Serie TV > Il mondo di Patty
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Autore: Bandida    10/03/2024    0 recensioni
{Storia ambientata due anni dopo l'inizio della prima stagione, senza tenere conto degli eventi della seconda stagione che non vengono considerati canonici.}
Antonella e Giusy hanno da poco iniziato il loro ultimo anno di liceo. La prima è alle prese con il mondo della musica, il lancio della sua carriera e le responsabilità che ne derivano, la seconda vede per il suo futuro soltanto prospettive fumose e ben poche certezze. Accomunate da un senso di solitudine e spaesamento, le due scoprono lentamente di poter trovare l'una nell'altra ciò di cui in fondo hanno bisogno.
Or
La storia d'amore enemies to lovers tra Antonella e Giusy ripercorsa narrando le tappe principali della loro relazione.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash, Crack Pairing | Personaggi: Antonella Lamas Bernardi, Josefina Beltrán
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Giusy era pervasa dai sensi di colpa. Rientrò a casa quella notte... beh, che non era più notte, ma l'alba, e doveva prepararsi per andare a lavorare. Si infilò di soppiatto nella camera che condivideva con Nicole per cambiarsi e la trovò addormentata, distesa sulla schiena nella metà del letto matrimoniale che regolarmente occupava.

Giusy si sentì una merda.

Era con lei che avrebbe dovuto stare, non con Antonella. E anche se tra loro non era successo proprio niente, questo non cambiava il fatto che... che aveva fatto un errore, un errore bello grosso. Non cambiava il fatto che era stata tutta la notte con una persona che non era la sua fidanzata, una persona che avrebbe dovuto tenere a distanza e che in passato l'aveva ferita, più di chiunque altro! Una persona a cui purtroppo lei ancora pensava, e molto.

La cosa peggiore di tutte era che Giusy non l'aveva nemmeno fatto apposta. Era successo e basta, così, in maniera del tutto naturale. Lei e Antonella si erano ritrovate da sole e avevano incominciato a parlare, e poi a parlare un altro po', e poi ancora un po', e avevano avuto così tante cose da dirsi che prese dai discorsi poi la notte era passata. Giusy si era accorta che forse era il caso di andare soltanto quando la luce aveva cominciato a trapelare dalle fessure delle tapparelle e aveva lasciato la casa di Matias e Patty sentendosi come una ladra, presa dalla vergogna – soprattutto perché in cuor suo lei desiderava restare con Antonella.

Aveva fatto il possibile per tenerla lontana proprio perché era ben consapevole dei rischi che la sua vicinanza avrebbe portato con sé. Eppure non era servito a niente. Poteva sforzarsi quanto voleva, ma la verità era che una parte di sé aveva come imbottigliato tutta la sofferenza che Antonella le aveva causato, la rabbia, la tristezza, il senso di impotenza, tutti quei sentimenti contrastanti rimasti irrisolti che adesso, accanto a lei, stavano venendo a galla, come compressi in una pentola a pressione.

Quella notte il coperchio era esploso.

Avevano pianto tanto, tutte e due. Antonella le aveva raccontato dei suoi viaggi e delle difficoltà che aveva avuto, di come all'inizio fosse andata in Spagna, a Barcellona, usando i soldi che aveva da parte e si fosse presto resa conto che li avrebbe sperperati tutti in breve tempo se non avesse trovato al più presto una soluzione solida. Aveva chiesto ospitalità a suo padre, almeno in via temporanea, e allora le cose se possibile erano persino peggiorate: la convivenza con la sua nuova compagna, Francesca, e sua figlia Barbara, detta Babi, tecnicamente sorellastra di Antonella, era stata disastrosa. Avevano fatto il possibile per renderle la permanenza un vero e proprio infermo, costringendola a dormire al freddo nel sottoscala su un vecchio materasso scassato nonostante avessero una camera degli ospiti libera e perfettamente utilizzabile perché “non si sa mai che possa servire”, l'avevano derisa, denigrata e isolata, mentre suo padre in tutto ciò non prendeva posizione. Per non parlare poi degli insulti a sua madre, a suo fratello, ai suoi nonni, all'Argentina e di tutte le provocazioni gratuite che riceveva costantemente!

Dopo soli sei giorni, aveva fatto i bagagli e se n'era andata. Beh, non prima di essersi presa per i capelli con Babi e averle lasciato un occhio nero e lividi sulle gambe – ed essere stata cacciata di casa da Francesca sotto lo sguardo inerme di suo padre. E menomale che aveva detto di essere cambiato!

Antonella aveva dunque raccontato che lì si era trovata davanti a un bivio e aveva seriamente pensato di tornare in Argentina con la coda tra le gambe. Poi però, pensando che Giusy ormai la odiasse, che non sarebbe tornata con lei manco sotto tortura – nulla di più sbagliato naturalmente, ma questo lei si era ben guardata dal dirlo – e che sarebbe diventata lo zimbello di tutta la città dopo quell'umiliante racconto, aveva deciso di tentare la sorte e salvare il suo orgoglio partendo per Londra. Aveva preso alloggio in un B&B e per i primi tempi aveva lavorato come cameriera in bar, ristoranti e tavole calde, collezionando nei primi due mesi ben undici licenziamenti, un record mondiale probabilmente. Antonella aveva raccontato di come finisse sempre per rompere piatti o bicchieri, sbagliare gli ordini, litigare con clienti molesti e inopportuni o peggio ancora, di come rispondesse per le rime a datori di lavoro prepotenti che più che impiegati cercavano veri e proprio schiavi!

Sentendo certe sue storie Giusy aveva riso a crepapelle, e Antonella la guardava con disappunto e protestava, prima di unirsi a lei nelle risate. Le riusciva difficile immaginarsela nelle situazioni descritte, quasi impossibile, come se tutto ciò potesse essere accaduto solo in un universo parallelo. Eppure era reale. Mentre la sentiva raccontare, Giusy pensava che avrebbe tanto voluto essere al suo fianco mentre succedeva tutto ciò e si era immaginata come avrebbe potuto essere la loro vita assieme se solo Antonella le avesse permesso di seguirla. Se solo. Chissà se il loro rapporto sarebbe stato in grado di resistere a tutte quelle difficoltà, chissà se Giusy si sarebbe risentita con lei per quella scelta azzardata che avrebbe cambiato il corso della sua vita, chissà che ne sarebbe di lei ora.

Chissà.

In compenso, nonostante la vita lavorativa di Antonella fosse stata un disastro nei primi tempi, quella relazionale era andata un po' meglio. Siccome conosceva e parlava bene l'inglese non aveva avuto problemi ad ambientarsi e aveva subito stretto amicizia con la coppia di anziani che gestiva il B&B dove alloggiava – a dire il vero spesso avevano avuto pietà di lei e delle sue pessime capacità di sopravvivenza e l'avevano aiutata preparandole i pasti, aiutandola nelle pulizie e dandole una spalla su cui piangere nel momento del bisogno. Le naturali doti di Antonella come intrattenitrice erano venute alla luce abbastanza presto e così lei in cambio aveva organizzato per la strutturata serate-evento a tema musicale che avevano riscontrato un discreto successo.

Poi, per l'appunto, dopo due mesi dal suo arrivo a Londra, la figlia di un'amica dei proprietari del B&B aveva lasciato il suo lavoro per andare in maternità – e così, Antonella aveva presto fatto un colloquio di lavoro per sostituirla. Si trattava di una mansione abbastanza umile a dire la verità, cameriera ai piani in un albergo di lusso nel centro di Londra, ma grazie alla buona parola della ragazza che avrebbe sostituito e la sua capacità di mostrarsi sicura di sé aveva ottenuto il posto. Da lì poi era andato tutto in discesa.

L'ambiente dell'albergo era buono, più o meno, o comunque migliore di tutti quelli che aveva trovato nei suoi precedenti luoghi di lavoro. Aveva presto fatto amicizia con le sue colleghe e imparato da loro tutti i segreti su come cambiare il sacchetto dell'aspirapolvere e rifare i letti in tempo record. Poi, dopo 6-7 mesi, la sua occasione era finalmente arrivata: la band che una sera avrebbe dovuto esibirsi per l'intrattenimento serale degli ospiti aveva dato buca all'ultimo, e così Antonella aveva avuto la sfacciataggine di andare nell'ufficio del direttore e offrirsi di sostituirli – senza chiedere niente in cambio se non una fetta di tiramisù.

L'esibizione ebbe così tanti consensi e applausi che il posto le fu offerto come secondo lavoro in pianta stabile. E lei naturalmente accettò. La paga aumentò, la sua fama cominciò a crescere e sempre più persone cominciarono a venire all'hotel per sentirla cantare – fino a quando non arrivò la volta di un produttore pronto ad offrirle un contratto.

Il resto, Giusy più o meno già lo conosceva – lasciò la sua stanza del B&B per trasferirsi in un appartamento, incise il suo primo disco londinese e poi ne fece un secondo, dunque in totale tre, contando quello che aveva lanciato in Argentina con Pedro. Organizzò ben due tour mondiali e per giunta partecipò anche a svariati episodi di tre o quattro serie TV, come guest star della puntata. Aveva persino recitato in un film uscito nelle sale l'anno precedente a dire il vero, interpretando il ruolo di supporto della migliore amica in una commedia romantica a tema natalizio (pellicola che Giusy all'epoca si era categoricamente rifiutata di vedere). Praticamente una carriera di tutto rispetto.

Poi era tornata in Argentina.

Anche Giusy naturalmente aveva raccontato di sé e di quello che le era successo in quei cinque anni, sebbene le sue esperienze fossero molto più limitate. Certo aveva il tempo trascorso all'università alla facoltà di lettere, i corsi che aveva seguito, qualche nuova amicizia, qualche viaggio all'estero e il contratto di stage che le avevano fatto di recente nella redazione di un quotidiano locale – ma nulla di eclatante. Il tempo per lei era passato e basta, in modo mite e tranquillo. Aveva visto tutte le persone attorno a sé realizzarsi e lavorare per la carriera che sognavano mentre lei invece se ne stava lì, ferma a guardare mentre le cose le succedevano. Non poteva dire di stare male o di essere infelice, ma nemmeno di essere particolarmente orgogliosa di sé e dei suoi risultati – la loro scuola dopotutto rischiava la chiusura, mentre il suo impiego in redazione consisteva perlopiù in compiti di archivio e di ricerca, oltre che in un esorbitante numero di fotocopie da fare. Che sicurezza poteva darle tutto ciò sulle sue prospettive future? Era insomma ben lontana dall'indipendenza che Antonella si era conquistata con le sue sole forze.

Giusy naturalmente tutte queste cose non le disse, le lasciò implicite più che altro come suo solito. Antonella allora le aveva chiesto della scrittura e se avesse continuato con le poesie o magari con qualche racconto, e lei aveva mentito spudoratamente dicendo di no e che non aveva tempo. In realtà era un qualcosa di lei che nessuno sapeva e di cui preferiva non parlare, per questo chiuse l'argomento piuttosto in fretta.

Nel corso di quella nottata Giusy si era chiesta più volte se Antonella si sarebbe esposta di più se non avesse saputo che lei ora era fidanzata. Si era chiesta se avrebbe provato ad abbracciarla ancora come aveva fatto quel giorno a casa sua, se avrebbe provato a giocare con i suoi ricci come era solita fare quando stavano assieme, se l'avrebbe presa per mano e se avrebbe magari provato anche a... a... a...

E la cosa peggiore era che Giusy quella notte tutte quelle cose le aveva desiderate veramente, una per una. Per questo adesso si sentiva uno schifo.

Era tornata a casa sua da Nicole che negli ultimi due anni c'era sempre stata per lei, che non l'aveva mai lasciata sola, neanche una volta, che era stabile e risolta e indipendente e la faceva ridere e avevano tantissime cose in comune, obiettivi, valori, ambizioni. E il pensiero di Antonella e di quello che avevano condiviso assieme quella sera l'aveva schiacciata come un macigno, continuando ad opprimerla per tutti i giorni che erano seguiti.

Come era prevedibile, la sua compagna non la prese molto bene. Per quanto stanca, dopo il lavoro Giusy usò ogni pretesto possibile per rincasare nel tardo pomeriggio, il più tardi possibile – la sola idea di affrontare Nicole e ammettere cos'era successo, per quanto “innocente”, le faceva venire il voltastomaco. Alla fine però per l'ora di cena dovette tornare a casa, e ad attenderla vi trovò una bella discussione.

Non era tanto Antonella il problema o il fatto che Giusy avesse passato del tempo con lei, le spiegò Nicole. Capiva che Giusy volesse parlarle, capiva la sua necessità di avere un chiarimento, anzi, era stata lei stessa a suggerirglielo per evitare tensioni al lavoro e che rimanesse dell'irrisolto. Quello che veramente le aveva dato fastidio era che Giusy avesse passato la notte fuori senza avvertirla, senza degnarsi di mandarle un messaggio dimenticandosi completamente della sua esistenza, che a casa c'era qualcuno che la aspettava per il quale lei aveva dimostrato zero considerazione. E aveva ragione, aveva ragione su tutta la linea, Giusy lo sapeva.

Mortificata, la ragazza mora promise allora che tra lei e Antonella non ci sarebbero stati più scambi, che si erano dette tutto ciò che avevano da dirsi e che avevano chiarito, più o meno, motivo per cui adesso le sarebbe stata lontana, a qualsiasi costo. Nicole le rispose allora che non era questo ciò che voleva né lo avrebbe mai pretesto e anzi, se Giusy sentiva il bisogno di misure tanto drastiche avrebbe forse dovuto chiedersi il perché.

L'unica cosa che le chiese fu di rispondere sinceramente a una sola domanda: lei che cosa voleva adesso da Antonella?

Giusy tergiversò un attimo prima di rispondere. Poi disse che non voleva proprio niente. Che il tempo era passato e la sua vita non era più quella di un tempo, che il suo futuro era con Nicole che voleva costruirlo e che con Antonella ormai non c'era più niente che le tenesse legate, che non era il tipo di persona di cui poteva fidarsi.

Quando la sua ragazza le chiese se ne fosse sicura, lei rispose di sì. In fondo Giusy tutte quelle cose le pensava veramente, era la cosa più giusta per sé e per tutti.

Peccato però che quella risposta non aveva fatto i conti con i suoi sentimenti, che infatti nei giorni a venire pensò bene di reprimere.

Mossa dal senso di colpa, a scuola Giusy evitò Antonella il più possibile, fece in modo di non ritrovarsi mai da sola con lei e smorzò ogni suo tentativo di iniziare un dialogo. Smise di presentarsi alle prove del gruppo di musical e prese le distanze dalle iniziative della classe, limitandosi a fare le sue lezioni e correggere i compiti com'era pattuito dal suo contratto. Antonella non insistette né la cercò per telefono. Alla faccia dell'interesse nei suoi confronti... comunque, era meglio per tutti probabilmente, Giusy si ritrovò a constatare con il passare dei giorni. Forse alla fine lo aveva capito pure lei.

Per contro, cominciò a ricoprire Nicole di attenzioni in un modo che non aveva mai fatto nemmeno ai primi tempi della loro relazione. Le preparava il pranzo e la cena tutti i giorni, teneva la casa pulita in modo quasi maniacale, la veniva a prendere al lavoro per riportarla a casa, la ricopriva di regali e organizzò anche diverse serate fuori casa solo per loro. Era determinata a dimostrarle quanto fosse importante per lei la loro relazione e che Antonella ormai per lei non contava più niente, proprio niente.

O forse voleva semplicemente autoconvincersene.

Trascorsero così una decina di giorni. Andare a scuola si faceva ogni giorno più triste, quasi come se Giusy avesse avuto un peso sul cuore. Anche per questo cercava di rimanervici per il meno tempo possibile.

Una mattina però qualcosa attirò la sua attenzione. I ragazzi in classe erano più inquieti del solito, e quel chiacchiericcio tipico del cambio dell'ora rimase persistente anche mentre avevano iniziato a leggere il brano del giorno. Dopo circa una decina di minuti, Giusy si trovò costretta ad interrompere la lezione per chiedere se fosse successo qualcosa. I ragazzi risposero che si trattava di Antonella. Una ragazza spiegò allora che quella mattina l'avevano cercata perché proprio in quei giorni stavano discutendo della selezione di canzoni da portare alla competizione regionale, eppure Antonella a scuola non c'era. Era la prima volta da quando aveva assunto l'incarico che non si presentava, e stando a loro nemmeno il vicepreside aveva idea di dove fosse.

Giusy a quel punto si impensierì. Per essere strano era strano... non era da Antonella. Appena lo seppe si chiese immediatamente se fosse successo qualcosa, e il suo primo istinto fu quello di telefonarle per sapere se andasse tutto bene. Magari poteva avere avuto qualche problema, un guasto alla macchina, un inconveniente imprevisto...

Poi però si disse che non spettava a lei e lasciò perdere la questione, per quanto forzatamente. Richiamò i ragazzi ricordando loro che adesso era l'ora di letteratura e che con Antonella, anzi, con la signorina Bernardi avrebbero avuto modo di parlare più tardi. La sua mente però rimase lì per tutto il resto della lezione.

Una volta terminata la lezione, Giusy si ritrovò combattuta sul da farsi. Non aveva impegni in redazione per quel giorno e a casa Nicole non c'era perché era al lavoro, avrebbe staccato dopo pranzo, nel pomeriggio. Non avendo perciò una vera e propria necessità di essere altrove, ponderò se restare a scuola potesse avere senso per lei o meno. Parlare con Antonella o ancor peggio, telefonarle, non era certo un'opzione, specialmente dopo tutti quei giorni di silenzio. Però magari avrebbe potuto restare nella sala professori per un'oretta e prepararsi le prossime lezioni e le verifiche, fare ricerche sui brani da proporre e cose del genere, e se poi per una qualche coincidenza Antonella nel frattempo sarebbe arrivata dandole la possibilità di sincerarsi che andasse tutto bene, che male avrebbe fatto? Non contava mica come passare del tempo con lei in fondo.

E dunque Giusy fece esattamente così. Si sedette al tavolo di legno al centro della sala professori e tirò fuori le sue cose, il libro e il suo computer portatile, con l'intenzione di preparare il materiale. In trentasette minuti però non riuscì a combinare nulla di buono. La stanza era semi-deserta, oltre a lei c'erano solo un paio di colleghi, uno dei quali uscì dopo circa un quarto d'ora. Per quanto riguardava lei, tutto quello che faceva sembrava infruttuoso, apriva e chiudeva pagine e schede quasi a vuoto, leggeva tre righe e un attimo dopo non ricordava già più niente e soprattutto guardava in continuazione l'ora – e lo schermo del suo telefono. La sua mente sembrava essere stata messa in attesa.

Dopo ben trentasette interminabili minuti la porta della stanza si aprì ed entrò una persona. Era Patty.

Non appena la vide Giusy si alzò in piedi e chiuse libri e computer, avvicinandosi a lei a passo svelto. Non era Antonella, ma magari avrebbe potuto sapere qualcosa su di lei. Da quanto ne sapeva di tanto in tanto passavano del tempo assieme, sia fuori che dentro la scuola. Non che a Giusy interessasse.

“Ciao Patty, tutto bene?” le chiese quindi con un sorriso, mentre l'amica intanto si toglieva la giacca riponendola sull'appendiabiti.

“Tutto bene Giusy, tu?” la bionda rispose con un sorriso, buttando un occhio sul tavolo dove Giusy aveva lasciato le proprie cose. “Sei alle prese con le verifiche?”

“Sì, una specie, siccome ho un po' di tempo libero ne approfitto...” disse l'altra, in maniera vaga. Poi non riuscì più a tenere per sé il pensiero che le affollava la mente e decise di non disturbarsi in inutili convenevoli. “Ascolta per caso sai dov'è Antonella? Questa mattina non è venuta a scuola, è strano perché di solito non manca mai, te lo chiedo giusto perché prima i miei studenti la stavano cercando, mica per altro,” proseguì, appoggiando la schiena alla fila di armadietti mentre il suo sguardo si muoveva frettolosamente per la stanza.

Una sensazione di calore nel petto la invase facendola sentire a disagio. Aveva fatto una semplicissima domanda, più che legittima, eppure si sentiva un'idiota.

Tu guarda che situazione.

Patty nel frattempo aprì il proprio armadietto e cominciò a tirare fuori le sue cose, mentre con disinvoltura raccontava: “Questa mattina mi aveva detto che aveva un appuntamento con una ragazza, non so altro, ma per l'ora di pranzo sicuramente arriverà se vuoi parlarle, anche perché questo pomeriggio abbiamo le prove di musical.”

Un appuntamento?!

Nel sentire quella parola, la mente di Giusy andò completamente in cortocircuito.

Come sarebbe a dire un appuntamento?! Non è possibile!

“Un appuntamento?! Che genere di appuntamento scusa?” chiese di impulso.

“Non lo so Giusy, mi ha solo detto che si vedeva con una ragazza per colazione, non so altro,” le disse Patty, stringendosi nelle spalle. “Se non è ancora arrivata avranno avuto tante cose da dirsi immagino. Perché non glielo chiedi tu stessa quando arriva che appuntamento era?”

Giusy andò su tutte le furie. Un appuntamento per colazione, in una giornata in cui avrebbe dovuto essere a scuola dai suoi alunni, specie in un periodo critico come quello!

Noi rischiamo la chiusura e questa che cosa fa invece di essere presente, se ne va agli appuntamenti con altre donne?! Mi sentirà quella buffona, quella sottospecie di personaggio da circo che non è altro, eccome se mi sentirà!

Forse è solo un presentimento, ma qualcosa mi dice che non te la saresti presa così tanto se Antonella fosse andata a fare la pulizia dei denti...

“Non mi interessa niente di Antonella e dei suoi stupidi appuntamenti,” ribadì, dando una manata agli armadietti alle sue spalle, “penso solo che sia un comportamento molto irresponsabile per qualcuno che dovrebbe fare la preside ed essere un punto di riferimento per i suoi studenti, ma come al solito di lei non ci si può fidare mai, mai!”

Patty, al contrario suo, appariva fin troppo calma, come se non ci fosse stato nulla di male in quel comportamento.

“Giusy i ragazzi la vedono così spesso che tra un po' se la sognano la notte, non essere troppo dura!” la riprese, con una risatina. “Sei tu piuttosto quella che non c'è mai, pensavo che ti piacesse venire alle prove e darci una mano...” fece notare, mentre con la mano destra richiudeva l'anta del proprio armadietto reggendo i libri che le servivano con la sinistra.

Giusy si sentì arrossire e spostò lo sguardo verso la porta d'ingresso.

“È che sono molto occupata Patty, in redazione ho tante cose da fare e poi c'è molto lavoro da fare a casa, sai com'è...” spiegò debolmente. Patty in effetti non aveva tutti i torti.

“Sisi certo per carità, dicevo solo che se volessi saperne di più sull'appuntamento di Antonella potresti venire alle prove e chiederglielo tu stessa, tutto qua,” ribadì l'altra, scrollando le spalle.

“Per l'ennesima volta, non mi interessa degli appuntamenti di Antonella, che si veda pure con tutte le donne di Buenos Aires, sono affari suoi!” esclamò Giusy.

Si rese conto che stava gridando soltanto quando concluse la frase, ritrovandosi con il fiato corto. Osservò il professore ancora seduto al tavolo e si accorse che proprio in quel momento stava uscendo, prendendo una cartellina nera sotto braccio. Se possibile, il rossore sulle sue sue guance aumentò.

“D'accordo, va bene, se lo dici tu...”

Patty a quel punto si allontanò di qualche passo da lei, avvicinandosi al tavolo per posare alcuni libri che aveva e iniziare a rovistare tra cartelline e fogli volanti.

Giusy, seppur titubante, si riavvicinò a lei. Il cuore per qualche ragione le batteva forte nel petto.

“Che cosa c'è?” chiese allora, intuendo che la sua migliore amica stesse omettendo qualcosa. Se c'era altro che Patty sapeva su Antonella Giusy aveva bisogno di scoprirlo, a qualsiasi costo. Ad esempio non le sarebbe dispiaciuto venire a sapere chi fosse quella fantomatica ragazza che aveva visto per colazione, tanto per dirne uno.

“Nono, niente, se non vuoi parlare di Antonella non ne parliamo, per carità,” rispose, in maniera un po' troppo accentuata e caricata per essere naturale.

Giusy fece un sospiro irritato.

“Patty sono la tua migliore amica, lo so benissimo che c'è qualcosa che vuoi dirmi, andiamo sputa il rospo,” la esortò, appoggiando il braccio destro sul tavolo in un punto poco distante dai libri.

Patty a quel punto alzò finalmente lo sguardo su di lei.

“Giusy, non voglio intromettermi tra te e lei però...” esalò, portandosi le mani giunte al petto. “A me non sembra che lei ti sia così indifferente come dici. Lo so che hai sofferto tanto per colpa sua ma credimi che ci sta male anche lei per questa situazione, e non è evitandovi che risolverete i vostri problemi.”

“Questa è una situazione che ha creato lei Patty, e non sono certo io la responsabile dei suoi comportamenti folli,” ribatté l'altra, alzando gli occhi al cielo. Poi, desiderando fuggire da una conversazione che si stava facendo un po' troppo scomoda, Giusy prese la propria borsa e ci infilò dentro il proprio libro di testo e il computer, riponendolo nell'apposita custodia. “Adesso vado che è tardi, e non dire niente ad Antonella di questa conversazione per favore!” si congedò in tutta fretta, poco prima di avviarsi verso la porta.

Desiderava sparire.

“D'accordo, ciao, buona giornata...”

 

Cinque ore dopo, Giusy era di nuovo là.

Beh, non là , là in senso lato, a scuola... nella palestra dove erano da poco cominciate le prove di musical.

Antonella sarà anche una buffona, ma noi non siamo da meno come clown.

Se sono qua è solo per dare un'occhiata ai ragazzi e vedere come procedono le prove, nulla di più. In fondo Patty ha ragione, non sono stata molto presente nell'ultimo periodo.

Clown e racconta palle, i miei complimenti.

In effetti, il suo interesse verso le prove non era proprio del tutto sincero, per non dire che non lo era per nulla. Dopo la sua disastrosa conversazione Patty – a cui andava aggiunta la splendida figura in presenza del collega – Giusy era tornata a casa, aveva fatto un po' di spesa e si era preparato il pranzo. Peccato che il cibo le fosse rimasto tutto sullo stomaco e non fosse riuscita a digerire nulla, i suoi pensieri rimuginavano sulle parole di Patty e quel fantomatico “appuntamento” di cui aveva parlato. Aveva persino provato a guardare i cartoni animati che davano per pranzo in televisione per distrarre la mente, ma a nulla era servito.

Richiamare Patty sarebbe stato inutile, e poi Giusy non l'avrebbe fatto anche solo per una questione di orgoglio. Non le rimanevano poi molte opzioni, o se lo faceva passare in un modo o nell'altro... o ne parlava con la diretta interessata.

La sola idea le faceva venire la nausea, e infatti Giusy fece ogni sforzo possibile per cancellare quel pensiero dalla sua mente: provò a pulire, a mettere in ordine, ma il suo nervosismo non si placava, era come un'anima in pena.

Ripensava alla serata che lei e Antonella avevano condiviso, alle cose che si erano dette, alle parole che Antonella le aveva rivolto...

È questo che vuoi sentirmi dire? Che mi manchi e che mi sei mancata ogni giorno da quando ci siamo lasciate? Perché la verità è questa. Mi manchi e mi sei mancata ogni giorno Josefina Beltran, e anche se non vuoi parlarmi io proprio non riesco a smettere di cercarti. Non ce la faccio.

Giusy aveva fatto il possibile per restare impassibile, ma la verità era che quelle parole l'avevano smossa e non poco. Conosceva Antonella abbastanza bene da sapere con assolutamente certezza che era stata sincera, l'inflessione nella sua voce e il suo tono erano inequivocabili. Eppure adesso Patty se n'era uscita così... qual era la verità? Sul serio tutte quelle belle parole erano solo cazzate? A che scopo poi, visto che Giusy aveva cercato di allontanarla in ogni modo possibile? Possibile che in cinque anni Antonella non avesse mai smesso di cercarla come diceva, e adesso in dieci giorni stesse già frequentando un'altra persona? Aveva bisogno di risposte e in fretta.

Per questo alla fine si era dovuta arrendere e aveva deciso di andare alle prove, seppur neanche questa idea fosse proprio il massimo, tanto più che aveva detto a Nicole che sarebbe venuta a prenderla al lavoro quel pomeriggio. Se fosse rimasta 10-15 minuti Giusy aveva calcolato che avrebbe fatto in tempo a fare tutto, in fondo quel lasso di tempo era più che sufficiente. Le sue intenzioni erano abbastanza semplici in realtà: tutto quello che doveva fare era arrivare nella palestra della scuola, chiedere ai ragazzi come procedessero le cose, scambiare due parole con Antonella e farle presente che i suoi studenti l'avevano cercata quella mattina. Da lì poi avrebbe visto che piega avrebbero preso le cose e in maniera molto discreta avrebbe cercato di indagare... Nulla di troppo difficile, no?

Almeno in teoria.

Nella pratica, Giusy aveva oltrepassato la soglia della palestra da appena sette secondi e già le veniva da vomitare. Un inizio perfetto.

Appena entrata poi le venne in mente che quella era la prima volta in cui vedeva Antonella in veste di vera e propria coreografa dei ragazzi. Nella sua prima settimana si era limitata a fare osservazione, poi aveva indetto la prova eliminatoria e poi Giusy non era più andata alle prove. La cosa era particolarmente evidentemente perché mentre i ragazzi facevano gli esercizi di riscaldamento Antonella era in piedi di fronte a loro a dirigerli, muovendosi con loro a ritmo di musica: aveva legato i capelli in una coda alta ed era vestita con una canottiera bianca dai bordi neri molto attillata e un paio di pantaloncini corti elasticizzati di color rosa intenso – estremamente corti. Le forme e le curve del suo corpo erano bel delineate da quell'abbigliamento e Giusy non appena la vide rimase spiazzata, ferma immobile a pochi passi dall'entrata come uno stoccafisso.

Rimase ferma a fissarla senza neanche rendersene conto, le labbra socchiuse e il respiro mozzato. I suoi occhi si soffermarono sui movimenti di Antonella delle spalle e del collo, la sua clavicola e i muscoli delle braccia... e poi le anche e il bacino stretto, le gambe scolpite e le cosce toniche e... beh, e anche... prima che potesse controllarlo, svariate immagini dei loro trascorsi affollarono la mente di Giusy. Tutte le volte in cui aveva potuto accarezzare la pelle soffice di Antonella ad esempio, raggomitolata con lei nel suo letto. Tutti i baci che le aveva dato, nelle parti del corpo che ora aveva esposte. Tutti i segni che le aveva lasciato, rossi o violacei e ben poco equivocabili.

Poi Antonella si accorse di lei.

Cazzo.

Giusy si voltò immediatamente, quasi come fosse stata colta sul fatto nella scena di un crimine. Si schiarì la gola mentre fingeva di osservare il cellulare che tirò fuori dalla tasca alla velocità della luce, dando le spalle ai ragazzi che si allenavano mentre nel frattempo tentava di calmarsi.

Poi percepì un rumore di passi, che andavano nella sua direzione.

Cazzo.

“Ehilà, chi si rivede, il ritorno del figlio al prodigo,” giunse una voce da dietro le sue spalle, a lei fin troppo familiare. “Che cosa fai da queste parti, ti sei persa?”

Quando si voltò trovò Antonella in piedi poco distante da lei, che la fissava con la sua coda di cavallo e un sorrisino sulle labbra quasi compiaciuto.

“Molto spiritosa,” ribatté Giusy, tentando di non agitarsi. “Ero solo curiosa di vedere come andavano le prove, ma visto che ti diverti a fare sarcasmo me ne vado...” disse, quasi senza riflettere.

La sua avanzata verso l'uscita fu però presto interrotta.

“Aspetta aspetta aspetta,” la bloccò Antonella, afferrandole il polso. Giusy si voltò di scatto, sentendosi quasi bruciare sotto il suo tocco. Abbassò lo sguardo sulla mano di Antonella mentre un brivido le percorreva la schiena, e allora la ragazza la lasciò andare all'istante, facendo un passo indietro. “Sono contenta che tu sia venuta,” le disse, con un piccolo sorriso. “Rimani almeno per dare un'occhiata, no? Cinque minuti.”

“Giusto cinque minuti, ho molto da fare oggi,” biascicò Giusy.

“Sì, non fatico a crederlo...” l'altra mormorò in risposta, cominciando a camminare nuovamente verso la classe. Giusy la seguì e si accorse in quel momento che Antonella aveva chiesto a uno degli studenti di portare avanti il riscaldamento, facendosi temporaneamente sostituire.

“E con questo cosa vorresti dire?” chiese la mora, contrariata da quel tono sarcastico.

“No, niente, lascia stare...”

Giusy incrociò le braccia al petto e le si parò davanti.

“Antonella.”

“Son settimane che non ti fai vedere Giusy, sei stata praticamente inghiottita dagli abissi,” le fece notare Antonella, inarcando un sopracciglio. “Credevo di poter contare su di te e che ti facesse piacere essere coinvolta nel gruppo di musical, ma evidentemente mi sbagliavo.”

“Te l'ho detto, è che sono stata occupata...” obiettò Giusy, seppur debolmente. Poi abbassò lo sguardo a terra.

“Mi stai evitando.”

“Non è assolutamente vero!”

“Sì che lo è,” ribadì l'altra. “Comunque non importa, sei libera di fare come credi lo sai, non hai nessun vincolo che ti tiene legata a me o ti obbliga a stare qui dopo il lavoro,” mise in chiaro.

“Questo lo so benissimo,” obiettò Giusy. “Se sono qui adesso è perché lo voglio. E per la cronaca, è vero che voglio essere coinvolta nel gruppo di musical,” insistette.

D'accordo, forse non era stata proprio un asso nel dimostrarlo, e anzi in questi pochi minuti che stava passando con i ragazzi in palestra Giusy aveva già incominciato a pentirsi della sua prolungata assenza, specie perché aveva iniziato a seguire e supportare il gruppo nelle prove dall'inizio dell'anno. Aveva dato ad Antonella la propria parola sulla sua partecipazione, e poi si era ritratta senza spiegazioni né avvisi...

In poche parole, qualsiasi cosa lei facesse era sempre quella sbagliata.

“Ah sì? Beh mi sembra un po' strano, considerando che lavoriamo nello stesso posto e questa è la prima volta che ti presenti in due settimane, ” le fece notare Antonella per tutta risposta.

“Veramente sono passati dieci giorni,” precisò la mora.

“È uguale. Considerando che siamo state sveglie a parlare fino alle sei del mattino l'ultima volta che ci siamo viste, mi sarei aspettata di rivederti un po' prima di dieci giorni,” ribatté Antonella. “Ma evidentemente devo aver frainteso.”

Poi la ragazza si allontanò temporaneamente. Giusy la seguì con lo sguardo e la vide impartire istruzioni alla classe sui prossimi esercizi da svolgere, che consistevano nello stretching di braccia e gambe.

Giusy, rimasta interdetta da quella risposta diretta e incerta sul da farsi, si guardò attorno per qualche istante. Poi raggiunse di nuovo Antonella, per continuare la conversazione.

“Le cose non sono così semplici Antonella...” disse in un sussurro. “Non basta una notte per rimediare a cinque anni di assenza. E poi lo sai benissimo che adesso sono fidanzata, sono impegnata con un'altra persona in questo momento,” tenne a ricordarle, mentre arrossiva lievemente.

“E questo che c'entra scusa?” obiettò Antonella. “Non mi sembra di averti chiesto niente da quel punto di vista né di essere stata inopportuna. Credevo solo che quello che abbiamo condiviso l'altra notte avesse un significato per te perché per me è stato importante, ma forse non è così,” concluse, lasciando ricadere le proprie braccia lungo i fianchi.

“Certo che ha avuto valore per me, che cosa credi?” Giusy si affrettò a precisare. “Non rimarrei certo sveglia a parlare per tutta la notte con il primo che passa. Sono stata bene con te l'altra notte Anto, e tanto anche...” confessò, abbassando la voce. Il viso di Antonella a quelle parole si illuminò, i suoi occhi si accesero. Giusy dovette sforzarsi moltissimo per reprimere il sorriso che minacciava di incurvarle le labbra. “Però te l'ho detto, le cose sono complicate.”

“E allora semplifichiamole,” concluse Antonella. “Se tu stai bene con me e io sto bene con te, che cosa ci vieta di passare del tempo assieme quando il lavoro lo richiede?” le chiese, avvicinandosi a lei di un passo.

“È inutile che usi quel tono con me, io ti conosco,” la ammonì Giusy, sforzandosi di sembrare seria mentre sorrideva come una scema.

“Quale tono scusa? Non so di cosa tu stia parlando,” negò Antonella, inarcando un sopracciglio in segno di sfida mentre sogghignava.

“Lo sai benissimo invece,” ribadì Giusy, facendo un altro passo verso di lei quasi senza rendersene conto. “E comunque non mi sembra di essere l'unica che è stata impegnata, se proprio vogliamo dirci le cose in faccia,” riuscì finalmente a dire, approfittando del confronto.

Antonella le rivolse un'espressione confusa.

“Di che stai parlando?”

“Non far finta di niente,” la riprese Giusy, ansiosa di arrivare al nocciolo della questione. “Patty mi ha detto tutto, lo so benissimo che questa mattina non eri a scuola perché avevi un appuntamento con una ragazza,” l'accusò, pur senza volerlo.

Antonella inarcò le labbra in un sorrisetto enigmatico.

“E con ciò? Non mi sembra che ci sia una legge che vieta di prendere appuntamenti in questo paese,” la stuzzicò.

“No, infatti non c'è, dicevo solo che come io ho i miei impegni mi sembra che anche tu abbia il tuo bel da fare,” Giusy le rispose a tono. Sapeva benissimo che erano entrambe perfettamente consapevoli di ciò a cui in realtà stavano facendo riferimento, ma Giusy non le avrebbe dato la soddisfazione di cedere e chiederglielo apertamente. Soprattutto non quando Antonella non aspettava altro, com'era evidente.

“C'è forse qualcosa che mi vuoi chiedere, Josefina Beltran?” domandò allora quest'ultima, con tono provocatorio.

“Io? No, affatto, perché cosa dovrei chiederti scusa?” rispose Giusy, con un falso sorriso innocente.

“Non lo so, visto il tuo tono di voce, sembrava quasi che volessi saperne di più sul mio 'appuntamento' di questa mattina,” disse allora Antonella, facendo le virgolette con le dita sulla parola appuntamento. “Se sei curiosa non devi fare altro che domandare mia cara,” la invitò, inclinando la testa di lato.

“Io non sono affatto curiosa, anzi, non mi interessa per niente!” ribadì Giusy, facendo un altro passo verso Antonella. Si rese conto solo in quel momento della loro distanza ravvicinata, di quanto vicino fosse il viso di Antonella al proprio – e di quanto facile sarebbe stato per lei toccarlo. “L'ho detto così, tanto per dire...” proseguì, abbassando lo sguardo sulle labbra dell'altra ragazza per una frazione di secondo. Di colpo Giusy si sentì arrossire, mentre si sforzava di scacciare via tutti i pensieri che non avrebbe dovuto fare.

“D'accordo, allora visto che non ti interessa non ti annoierò con i dettagli, non preoccuparti,” rispose Antonella, mantenendo il suo tono provocatorio. “Anzi, grazie di avermelo ricordato perché c'è una cosa importante che devo dire alla classe.”

Così dicendo, la ragazza si allontanò da lei e cominciò a battere le mani, con l'obiettivo di attirare l'attenzione.

“Un attimo di attenzione per favore,” annunciò. I ragazzi interruppero subito il riscaldamento e si voltarono verso di lei. “Prima di cominciare le prove quest'oggi ho un annuncio da fare: domenica prossima andremo tutti ad esibirci alla casa di riposo Santa Margarìta, per cui se avete impegni cancellateli e fate in modo di esserci. Fate conto che sia una prova generale in vista delle regionali, per cui la partecipazione è obbligatoria, pena l'esclusione dalla gara e dalla squadra. Vi consiglio caldamente di impegnarvi e prendere questa cosa sul serio, anche perché non solo ci ospitano ma ci offrono pure il pranzo, vedete di meritarvelo,” li ammonì Antonella.

Mentre un coro di proteste e reazioni quantomeno scettiche si levava dal gruppo, Giusy aggrottò le sopracciglia e fissò con sguardo interrogativo la sua collega.

Qual era il senso di questa cosa? Per carità, esibirsi in una casa di riposo era di per certo una bella cosa, ma Giusy conosceva bene Antonella e sapeva che non lo avrebbe mai fatto se non avesse pensato che dietro ci fosse un senso o un fine più ampio.

“Ci andremo e basta e ci servirà per vincere e migliorarci, fatela finita con le vostre lamentele o prima di iniziare le prove vi faccio fare dieci giri dell'auditorium,” li minacciò Antonella, zittendo in un colpo solo tutte le proteste e le lamentele. “Tutto quello che dovete sapere,” proseguì poi, nel silenzio venuto a crearsi, “è che questa cosa è un'iniziativa proposta da una persona che mi è molto cara, per cui vedete di non farmi fare brutte figure per piacere,” concluse.

Giusy rimase di sasso.

Un'iniziativa proposta da una persona che mi è molto cara...

Doveva essere legato alla donna che Antonella aveva incontrato quella mattina, ne era sicura! Possibile che lei fosse tanto impulsiva da portare la classe in una casa di riposo solo per fare bella figura con una ragazza che aveva appena iniziato a frequentare? Il solo pensiero fece ribollire a Giusy il sangue nelle vene. Doveva esserci per forza un'altra spiegazione, per forza. Temeva però che ci fosse un unico modo per andare al fondo della questione...

“Allora oggi che fai, ti fermi con noi?” le domandò poi Antonella, mentre i ragazzi si preparavano a cominciare le prove.

Giusy annuì. Nicole l'avrebbe vista direttamente a casa, in fondo se per un giorno non la passava a prendere non era certo la fine del mondo.

“Sì, mi fermo volentieri,” confermò. “Anzi, se sei d'accordo domenica prossima potrei venire con voi, così Patty e mio fratello si riposano un po',” le propose infine.

Probabilmente era una pessima idea, anzi, sicuramente era una pessima idea. Ciononostante, Giusy non avrebbe potuto sopportare l'idea di farsi consumare dal dubbio senza mai ricevere una spiegazione su tutta quella storia.

“D'accordo, ne sarei molto felice,” Antonella rispose con un sorriso.

In fondo era soltanto una domenica in una casa di riposo.

Che cosa sarebbe mai potuto succedere?




Nota dell'autrice:

Rieccoci qua con le mie due pagliacce preferite 😂
Come al solito, questa parte doveva essere formata da due capitoli, dunque questo capitolo secondo i piani doveva contenere anche altre cose, ma visto che stiamo andando per le lunghe l'ho dovuto dividere in tre, sono sorpresa? Nemmeno un po'.
Grazie a chi legge e supporta la storia, apprezzo sempre molto 🥰

   
 
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