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Autore: EmmaJTurner    07/03/2024    5 recensioni
Un cancello aperto illegalmente; un'accusa di terrorismo interno; una botanica, un ragazzino e un gatto in fuga in pieno inverno. Cosa potrà mai andare storto.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Cercasi Ammazzamostri'
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Spazio dell’autrice

Pubblico questo GRAN CAPITOLO oggi perché oggi è il mio compleanno. Non diciamo quanti, ma è un bel numero tondo tondo :) Divertitevi e godetevi ogni riga! Vi adoro tutti.




 

Una Donzella da Salvare

“Che situazione di merda”.

Logan ebbe la decenza di non ricordarle — di nuovo — che quella situazione di merda era frutto del suo libero arbitrio. Lo stava pensando, però: glielo leggeva nel fastidiosissimo sopracciglio inarcato mentre fingeva di guardare fuori dalla finestra, il profilo pallido contro le pareti damascate rosso cupo del bordello. Era ancora vestito da gentiluomo, con il fazzoletto di seta al collo e i capelli tirati indietro; Meli invece si era dovuta strizzare di nuovo nel suo abito da lucciola, con maschera nera e nudità opportunamente dorate.

Il chiacchiericcio e le risate rimbalzavano maliziose tra le ombre delle candele e le pareti di specchi de La Lucciola Felice; in accordo con Dag erano scesi alla taverna al piano terra per racimolare del cibo e lasciare a Theo lo spazio per sbollire il suo legittimo rancore. Un’ora d’aria al massimo, basso profilo, niente cazzate e datevi da fare. Così aveva detto. Su cosa avesse inteso esattamente con “datevi da fare”, Meli lo ignorava; ma dalle coppiette intente a scambiarsi saliva sui divanetti tutt’attorno a loro, un’idea se la stava facendo.

“Mangiamo e leviamoci dalle palle” mugugnò Meli decisa a non soffermarsi su qualunque pensiero che riguardasse eventuali scambi di fluidi corporei.

Alzò una mano per farsi notare da una lucciola qualsiasi. Fu Davon a voltarsi, muscoloso e splendido alla luce fioca delle candele. Le si avvicinò. Solo dopo averle concesso un sorriso ammaliante notò Logan; la lucciola studiò il mezzelfo dall’alto in basso con espressione indifferente e tornò subito a dare la sua attenzione a Meli. Si assicurò che stesse bene dopo l’approccio aggressivo del kon della sera precedente. Meli trovò quella premura sorprendentemente dolce.

“Sto benissimo, grazie. Sei stato di grande aiuto. Non so come avrei fatto senza di te” lo ringraziò, sincera.

“Quando vuoi, zucchero”.

Logan si agitò sulla sedia come punto da una vipera.

Devon si chinò sulla botanica; il movimento dei lunghi capelli neri le fece arrivare addosso una gradevole nuvola di profumo. “E se qualcun altro dovesse infastidirti…” nel dirlo lanciò un’occhiata eloquente all’ammazzamostri, il quale nel frattempo stava cincischiando con un coltello da tavola con espressione per nulla amichevole. “... chiamami”.

Devon se ne andò in cucina. Colpita, sorpresa e senza pudore, Meli lasciò scivolare lo sguardo sull’invitante linea della schiena stretta dalle cinghie di cuoio.

“Da quando sei una donzella in difficoltà?”.

Meli si voltò verso Logan. Era corrucciato.

“Che c’entra? Mi ha aiutato. Ho ringraziato”.

“Non ti serviva aiuto. Quel kon lo avresti dissanguato in mezzo al corridoio”.

“Questo Davon non lo sa e non serve che lo sappia”.

“Davon?”.

“Davon. È il suo nome”.

“L’avevo capito" replicò Logan. C’era una vena di irritazione nella sua voce.

Stava per rispondergli di smetterla di fare il geloso quando un manipolo di soldati della Guardia Cittadina si riversò rumorosamente nel locale. Meli si irrigidì sul divanetto. Non era la prima volta che incontrava delle guardie al bordello, ma quel giorno c’era qualcosa di diverso, qualcosa che la mise in allarme. Erano in cinque, con le giubbe gialle, spada al fianco e archibuso sulla schiena. Fece l’errore di incrociare lo sguardo con uno di essi, il quale la osservò attento prima di accomodarsi a un tavolo poco lontano e ordinare un giro di vinmoro.

A Meli quello sguardo fece venire la pelle d’oca.

Logan fu abile a nascondere il “oh merda” che gli balenò negli occhi quando si accorse dei soldati, ma non fu abbastanza veloce. La stessa guardia che aveva notato Meli registrò ora la presenza del gentiluomo che l’accompagnava, e iniziò a lanciare occhiate interessate nella loro direzione. 

Non c’era più tempo per cazzeggiare. Al momento non sembravano intenzionati ad arrestarli, ma ormai li avevano notati e fuggire al piano di sopra sarebbe sembrato troppo sospetto. Restava solo una cosa da fare.

Col cuore il gola Meli scattò in piedi e aggirò il minuscolo tavolino che la separava dall’ammazzamostri.

“Non una parola” gli sibilò. Poi lo artigliò per le spalle e gli montò sopra a gambe aperte.

Se anche Logan avesse voluto dire qualcosa, la protesta gli morì in gola quando si ritrovò il seno di Meli davanti alla faccia.

La donna gli afferrò il bavero della giacca con entrambe le mani e avvicinò il viso al suo. “Dobbiamo farlo sembrare credibile” lo supplicò.

Per quanto assurdo, in quella posizione avrebbe potuto ottenere due cose: primo, e più urgente, nascondere il viso scoperto di Logan alla vista dei soldati che, a furia di vederselo davanti, avrebbero potuto riconoscerlo; secondo, trasformare due persone potenzialmente sospette in due comunissimi avventori de La Lucciola Felice grazie a una realistica dinamica prostituta-cliente. Penombra e alcol avrebbero fatto il resto nel confondere quella guardia troppo zelante. O almeno così, con moderata angoscia, sperava Meli.

Logan, uomo sempre sul pezzo, ci mise un secondo più del solito a registrare la situazione. Poi le sue mani si posizionarono sui fianchi della compagna, gli avambracci appoggiati alle cosce scoperte dagli spacchi della tunica, e strinsero con calcolata intenzione. Guardò Meli negli occhi e fece un impercettibile cenno di assenso.

Dopo un attimo di incertezza assoluta su come procedere, Meli si abbassò e strusciò le labbra contro quelle di lui, sentendosi sensuale come una lontra morta. Ignorò il calore improvviso che le risalì dal ventre e combatté con tutte le forze la consapevolezza di quanto fosse piacevole quel contatto. Doveva essere metodica. Fredda. Professionale.

Lasciò andare la giacca e scivolò con le mani dietro il collo di lui infilando le dita tra i capelli neri. Erano insospettabilmente morbidi. Li tirò piano in modo da angolare il viso in una posizione più comoda per entrambi. Approfondì il bacio facendo una leggera pressione.

Un brivido la colpì dritto in mezzo alle gambe quando lui schiuse la bocca e le accarezzò le labbra con la lingua.

Meli si paralizzò. Il cuore aveva saltato un battito.

Professionale stocazzo.

“Che diamine fai?” gli sussurrò.

“Lo sto rendendo credibile” gli soffiò di rimando lui. “Baci come una dodicenne”.

Gli morsicò il labbro inferiore per vendicare l’offesa. Il mezzelfo gemette di dolore. Meli lo ignorò. Se lo meritava.

“Ci stanno guardando?” chiese lei, pratica nonostante la calura.

“Non lo so. Ho i tuoi capelli in faccia”.

Meli si spostò un poco di lato per garantirgli la visuale al di là della sua chioma indomata. Scese sulla mandibola sfiorandola appena con una scia di baci leggeri. Fu grata della maschera rigida che le impediva di rendere quel contatto troppo intimo.

Scese lungo il collo, scostando appena il fazzoletto di seta. Logan sussultò.

“La guardia senza baffi guarda verso di noi” la informò l’ammazzamostri con voce roca. Le sue mani, che nel frattempo erano scese fino al ginocchio, stavano ora risalendo bollenti sulle cosce nude. Meli credette di andare a fuoco.

“Non lì” ansimò lei. Logan fermò le mani vaganti prima che raggiungessero zone pericolose. 

“Niente baci sul collo” rimbrottò allora lui, iroso.

Con le mani di Logan in un luogo sicuro — attorno al corpetto che le stringeva la vita — e fingendo di non stare andando in autocombustione, Meli gli prese il viso tra le mani e sfiorò di nuovo le labbra con le proprie. Non un vero bacio, ma lì nella penombra nessuno avrebbe potuto accorgersene. Per quanto tempo sarebbero dovuti andare avanti con la sceneggiata? Quanto tempo avevano intenzione di stare lì, quelle guardie? Le braccia di Logan si strinsero attorno a lei, obbligandola a un completo contatto tra corpi. Meli non riusciva più a concentrarsi; il buon senso le stava scivolando via a ogni sfioramento di labbra e battito di cuore. E quando aveva cominciato a fare così caldo? Dio, che situazione di…

“Li avete trovati poi, i ragazzini?”.

Meli e Logan si immobilizzarono. Le voci dei soldati, biascicate ma perfettamente udibili, erano arrivate fino a loro nel cicaleccio del locale.

“Quelli del Salto del Lupo? Sì, li ha trovati Fosca con un ranger”.

“Morti?”.

“Ah! Stecchiti. Uno era senza un braccio. Le strigi si sono prese uno spuntino per merenda”.

Meli trovò molto difficile continuare a darsi da fare con il sottofondo di uomini adulti che ridevano e gozzovigliavano discutendo di bambini assassinati. Con le labbra a un soffio da quelle di Logan si mise ad artigliare i bottoni della giacca elegante. Una furia latente si fece strada dentro di lei.

Logan se ne accorse. La presa delle sue braccia si fece subito più salda — di fatto, intrappolandola addosso a lui. A voce bassa le ricordò la raccomandazione di Dagmaris: “Niente cazzate”.

I soldati continuarono a parlare con più discrezione.

“Il ranger ha fiutato bene” disse uno.

“È l’unica cosa che sanno fare, quei cazzari” si intromise un’altro.

“Ha fiutato troppo” ribatté un altro ancora. “Si è accorto del—”

Qualcuno doveva aver tirato un pugno al proprietario dell’ultima voce, perché la fine della frase fu sostituita da un mugugno soffocato e dolorante.

“Dov’è adesso?" chiese una voce diversa.

“In gattabuia, dove merita di stare”.

Meli guardò Logan. Il Salto del Lupo era a pochi chilometri da lì. Se erano spariti dei bambini, significava che un altro cancello era stato aperto? E di cosa si era accorto il ranger che aveva fiutato troppo

Continuò a accarezzare distrattamente i capelli di Logan mentre tendeva le orecchie nella speranza di cogliere altri dettagli utili, ma i discorsi dei soldati scivolarono verso argomenti di scarso interesse — i prossimi festeggiamenti di Mezzinverno, la nebbia di merda e i prezzi sempre più alti dell’alcol. Fecero due giri di vinmoro e si alzarono in uno sferragliare di armi e armature.

“Ehi, tu”.

Merda. Era una voce che aveva già sentito — una delle voci che aveva origliato fino a un attimo prima. Meli serrò la presa tra i capelli di Logan e lo tirò a sé, facendo scontrare la sua faccia con il proprio petto. Logan mugugnò di dolore, ma Meli lo ignorò e sollevò lo sguardo sulla guardia senza baffi che l’aveva appena interrogata. 

“Sì?” chiese soave.

“Non ti ho mai visto prima qui”.

Nonostante il panico cercò di suonare sensuale e entusiasta. “Sono nuova”. 

“Sei libera domani alle due?”.

Non era affatto la domanda che si aspettava. Rimase in silenzio un secondo di troppo; Logan, il viso affondato nel suo seno, le diede un pizzicotto sulla gamba per ricordarle di reagire.

“Sì!” trillò. “Sì, sono libera. Certo”.

“Venticinque per tutto?”.

“S-sì. Venticinque. Perfetto”.

“Ottimo. A domani”.

Frastornata, osservò il manipolo di soldati pagare, salutare la ragazza al bancone e uscire dal locale.

“Se ne sono andati” sussurrò. Sentiva il cuore battere all’impazzata.

Logan mugugnò qualcosa e Meli si ricordò che lo stava ancora soffocando contro le sue tette. Lo liberò di scatto.

L’ammazzamostri cercò di esibire la solita espressione stizzita, ma un leggero rossore sugli zigomi lo tradiva. Aveva polvere d’oro sul naso e sulla fronte.

Meli cominciò a strofinargliela via con un senso di imbarazzo montante.

“Scusami. Era l’unico modo”.

“Non mi sto lamentando”.

Meli ridacchiò nervosa. “Immagino che ci siano modi peggiori di nascondersi dalle autorità competenti, in effetti”.

Possibile che il soldato della Guardia li avesse approcciati solo con l'intenzione di fare un giro sulla nuova attrazione del bordello, e non perché li avesse sospettati di criminalità organizzata? Sperò che fosse così. Il che comunque portava a un problema, ovviamente: cosa avrebbe fatto il giorno seguente, ore due? Decise che ci avrebbe pensato in seguito. In caso estremo avrebbe potuto fingere un attacco acuto di sifilide.

In quel momento Devon arrivò al loro tavolo con le sbobbe che avevano ordinato. Fece un sorriso complice a Meli — ancora avvinghiata al suo cliente — e se ne andò. 

Logan continuò a fissare Davon con stizzito sospetto finché non sparì dalla vista. Quasi in un riflesso involontario, le mani dell’ammazzamostri erano tornate a stringerle i fianchi.

Con suo sommo orrore — in seguito avrebbe dato la colpa alle troppe emozioni per quella inaccettabile mancanza di giudizio — Meli si sentì dire: “Non ci sono stata con lui”. 

Si fustigò subito per quella scivolata inopportuna. Che cosa le veniva in mente? Cosa mai poteva interessare a Logan di...

Logan tornò a guardarla. Sentiva il suo respiro solleticarle il mento da quanto era vicino. “Perché no? Sembra il tuo tipo”.

“Perché…”.

…avrei pensato a te tutto il tempo.

Meli spalancò gli occhi e deglutì forte. Da quanto tempo quella consapevolezza si annidava negli antri bui della sua testa? E cosa doveva farci, con quella consapevolezza, adesso che era fisicamente abbarbicata addosso al diretto interessato? Sconvolta dai suoi stessi pensieri, cominciò ad agitarsi.

“Non sono affari tuoi” rispose.

“Io non ti ho chiesto niente. Hai cominciato tu”.

“La tua faccia parla da sola”.

“Dovrebbe interessarmi con chi vai a letto?”.

“No”.

“Infatti non mi interessa”.

“Ottimo”.

“Ottimo”.

Meli trovò estremamente difficile credere a quello di cui si stavano accusando l’una sulle labbra dell’altro, ansimanti e rossi in viso, gli occhi foschi e i corpi appiccicati come lumache. 

Doveva mettere fine a quella follia prima che prendesse una piega troppo pericolosa per entrambi.

“Puoi… puoi lasciarmi andare adesso”.

Lui parve recuperare un po’ di sobrietà. La aiutò a scendere dalle sue gambe e la guardò rifugiarsi all’angolo del divanetto imbottito di fronte a lui. Mangiarono senza guardarsi negli occhi in un silenzio colpevole e moderatamente imbarazzante. 

Schermati dalla gaia confusione del locale tentarono poi di analizzare quello che avevano origliato dalle guardie, ma decisero di rinviare la conversazione a un luogo più consono. Dopo qualche altro minuto di silenzio, Logan annunciò che il kon era tornano.

Meli alzò lo sguardo dalla sua zuppa e incrociò gli occhi gialli del losco individuo della sera precedente. Imprecò mentalmente. Non c’era modo che potessero avere un po’ di pace quel giorno.

Logan osservò il tizio parlare con la ragazza al bancone mentre lanciava occhiate lucertolose nella loro direzione.

“Cosa vuoi fare?”.

La donna si strinse nelle spalle. “Mi ingegnerò. Come hai detto tu stesso: non sono una donzella che ha bisogno di essere salvata”.

Logan sembrò offeso che quella frase venisse usata contro di lui. Si prese qualche istante per fissarla con ostentata irritazione; infine, lentamente, disse: “No. Non sei una donzella. Ma anche una guerriera ha bisogno di qualcuno che le guardi le spalle, di tanto in tanto”.

Fingendo che quella dichiarazione non l’avesse colpita come una freccia dritta al cuore, Meli prese un sorso di vino e quasi ci si strozzò.

Tossendo e deglutendo per non morire soffocata, chiese: “È una dichiarazione d’amore, questa, ammazzamostri?”.

Lui la guardò con espressione indignata. “Ritiro tutto. Arrangiati”. Si alzò facendo stridere le gambe della sedia sul pavimento e fece per andarsene.

Tutto sommato divertita, Meli si alzò a sua volta e lo seguì. “Ti sei offeso? Dove vai? Vieni qui”.

Non riuscirono nemmeno a raggiungere le scale che il kon si materializzò dietro di loro. 

“Hai finito con questa qui?” chiese il lucertolone, le O e le S sibilanti del marcato accento kon.

Logan, provocato dalla voce sconosciuta, si girò di scatto. “Non ho finito” sbottò. D’improvviso si piegò in avanti e caricò Meli su una spalla come un sacco di patate.

“Ma che…!” strillò lei.

Nonostante fosse tutto incredibilmente ridicolo, Meli restò al gioco, piagnucolando e battendo i pugni tra le ovazioni e le risate degli altri avventori del locale. Il kon li guardò furioso, ma non tentò di seguirli.

Mentre salivano le scale in quella posizione assai scomoda, Meli udì Logan borbottare fra sé. Tra le cose che colse, c’era: “Non ho finito proprio per niente”.

***

Insonne sui mantelli stesi sul pavimento, Meli rifletteva.

Primo: su quello che aveva origliato dai soldati della Guardia. Cosa avevano trovato? Cosa avevano visto? Le prudevano le mani dalla voglia di andare a Salto del Lupo per scoprire cosa succedeva laggiù, ma non sarebbe stato prudente: un solo passo falso e li avrebbero arrestati a vista.

Secondo: su come risolvere il pasticcio dell’appuntamento galante con la suddetta guardia; organizzare uno scambio di persona? Fingere un malore? Avrebbe dovuto chiedere aiuto a Dagmaris in quel frangente. 

E, terzo: sull’enorme sbandata che si stava prendendo per il mezzelfo a cui, solo per quella notte, aveva magnanimamente ceduto il proprio letto. 

Meli rabbrividì dall’imbarazzo. Che le era preso? Quando era cominciata? Adesso che non aveva le sue mani addosso riusciva a ragionare meglio, ma preferiva comunque non ripensare a quanto era successo. Non riusciva a capacitarsene. Era ridicolo e insensato.

E, cosa non meno grave… era quasi certa che la sbandata fosse ricambiata. Il che aggiungeva un nuovo strato di complessità alla situazione del cazzo in cui si trovavano: ad esempio, il fatto che ora stesse ripensando alla sua lingua impertinente e non a pianificare una strategia per tirarsi fuori da quell’impiccio.

Quel bacio era stato…

Le venne un gran caldo. Si impedì di pensare ancora a quel bacio. 

Maledetto ammazzamostri.

Quattro colpi tonfi, dal ritmo conosciuto, risuonarono alla porta. Logan si svegliò subito; Meli, riscossa dalle elucubrazioni indecenti, si alzò e raggiunse l’ingresso. Quando aprì il battente, gli occhi scuri di Dagmaris pregavano di perdonarla.

   
 
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