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Autore: Johnee    02/03/2024    0 recensioni
Una storia parallela alla trama principale di Inquisition che concerne: due nevrotici, i traumi™, gufi appollaiati su trespoli impossibili e la ricerca della reciprocità.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cullen, Hawke, Inquisitore
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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CW: disordini alimentari, razzismo
 

Cullen si svegliò di soprassalto, ammiccando per mettere a fuoco l'ambiente attorno a sé mentre cercava di capire cosa fosse successo.
Era nella sua stanza, steso a letto. Poco lontano, Lavellan lo osservava con aria preoccupata, mentre finiva di rivestirsi. -Un incubo?- gli domandò, rauca.
Cullen si portò a sedere, passandosi entrambe le mani sul viso. -Non ne ho idea.- rispose, dato che del sogno che aveva fatto portava solo un cospicuo residuo di disagio. -È già ora?-
Lavellan finì di allacciarsi la camicia, poi si mosse per raggiungerlo. Gli carezzò il viso dolcemente, poi si chinò per baciarlo. -Per me sì. Ho una riunione in tre ore.- spiegò, sedendosi sul bordo del letto. -Se mi presentassi con i vestiti che avevo ieri e questi capelli- si indicò -Josephine sarebbe capace di scuoiarmi viva.-
Cullen sbadigliò sonoramente, appoggiando la fronte sulla sua spalla. -Dovremmo iniziare a passare la notte da te.- biascicò.
Lei gli passò una mano tra i capelli, raccogliendoli dietro alla nuca. -Te l'ho già detto che è una pessima idea, vhenas. C'è tanta di quella gente che gira per le mie stanze che dovremmo dormire sotto al letto per avere un po' di riservatezza.-
Lui sollevò uno sguardo stanco su di lei. -Però non saresti più costretta a svegliarti a questi orari improbabili.-
Lavellan diede un sorriso tirato, poi si strinse nelle spalle. -Preferisco così.- tagliò corto, perché non aveva proprio voglia di insistere sull'argomento. Difatti, finì di vestirsi velocemente, gli scoccò un bacio sulla fronte e si dileguò, senza dire una parola.
Cullen, che ormai era sveglio, la osservò allontanarsi con aria preoccupata, quindi esalò un sospiro, passandosi entrambe le mani sul collo per sgranchirselo.
Dato che non osava riaddormentarsi per paura di quello che avrebbe potuto aspettarlo nel mondo dei sogni, si lavò e si vestì a sua volta, per discendere le scalette che portavano al suo ufficio.
Sul suo viso apparve un’espressione mista di rimprovero e tenerezza, quando notò che Lavellan gli aveva lasciato sul tavolo una tisana bollente e un bigliettino. Il fatto che avesse pensato a coccolarlo, nonostante avesse i tempi contati, spazzò via gli ultimi residui di disagio che provava, sostituendolo con un gran calore.
Munito di tazza, si affacciò alla porta, per godersi un po’ di frescura mattutina prima che attaccasse l’afa. Lesse il bigliettino e un sorriso sbocciò sulle sue labbra. “Oggi c’è il sole. Puoi lasciare l’armatura a casa. Ma anche la camicia.” diceva, chiudendo con un cuoricino striminzito sopra la sua iniziale.
-Ah, ti piacerebbe!-
Sollevò il suo sguardo allegro verso la piccionaia e subito tutto ciò che lo riscaldava lo fece sentire in colpa. Fece un cenno con il capo a Leliana e, in difficoltà, rientrò.

Lei, appoggiata alla merlatura con le braccia incrociate, lo osservò fare dietro-front senza un’emozione addosso.
Inspirò profondamente, poi espirò tutto ciò che la turbava per delegarlo alla notte che finiva.
Dietro di sé, la porta scricchiolò, chiudendosi alle spalle del segretario di Lavellan.
Anche lui, notò Leliana con la coda dell’occhio, stava trattenendo le emozioni dietro una maschera di neutralità in maniera eccellente.
-Buongiorno, Shaan.- lo salutò, tornando a guardare l’orizzonte.
Lui ricambiò la cortesia con un cenno semplice, dopo essersi affiancato a lei. -Sua Eminenza si occuperà personalmente della riunione. Non è necessaria la sua presenza.-
Leliana contrasse le labbra in maniera impercettibile. -Consigliale che se vuole davvero farmi un torto deve costringermi a partecipare a quante più riunioni possibili. Specialmente quelle di forma.-
Il segretario rimase in silenzio un istante, prima di risponderle. -Non intendeva farle un torto, intendeva aiutarla. Nonostante tutto, rimane una persona molto professionale.-
-Lo siamo entrambe.-
-Allora avrebbe potuto dirle che lo ha fatto perché ci teneva.-
Leliana si voltò verso di lui con un accenno di sorpresa nello sguardo.
Shaan non aveva abbandonato la maschera di educazione, ma le sue emozioni erano ovvie. -Dopo tutto questo tempo, ha ancora bisogno di provare la sua lealtà nei confronti del progetto?- domandò.
-Se fossi nella mia posizione, anzi, se entrambi foste nella mia posizione, agireste nella stessa maniera.-
-E allora può benissimo intuire perché non ha intenzione di accettare le sue scuse.-
Leliana si spinse in posizione eretta. -Perché farebbe lo stesso?-
-Perché farebbe l’esatto opposto.-
Leliana si impedì di rispondere, ma Shaan era altrettanto bravo a intuire i contorni di un viso dietro alla maschera. Difatti, appoggiò istintivamente la cartellina a ridosso del cuore, come se fosse in attesa dell’affondo.
-Insomma, mi sbagliavo. Pensavo che avresti capito, dato che stiamo facendo la stessa cosa.- disse Leliana. -Io sono qui per garantire che il progetto funzioni, tu sei qui per controllare che lo stesso progetto sia di beneficio per la tua gente. O per l’Arlathven, a essere precisi.-
Lui, che si aspettava di peggio, rilassò le dita attorno all’oggetto. -Suppongo che abbia letto i miei resoconti.-
Lei non negò, ma nemmeno lo ammise.
-Allora ha sicuramente notato che di mio c’è solo la forma, oltre che la prosa.- proseguì lui, voltando la testa verso il cielo che si schiariva. -E soprattutto, che le informazioni sono parziali. Se lo ricorda il paragrafo su di lei che ho spedito il mese scorso? “Una speranza concreta per elvhen e umani di coesistere.”.- fece una pausa. -L’ho scritto così come mi è stato riferito, perché concordavo.-
Leliana raggiunse l’obiettivo del suo sguardo, inarcando un sopracciglio. Shaan registrò quell’accenno di scetticismo e rilasciò un sospiro sommesso. -Non ho mai concordato sul resto, però. E sono quasi sollevato che se ne sia resa conto anche lei.-
-Sei sollevato che abbia perso la sua amicizia?-
-Sono sollevato che abbia capito che non ha senso dare affetto a qualcuno che non sarà mai soddisfatto di lei, professionalmente e personalmente.- dichiarò Shaan, facendo per andarsene. -Quando smetterà di proiettare le sue insicurezze sulla persona sbagliata, le sue scuse avranno un valore.-
Detto ciò, si congedò con un inchino composto e uscì, senza farle il piacere di proseguire la conversazione.
Leliana osservò la porta chiusa a lungo e, nonostante fosse al sicuro dallo sguardo di tutti, si concesse solo di contrarre il viso in una lieve smorfia di fastidio.
Come Cullen, cercò rifugio dal mondo esterno, ma non per vergogna.


 

32 – Big mistake. Big. Huge.



-Delltash!-
Lavellan si rialzò bruscamente dal cespuglio di fragoline e lo calciò, impigliandosi i pantaloni.
-Vuoi riprovare?- le domandò Cassandra, che si stava prendendo una pausa dall'allenamento per tenerla d'occhio.
Lavellan le lanciò un'occhiataccia, ritornando alla posizione di partenza con tutta l'aria di voler prendere a testate la parete rocciosa sulla quale si stava accanendo.
Nonostante il sole avesse benedetto la mattinata, la situazione era cambiata repentinamente, dando vita a un primo pomeriggio uggioso, genitore di una nottata che sicuramente sarebbe stata tartassata da un’altra precipitazione intensa. Quell’altalena meteorologica andava avanti da settimane e i montanari assicuravano a tutti che non sarebbe cambiato a breve.
A riprova di quell’atmosfera elettrica, attorno alla radura si potevano notare molti alberi abbattuti dai fulmini e sradicati dal maltempo, in più in certe zone il terreno era persino annerito.
Lavellan aveva deciso di allenarsi all'esterno comunque, perché erano tre giorni che non provava la sua impresa, inoltre aveva bisogno di allontanarsi da Skyhold per qualche ora e riversare la sua frustrazione su qualcosa su cui sapeva di avere ancora il controllo.
I risultati furono disastrosi e non perché il terreno fosse bagnato.
-Fatti un giro di corsa, Lav.- le suggerì Cassandra, dopo aver assistito al terzo atterraggio brusco. Lavellan, che aveva già il fiatone e si reggeva lo stomaco con aria dolorante, scosse la testa. -Se non salgo su questa fottuta roccia, non ho speranze di portarvi al di là del fiume ghiacciato.- spiegò, con la voce rotta dal nervosismo.
Cassandra incrociò le braccia sul petto, scorrendo uno sguardo preoccupato sull'amica. -Non lo farai comunque, se ti ostini a lasciarti cadere.- la rimproverò.
Lavellan si mosse per fronteggiarla, piantando uno sguardo madido di rabbia su di lei. Cassandra sciolse le braccia, per puntare le mani sui fianchi. -Fa' un giro di corsa.- ribadì, avvicinandosi di un passo.
-Che cazzo risolvo con un giro di corsa?- sibilò Lavellan.
-Questo atteggiamento.- le rispose Cassandra, senza muoversi di un millimetro.
Lavellan la guardò a lungo, con astio, poi esalò il fiato nervosamente dal naso e fece come le era stato suggerito. Cassandra la seguì con uno sguardo penetrante, osservandola ribollire per tutta la durata del percorso. Una volta che ebbe finito, si avvicinò a lei, porgendole la mano per aiutarla a raddrizzarsi.
Lavellan era piegata in due dallo sforzo, con le guance rosse e una nota acuta che concludeva ogni inspirazione. Si alzò da sola, ignorando la gentilezza e dandole le spalle, mentre cercava in tutti i modi di ricomporsi.
-Sta peggiorando.- gemette, a fatica.
Cassandra aggrottò la fronte. -Deve peggiorare prima di migliorare, Lav. Il tuo corpo si sta ancora adattando al cambiamento.- disse, evitando di aggiungere che lo stato dell’Ancora avrebbe impedito un ripristino completo delle sue abilità.
Quell’omissione la rese furiosa, perché sapeva anche lei che certi pezzi erano troppo rovinati per essere rimessi al loro posto e le pesava di non riuscire a rimediare nemmeno impegnandosi il triplo di quanto già non stesse facendo.
-Non voglio un cambiamento, voglio...- Lavellan fu costretta a fare una pausa. Alzò la testa verso l'alto, per cercare di migliorare la respirazione. -Voglio fare quello che facevo prima. Mi ha detto che ci avrebbe messo meno di una settimana a farmelo fare e io sono al punto di partenza.- protestò.
Cassandra la affiancò, per porgerle una borraccia. -In quattro giorni hai compiuto un’impresa di recupero che in molti si sognano. Sei assolutamente in tempo.-
Lavellan si sforzò di bere un sorso d'acqua, deglutendolo di malavoglia. Osservò la borraccia con aria truce, schioccandosi la lingua sul palato. -Sa di uova.- commentò, per poi ritornarla alla sua proprietaria con un gesto brusco. -Continuiamo.-
Cassandra la osservò rimettersi in posizione, poi esalò un sospiro rassegnato. -Farai tardi alla seduta del consiglio, Lav.- le ricordò.
-Sono in tempo.- replicò lei, senza nemmeno guardarla.
-Non sei in tempo. Devi prima pranzare.-
-Ho già pranzato.-
-La felce di Josephine ha pranzato.- la corresse Cassandra, portandosi di fronte a lei per impedirle di portare a termine il volteggio.
Lavellan alzò gli occhi al cielo. -Era deperita.- scherzò, senza nessuna traccia di divertimento nello sguardo. -E voi dovete smettere di guardarmi nel piatto.-
-Solo quando tu smetterai di prenderci per scemi.- sbottò Cassandra, indicandole il sentiero con un cenno. -Ora muoviti, o ti ci porto di peso.-
-Vorrei vederti provare.-
Cassandra le scoccò un'occhiata eloquente. -Sicura?-
Lavellan alzò una mano tra loro, rivolgendole un'espressione che avrebbe fatto impallidire un Ogre. -Toccami anche solo con un dito e te lo spezzo.- la minacciò.
Cassandra sollevò le sopracciglia, allibita. Lavellan però non le diede il tempo di rispondere a tono. Si mosse per recuperare il suo equipaggiamento e intraprese il sentiero di gran carriera, con ogni singolo muscolo che grondava di rabbia.
Non vide niente e nessuno, da lì al salone; non perché fosse deserto, ma perché era accecata dalla frustrazione. Una volta nel vestibolo, passò lo sguardo sui tavoli che la servitù stava apparecchiando per il tè e si diresse verso un vassoio di tortine. Ne afferrò una, fece per portarsela alle labbra, poi si fermò.
Il suo naso percepì burro e latte, le sue dita farina.
La osservò a lungo, sentendo il suo stomaco agognarla e forzare la sua mente ad assaporare la goduria velenosa che il dolce rilasciava nel suo palato dopo ogni morso. Si gettò virtualmente sul vassoio, spingendosi il cibo in bocca come se fosse l'ultimo giorno che avrebbe passato sul mondo terreno, impedendosi di respirare mentre il suo corpo si gonfiava per l’allergia e ogni singola cellula grassa che possedeva si liquefaceva a terra, come una frana di miele. Poteva percepire sulla lingua ogni singolo granello di zucchero, le curve che la glassa prendeva quando si infilava tra gli incisivi e la spugnosità dell'impasto mentre i molari lo distruggevano.
Ogni singola cellula del suo corpo era tesa verso la tortina, imponendo a Lavellan di morderla e impedendole di farlo allo stesso tempo.
-Puoi farcela.-
Lavellan si voltò di scatto, ritrovandosi a fare i conti con lo sguardo di Cassandra. Era rigido e severo, ma dietro quegli aggettivi c'era una grande volontà di aiutarla a fare fronte al problema.
Non riuscì a risponderle, perché non aveva idea da dove partire.
Cassandra si avvicinò a lei, le tolse la tortina di mano, sostituendola con le sue e stringendo la presa. -Bellanaris.-
Lavellan prese un respiro profondo, poi annuì.
Cassandra le rivolse un cenno d’approvazione, poi la condusse con calma verso le cucine.

-Come stai, oggi?-
Dal suo lato del tavolo di guerra, Lavellan sollevò lo sguardo verso Josephine, che si era avvicinata a lei con la scusa di rimettere al suo posto una manciata di segnalini.
Esitò, prima di rivolgerle un sorriso tirato. -Reggo.- le rispose, procedendo ad aiutarla per mascherare l'agitazione che provava ogni volta che si sentiva ripetere quella domanda. In qualche modo, quella costante richiesta di aggiornamenti la faceva stare peggio.
-Sei riuscita a fare il salto?-
Ancor prima che potesse rispondere, Cullen si intromise. -Lo farà presto.- affermò, con una sicurezza tale che sembrava scontato che accadesse.
La maschera rosa del “va tutto bene” che Lavellan si stava sforzando di indossare da che era uscita dalle cucine fino a quel momento, si frantumò a terra, rivelando una smorfia di frustrazione.
Cullen la ignorò, procedendo a recuperare un rapporto dal tavolo per leggerlo, sotto allo sguardo incerto di Leliana.
Lavellan appoggiò le dita sul tavolo, osservando la mappa con la preoccupazione nello sguardo.
-Posso schierarne un centinaio, ma dovremo per forza chiedere supporto ai Bann.- disse Cullen, troncando di netto la conversazione.
Lavellan lo ringraziò mentalmente per l'assist, procedendo a sviscerare la questione senza il rischio di mettersi ulteriormente in ridicolo nella sede più sbagliata per farlo.
Non mancò di ripetergli quel ringraziamento a voce alta, durante la cena.
Dorian aveva recuperato un tavolo e qualche sedia, creando al volo uno spazio privato per mangiare in un locale dell'ultima torre diroccata del sistema meridionale. Cassandra si era occupata del cibo, il Toro aveva recuperato una botte di vino intera, Blackwall aveva messo due fiori dentro a un vasetto di miele vuoto e Varric diceva di aver portato compagnia, riferendosi a se stesso e al mazzo di carte che mescolava con maestria mentre il gruppo chiacchierava.
Il locale era ampio, ma reso per metà inagibile da macerie e torri di candele impilate dagli abitanti occasionali di quel posto. La parete dell'entrata, a est, era sormontata da una caricatura molto appariscente di Solas, con una scopa infilata laddove una scopa non dovrebbe avvicinarsi.
-La farei ridipingere, ma me ne dimentico ogni volta che mi capita di passare per il suo studio.- aveva ammesso Cullen, convinto che lo avrebbe sentito solo Lavellan.
-Sorride quando il suo sguardo cade sulla macchia di muschio che censura la vergogna.- era intervenuto Cole, facendo sobbalzare il gruppo intero, che non si era accorto minimamente della sua presenza.
Contenta che si parlasse di tutto fuorché di lavoro e del suo problema, Lavellan sentì un grosso peso togliersi dalla sua schiena. Ne aveva bisogno e non era sola.
Erano tutti reduci da una giornata pesante. Dorian appariva seriamente abbattuto per via di un insuccesso negli studi; Cassandra aveva discusso per gran parte del pomeriggio e della sera con un gruppo di madri della Chiesa con l'apertura mentale di una frana che ostruisce una grotta; il Toro aveva una gamba steccata e un corno fasciato di fresco; invece Blackwall si massaggiava la schiena in continuazione per via di una brutta caduta.
Sorprendentemente, gli unici che sembravano mantenere una certa compostezza, nonostante le evidenti occhiaie che circondavano i loro sguardi, erano Varric e Cullen. Lavellan pensò che quello probabilmente derivava dal fatto che fossero abituati a trattare i loro problemi così come un viticoltore pesta gli acini durante la vendemmia.
-Vorrei solo infilarmi dentro a una di quelle comode bare nevarriane e dormire fino alla fine del mondo.- disse Dorian, dopo essersi riempito il calice per la quarta volta.
Cassandra diede una risata roca. -No, non lo vorresti.- disse. -Una delle mie zie ci ha passato la notte per scommessa, quindici anni fa. Da allora soffre di terrori notturni.-
-Non dev'essere una bella esperienza, addormentarsi in un cimitero.- intervenne Blackwall, con il viso smosso da una smorfia di fastidio.
Il gruppo si voltò all'unisono verso Lavellan, che stava piluccando more dal cocuzzolo di una torta secca alle mandorle. Lei guardò tutti, uno alla volta, poi fece spallucce. -Non è niente di trascendentale, davvero. Basta mettere qualche trappola per i non-morti intorno al sacco a pelo ed evitare di accettare patti sconvenienti durante il sonno.- disse, pulendosi i polpastrelli sul bordo della tovaglia.
Varric sbuffò, poi consegnò una manciata di monete di bronzo al Toro.
-Per essere uno abituato a vincere scommesse, questa ti deve bruciare immagino.- commentò Cullen, divertito.
-Disse quello che ha sfidato a carte un'antivana.- lo punzecchiò Varric, rivolgendogli un sorriso sornione. -Ricordi quando è successo a Hawke?-
Cullen assunse immediatamente una smorfia di profondo fastidio, come se avesse appena ingoiato mezzo limone. -Ecco qualcosa che avrei voluto dimenticare volentieri.-
-Nah, non è neanche la cosa peggiore che abbia fatto!-
-Esiste qualcosa di peggiore?-
-Il suo profumo di prima mattina, per dirne una.-
-Togli il “di prima mattina”, mastro Tethras.-
Varric ridacchiò, mentre sul suo sguardo scendeva un'ombra di tristezza.
Cassandra, che gli sedeva vicina, gli diede un paio di pacche di conforto sulla schiena, soffermandosi poi a stringergli una spalla tra le dita.
Lavellan spostò uno sguardo teso altrove, cercando la mano di Cullen sotto al tavolo per stringerla. Lui assecondò la stretta, allacciando le dita sulle sue.
-Prima che l'atmosfera si faccia troppo deprimente...- intervenne Dorian, sporgendosi in avanti. -Di che colore ci vestiamo, domani?- domandò.
Blackwall alzò le braccia, guardandosi intorno sdegnato, prima di rivolgergli un'occhiataccia. -Non pensi di essere un po' fuori luogo?-
Dorian inclinò appena la testa, fingendo di rifletterci. -No, mai.- rispose, secco.
-Dopo il sesto bicchiere.- lo corresse il Toro, passando uno sguardo divertito su di lui.
-Quante bottiglie sono sei bicchieri?- chiese Varric. -Una e mezzo?-
-Visto quanto se ne versa a botta, direi tre.- replicò Cullen.
-Perché con lui ci scherzate sopra e io devo girare con la scorta?- borbottò Lavellan. -A proposito di doppi standard.- commentò.
Dorian le scoccò un'occhiata eloquente. -Ci darò un taglio quando avrò un po' di pace, qua dentro.- replicò, picchiettandosi un dito sulla tempia. -Allora, questo colore?-
Lavellan ci pensò su. -Prugna.- decretò.
Dorian esalò un rantolo di fastidio, sbattendo la fronte sul tavolo.
-Non sei mai contento!- protestò Cassandra, che stava dando una mano a Blackwall a sparecchiare per fare posto alle carte. -Ieri non ti andava bene l'ocra, l'altro ieri hai fatto un diavolo a quattro per il pesca...-
-La prugna è un frutto, no?- domandò il Toro, accarezzandosi lo stomaco. -Ora ho voglia di dolci.-
-È un viola profondo.- rispose tranquillamente Cullen, accettando che Lavellan gli rifilasse metà della sua fetta di torta.
-Non è solo un viola profondo. È l'unico viola che mi sbatte.- puntualizzò Dorian, piccato.
-Ma a me e a madame Vivienne sta bene.- disse Lavellan, sbriciolando il dolce sul piattino per gestire meglio i bocconi. -Dopodomani ti concedo un blu oltremare, d'accordo?-
Dorian strinse le palpebre, fissandola con intensità. -Verde pistacchio.-
-Veto.- dichiarò Cassandra, con aria schifata.
Dorian alzò gli occhi al cielo. -Allora turchese. Si sposa con il mio incarnato.-
Lavellan scosse la testa. -L'ho messo due giorni fa.-
-Sei molto bella in azzurro.- intervenne Cullen, posandole due more in più sul piatto.
Lei gli rivolse un bel sorriso. -Lo dici solo perché è il colore di Andraste.-
-Lo dico perché è vero.- la corresse lui, ricambiando il sorriso.
Dorian nel frattempo teneva le dita incrociate.
Lavellan si rigirò una mora tra il pollice e l'indice, con aria pensosa, poi esalò un sospiro rassegnato. -Vada per il turchese.-
Dorian indossò un ghigno che era l'emblema della soddisfazione.
Cullen approfittò del fatto che Lavellan si fosse alzata per riordinare il suo piatto per scambiare un'occhiata d'intesa con lui, che sollevò appena il bicchiere nella sua direzione, prima di prendere una buona sorsata di vino.
Varric sbuffò una risata, prendendo a distribuire le carte. -Stai giocando a un gioco pericoloso, ricciolino.- commentò.
Cullen fece finta di non capire, guardandolo con un’aria interrogativa che sapeva di falso a un miglio di distanza.
-Mi dispiace rovinare la festa, ma i doveri da pezzo grosso insistono che devo smettere di divertirmi.- intervenne Lavellan, raddrizzandosi la giacca.
Varric e il Toro diedero un gemito di disapprovazione. -Così presto?- domandò Blackwall, osservando con aria incerta il cielo notturno fuori da una finestra rotta.
Lavellan si sporse verso Cassandra per scambiarsi due baci sulle guance. -Grazie per la bella serata, ragazzi.-
-Domani stesso posto per il pranzo?- propose Varric, versandosi il secondo bicchiere di vino.
-Aggiudicato.- rispose il Toro, sbirciando le carte che Dorian stava riordinando tra le dita. -Krem fa un budino al rabarbaro da urlo. Gli dirò di prepararne un po'.-
-Fresco, morbido e dolce. Come le mani della mamma sulle sue guance la mattina, quando non riusciva a perdonarsi allo specchio.- intervenne Cole, raccogliendo le carte che erano state poste di fronte a Cullen.
Quello ammiccò, perché non si ricordava di averlo visto sedersi al tavolo, poi si alzò per affiancare Lavellan, in procinto di uscire. -Non lasciate cibo in giro, o verranno i topi.- disse, mentre teneva la porta aperta alla sua compagna.
-Si, mamma.- lo canzonò Dorian.
Quest'ultimo aspettò che i due si fossero allontanati dal locale, prima di rivolgersi a Varric. -Gli do due giorni.-
Il suo interlocutore inarcò un sopracciglio, lanciandogli una breve occhiata al di sopra della sua mano di carte. -Come sei cinico! Io gliene ho dati cinque.-
Cassandra prese posto, con aria confusa. -Di che state parlando?-
Dorian e Varric si guardarono con aria rassegnata, poi si concentrarono sul gioco, come se non fosse successo niente.

Cassandra non era l'unica a soffrire di perplessità.
Difatti, Lavellan si ritrovò a guardare con tanto d’occhi Cullen, che l'aveva seguita finché non si erano ritrovati di fronte alla porta d'accesso alle stanze dell'Inquisitrice. Una volta lì, si era chiuso la porta alle spalle, procedendo al suo fianco lungo il corridoio che portava alla scalinata che si inerpicava lungo le pareti del torrione.
-Non serve che mi segua.- gli disse, parandosi di fronte a lui per impedirgli di procedere. -Recupero uno scialle e torno.-
Cullen raccolse le sue mani per stringerle tra le proprie. -Serve che ti segua, invece. Oggi è stata una giornata incredibilmente pesante per te e vorrei che dormissi nel tuo letto.- iniziò. -Allo stesso tempo, non posso lasciarti da sola, quindi è il caso che tu faccia pace con l'idea che stanotte dovrai farmi un po' di spazio.-
Lavellan aggrottò la fronte, realmente preoccupata. -Cullen, è un'idea orribile. Davvero, davvero orribile.- disse, stringendo la presa per rinforzare il concetto. -La mia stanza pullula di gente da che ci metto piede fin dopo che sono uscita. È la morte della riservatezza.-
Lui sospirò. -Me l’hai detto quaranta volte, Lav. Però hai davvero bisogno di riposare.-
-Mi basta stare tra le tue braccia per quello.- mormorò lei, con una nota d'urgenza nel tono di voce.
Si guardarono a lungo, con intensità, poi Cullen la prese sottobraccio, invitandola a proseguire. Lei si costrinse a cedere, con il pensiero che oscillava dal piacere che potessero dividere finalmente un letto per più di qualche ora smozzicata, al timore che quella sarebbe stata l'unica cosa positiva di quell'esperienza.
Una volta raggiunto il primo piano, Lavellan sciolse la presa, fermandosi giusto per passargli una mano sul braccio. -Avverto lo staff.- disse, sforzandosi di sorridere.
Cullen la osservò muoversi attraverso il corridoio di una stanza costituita da più locali. Se la ricordava bene, dato che aveva affiancato i genieri durante i primi sopralluoghi della torre, ma era da molto tempo che non ci metteva piede.
Rispose al saluto delle due guardie che sorvegliavano gli accessi, poi si mosse in coda a Lavellan, per curiosità. La vide affacciarsi a due porte, una di fronte all'altra, mantenendo le distanze per evitare di attirare troppo l'attenzione.
Una speranza che scemò istantaneamente.
-Ehi, comandante!- lo salutò un'Elfa con le insegne di caporale. Cullen si voltò verso di lei, riconoscendo la voce. -Salve Maeve.- rispose, scorrendo uno sguardo indagatore sulla sua sottoposta. -Sei di riposo?-
Maeve annuì, poi gli indicò con un cenno la porta dalla quale era appena uscita, la seconda alla quale Lavellan si era affacciata. -Venga, le presento mia nipote.- disse, invitandolo a seguirla.
Cullen esitò, poi si mosse nella sua direzione. -Non sapevo avessi portato qui la tua famiglia.-
Maeve gli tenne aperta la porta. -Quando Ankh ha saputo che mia sorella era nei guai, ha insistito per offrirle un lavoro.- disse.
Una volta dentro, Cullen sollevò le sopracciglia, sorpreso. La stanza era poco più piccola del suo ufficio, ma decisamente più accogliente. Infatti, il pavimento era ricoperto da tappeti di pelliccia e sormontato da tavolini di legno dipinto, attorniati da sedie invase da una popolazione di cuscini grassi. Un agglomerato di lampade fatte di carta colorata scendeva dal soffitto, illuminando delle raffigurazioni stilizzate di animali che sfioravano le pareti, contribuendo visivamente al calore di quell'ambiente.
Era un posto quieto, informale e profumava di buccia di agrumi e rilassatezza.
Sparsi assieme ai tavolini c'erano almeno sette Elfi che si godevano la reciproca compagnia di fronte a una tazza di tè. Gran parte di essi indossavano Vallaslin.
-Confortevole.- commentò Cullen, continuando a guardarsi intorno.
-È un posto sicuro.- spiegò Maeve, raccogliendo un cuscino da terra per sistemarlo su una sedia vicina. -Molti di noi sono traumatizzati, altri hanno difficoltà a integrarsi con lo stile di vita degli shem. Ankh ci ha messo a disposizione questo posto per sentirci più a casa.-
-Quando l'atmosfera è pesante, qui possiamo contare sempre su qualcuno che ci ascolti, o che ci aiuti a distrarci.- intervenne un cacciatore seduto a un tavolo poco distante da loro. Rivolse un sorriso gentile a Cullen. -Gran donna, l'Inquisitrice.-
Lui diede un cenno d’assenso. -Non posso che concordare.-
-Si occupa di noi e noi in cambio ci occupiamo di lei.- disse Maeve, raggiungendo di soppiatto un tavolo dall'altro capo della stanza. -Ora, dove si sarà cacciato quel piccolo nuggalope?- domandò, alzando lievemente il tono di voce nel fare il giro del tavolo. Tutto d'un tratto, si accucciò, ridendo. -Eccolo!-
Un gridolino introdusse una risata, poi una bambina fuoriuscì da sotto al tavolo, travolgendo Maeve per abbracciarla.
Cullen sorrise istintivamente, mentre la sua sottoposta si sollevava la bambina sopra la testa, per poi assicurarsela in braccio. Aveva all'incirca tre, o quattro anni, portava gli stessi ricci scuri della zia e indossava un gran sorriso sdentato.
-Lei è Currant.- la presentò Maeve, realmente orgogliosa. -Fa' ciao al comandante.-
Nel farlo, Currant fece sbilanciare sua zia che, abituata alla vivacità della nipote, evitò all'ultimo istante che sgusciasse dalle sue braccia per capitombolare a terra. Nel movimento, i capelli della bambina scoprirono un paio di orecchie umane.
I calcoli non tornavano.
Cullen non fece in tempo ad aprire bocca che dalle sue spalle proruppe una serie di -No.-, seguiti a ruota dalla donna che li stava pronunciando. In una frazione di secondo, la nuova arrivata raccolse la bambina dalle mani della zia e si precipitò dall'altro capo della stanza, con la paura dipinta nello sguardo.
Era una giovane Elfa che condivideva buona parte della fisionomia di Maeve. Tratteneva a sé Currant, sorreggendole la nuca con una presa decisa, come se dovesse proteggerla da un pericolo imminente.
-Va tutto bene, Talia. Lavoro per lui, è un uomo d'onore.- cercò di rassicurarla Maeve.
Talia scosse la testa nervosamente. -Non può stare qui.- dichiarò.
Dopo un attimo di esitazione, Cullen indietreggiò di un passo, sollevando una mano di fronte a sé. -Non sono qui per arrecare danno a lei e alla sua bambina, signora.- disse.
-Le promesse degli shem non hanno valore.- replicò la donna, indicandolo con un cenno del capo. -Deve andarsene.-
L’atmosfera nella saletta cambiò improvvisamente. Un paio di cacciatori si erano alzati, per schermare Talia e la bambina da quella che lei percepiva come una minaccia, altri restavano seduti a monitorare la situazione con aria nervosa.
Di fronte a ciò, Cullen si rese conto di non essere più il benvenuto e annuì, per poi rivolgersi a Maeve, che lo guardava con aria di scuse. -Non serve che mi spieghi nulla.- la rassicurò, pacatamente. -A domani, caporale.-
-A domani, comandante.- rispose piano lei, accompagnandolo verso l'uscita.
Una volta fuori, Cullen fu sollevato di ritrovarsi faccia a faccia con Lavellan, che aveva appena congedato il suo segretario.
Intrapresero di nuovo la salita, mano nella mano, silenziosamente, finché lui non poté più e sputò il rospo.
-Non te la prendere. Non è personale, è solo diffidenza nei confronti della tua razza.- disse lei, dopo che le ebbe raccontato gli eventi.
-Diffidenza? Era spaventata a morte, Lav.- puntualizzò lui, a disagio.
-Ha i suoi validi motivi.- rispose lei, evitando di articolare. Si chiuse la porta dell'ultimo piano alle spalle, sorreggendosi sullo stipite nel rivolgergli un'occhiata incerta. -Sei turbato. Vuoi parlarne?-
Cullen appoggiò la schiena sulla superficie della porta, incrociando le braccia sul petto. Era accigliato, per usare un eufemismo. -Quello sguardo...- mormorò.
Lavellan si avvicinò a lui, per guardarlo bene in faccia. Esplorò i suoi lineamenti, con cura, prima di parlare. -Brutti ricordi del Circolo?- gli chiese.
Cullen annuì. -Quello è il genere di paura che anticipa un atto estremo. Sai a quanti maghi ho visto addosso quella faccia? Troppi.- spiegò, cercando il contatto visivo. -Non è solo diffidenza. La diffidenza viene dalla testa, il terrore è viscerale.-
Lavellan si passò una mano sul collo, indecisa su come impostare ciò che aveva da dirgli. -Sai cosa vuol dire non avere vie di fuga?- gli domandò, alla fine.
-Sono stato da entrambe le parti, Lav.- rispose lui, con una nota di tensione.
-No, intendo proprio letteralmente. Spalle al muro, senza opzioni e vestito unicamente dal senso di paura che hai addosso.- articolò lei.
-Haven.- rispose semplicemente lui.
Lavellan schioccò le labbra, spostando la testa altrove. -Non sono stata abbastanza chiara.- disse. -Io e te siamo due che se la cavano, no? Se siamo sopraffatti, in una situazione di pericolo, sappiamo che possiamo contare su ciò che abbiamo di base e reagire.- si portò di fronte a lui. -Immagina di non avere un addestramento, di non sapere come si impugna una spada e, nel frattempo, di essere in catene, in ginocchio, con una fila di persone davanti che ti dicono che vali quanto lo sterco che pestano le suole dei loro stivali.- si strinse nelle spalle. -Per la mia gente questo è un normale giovedì. Ognuno di noi ha vissuto una situazione in cui si è ritrovato a non vederci dalla paura perché uno dei tuoi lo braccava, chi più o chi meno.- rimase in silenzio per un po', assorta. -Quella è una cosa che non ti scrolli di dosso nemmeno con un bagno nell'acido.-
Cullen si raddrizzò, osservandola con un'espressione desolata. -Un'altra cosa da cui non si può guarire.- commentò. -Più andiamo avanti, più la lista si fa inesorabilmente lunga.-
Lavellan spostò lo sguardo altrove. -Lunga e frustrante.- aggiunse.
Rimasero quieti per diversi minuti, prima che lui prendesse di nuovo la parola. -Ora mi sorge il dubbio che in passato la mia sola presenza ti possa aver provocato quel genere di sconforto e...- iniziò, abbassando drasticamente il tono di voce. -Non è facile venire a patti con quest'idea.-
-Su questo posso rassicurarti.- ammise lei, sorridendogli gentilmente, per allentare la tensione. -La prima volta che ti ho visto mi sono detta: “diamine, quegli zigomi si sposerebbero benissimo con il mio interno coscia!”.- scherzò.
Cullen rilasciò la tensione con una risata, mentre lei gli circondava i fianchi con le braccia.
-E se osi dire che non ci hai pensato pure tu, ti sbatto nelle segrete! Guarda che ho notato la squadrata approfondita che mi hai dato quando ci siamo incontrati sul campo di battaglia.- tornò alla carica lei, con tutta l'intenzione di tirare entrambi su di morale. -“Sua eminenza, posso appiattirla sul pavimento, qui e adesso?”.- lo scimmiottò.
Cullen sbuffò teatralmente, alzando gli occhi al cielo. Una volta che si fu calmato, tornò a cercare il suo sguardo. -Grazie per non avermi indorato la pillola, Lav.-
Lei gli sfiorò la guancia con un bacio. -Sono qui per quello. Ar lath ma, vhenas.-
Cullen rimase interdetto per un minuto buono, poi le appoggiò le mani sui fianchi, rivolgendole un sorriso struggente. -Ripetilo.- la supplicò, a mezza voce.
-Ar lath...- Lavellan si interruppe, per raddrizzarsi e guardarlo dritto negli occhi. -Ti amo.- dichiarò, con una determinazione spiazzante.
Lui chiuse gli occhi, appoggiando la fronte sulla sua. -Dillo di nuovo.-
Lavellan ridacchiò. -Così finirai per stancarti di sentirtelo dire.-
-Non credo.- la contraddisse. -Se la persona che mi dice sempre le cose come stanno dice di amarmi, significa che ha la certezza che oggi sono un uomo migliore rispetto a quello che ero ieri. Mi da speranza e mi costringe a non deluderti domani.-
-Devi sempre trovare una sfida in tutto, tu?-
Cullen rise. -Lo dici come se non fosse questo il motivo per il quale ti sei innamorata di me.-
Lavellan si strinse nelle spalle. -Quello e gli zigomi. Soprattutto gli zigomi.- scherzò, sciogliendosi dall'abbraccio per prenderlo per mano e condurlo al mezzanino. -Andiamo, prima che cambi idea.-
-Spero solo che il tuo letto sia comodo come sembra.- disse lui, precedendola di un passo per aiutarla a salire l'ultima rampa di scale.
-Oh, non ne hai idea.-

Onestamente, no. Non ne aveva proprio idea, perché quella fu la notte più serena che gli capitò di trascorrere.
Il materasso e le coperte avevano iniziato ad abbracciarlo da che aveva appoggiato la testa sul cuscino, dandogli l'impressione di essere cullato dalle nuvole. Lui, che credeva di non riuscire a dormire in un letto che fosse troppo comodo, non fece in tempo a circondare i fianchi di Lavellan con un braccio che prese immediatamente sonno.
Raggiunse lo stato di dormiveglia con un'espressione che era l'apice della beatitudine, coronata da un sorriso beota. Abbracciò il cuscino, respirando profondamente il delicato profumo floreale che emanava, poi socchiuse gli occhi.
La realtà approfittò della sua rilassatezza per compiergli un agguato.
Spalancò le palpebre, guardandosi attorno con una nota di sorpresa nello sguardo. Alla sinistra del letto c'era un paravento di quattro sezioni che lo riparava da un brusio concitato, alla destra invece c'era un piccolo tavolo ripiegabile con una pila di documenti alta quanto le sue ginocchia. Di fronte, torreggiava su di lui una rastrelliera carica di vestiti, ordinati per colore dal più chiaro al più scuro, con fazzoletti e accessori che fuoriuscivano da ogni dove, ricadendo sui piedi del letto come le conseguenze di una frana in alta montagna.
Intimidito da quella muraglia di distrazioni visive, si mise lentamente a sedere, guardingo. Non sapeva che ore fossero, ma la stanza era invasa dalla luce, sintomo che fosse troppo tardi per reclamare i classici cinque minuti dopo il suono della campana della sveglia.
-...la comtesse si è fatta promettere che avresti partecipato alla riunione.- sentì dire, dalla voce profonda del segretario di Lavellan. -E hai una finestra di un minuto per raggiungere i giardini e discutere con la signora Morrigan della sistemazione dei suoi effetti personali, di cui le sorelle si sono dichiarate “parecchio preoccupate”.-
-Stia ferma, Eminenza.- aggiunse un'altra voce, mentre Cullen cercava di capire dove fossero finiti i suoi vestiti. Esalò un sospiro di sollievo, ricordandosi che si era fatto convincere da Lavellan a indossare camicia e pantaloni per la notte. Nonostante le sue riserve, lei si era impuntata e, con il senno di poi, aveva avuto ottime ragioni per farlo.
Sentire la sua voce funzionò come coraggio liquido, obbligandolo ad affrontare la pila di documenti che lo osservava con aria minacciosa alla sua destra. Era la stessa che si ritrovava la mattina sopra la sua scrivania, se non che era già stata ordinata da qualcun altro, cosa che di solito faceva lui personalmente per evitare che troppe persone leggessero documentazione riservata. Si sforzò di reprimere la preoccupazione per concentrarsi sul presente.
-Buongiorno, ingegnere.-
Cullen per poco non strappò in due una nota di Leliana, sobbalzando. Sollevò lo sguardo cisposo sul viso di Adra, che faceva capolino tra due vestiti grondanti di piccole gemme. -Signora.- ricambiò il saluto, in difficoltà.
-Armatura, mantello e stivali sono al piano di sotto a lucidare.- disse lei, senza perdere troppo tempo in convenevoli. -Li riavrà il prima possibile.-
-Posso sapere che ore sono?-
Adra scorse uno sguardo sbrigativo su di lui, mentre recuperava un vestito turchese dall'appendiabiti. -Mi ha presa per una meridiana? Si alzi e controlli di persona.-
Cullen assunse un'espressione incerta, voltando appena il capo verso il paravento. -Quanta gente c'è, là dietro?-
-Grazie a lei, meno del dovuto.- rispose lei, agguantando tre scialli diversi. -Stiamo facendo le corse, quindi è il caso che si alzi per conto suo, prima che il direttore venga a buttarla giù dal letto.-
-È solo acida perché l'ultima volta che ha avuto un uomo nel suo letto re Cailan governava ancora nel Ferelden.- intervenne una voce femminile da dietro il paravento. Adra roteò lo sguardo, poi sparì in una nube di lustrini.
Cullen prese un bel respiro profondo, preparandosi psicologicamente alla camminata della vergogna, poi scese dal letto, riordinandosi la camicia dentro i pantaloni e passandosi entrambe le mani tra i capelli per appiattirli sulla testa.
Si ritrovò di fronte una truppa di cinque persone che gravitavano attorno a Lavellan come fringuelli al lavoro sulla costruzione di un nido. Lei era seduta su uno sgabello, in vestaglia, con la schiena dritta e passava lo sguardo su una serie di rapporti che le venivano forniti dal suo segretario, sempre impegnato a elencarle il piano di lavoro giornaliero. Un'Elfa si stava occupando di acconciarle i capelli, un'altra le stava applicando il trucco sugli occhi e un altro si occupava di raccogliere i documenti già consultati per metterli al sicuro dentro la sua agenda. Adra nel frattempo componeva il suo vestiario sugli schienali di tre poltrone, reggendosi la schiena come se le fosse cresciuta una pinna.
Cullen venne totalmente ignorato e questa cosa gli donò un gran sollievo mentre si dirigeva verso la finestra per osservare il cielo. Riconobbe che era appena sorto il sole, quindi i suoi muscoli si distesero, perché era assolutamente in tempo per tornare nei suoi alloggi, lavarsi, cambiarsi e fare il punto della situazione con i suoi ufficiali prima della riunione del consiglio.
-Ora puoi parlare, lethallin.- annunciò la truccatrice, muovendosi verso la scrivania di Lavellan per sistemare il suo equipaggiamento in una borsa.
-Ma serannas.- rispose Lavellan, per poi voltare la testa verso Cullen. -Buongiorno, comandante.- lo salutò, rivolgendogli un sorriso abbagliante.
Lui rimase a osservarla per qualche istante d’incredulità, perso nella sua bellezza. -Inquisitrice.- rispose, avvicinandosi per reclamare almeno un bacio. Purtroppo per lui, Shaan lo intercettò, per affidargli un biglietto ripiegato. -Non è stato facile deviare i messaggeri per portare qui il plico. Le consiglio di avvisare per tempo, qualora decidesse di passare nuovamente la notte con l'Inquisitrice.- disse, con una nota di fastidio nel tono di voce.
Cullen inarcò un sopracciglio, notando che il biglietto era vuoto. -D'accordo. Che cosa dovrei farci con questo?- domandò, sventolandolo.
Il segretario lo guardò come se gli avesse appena chiesto come far bollire una pentola d'acqua. -Scrivere tutto ciò di cui ha bisogno, in modo che possa procurarglielo nel tempo minore possibile.- replicò, recuperando al volo la compostezza che lo caratterizzava.
-Non ho bisogno di niente, me ne andrò non appena...- si voltò verso le scale, dov'erano appena apparsi due Elfi con il suo equipaggiamento, tirato a lucido. Osservò la sua armatura e il suo mantello con una vena di apprensione nello sguardo. -L'ho cerata ieri, non serviva darle un'altra passata. Così rischia di arrugginirsi.-
-Sanno quello che fanno.- lo liquidò il segretario, ignorando totalmente le sue proteste. -Se vuole che le venga preparato un bagno, o che le vengano sistemati i capelli, si rivolga a Portia.- disse, indicandogli l'Elfa che stava finendo di acconciare i capelli a Lavellan. Quella gli rivolse un cenno veloce con il capo, poi proseguì nel suo lavoro.
Cullen alzò una mano di fronte a sé, bloccando un altro intervento del segretario sul nascere. -Mangio una cosa assieme alla mia compagna, mi rivesto e me ne vado.- disse. -Non sono qui per creare fastidi.-
-Ah, no?- bofonchiò Adra, passandogli di fianco per rimettere al loro posto i completi scartati.
-No.- sbottò Cullen, indispettito da quell'atteggiamento.
-Dategli tregua.- intervenne Lavellan, con tono di rimprovero. -Per quanto ne abbiamo, ancora?-
-Cinque minuti per me.- rispose la parrucchiera.
-Dieci per me. Venti, se il corsetto non collabora.- aggiunse Adra.
-Facciamo un quarto d'ora per me, dato che dobbiamo ridiscutere il piano serale.- disse il segretario, osservando con aria accigliata la scaletta giornaliera.
Lavellan annuì, con decisione. -Siamo in tempo.-
Il segretario la guardò di sottecchi, per niente convinto, poi si rivolse nuovamente a Cullen. -Il cibo è sulla scrivania, comandante. Provvedo a chiamarle una cameriera?-
-Ho le mani.- replicò Cullen, dirigendosi al punto indicato per rendersi utile. -È così tutte le mattine?- domandò, iniziando a svuotare un vassoio di frutta fresca per sbucciarla.
-Non proprio. Oggi lo staff è ridotto all’osso.- rispose la truccatrice, che stava ripiegando il paravento per riporlo. -Vuole un po' di rouge sulle guance, signore?-
Cullen la guardò con tanto d'occhi. -No!- gemette, sdegnato. -Grazie.- si affrettò ad aggiungere, ricordandosi improvvisamente che negli ambienti dell’alta società truccarsi era una cosa comune anche per gli uomini.
-Le faccio la barba al volo?- gli domandò la parrucchiera.
-No, grazie.-
-Intende uscire in questo modo?- intervenne il segretario, guardandolo dall'alto al basso.
Cullen strinse le labbra, deglutendo una risposta piccata giusto in tempo per permettere alla sua testa di optare per la diplomazia. -No, Shaan.- rispose, semplicemente.
-Cerchiamo di fare in fretta, per favore. Le mie ragazze sono state esentate, la domestica pure e ho un freddo incredibile perché nessuno è in grado di ravvivare il fuoco nel caminetto.- borbottò Adra, che stava facendo scegliere un paio di scarpe a Lavellan.
Quest'ultima abbassò il documento che stava leggendo per scoccarle un'occhiataccia. -L'ultima volta che ho controllato, questa era ancora la mia camera. Posso farci entrare chi voglio e quando voglio, e se ho piacere di passare la notte con qualcuno, esigo che venga trattato come un ospite e non come un disturbo.- disse. -Gli stivali chiari vanno bene.-
Adra prese gli stivali chiari e li lanciò verso il letto, scegliendo al loro posto un paio di calzature rivestite in velluto scuro, dall'aria comoda. -Bello sbaglio, dottoressa. Bello. Enorme!- affermò, posandogliele davanti ai piedi.
-Mi chiedo perché si ostini a chiederle opinioni, se deve bocciare le sue idee regolarmente.- commentò il segretario, appoggiando momentaneamente il leggio sulla scrivania. La truccatrice si strinse nelle spalle, poi recuperò la sua attrezzatura e si diresse verso le scale.
-Perché è una zitella acida e gelosa.- gli rispose la parrucchiera.
Adra appoggiò le mani sui fianchi, guardandola con tutta l'aria di volerla aprire come un libro. -Impara a pettinare i tuoi clienti, prima di rivolgermi ancora la parola.- disse. -La piega della dottoressa è talmente secca che non mi sorprenderei se prendesse a scricchiolare al primo soffio di vento.-
Lavellan voltò uno sguardo supplichevole verso Cullen, che le rivolse un sorriso tirato.
-Sicuro che non vuole che le chiami una cameriera?- domandò il segretario, osservando il piatto di frutta con aria incerta.
-Creatore dammi la forza.- mormorò Cullen, a denti stretti, mentre finiva di disporre degli spicchi di mela. -So arrangiarmi, Shaan.-
-Lo so che può arrangiarsi, comandante, ma tra arrangiarsi e fare le cose come si deve...- non riuscì a concludere la frase, perché Lavellan si era alzata in piedi, per appoggiargli una mano sulla spalla.
-Lasciateci cinque minuti.- disse, indicando a tutti di allontanarsi.
Quando furono da soli, Lavellan fece il giro della scrivania, portandosi di fronte al suo compagno con un sorriso stanco. Lui la prese tra le braccia, sollevandola da terra.
Si scambiarono un bacio necessario, lungo quanto bastava per ritrovare l'armonia reciproca.
-Non so come tu faccia.- ammise lui, riponendola a terra per permetterle di spiluccare della frutta dal piatto.
Lei si strinse nelle spalle. -Mi piace stare in mezzo alla gente. E poi, siamo tutti di famiglia.-
-Grazie per il muro, a proposito.- disse Cullen, a mezza voce. Da quella posizione, infatti, l’unica cosa visibile del letto era una piccola porzione di testiera.
Lavellan finì di masticare uno spicchio di mela, prima di rispondergli. -Mi sembrava il caso, dato che non sei abituato a questo genere di confusione.- disse, mantenendo a sua volta un tono di voce moderato. -Hai dormito bene, almeno?-
Cullen la osservò attentamente, notando una sfumatura di tensione nel suo viso. -Hai paura che non riesca a gestire tutto questo?- le domandò.
Lei fece una lunga pausa, poi lo guardò dritto negli occhi. -Restiamo da te, stanotte. Ti prego.- lo supplicò, riversando su di lui una preoccupazione che le aveva visto addosso pochissime volte.
-Tu non hai paura che non riesca a gestirlo, tu sei certa che non posso farcela.- replicò lui, aggrottando la fronte sopra uno sguardo di disappunto.
-Non hai mai visto questo posto a pieno regime.- ribatté lei, mentre sollevava e lasciava cadere il cibo dal piatto, nervosamente. -Conoscendoti, odieresti ogni istante trascorso qui.-
Cullen sbuffò una risata tutto fuorché divertita. -Ero un Templare, ricordi? Prima che salissi di grado, dormivo assieme ai miei confratelli.- replicò. -Non sono nuovo alle sveglie brusche, o ai litigi di primo mattino.-
I lineamenti di Lavellan si distesero, nonostante mantenesse una linea di preoccupazione nello sguardo. -Va bene.- disse, passandogli una mano sul braccio. -Non fraintendermi, vhenas, ho fiducia in te. Se sono sul chi vive è perché ho paura di metterti in una situazione di disagio.-
Cullen le rivolse un sorriso rassicurante. -Sono con te, Lav. Come potrei mai essere a disagio?-
Lei assorbì la tranquillità che emanava il suo compagno, riuscendo a ricambiare il sorriso senza sforzarsi. Spostò il piatto in modo che potessero dividersi il contenuto e, una volta che ebbero finito di mangiare, lo appoggiò sul bordo della scrivania. -Non riesco a esserci per il pranzo, dato che devo fare una cavalcata fino a valle, ma possiamo trovarci nel tardo pomeriggio per l'allenamento. Che dici?-
Cullen, che si stava muovendo per rivestirsi, diede un cenno d'assenso. -Ho dato un occhio alla scaletta quando Shaan l'ha messa sul tavolo. Cassandra è già attrezzata per aiutarti a non saltare il pasto, in mia assenza.- rispose. Una volta che ebbe indossato l'armatura, si voltò in direzione di Lavellan, con aria allegra. -Sei in forma, Lav. Devi solo crederci.-
Lei sospirò, a bocca chiusa, spostando lo sguardo altrove. -Vorrei ricordarti che ieri avevo il fiato corto dopo un singolo giro di corsa.-
Cullen finì di sistemarsi il mantello sulla vita, poi la raggiunse, per appoggiarle un bacio sulla fronte. -Oggi andrà bene e domani ancora meglio. Fidati di me.- disse, continuando a sorriderle.
-Non si fida.-
Cullen si guardò intorno, con aria confusa. -C'è qualcuno?- domandò, interrompendo la sua risposta.
Lavellan strinse appena le palpebre. -No, sono solo i ragazzi che stanno facendo casino fuori dalla porta.- rispose, appoggiando una mano sul suo braccio.
Una sfumatura di incertezza sfiorò il viso di Cullen, per poi dissolversi, permettendo al suo viso di ritornare sereno. -Ci vediamo più tardi.- la salutò, baciandola sulle labbra. -Ti amo.-
-Copione.- scherzò lei, regalandogli un sorriso struggente.


-Nota-

Cassandra si riconferma candidata numero uno per una vacanza alle Hawaii tutto compreso << Adra è subito dietro di lei, ma penso che farebbe tipo Bruno Barbieri e commenterebbe tutto finché non le vengono offerti tutti i servizi.

 
   
 
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