Epilogo
La piccola
Lilibeth
pigolava come un pulcino bagnato. Hannah la prese in braccio dalla
culla e la
porse alla madre, sul grande letto.
Sentì il finto galeone
scaldarsi nella tasca destra dei jeans e lo tirò fuori per
guardarlo: li
stavano chiamando. La settimana prima Ernie le aveva scritto dicendo
che l’ES aveva
fatto una breve riunione, ma senza grandi motivi. Questa era la seconda
volta
che chiamavano e Hannah non poteva muoversi senza essere sicura che ci
fosse
un'emergenza.
"Dovresti
andare…" Hope, la sorella di Hannah, si tirò sul
cuscino per mettersi
seduta e attaccare la bambina al seno.
Hannah scosse il capo: sua
sorella aveva partorito in anticipo di due mesi proprio il giorno che
erano
tornati a casa da Hogwarts, ma il parto non era andato benissimo,
così lei era
rimasta ad accudire lei e la bambina che, troppo piccola per grandi
sforzi come
una poppata completa o un bel pianto fragoroso, aveva bisogno di
costanti cure.
"Mi dispiace così
tanto…" Hope iniziò a piangere, mentre la bambina
perdeva il seno.
"Se solo Steve fosse qui, tu non saresti costretta…" La
ragazza
cercò, con non poca difficoltà, di riattaccare la
piccola, ma era stremata e
pianse ancora.
Steve, suo marito, era in
Francia al momento della battaglia di Hogwarts e ora non riusciva a
tornare nel
Regno Unito perché il Ministero era sottosopra e non poteva
abilitare tutte le
richieste per le passaporte. Lui stava tornando con il sistema di
trasporto
babbano ma ci stava mettendo tantissimo tempo.
"Non preoccuparti,
Hope. Non è una cosa importante". Con un gesto veloce, e
quasi di
nascosto, si asciugò una lacrima prima che scivolasse sulla
pelle.
Si alzò e andò verso la
finestra: non avrebbe lasciato la stanza di Hope finché lei
non avesse finito
di allattare. Girò il capo per guardarla con la coda
dell'occhio: il suo parto
era stato difficile e lei si addormentava spesso, a volte anche con la
bambina
in braccio. Non poteva lasciarla da sola e Hannah non sarebbe mai
riuscita a
smaterializzare tutti e tre insieme.
Quindi era bloccata lì.
Fino a quando non sarebbe arrivato suo cognato o fossero venuti suo
padre e sua
sorella.
Quando vide la testa di
Hope ciondolare, tornò vicino al letto.
Non stava
rinunciando a niente
di importante.
Niente di importante, a
parte Neville.
***
"Non
è venuta!"
Neville sospirò mentre aiutava Ginny e Luna a sistemare la
stanza dopo
l'incontro con l'ES.
Ginny, che era l'amica più
in gamba di tutte, si guardò intorno e, ancora con la
bacchetta alzata mentre
faceva levitare una sedia, gridò: "Ernie, vieni qui!"
Il ragazzo, che stava uscendo
dalla porta, si girò e tornò sui suoi passi,
avvicinandosi ai ragazzi.
"Ginny, tutto ok? Vedervi, ogni volta…"
"Ernie, hai notizie
di Hannah?" Ginny sparò la domanda come se lui non avesse
chiesto niente.
Il ragazzo corrugò la
fronte e si riprese subito, dopo essersi guardato intorno: anche lui
doveva
essersi accorto che la sua compagna di casa non c'era.
"So che è da sua
sorella". Ernie si strinse nelle spalle. "È rimasta
là per via di un
parto prematuro o qualcosa del genere…"
Ginny si voltò verso Neville
e Luna, ma poi si rigirò verso il ragazzo. "Sai
dov'è? È vicino? La
metropolvere dà ancora problemi nelle province
lontane…”
Lui scosse le spalle.
"Non so dove sia di preciso, in Scozia mi sembra, ma immagino sia
lontano:
il suo gufo ci mette molti giorni per arrivare…"
Ginny imprecò sottovoce e
ringraziò Ernie che aveva guardato l'orologio, anche se non
sembrava che avesse
fretta. "Dobbiamo fare qualcosa".
Neville annuì. Ma cosa?
"Ci si potrà
materializzare?" chiese Ginny, a nessuno in particolare.
"Dove?" Ernie
non se ne era ancora andato, e li guardava confuso.
Ginny sbuffò. "Ernie,
pensi che là dove è lei, ci si possa
materializzare?"
Ernie alzò una spalla e
rispose con tono incerto, come se fosse ancora a Hogwarts e lo stesse
interrogando la McGranitt. "Beh, so che suo padre e l'altra sua sorella
a
volte la raggiungono, quindi sì, immagino che ci si possa
materializzare…"
Ginny batté le mani e
sorrise verso Neville, che non aveva ancora capito. "Ma non sappiamo
dov'è, Ginny…"
"Ma lei sa dove siamo
noi! Basterà che tu le scriva e le dici di raggiungerci
e…"
"Ginny, non è venuta
per le due riunioni dell’ES, pensi che verrà per
me?"
"Neville, questo lo sapremo
soltanto se glielo chiederai". Tutti si girarono verso Luna che non
aveva
detto niente da quando la riunione era finita.
Neville scosse il capo.
Era già denigrante così, non le avrebbe scritto
di venire da lui per poi
aspettarla invano.
"Non penso che non
sia venuta per colpa sua, Neville". Ernie lo guardò con uno
sguardo quasi
duro. "Sta aiutando sua sorella. Probabilmente non se la sente di
abbandonarla".
Neville osservò Ernie
giustificare la ragazza con la qualità più
importante che rappresentava la sua
casa: la lealtà. Annuì. Poteva essere.
"O forse non
può…"
"Però, se a scriverle
fosse qualcosa di più… ufficiale…"
Ginny si prese il mento fra due dita e
iniziò a camminare per la stanza. "Diciamo: se la facessimo
venire a
Londra per qualcosa di importante… Non intendo che tu non lo
sia,
Neville…"
Neville scosse il capo e
la liquidò con la mano: se fosse riuscita a trovare il modo
per fargli
incontrare Hannah, poteva anche insultarlo come faceva Piton.
"Ci vuole un gufo
veloce, però. Ernie ha detto che è lontano." Luna
li osservava sorridendo
e Neville ricambiò.
"Io non ho gufi.
Quello di mia nonna è…"
"Una urgentlettera del ministero!
Arriva in
tre ore dappertutto! C'è un gufo speciale per spedirle!"
Ginny spalancò
gli occhi e quasi saltò sul posto. Ma cosa stava dicendo? Il
ministero mandava
quel tipo di missiva solo in casi rari, quando si apriva un processo o
cose del
genere.
"Ma… E come farebbe
il ministero a scriverle? E poi che…"
"Non deve scriverle
per forza il Ministero, Neville! Possiamo andare in guferia e usare il
gufo
per…"
"Però se fosse una
lettera del Ministero, effettivamente, sarebbe
più… ufficiale!" Anche
Ernie si stava agitando, mentre ognuno iniziava a dare indicazioni su
cosa
pensava fosse meglio fare.
*
“Ma
siamo sicuri che…”
Neville guardò ancora il timbro del Ministero prima di
intingerlo
nell’inchiostro.
“Sì, Neville, siamo sicuri
che sia l’unico modo. Dai qua!” Ginny gli
strappò di mano il timbro e lasciò il
marchio ministeriale sulla pergamena prima che chiunque potesse dirle
che farlo
non era corretto.
“E se…”
“Non ci beccheranno. E se
succedesse… Per le scarpe sporche di Merlino, Neville, hai
distrutto un
Horcrux, hai affrontato Voldemort in persona quando nessuno voleva
più farlo…
Non puoi fartela sotto proprio adesso!”
Neville
guardò l’amica
negli occhi e abbassò la voce. “E se lei non
volesse vedermi?”
Neville scosse le spalle e
lei sorrise, per poi lasciarlo andare e prendere in mano la pergamena,
continuando a spiegargli perché, secondo lei, quello fosse
il modo migliore per
arrivare al loro fine.
Neville guardava
ipnotizzato la mano di Ginny che sventolava la pergamena con la
convocazione di
Hanna al Ministero, per farla asciugare prima.
Avrebbe funzionato? E se
lei…
“Smettila di pensarlo”.
Ginny lo guardò come gli avesse letto in faccia tutti i suoi
dubbi. “Dai, vieni
a farlo tu, così ti distrai…”
Gli allungò la pergamena
e, una volta asciutta, Neville la piegò,
l’inserì in una busta con
l’intestazione del ministero, che avevano rubato insieme al
timbro in uno degli
uffici,, e ci scrisse sopra il nome di Hannah.
Quando l’affidò al gufo,
quello veloce di cui parlavano le ragazze poco prima,
sospirò, pregando al
tempo stesso che andasse tutto bene.
Osservò il gufo volare via
dalla finestra e rimase a guardare il cielo anche dopo averlo perso di
vista.
Non aveva senso aver vinto la guerra e sentirsi comunque un perdente.
Sentì la mano di Ginny
posarsi sulla sua spalla e si voltò verso di lei.
“Verrà, vedrai.”
Neville annuì perché aveva
bisogno di crederci.
***
Hannah prese la
polvere
dalla mensola sopra il camino e la buttò nel focolare,
facendo un salto e
nominando il Ministero. Chissà cos’era successo.
Quando suo padre e Harley,
sua sorella, avevano visto la lettera, le avevano subito detto che
doveva essere
una cosa importante, visto che richiedevano la sua presenza con la
massima
urgenza. Così, in quel tardo pomeriggio, si era preparata ed
era partita.
Neville stava
aspettando
da parecchie ore. Guardò ancora l’orologio,
pensando di nuovo che lei non si sarebbe
fatta vedere. Ma se non si fosse presentata neanche se era stato il
Ministero a
convocarla voleva dire che era successo qualcosa di grave che le
impediva di
muoversi da dov’era. Iniziò a camminare avanti e
indietro. Aveva salutato gli
addetti da più di mezz’ora e ora erano rimasti
solo gli ultimi impiegati che
sfruttavano gli straordinari. Camminò fino alla fine
dell’atrio e poi tornò
indietro, passando davanti alla parete dove i camini sfilavano, tristi
e muti,
contro il muro.
Fu solo quando ebbe raggiunto
l’ultimo camino, ma prima di girarsi per rifare la strada,
che sentì una voce
inequivocabile alle sue spalle.
“Oh, Santissima Tosca
sulla scopa!”
Hannah, nella
fretta di
uscire dal camino, non aveva visto un gradino ed era inciampata: si
trovò sdraiata
per terra, ma alzò lo sguardo e vide il ragazzo a cui aveva
pensato per tutto
il tempo da quando era tornata da Hogwarts. Spalancò gli
occhi, sorpresa ma
felice.
“Neville!” Il ragazzo si
avvicinò a lei. “Hanno chiamato anche te? Cosa
è successo?”
Neville fece
qualche passo
verso Hannah, sorridendo come non aveva mai fatto e più
felice di quando era
stato portato in braccio dai ragazzi, subito dopo la fine della guerra.
“Stai bene?” Le porse la
mano per aiutarla e lei la prese senza esitazione: era così
piccola e calda… Le
strinse le dita e Hannah sorrise timidamente.
“Sì, sì sto bene. Sono una
pasticciona…”
Lui sospirò teneramente:
se lei fosse stata una pasticciona lui cos’era, allora?
‘Sei perfetta…’ pensò
senza dirlo ad alta voce.
Hannah si
guardò intorno e
poi prese dalla tasca posteriore dei jeans la pergamena che aveva
ricevuto. “Mi
hanno scritto di venire il prima possibile, anche se fosse stata sera,
ma non è
indicato in quale ufficio…”
“Ti abbiamo chiamato noi.
Non il Ministero…”
La ragazza alzò lo sguardo
su Neville che, imbarazzato, si era girato e aveva portato la mano alla
nuca.
“Voi? Che vuol dire?”
Neville
tentò di non
balbettare. “Non sei venuta alle riunioni dell’ ES,
e…”
“Hope, mia sorella
maggiore, ha avuto un parto difficile, sono rimasta ad aiutarla. Mio
cognato
non è ancora riuscito a tornare e l’altra mia
sorella e mio padre sono riusciti
a darmi il cambio solo stasera…”
Neville annuì, come se
sapesse già tutto.
“Non ce l’ho fatta a
venire. Erano molto importanti? Ernie diceva che…”
Neville le prese
velocemente la mano. “Volevo vederti e non sapevo cosa
inventarmi. Scusami.
Spero di non averti messo nei guai con la tua famiglia”.
“Mi hai chiamato tu?” Il
viso di Hannah era sorpreso e vagamente sereno, così Neville
annuì in risposta.
Hannah non
sapeva cosa
pensare: era stato lui? E come mai? Sentì un lieve calore
salirle al viso:
forse stava arrossendo. “Perché?”
“Avevo bisogno di
vederti.”
La ragazza sorrise,
improvvisamente più leggera e contenta.
“Davvero?”
“Sì” rispose lui e Hannah
non riuscì a resistere a portargli una mano al viso, in una
carezza.
“Mi hai mandato un gufo
facendo finta che fosse il Ministero solo per vedere…
me?”
“Ho
anche rubato il timbro
e il gufo veloce. Beh, l’idea è stata di Ginny,
ma…”
Hannah rise, di una risata
fresca e genuina. “Neville, quanto mi sei mancato!”
E così dicendo gli portò le
braccia al collo e lo abbracciò, sentendosi finalmente
completa.
*
“In
veritò non ho fatto
progetti… non so veramente dove andare o cosa
fare…” Neville sospirò al pensiero
di non aver pensato a tutto, mentre teneva la porticina aperta.
Quell’uscita
secondaria del Ministero dava su un brutto vicolo della Londra babbana;
al
ragazzo non interessava molto, ma forse avrebbe dovuto crearsi un piano
migliore.
“Va tutto bene, Neville,
siamo insieme e questo è l’importante.”
Hanna fece scivolare la
mano nella sua e Neville non si preoccupò più di
niente, incamminandosi insieme
verso le luci notturne della città.
*
Avevano
camminato per
tantissimo tempo, senza neanche accorgersi di tutte le parole che si
erano
detti, delle risate più o meno a voce alta che aveva fatto,
dello sfioramento
delle loro mani, dei loro cuori e delle loro menti. Stava andando bene,
ma
presto sarebbe stata mattina. Neville prese la ragazza per mano e la
fece
girare verso di lui. “Quando devi tornare a casa?”
Lei scosse le spalle. “Domani
sera mia sorella inizia il turno al San Mungo e devo darle il
cambio.”
Lui la interruppe.
“Abbiamo solo questa notte, allora.”
Ma quella notte poteva
bastare? Lui non voleva che finisse. Voleva vedere Hannah ancora. E
ancora. Ma
se glielo avesse detto, cosa sarebbe successo? E lei, cosa pensava?
Hannah
annuì, poi si
guardò intorno e quando capì che erano a pochi
passi da Diagn Alley, lo
trascinò, dicendo di seguirla: nella Londra Magica
c’erano ancora
festeggiamenti per la vittoria di Hogwarts e molti negozi rimanevano
aperti
tutta la notte. Glielo aveva detto sua sorella, ma lei non
c’era ancora stata.
Fecero un giro proprio
sulla via principale di Diagon Alley, ma poi si addentrarono per i
vicoli e, a
un certo punto, ritrovarono in una strada secondaria dove una strega
con una
vistosa capigliatura che usciva da sotto il cappello a punta, li
chiamò.
“Benvenuti al Second-Hand
Shop, ragazzi! Volete fare un giro?”
Loro si guardarono. “Non
sono mai stato qui…” Neville sbirciava dentro la
porta lasciata aperta dalla
strega.
Hannah gli strinse la mano
e si strinse nelle spalle. “Andiamo, potrebbe essere
divertente”.
Il negozio era
stracolmo
di roba: Neville si immaginava così, dai racconti di Harry,
la camera delle
cose nascoste. Vecchie divise scolastiche di Hogwarts, ma anche di
altre
scuole, erano appese, una dietro l’altra, su stecche da
guardaroba lunghe
quanto gli scaffali di una bibilioteca, mentre intorno gli scaffali
erano
stracolmi di cianfrusaglie, vestiti piegati e spiegazzati, quadri con
persone
che gridavano, camicie che sfrecciavano in alto, cercando di andarsi a
sistemare da sole, mentre centinaia di cappelli volteggiavano
saltellando da
uno scaffale all’altro.
“Certo che c’è gente che
vende tutto…” Hannah prese da uno scaffale una
confezione aperta di caramelle,
per poi metterla giù e prendere altre cose con meraviglia.
“Guarda! C’è un
pensatoio!” esclamò Neville, indicando un bacino
di pietra in fondo a una
scaffalatura. In quel posto c’era veramente ogni cosa!
“Ma chi è che darebbe
via un pensatoio?”
Hannah alzò una spalla
mentre insieme accarezzarono la pietra di quella piccola vasca piena di
liquido. “Forse qualcuno l’ha ereditata e non gli
interessava tenerla. O forse
voleva farci dei soldi invece che seppellirlo con il
proprietario…” La ragazza
guardò il prezzo indicato sul cartellino e lo
mostrò a Neville. “Chissà di chi
era… Ma secondo te prima di venderlo l’hanno
resettato magicamente?”
“Non saprei. Dici che
potrebbero esserci ancora dei ricordi?” Neville
alzò tutte e due le
sopracciglia, da tanto era sorpreso.
“Proviamo?” A Hannah
brillarono gli occhi e lui pensò che fosse sempre
più bella.
In quel momento,
una
strega dalla veste colorata si avvicinò a loro e li
guardò male, dicendo che
qualsiasi cosa avessero rotto, avrebbero dovuto comprarla. Ridendo,
Hannah
prese la mano del ragazzo e lo trascinò oltre un altro
scaffale.
Quando si fermarono
scoppiò a ridere anche Neville. “Pensavo che
volesse farcelo pagare!” Ancora
ridendo, fecero altri passi e Neville allungò la mano su un
ripiano stracolmo
di cose. “Una ricordella! Se avessi venduto tutte quelle che
ho perso, sarei
ricco!”
Neville prese la
piccola
sfera di cristallo, che era stata appoggiata sopra a un posacenere,
scuotendola. Il fumo che conteneva da bianco divenne rosso acceso e lui
sentì
le guance accalorarsi. “Mi sono scordato qualcosa, di
nuovo… E di nuovo non so cosa
sia…”
Hannah tornò vicino a lui
e gliela prese di mano. “È facile: ti sei scordato
di baciarmi, Neville…”
Il ragazzo vide la
ricordella tornare chiara.
Decise di scherzare e
sorrise. “E se poi non era quello?”
Hannah
sentì, nel tono
della sua voce, un misto di scherzoso divertimento e ne fu contenta:
lui si
stava rilassando ed era passato il momento in cui si era sentito
imbarazzato.
“Dovremmo provare e vedere se diventa ancora
rossa…”
“Hai perfettamente
ragione.”
Neville le
accarezzò la
guancia con il palmo della mano, mentre lei gli portava il braccio
libero
dietro al collo. Nel momento in cui le loro labbra si sfiorarono, lui
perse la
capacità di pensiero e lasciò che il ritmo del
suo cuore guidasse i suoi gesti.
Sfiorò con la lingua la bocca di Hannah e quando lei lo
lasciò entrare, seppe
che il loro non era solamente un bacio. era una promessa.
La strega che li aveva
guardati male, passò accanto a loro, tossicchiando, e loro
si staccarono
all’improvviso, ma quando si guardarono negli occhi,
scoppiarono a ridere.
La ricordella in mano a
Hannah si riempì di fumo rosso e lui rise. “Ora ti
sei scordata qualcosa anche
tu!”
Hannah
osservò la sferetta
colorata nella sua mano e poi tornò a posare gli occhi su di
lui.
“Mi sono scordata di dirti
che voglio altre notti per noi, Neville. Non voglio che sia
l’ultima. E voglio
altri giorni. Altri…”
Lui le prese di nuovo il
viso fra le mani calde. “Anche per me è
così, Hannah. Altri giorni per noi, e
altri baci, perché mi piacciono tantissimo i nostri
baci… Ecco cosa mi ero
scordato di dirti…” Allungò la mano a
toccare la ricordella e chinò su di lei,
baciandola con amore e scordandosi della strega brontolona,
dell’altra gente
nel negozio, e della ricordella, il cui fumo tornò chiaro,
perché tutto ciò che
c’era da dire, era stato finalmente detto.
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***Eccomi qui! Scusate, scusate il ritardo con cui pubblico l'epilogo, ma è stato difficile, volevo fare delle cose particolari e poi alla fine non mi è venuto niente.
Loro avrebbero meritato di più, ma almeno adesso sono insieme e non si stanno più aspettando.
Sper che un po' la storia vi sia comunque piaciuta, nonostante i prompt e nonostante quello che volevo fare e non ci sono riuscita.
Grazie a
tutti voi che avete letto. Grazie davvero.