Anime & Manga > Lady Oscar
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Autore: amoreterno    11/03/2024    5 recensioni
Non è facile accettare una fine tragica, un finale diverso da ciò che si desidera, ma, a pensarci bene, se la storia non avesse avuto un epilogo tanto funesto davvero la nostra fantasia avrebbe lavorato così tanto per donare il nostro supporto, omaggiando ai personaggi di un lieto fine tanto agognato?
Così, ancora una volta, dedico la mia immaginazione a questa meravigliosa opera, questo capolavoro che sfida il tempo, le generazioni e la frenesia del mondo moderno, rivedendo di nuovo il finale della storia, rivolgendola a mio favore, alla ricerca di quel lieto fine che ho tanto desiderato ad ogni nuova visone dell'anime, o semplicemente sfogliando le pagine del manga. Questa volta ho voluto osare dove non ho mai voluto indugiare: proiettare i protagonisti nell'epoca moderna. È una storia frivola, senza troppe pretese, al mero scopo di intrattenere con leggerezza. La storia parla di come potrebbe essere l'esistenza di Oscar, la mia eroina, se dopo essere caduta durante lo scoppio della Rivoluzione Francese, ai piedi della Bastiglia, invece che risvegliarsi nell'al di là, si ritrova moribonda, ferita e sanguinante sull'asfalto di una moderna Parigi, ai piedi del monumento a place del la Bastille, soccorsa da... André?
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3

 

 

 

A dispetto dei loro timori, il suo rilascio avvenne semplicemente.

La sua infermiera l’abbracciò stretta e la baciò sulle guance augurandole tanta felicità e buona vita, prima di affidarla ad André.

Quest’ultimo si affrettò a stringerla tra le braccia, avvolgerla con una giacca leggera, coprirle il capo e uscire da quel luogo strano e, a tratti mostruoso, per sempre.

All’esterno una pioggia scrosciante li inzuppò impietosamente, al punto che Oscar, inconsapevole della realtà che la circondava, lo seguiva come una sonnambula, accecata dalla giacca che le schermiva gli occhi.

Celermente presero posto nei sedili posteriori di un taxi che li attendeva con lo sportello aperto proprio davanti l’ingresso dell’ospedale, con un grande ombrello a proteggerli dalla pioggia, l’autista prese il piccolo borsone che André gli porse, e si affrettò a prendere il posto guida per portare i due a casa.

Oscar non seppe distinguere l’attimo esatto in cui cadde in un sonno profondo e agitato, ma del tempo dopo si svegliò confusa e disorientata, stretta tra le braccia protettive del suo amante, seguendo incredula il paesaggio estraneo che scorreva con impressionante velocità attraverso il finestrino della carrozza.

“Dove siamo?”

“A casa mia” rispose André, prima di porgere qualcosa all’uomo che aprì loro lo sportello, scambiare qualche parola e congedarlo cordialmente.

Le prese la mano e la guidò dolcemente verso un grande palazzo a molto piani, di cui le fattezze e le scelte architettoniche le erano del tutto sconosciute.

Attraversarono un portone in legno massiccio, superarono un androne dal quale echeggiavano i loro passi e premendo un bottone luminoso, come per magia, si aprì una cabina dalle modeste dimensioni, dove la esortò di entrare insieme a lui.

Oscar era a bocca aperta quando su una parete della cabina c’era una sfilza di bottoni luminosi con dei numeri scritti sopra, da zero fino a 12, e André premette con disinvoltura il numero maggiore. Pochi istanti dopo le porte si chiusero magicamente come si erano aperte poco prima, e… lanciò un urlo di terrore… quella cabina cominciò a muoversi verso l’alto, come se qualcuno li stesse sollevando come un secchio nel pozzo.

“Sta calma, è solo un ascensore. Non accadrà nulla di terribile” sorrise lui sporgendosi quel tanto che bastava per spiare il suo viso sbiancato dalla paura.

Oscar si schiarì la gola, fingendo un contegno che era ben lungi dal provare, slacciando le dita che stringevano spasmodicamente la stoffa sul suo petto.

“Scusa”

Lui annuì ma non smise di sorriderle teneramente.

Quindi un suono squillante, come un campanello, e le porte si aprirono, e, voilà, si ritrovarono in un altro ambiente, ben diverso da quello che avevano lasciato poco prima.

Lo seguì silenziosamente, cercando di mantenere il controllo, mentre si guardava attorno con sospetto.

L’uomo prese un mazzo di chiavi dalla tasca dei suoi pantaloni blu e aprì una porta di quella che sembrava un appartamento personale.

“Benvenuta a casa mia”

Oscar si fece strada all’interno sgranando gli occhi stordita: “Tu non hai una casa tua”

“E invece si” fece una smorfia buffa, deridendola.

L’appartamento era spazioso, arredato in maniera elegante, dai toni caldi del marrone e del beige, con tanti elementi di arredo a lei conoscenti, mentre altri le erano del tutto sconosciuti.

Ma adesso non poteva esplorare il mondo di André, aveva altre urgenze che avevano la precedenza.

“André?”

“Si?”

“Puoi indicarmi dove trovare un vaso da notte…” arrossì di vergogna: “In ospedale, o qualunque luogo infernale mi trovassi, non so come facevo a … ma… adesso io devo…” sentì il viso andare a fuoco per l’imbarazzo.

“Avevi il catetere per espletare i tuoi bisogni, è naturale che non sentissi la necessità di andare al bagno…” ne parlava con una naturalezza tale da farla arrossire ancora di più. 

E lei detestava arrossire!

“Seguimi. Ti mostro la sala da bagno e il gabinetto”

La prese ancora per mano e la trascinò in un’altra stanza, dagli spazi più contenuti, ma anch’essi sobri e puliti, che le infondeva un gradevole senso di ordine.

“Questo è il gabinetto. Ti siedi qui, fai quello che devi fare e poi tiri lo sciacquone e puff… va via tutto”

Lei lo osservava a bocca aperta, incerta se dare di matto o pensare che lui fosse matto, però… era un prodigio di non poco conto quell’aggeggio lì…

“Ricordo che sua maestà la regina aveva qualcosa di molto simile nella sua sala da bagno. Ne andava molto fiera…” commentò dal nulla.

“Prova a pigiare quel bottone, su” la invitò dolcemente.

Oscar obbedì e un turbine d’acqua apparì come per magia in quella tazza in ceramica.

“Oh”

“Fai con comodo… in casa ci sono due bagni, quindi sei libera di prenderti tutto il tempo che vuoi…”

“D’accordo, grazie…”

“Qui c’è la carta igienica per pulirti e… di qua, oltre questa porta c’è la sala da bagno dove troverai il lavandino per lavarti… qui… ho uno spazzolino nuovo con cui potrai lavarti i denti… e dentro questo box c’è la doccia, dove potrai lavarti…” si fermò a osservarla: “Non hai capito nulla di quello che ho detto, vero?”

Lei boccheggiava senza emettere suono, sgomenta.

“Ok… allora, vedi questo rubinetto, se premi questa manopola uscirà l’acqua fredda, e da qui l’acqua calda e…”

“L’acqua calda?” esclamò meravigliata.

Gli scappò da ridere: “Si, prova”

Obbedì ma con scarsi risultati. Lui poggiò la mano sulla sua e la guidò nei movimenti facendo ruotare piano il polso.

A quel contatto improvviso delle loro mani una fiamma parve incendiare lì dove la loro epidermide si toccava, turbandoli non poco.

André deglutì ma finse di non accorgersi dell’improvvisa scarica sessuale che si era accesa tra loro.

Oscar batté le palpebre sinceramente impressionata, quando vide un fiotto d’acqua corrente uscire da quel rubinetto, diventando calda, fino a che i vapori non appannarono lo specchio sistemato sopra.

“Basta stemperare con l’acqua fredda e il gioco è fatto. Come ti dicevo qui c’è la doccia…” aprì con un tonfo il box, come lo aveva chiamato lui, simile a una piccola cabina dalle pareti in vetro opaco, dove sulla parte superiore di essa c’era sistemato una forma sferica, in metallo con tanti buchetti dentro, da dove, non appena André toccò una manopola molto simile a quella del lavandino, uscì una cascata d’acqua.

Si ritrovò ancora una volta a osservare quel prodigio con lo stupore di una sciocca.

“Puoi lavarti qui dentro. Di là c’è l’occorrente necessario. Questo serve per il corpo” le mostrò una bottiglia capiente, dalle forme curve, dove vi era disegnato qualche tipo di fragranza, con una scritta a caratteri cubitali Bagnoschiuma.

“E questo per lavarti i capelli”

Un’altra boccetta con la scritta Shampoo. Ma non aveva idea di come si pronunciasse.

“Chiaro?” si grattò il mento, come faceva sempre quando era perplesso. L’immagine la intenerì e annuì rassicurandolo.

“Spero che la breve lezione sull’educazione all’igiene sia stata esaustiva. Se, come dici tu, vieni dal periodo storico settecentesco, l’igiene personale non era proprio il vostro forte” ridacchiò.

“André?”

“Si?”

“Cosa indosso per entrare nel box? Questi vestiti si bagnerebbero e…” mostrò l’indumento leggero e informe che aveva trovato in quella sacca che lui le aveva indicato in ospedale.

Dapprima lui rimase interdetto, fissandola senza parole poi alzò le sopracciglia di colpo: “Buon Dio, dici sul serio… per farti la doccia devi essere nuda, Oscar. Qui c’è una spugna, l’ho comprata una più per te, quindi sarà di tuo esclusivo utilizzo. Qui c’è un accappatoio, è mio, ma te lo presto volentieri, domani provvederemo ad acquistare il necessario per te…”

“Va bene… André io…” lui si fermò sui suoi passi.

“Grazie”

Lui le sorrise: “Fai con comodo. Parleremo presto, non temere. Non ti disturberò, se hai bisogno chiama pure, io sono al telefono”

“E dov’è?” chiese incuriosita.

“Cosa?”

“Hai detto che sarai al telefono. Dov’è?” domandò genuinamente incuriosita.

André boccheggiò più volte in cerca della risposta più adatta, ma poi rinunciò scuotendo il capo: “Sarò di là, nell’altra stanza… a dopo”

Oscar aggrottò la fronte ma ignorò quella orrenda sensazione di essere diversi passi indietro rispetto a lui, e quella mancanza di vantaggio la indisponeva.

Si voltò con le mani sui fianchi fissando incerta quello che il suo ex attendente aveva chiamato gabinetto.

Non le restava che testarlo…

 

 

 

Gettò il capo all’indietro lanciando un sospiro di beatitudine, mentre lo scrosciante getto d’acqua a cascata bagnava il suo corpo impudicamente nudo.

Aveva perso il senso del tempo, immersa nel godimento di quella doccia. Era certa di non aver mai provato un tale senso di pace e quiete in vita sua. Di colpo l’incertezza di ciò che l’attendeva non faceva più così paura…

L’acqua calda… che prodigio… senza fine scorreva sul suo corpo provato come una cura per la sua anima travagliata.

Si strigliò per bene. Aveva seguito alla lettera la lezione sull’igiene personale, come l’aveva definita il suo amante, usando la spugna con il bagnoschiuma, da dove nuvole di schiuma profumata la ricoprì di bollicine, rendendola felice come una ragazzina. Poi mise una nocciolina di shampoo sul capo e aveva cominciato a grattare con i polpastrelli il capo, come aveva sentito fare un migliaio di volte alla sua nanny, quando le faceva il bagno, contenta di essere in grado di eseguire un compito tanto semplice. Lavò i capelli e sciacquò via le bolle profumate di lavanda e di qualche aroma che non seppe individuare, per poi arrendersi e chiudere la cascata dei suoi sogni.

Uscì dal box e afferrò l’accappatoio in morbida spugna color tortora, avvolgendo il suo corpo come in una nuvola.

Con un asciugamano frizionò con energia i suoi capelli, per poi avvolgerli in un turbante, nell’attesa che si asciughino, sebbene fuori piovesse a dirotto.

Stringendo forte la cintura alla vita, uscì da quel luogo di infinite beatitudini, per andare alla ricerca del suo salvatore.

Un sorriso sciocco curvava le sue labbra come raramente le era capitato nella sua vita passata.

“Il capitolo è pronto, te lo invio immediatamente… si, sai bene che non ho alcuna difficoltà a terminare il lavoro… cerca di far visionare e correggere ciò che ho scritto, perché ho avuto poco tempo per rileggerlo… si, non temere… non ho bisogno di una proroga… sto lavorando… no, non ho alcuna distrazione…”

Oltre la porta di una grande stanza, forse il salone, considerata la presenza di un maestoso divano, trovò André passeggiare su e giù su un singolare tappeto dai disegni geometrici, parlare concitatamente da solo, con qualcosa di rettangolare e nero stretto all’orecchio.

Seguì il suo sguardo e vide solo una parete. Non c’era nessuno che stava conversando con lui.

André era, alla fine, davvero impazzito?

“André?” lo chiamò arricciando le labbra confusa.

Lui si accorse della donna ferma sulla soglia, annuì, facendole cenno, alzando un dito, di pazientare ancora.

Allora Oscar ebbe la certezza che fosse uscito di senno. Nessuno mai aveva osato farla attendere con così poca cura alla cortesia!

“Jacques, ora devo lasciarti… non temere… avrai il prossimo capitolo per il fine settimana… a presto… si, si, stai tranquillo… una buona serata” sbuffò abbassando il coso rettangolare e nero che aveva all’orecchio, poggiandolo su un mobile.

“Perché hai capelli ancora bagnati?”

“Perché parlavi solo?” ribatté.

“Solo? No, ero al telefono… a proposito, presto te ne procurò uno…”

“Telefono?”

“Benvenuta nel secondo millennio, madamigella Oscar!” rise, ma dovette interrompersi subito perché lei appariva sempre più sconcertata.

“Secondo millennio?”

“Si, abbiamo molto di cui chiacchierare, però prima asciugati i capelli, non voglio che ti buschi un malanno”

Tornarono nella sala da bagno, azionò una sorta di pistola ad aria calda, e in pochi minuti la sua chioma si fece vaporosa e dall’aspetto sano.

Le diede anche dei vestiti.

“Non avevo riflettuto nel comprarti un cambio, compreso dell’altra biancheria intima, ma per stasera ti farai andar bene i miei boxer. Sono di qualche taglia più piccola rispetto a quelli che uso, un errore di acquisto, che ti calzeranno bene…”

Lei prese una sorta di piccoli calzoni stretti imbronciando le labbra, ma non commentò.

Le sistemò sulle braccia ancora una maglia un po' troppo grande per lei, e delle brache corte.

“Ma… avrò le gambe nude se indosserò solo questo?” cercò di protestare, appena comprese quanto fossero corti quei pantaloncini singolari.

“Siamo a luglio, Oscar. Starai benissimo. Non ti preoccupare, non mi scandalizzerò per un paio di gambe nude”

“È un’indecenza!”

“Ah, non essere così bacchettona! Vestiti e vieni di là. Abbiamo molto di cui discutere!”

Oscar ignorò i suoi suggerimenti e fece di testa sua, indossando i vestiti offertole, ad accezione dei calzoni corti, preferendo quelli lunghi con cui era uscita dall’ospedale.

Quando fece il suo ingresso nel salone, dove lui l’attendeva, André si accorse della scelta ma non commentò, limitandosi solo a scuotere il capo.

“Bene” si sedette sul bordo di un divano incredibilmente comodo e soffice, poggiando i palmi sulle gambe.

“Puoi anche rilassarti, abbiamo tanto di cui parlare”

Oscar raccolse le gambe sotto il sedere e si accoccolò tra i cuscini, seguendo il suo consiglio. Di colpo si sentiva molto stanca.

“In che anno credi che siamo?” chiese senza inutili giri di parole.

“Prima che ti rincontrassi era il 14 luglio 1789. Mi trovavo ai piedi della Bastiglia mentre ordinavo ai miei uomini di fare fuoco con i cannoni contro il nemico”

Il suo pomo d’Adamo fece su e giù: “Ti sei sbagliata di qualche secolo, Oscar. Siamo nel 2024. Duecentotrentacinque anni dopo”

“È impossibile… perché questo significherebbe che io adesso ho 268 anni”

Gli scappò da ridere: “Però! Li porti bene!”

“Siamo a Parigi?”

“Si, nella Parigi del 2024, che è un tantino diversa da come la ricordi tu”

“Non mi credi? Pensi che io sia un’impostora?” lo accusò digrignando i denti.

Lui scosse il capo: “Non so che cosa credere, Oscar. Non penso che riusciremo a venirne a capo di tutta questa assurda faccenda”

“Non puoi dubitare di me, André!”

“Ci sono tante cose che non tornano, Oscar, ma sono qui per darti una mano, fidati di me”

“E tu devi fidarti di me, e sul mio buon cuore. Come spieghi che io conosco il tuo nome?”

“Sono arrivato ad alcune conclusioni…” si versò un bicchiere di vino senza farle alcuna offerta: “Sei sotto farmaci, meglio non mischiare l’alcol” si giustificò.

Lei annuì.

“Sono un uomo famoso, Oscar. Faccio lo scrittore, e modestamente, ho riscosso un discreto consenso tra i miei fidati lettori. Il mio volto è conosciuto, e, considerato che i miei romanzi sono di natura prettamente storica, specialmente del periodo d’oro alla corte di Versailles, tu potresti essere un’ammiratrice un po' matta che finge tutta questa messinscena per solleticare il mio interesse”

“È assurdo…” mormorò con occhi sgranati: “Se davvero provi una tale sfiducia nei miei confronti, perché prenderti tanta pena per me? Perché fare carte false per liberarmi dalle grinfie di quei dottori che volevano rinchiudermi? Perché mi stai aiutando? Perché offrirmi ospitalità?”

Lui puntellò i gomiti sulle ginocchia serio in volto: “Perché qualcosa nel tuo aspetto mi è familiare. Quando ti ho trovata riversa sull’asfalto qualcosa dentro me si è come rianimato. Il tuo viso, i tuoi occhi… come se nella mia memoria si fosse aperto un cassettino dei ricordi che non sapevo nemmeno di avere… non lo so… inoltre… non hai mentito sulle tue disperate condizioni di salute. Stavi per morire. E io mi sentivo responsabile per te, non avrei mai potuto abbandonarti…”

“Non puoi dire sul serio. Non puoi pensare davvero quello che hai appena pronunciato! Tu sei André, il mio André. Puoi aver cambiato taglio di capelli, modo di parlare, ma sei sempre tu!”

“È impossibile, Oscar”

“Ascolta, non so spiegarti com’è che ci troviamo in questa sorta di realtà alternativa. Nel futuro. Ma tu sei tu, ti riconoscerei tra mille, una semplice somiglianza fisica non può sostituire atteggiamenti, espressioni o abitudini che io ho imparato a osservare e conoscere di te. Ed esiste una ragione se io e te ci ritroviamo imprigionati in questa bizzarra epoca”

Lui abbassò lo sguardo: “Non sono stato completamente onesto con te… io… quando ti ho trovata distesa sull’asfalto priva di conoscenza, e ho chiamato i soccorsi, non ho avuto alcuna difficoltà a pronunciare il tuo nome. Per quanto fosse inspiegabile, oltre che ridicolo, dato che tu sei una donna e hai un nome da uomo”

“Allora mi credi? Sai bene che per me sarebbe impossibile fingere stupore o confusione dinnanzi alle folli modernità di questo mondo. E non giudicarmi se talvolta ti sembro stranita…”

“Sarebbe da idioti credere che tu sia venuta dal passato, ma… qualcosa dentro di me mi dice che devo aiutarti… che qualcosa accadrà per spiegare questo strano evento… e…” batté i palmi sulle cosce facendola trasalire. Sorrise accattivante: “Se davvero vieni dal passato hai un bel po' di storia da recuperare… devi aggiornati sulla storia moderna e, dato le conoscenze esigue sul mondo che vantavate ai vostri tempi, hai molte lacune da colmare. Così inizierai dall’origine del mondo fino ai giorni nostri” le porse un libro dall’aspetto importante, recuperato da una vasta libreria.

L’origine dell’universo e il Big Ben” lesse sempre più stranita.

André si sedette al suo fianco: “Sento che posso fidarmi di te. Qualcosa mi spinge a starti accanto, come se non riuscissi a farne a meno. Ti aiuterò a risolvere questo dilemma che in qualche modo ci lega e vediamo cosa ne salta fuori. Nel peggiore dei casi potrebbe essere lo spunto del mio prossimo romanzo”

Oscar gli prese le mani stringendole tra le sue: “Siamo destinati a stare insieme per sempre, amore mio. La morte ha provato a separarci ma il nostro amore è più forte, fino a trascinarci in questa dimensione parallela, che ci vede proiettati nel futuro, con l’aspetto che avevamo quando siamo stati uccisi”

“Nel nostro passato eravamo innamorati?” i suoi occhi brillavano maliziosi.

“Perdutamente innamorati. Di un amore grande, travolgente, tragico. Il nostro era vero amore. Sempre insieme. Uniti nella vita come nella morte” indugiò sul suo viso con una carezza.

Lo amava così tanto. Il suo cuore traboccava di felicità per averlo ritrovato, non aveva importanza che realtà li ospitava, insieme avrebbero superato qualunque ostacolo.

“Sai come ti sei procurato questa cicatrice?” gli chiese mettendolo alla prova, socchiudendo gli occhi sospettosamente.

“Un incidente?”

“Troppo evasivo. Cerca di essere più dettagliato”

Di colpo il suo viso si fece granitico, si alzò di colpo allontanandosi da lei.

“Ci sono cose di me che non sai… io… cinque anni fa…”

“Cosa?” 

Lui scosse il capo, rifuggendo dal suo sguardo: “Non ha importanza. Non ha niente a che vedere con te… se non sbaglio hai molto da leggere, e dobbiamo mangiare… inoltre hai delle medicine da prendere con religiosa precisione… io… ho del lavoro da sbrigare… la cena sarà pronta tra un po'… ti lascio sola in pace” fece dietrofront e fuggì via, lasciandola sola e sgomenta. 

   
 
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