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Autore: Hazel92    03/03/2024    1 recensioni
Violet Tilton ha tutto quello che si potrebbe desiderare nella vita. Vive a New York, è una scrittrice di successo, ha dei buoni amici e due genitori fantastici. Una telefonata inaspettata però cambierà ogni cosa e Violet sarà costretta a mettere in discussione se stessa e le sue origini. Divisa tra la grande mela e una piccola cittadina della Pennsylvania, Violet si troverà a dover scoprire vecchi segreti, fare nuovi incontri e fronteggiare pericolose rivelazioni.
Genere: Romantico, Science-fiction, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ecco il primo capitolo! Inizialmente mi ero ripromessa di pubblicare un capitolo a settimana, ma ho pensato che al momento fosse meglio farvi addentrare un po' di più nella storia, quindi... Buon secondo capitolo! Se vi va lasciate una recensione, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate :)
 

CAPITOLO 2

 
Aprirla o non aprirla, questo è il dilemma. Ormai mi rigiravo tra le mani quella cartellina da non sapevo neanche più quanto. Appena rientrata nel mio appartamento, mi ero lasciata cadere sul letto più che intenzionata a scoprire cosa contenesse, ma poi una serie di dubbi avevano preso il sopravvento.
Volevo davvero scoprire la verità? In fondo io ero felice così, perché rischiare di rovinare tutto? Anche se ormai era già tutto rovinato. Ma se la verità non mi fosse piaciuta? E come mi sarei comportata con i miei genitori? Avrei trovato una giustificazione per avermi nascosto la verità tutto questo tempo oppure li avrei odiati per sempre?
Sbuffai e mi misi a pancia in giù, sprofondando la testa nel cuscino. Avrei potuto continuare a farmi miliardi di domande, ma che lo volessi ammettere o meno, l’unico modo per porvi fine era aprire quella dannata cartella. Così mi feci coraggio e ricominciai da dove ero rimasta circa quarantacinque minuti fa. Mentre la aprivo le mani mi tremavano e mentre tiravo fuori il contenuto il cuore iniziò a battermi più veloce.
Ecco, ci siamo. Pensai mentre inspiravo profondamente.
Il primo foglio che trovai fu un’altra copia del certificato di adozione. Questa volta però vi prestai maggiore attenzione e non mi soffermai solo sul titolo. Non c’era traccia del nome dei miei veri genitori, ma era chiaro come il sole che Darren e Rebecca Tilton mi avevano adottata. Non ero la loro vera figlia, e loro non erano i miei veri genitori. O meglio, non erano i miei genitori biologici. Ma perché non mi avevano mai detto niente? E soprattutto, sapevano dell’esistenza di mia nonna? Scrollai la testa e nonostante le lacrime che minacciavano di uscire, mi feci coraggio ed andai avanti. Mentre sfogliavo i fogli, qualcosa di pesante cadde sul materasso. Un mazzo di chiavi. Dovevano essere le chiavi della casa che mia nonna mi aveva lasciato. Sembravano nuove, come se le avesse fatte fare a posta per me per poi spedirle direttamente all’avvocato Mayer.
Dopo un paio di scartoffie inutili, trovai i dettagli sulla proprietà. Oltre a ribadire il fatto che la casa sarebbe diventata mia nel momento in cui mia nonna fosse deceduta, trovai anche l’indirizzo e il nome della città. Si chiamava Woodthon e fino a quel momento non l’avevo mai sentita nominare. Non contenta di quelle poche informazioni, afferrai il mio fedele portatile e la cercai su Google Maps. Trovai pochissime foto, che di certo non la rendevano allettante. Era un paesino sperduto quasi al confine con lo stato di New York, e per una come me che era abituata al caos e alla sovrappopolazione della grande mela, quelle casette in legno ad almeno duecento metri di distanza l’una dall’altra erano un colpo al cuore. Non avrei mai potuto vivere in un posto del genere. Sarei morta di noia oppure uccisa da un vicino di casa inquietante e avrebbero ritrovato il mio corpo solo settimane dopo. In preda alla sconsolatezza fui tentata di chiamare la mia amica Alison e raccontarle tutto, ma poi decisi che sarebbe stato meglio contattarla una volta che avessi capito qualcosa in più su tutta quella storia.
Feci per alzarmi dal letto e prendermi qualcosa da bere, ma in quel momento mi resi conto di una cosa. Sì, sapevo di essere stata adottata, ma quando? Io non avevo nessun ricordo riguardante altri genitori, il che voleva dire che dovevo essere stata adottata quando ero molto piccola. Ripresi il foglio dell’adozione e controllai la data: 10 Maggio 1999. 
Non è possibile. Pensai. Doveva esserci per forza uno sbaglio…
Se almeno il giorno del mio compleanno era giusto, voleva dire che il 10 Maggio del 1999 avevo già compiuto quattro anni, e per quanto da così piccoli non si riescano a trattenere tantissimi ricordi, non potevo aver dimenticato completamente la mia vera famiglia o chiunque mi avesse cresciuta fino a quel momento. In fondo chi mi diceva che prima dell’arrivo dei Tilton, avessi vissuto con i miei veri genitori? Magari mi avevano abbandonata quando ero in fasce e i Tilton mi avevano presa da qualche orfanotrofio. In ogni caso però, avrei comunque dovuto ricordare qualcosa. Perché invece non era così?
Scossi la testa e decisi che fosse arrivato il momento di berci su, e non mi riferivo ad un bicchiere d’acqua. Stappai la bottiglia di vino rosso che tenevo nella cucina ormai da un bel po’ e che mi era stata regalata da qualche ricco amico di Claire. Finora avevo deciso di conservarla per un’occasione speciale, ma in fondo quale occasione migliore di questa? Mica capita tutti i giorni di sapere che sei stata adottata e di non ricordare un accidenti di quella che era stata la tua vita prima di allora.
Dopo essermi scolata già il terzo bicchiere di vino, presi il cellulare e controllai l’ora. I miei genitori erano in vacanza in Europa. Ero stata proprio io a regalargli quel viaggio ed era una coincidenza davvero molto strana il fatto che fossero partiti proprio quando avrei avuto bisogno di loro. Se c’era qualcuno che poteva darmi delle risposte, di certo erano loro.
 
Appena tornate dobbiamo parlare.
 
Inviai quest’sms a mia madre e immaginai quale avrebbe potuto essere la sua reazione appena avesse letto il messaggio.
Con la testa che iniziava a girarmi, tornai nella mia camera da letto. Fortunatamente il mio appartamento non era così grande. Se avessi dovuto camminare troppo con molta probabilità sarei finita a terra prima di raggiungere il letto. Mi piaceva quell’appartamento, ed anche se non era propriamente mio dal momento che pagavo l’affitto, per me era come se lo fosse. Lo avevo arredato secondo i miei gusti, alternando uno stile moderno ad uno più vintage. Appena iniziato ad arredarlo, avevo avuto dei piccoli ripensamenti su questa scelta, ma alla fine il risultato finale mi aveva pienamente soddisfatta. L’unica pecca, ma l’arredamento non c’entrava niente, era che a volte mi sentivo un po’ sola. Avevo pensato spesso di prendermi un gatto, ma poi avevo desistito in quanto a causa del mio lavoro dovevo assentarmi anche per giorni interi, e non mi sembrava giusto ne abbandonarlo in casa, ne sballottarlo da ogni parte del paese. Così, eravamo rimasti io e i miei libri, e con questi di certo non mi annoiavo mai.
Mi infilai svogliatamente il pigiama, e mi misi sotto le coperte senza neanche struccarmi. Non ero nelle condizioni fisiche e mentali di avventurarmi in bagno. La testa era completamente offuscata e gli occhi faticavano a restare aperti, così decisi di non opporre resistenza e mi lasciai andare. In fondo dopo una giornata del genere pensavo di meritarmelo, no?
Chiusi gli occhi e mi rilassai, sperando che durante il sonno i fantasmi di una vita sconosciuta non venissero a farmi visita.
 
 
   
 
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