ebbe un conato di vomito, finendo per sporcarsi gli abiti costosi. Nergal si avvicinò al suo orecchio per sussurrargli qualcosa prima di lasciare la presa su di lui.
Askew cadde in ginocchio, stava tremando ed aveva un’espressione sconvolta stampata in volto.
 
-Ora se vuoi scusarmi, ho delle faccende da fare- schioccando le dita richiamò i rampicanti che teneva immobilizzate le guardie, mentre la sua ombra gli riportava il suo cappello che aveva lasciato sul tavolo.
Come se non fosse successo niente, si mise il capello in testa e si avviò sulla strada di casa. Le persone che avevano assistito alla scena erano incredule e confuse, mentre guardavano il membro della casata dei Kragebrats ancora in ginocchio. Che cos’aveva fatto e detto per farlo finire in quello stato.
 
---Ψ---Ψ---Ψ---Ψ---Ψ---
 

-Davvero non ha notato niente di insolito, durante la ronda?- chiese l’agente nella stanza degli interrogatori.
 
-È quello che ho detto. Non ho notato niente di sospetto o insolito- disse Orio. Era una delle guardie assunte personalmente dai Bàthory per sorvegliare i loro magazzini portuali. Una cosa normale per dei nobili, e quindi avevano la maggior responsabilità sulle loro spalle.
 
-C’e lo ha già detto- disse l’agente sospettoso: -Ma è tutto quello che può dirci?- l’agente puntò gli occhi sull’uomo con sguardo affilato, per mettergli pressione e ottenere qualche informazione utile. Ma l’altro rise.
 
-Credete sia un lavoro fatto dall’interno?- la domanda di Orio non ottenne risposta, ma era chiaro che quella fosse l’ipotesi più accreditava che gli veniva in mente.
 
-Stiamo parlando dei Bàthory. Crede davvero che sia così stupido da mettermi contro di loro? Ci tengo alla mia vita! E poi sa quanto mi danno per fare il mio lavoro. Perché danneggiare gli affari di chi mi paga?- l’agente non si fece impressionare da quelle parole, limitandosi a guardarlo freddamente.
 
Dall’altra parte della stanza Alpha stava assistendo all’interrogatorio mediante il “Globo di osservazione” un oggetto delle dimensioni di una grossa sfera metallica con un frammento di cristallo posto davanti e da cui trasmetteva le immagini e il suono nella stanza.
 
-Facciamo entrare il prossimo?- gli chiese il suo assistente Bokkai. Un giovane agente proveniente dai paesi orientali oltre mare, dai capelli neri così come gli occhi e un’andatura timida. La donna scosse la testa, stavano solo facendo buchi nell’acqua.
 
-Dirgli di lasciarli andare tutti- sospirò infine poggiando il globo sulla scrivania e andando a sedersi sulla sedia, buttando la testa indietro. Le indagini andavano avanti e non avevano un solo misero indizio o poco più. Anche se la teoria della talpa non fosse totalmente da scartare e che avessero fatto esplodere il tutto per depistare le indagini. Ma gli sembrava tutto troppo elaborato per delle semplici guardie o un normale cittadino.
 
“Potrebbero anche aver assoldato dei professionisti?” si chiese. Non era da escludere anche tale eventualità, vista la lista di nemici che il capo famiglia dei Bàthory si era creato. Molti lo volevano fuori dai giochi sia a livello fisico che finanziario.
 
-Non crede siano stati loro?- chiese il suo aiutante notando l’espressione della donna.
 
-Che senso avrebbe rubare a chi li paga e anche profumatamente. E anche fosse stato qualcosa di molto prezioso, credi davvero che queste persone avrebbero rubato ai Bàthory?- il suo assistente sentì un brividio lungo la schiena scuotendo la testa.
Aveva sentito che i Bàthory non prendessero bene i tradimenti. C’era anche una storia su di un loro stretto collaboratore che avrebbe provato a vendere informazioni ad un‘altra famiglia. Questi dopo essere stato scoperto, come punizione venne smembrato vivo dal capofamiglia in persona e successivamente i suoi resti furono usati come pastura per la pesca al serpente marino.
 
-Solo un pazzo lo farebbe- la Comandante annuì.
 
-O qualcuno che non ne avrebbe paura- ammise lanciando i fogli sulla scrivania. Il giovane guardò i nomi segnati, trovandone due che la donna aveva evidenziato. Entrambi della cerchia delle cinque famiglia più potenti della città: i Matiboj e i Silverash.
 

 
---Ψ---Ψ---Ψ---Ψ---Ψ---
 

Nella stanza il rumore più preponderante era il suono del “Musicante” uno strumento che emetteva il suono di strumenti sia singoli che insieme. In questo caso era il suono del piano forte unito a quello del violino. Era un’armonia dolce ed elegante che a Fenrir piaceva tanto. Il capofamiglia era nella grande libreria della sua tenuta intento a controllare dei libri.
Questa ospitava molti libri e manoscritti sia classici che su argomenti approfonditi nel dettaglio e scoperte scientifiche. Secondo il suo parere non bastava la dote del comando per essere un leader, ma occorreva anche una vasta conoscenza in più campi.
 
Prese un volume dalla sezione dei testi antichi tornando ad uno dei tavoli della stanza. Si accomodò ad una delle poltrone iniziando a sfogliarlo. Dopo un’ora o poco meno sentì che qualcuno era entrato nella biblioteca.
 
-Rivelati- disse senza staccare gli occhi dal volume, sentendo il suono di passi che si avvicinava.
 
-Sono Kaien, my lord- disse la donna inchinandosi davanti a lui. L’argenteo alzò la testa dal volume osservando la sua guardia. Kaien era una donna molto bella dalla pelle diafana e le curve prosperose, il viso era incorniciato da lunghi capelli biondo chiaro con un ciuffo che nascondeva l’occhio sinistro. L’occhio visibile quello destro era verde smeraldo e le labbra erano sottili e rosee.
Indossava un uniforme argentata e nera con le parti del colletto e dei polsi in pelliccia e una cintura metallica a placche. In testa indossava un cappello basco in pelliccia con sul lato il simbolo dei Bàthory. Composto da uno stemma circolare con dei cristalli in basso e un lupo seduto su corpo di un drago morto.
 
-Come sta mia sorella?- chiese subito lui alzandosi e guardando la sua guardia.
 
-Lady Elizabeth è a riposo nella sua stanza. Le medicine stanno facendo effetto- Fenrir annuì abbozzando un sorriso. Per lui sua sorella era la cosa più importante e la sua protezione e benessere non aveva alcun prezzo o mezze misure.
 
-Avete scoperto qualcosa riguardo al furto ai nostri danni?- era lì per questo. Kaien non solo era una delle guardie più fidate della famiglia che proteggeva la tenuta, ma si occupava anche della divisione interna riguardo al raccogliere informazioni.
 
-Come da sua richiesta stiamo ricercando gli utilizzatori di magia che potrebbero aver organizzato il colpo. Visto il depistaggio, deve trattarsi di qualcuno di abile e che di certo non può aver agito da solo. Teniamo d’occhio il resto della nobiltà, mio signore- la cosa però non lo faceva restare tranquillo. Voleva quel maledetto ladro nelle sue segrete così da poterlo torturare, dovevano capire che non si scherzava con il suo casato.
 
-Posso chiedervi una cosa, lord Fenrir?- si permise la donna, lui annuì: -Perché pensate che il Maestro oscuro non c’entri? È stato visto sulla scena del crimine-
 
Era sicuro che avrebbe voluto tirare in ballo Nergal. Anche perché nonostante si fosse presentato sulla scena, non risultava sulla lista dei sospetti, ma aveva i suoi buoni motivi.
 
-Vero. Ma è meglio andarci cauti ad indagare con individui come lui- ammise tornado a sedersi sulla poltrona: -Inoltre gli oggetti magici che lui ricerca sono di tutt’altro genere da quelli che ricerco io. E anche se io avessi avuto qualcosa che voleva non avrebbe agito in quel modo. Si sarebbe presentato da me con un’offerta che non avrei potuto rifiutare, non è un mostro incivile come la maggior parte pensa-
 
-Quindi non indagheremmo sui suoi spostamenti?- l’argenteo scosse il capo.
 
“Preferirei evitare di mettermelo contro” si disse. L’ultima cosa che voleva era farselo nemico, non erano proprio amici del cuore. Ma si rispettavano a vicenda tanto da non mettersi i bastoni a vicenda. E sapeva che era meglio tenersi vicino gli amici e i nemici ancora più vicini, anche quelli possibili.
 
-Continuate le ricerche. E mentre andate dite alle cucine di prepararmi dell’Earl grey tea e una bella caraffa di caffè caldo. Avrò molto da leggere- la donna annuì con un inchino prima di uscire dalla stanza, lasciando il suo signore a continuare la sua lettura.
 
 
 
 
 
 
Note dell’autore
 
Salve a tutti e ben tornati ad un nuovo capitolo. Come ci eravamo lasciati nel precedente ecco che Nergal si ritrova a dover fare i conti con un rampollo nobile. Peccato che Askew non sia intelligente o avrebbe fatto meglio a lasciare stare e invece è stato umiliato.
Nel mentre le indagini sull’assalto al porto continuano ma senza successo, anche se dei sospettati scomodi ci sono.
Infine vediamo che anche Fenrir ha mobilitato le sue risorse per trovare il colpevole. Si vede che l’ha presa molto sul personale.
 
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Ringrazio chi segue e legge la storia e vi do appuntamento al prossimo capitolo.
A presto.
  
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