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Autore: amoreterno    12/03/2024    6 recensioni
Non è facile accettare una fine tragica, un finale diverso da ciò che si desidera, ma, a pensarci bene, se la storia non avesse avuto un epilogo tanto funesto davvero la nostra fantasia avrebbe lavorato così tanto per donare il nostro supporto, omaggiando ai personaggi di un lieto fine tanto agognato?
Così, ancora una volta, dedico la mia immaginazione a questa meravigliosa opera, questo capolavoro che sfida il tempo, le generazioni e la frenesia del mondo moderno, rivedendo di nuovo il finale della storia, rivolgendola a mio favore, alla ricerca di quel lieto fine che ho tanto desiderato ad ogni nuova visone dell'anime, o semplicemente sfogliando le pagine del manga. Questa volta ho voluto osare dove non ho mai voluto indugiare: proiettare i protagonisti nell'epoca moderna. È una storia frivola, senza troppe pretese, al mero scopo di intrattenere con leggerezza. La storia parla di come potrebbe essere l'esistenza di Oscar, la mia eroina, se dopo essere caduta durante lo scoppio della Rivoluzione Francese, ai piedi della Bastiglia, invece che risvegliarsi nell'al di là, si ritrova moribonda, ferita e sanguinante sull'asfalto di una moderna Parigi, ai piedi del monumento a place del la Bastille, soccorsa da... André?
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4

 

 

 

Cosa gli era passato per la testa! Aveva rischiato di parlarle di quello che gli era accaduto cinque anni prima. Come se lui avesse qualcosa di cui parlare!

Non esistevano spiegazioni valide per raccontare il tormento che aveva vissuto in quegli anni.

La solitudine, lo sconforto, la confusione nel ritrovarsi in un posto estraneo, senza memoria e senza nessuno che lo conoscesse.

Aveva rischiato di impazzire. 

Di avere la certezza di essere ammattito. 

Lampi di immagini irrealistiche che lo tormentavano, frasi, discorsi, personaggi che si alternavano nella sua testa mandandolo in confusione, mentre non sapeva dove si trovasse e come fosse la sua vita prima di aprire gli occhi e trovarsi disteso in un letto d’ospedale di una clinica psichiatrica.

Sapeva con certezza solo il suo nome. Ma nessun familiare, nessuna mamma o papà da reclamare, o un’infanzia di cui poteva vantarsi. Nulla. Solo l’oblio.

Non era certo nemmeno se quello che avev fosse il suo vero nome.

André Grandier. Trentaquattro anni d’età al momento del suo risveglio dal come, cinque anni prima. Nato ad agosto, a Parigi, nel 1754…

Poggiò il capo contro la porta chiusa della sua camera da letto.

Era folle. Illogico. Senza senso.

Ma aveva cercato di risalire la china. Di crearsi una nuova identità. Di trovarsi un posto ben definito in quella società così permissiva e superficiale. Aveva deciso di mettere nero su bianco quei lampi di immagini che tormentavano i suoi sogni, lasciando che librassero liberi nella sua mente, fino a creare dei veri e propri romanzi, dove ogni voce aveva un volto e un proprio carattere.

E aveva avuto successo. In pochi anni era diventato uno scrittore di successo, con un contratto di milioni di euro, sponsor e diritti d’autore con cifre da capogiro. Si era guadagnato una posizione invidiabile, permettendogli di fare la bella vita, con auto di lusso, case, vacanze e donne.

Fino a quel 14 luglio… fino a pochi giorni fa. 

Fino a quella donna bionda… un volto che gli era davvero familiare, prima dell’euforia degli ultimi tempi. Un volto che apparteneva alla sua vita precedente. Qualcosa che poteva colmare il vuoto antecedente a cinque anni prima.

Forse lei poteva dargli una risposta. Oppure no. Sapeva solo che in lei aveva visto riflesso lo stesso agghiacciante terrore che aveva provato anni fa quando si era risvegliato in un ospedale circondato da sconosciuti in una realtà a lui estranea.

 

 

 

Si svegliò per colpa di qualcuno che cantava da qualche parte in casa.

Le scappò da ridere quando riconobbe la voce inconfondibile di André.

Non cantava solo, sembrava avesse invitato un intero concerto in casa sua, decidendo di fare un duetto con qualcuno che era molto più intonato di lui.

Schiacciò il viso contro il cuscino soffocando le risate quando lo sentì cantare in falsetto copiando la voce femminile della cantante. Era trascorso molto tempo da quando André le aveva mostrato il lato più giocoso di sé. Sapere che adesso, finalmente, potesse vivere con più leggerezza quella stramba realtà la rendeva più fiduciosa.

Si alzò dal letto, mentre si muoveva a disagio in quella stanza sconosciuta. La sera prima aveva ceduto alla stanchezza quando, immersa nella lettura della storia delle vicissitudini che avevano portato alla creazione del pianeta Terra, il Big Ben, l’elenco di altri pianeti, del sole e della Luna, aveva perso interesse quando, durante l’evoluzione del nostro pianeta, era stata abitata da rettili enormi, simili ai draghi raccontati nelle favole medievali, solo che li chiamavano dinosauri. A quel punto aveva ceduto e si era addormentata.

L’ultima volta era distesa sul divano dove André l’aveva abbandonata, biascicando scuse idiote per evitare di rispondere alle sue domande, per poi risvegliarsi su un letto.

A piedi nudi si avventurò in casa, seguendo la musica in cerca del suo stonato amore.

Con un balzo al cuore lo scoprì succintamente vestito, per così dire.

Indossava dei calzoni corti, come quelli che vestono i bambini, che gli lasciava le gambe nude, mostrando i suoi polpacci muscolosi e ricoperti di una bruna peluria. Al petto aveva una maglia che lasciava ben poco spazio all’immaginazione, tanto gli calzava aderente sul torace sottolineando il suo fisico asciutto e atletico, a maniche corte, lasciando visibili le braccia.

Scosse il capo dandosi della stupida. Non poteva comportarsi come una svenevole ragazzina solo dinnanzi alla prestanza di un bel corpo maschile. Soprattutto se ripensava al loro ultimo incontro d’amore, nudi e accaldati dalla passione.

Lo trovò alle prese con mestoli e padelle, mentre canticchiava indisturbato. Non c’era nessuna orchestra nascosta in qualche angolo. La canzone sembrava intonare da ogni dove, quindi le fu impossibile capire cosa la generasse. Forse qualche altro prodigio di quei buffi tempi.

“Buongiorno” lo salutò mettendosi a sedere su un alto sgabello, che ricordava quello dei banconi alle osterie.

“Eh buongiorno a te! Ieri sera hai saltato la cena crollando addormentata sul divano. Sono sicuro che ora starai morendo di fame”

“Hai ragione. Sono molto affamata, e confesso che sento un profumino davvero invitante”

“Perfetto! Ecco qui” le mise davanti un piatto con dei dischetti marroncini con delle fragole e mirtilli ad abbellire una pietanza mai vista prima. Oramai si stava abituando a scoprire cose nuove, tra le più disparate.

“Spero che ti piacciano i pancake”

Sorrise: “Giuro che l’ultima cosa che mi sarei aspettata era di vederti cucinare qualcosa”

Lui inclinò il capo su un lato studiandola con interesse, in un gesto che l’aveva sempre mandato su tutte le furie, perché non sopportava essere derisa, cosa che lui amava fare di frequente, ma che adesso le faceva battere forte il cuore di una nota emozione.

“Ci sono molte cose che non sai di me” le strizzò l’occhio: “Ma adesso metti qualcosa sotto i denti, Oscar. Oggi è una giornata molto importante. Andremo in città a fare compere, e a metterti in sesto, perfettamente in linea con questi tempi. Questo taglio di capelli è decisamente retrò” scherzò lui addentando un po' del suo pancake.

“Sei deciso a trasformarmi in una donna di questo secolo, dunque”

“Se non vuoi rischiare di finire rinchiusa in un manicomio ogni volta che svolti l’angolo, si, è meglio di si”

Oscar gustò quella pietanza, meravigliandosi di quanto fosse buona.

“Vuoi del succo d’arancia?” chiese, servendola poco dopo, al suo cenno d’assenso, sorseggiando con cautela.

“Che cosa è il telefono?” domandò cercando di non fissare troppo la sua bocca mentre mangiava distrattamente.

“È un oggetto davvero rivoluzionario. Permette di comunicare con altre persone anche a lunghissime distanze. Non chiedermi dettagli tecnici, non saprei essere più specifico…” le intimò muovendo la forchetta con fare minaccioso: “Negli ultimi decenni, e con l’avvento di internet accessibile a tutti, questo piccolo oggetto, è diventato quasi essenziale nella vita di ogni giorno. Navigando su internet puoi fare qualunque cosa. Fare ricerche su qualunque cosa ti serva. Mandare messaggi a chiunque. Ascoltare musica. Giocare. Leggere. Scrivere”

“Mi stupisce che non cucini al posto tuo” ridacchiò, cercando di schermare una certa inquietudine.

“Quasi. Puoi scovare milioni di ricette per qualunque pietanza, seguendoti passo passo nel procedimento” replicò senza alcuna esitazione: “Presto te ne prenderò uno di ultima generazione, così comincerai a familiarizzare con questo aggeggio” le mostrò il suo telefono.

Era impressionante come qualcosa di piccolo e innocuo potesse fare così tante cose diverse.

“Allora ieri parlavi con qualcuno. E io che pensavo che fossi impazzito chiacchierando da solo”

Ridacchiò: “Siamo nell’era della tecnologia, Oscar. Non puoi credere quanto la vita delle persone sia diventata facile, e le distanze si siano di molto accorciate”

“Tecnologia? Cos’è? Magia?”

“No, scienza. Non hai idea dei prodigi, come li definisci tu, che la conoscenza dell’uomo ci ha portato”

“Mi sento come se venissi da un altro pianeta. Come quei dinosauri di cui ho letto… a proposito, sono un mucchio di fandonie, vero? Questi dinosauri non sono mai esistiti” commentò critica, arricciando il naso scettica.

“Si, invece, sono stati ritrovati molti fossili che documentano l’esistenza di questi enormi rettili”

“E adesso? Dove sono finiti?”

“Si sono estinti, a causa di un grande meteorite… ma non voglio rovinarti il finale, lascerò che sia tu a scoprire come va a finire” le tolse il piatto vuoto davanti: “Un’altra meta sarà il museo di storia naturale” commentò ammiccando.

“André…”

“Si?”

“Cosa significa ok? Lo pronunci spesso”

Lui si fermò sui suoi passi come se non avesse mai riflettuto sul vero significato di quella parola: “Ok significa… va bene… d’accordo… qualcosa del genere” fece spallucce.

“Ok?” mormorò incerta.

“Si, ok. Lo sentirai pronunciare spesso, da chiunque, quindi tanto vale che impari a usarlo”

“È così che hai fatto tu per destreggiarti in tutte queste folli novità? Hai imparato a osservare gli altri ed emularli?” domandò pragmatica, osservandolo con i suoi svegli occhi azzurri.

Lui non rispose, limitandosi a fulminarla stringendo gli occhi in due fessure: “So cosa cerchi di fare. Vuoi a tutti costi prendermi contro piede per dimostrare a te stessa che sono io l’uomo con cui hai vissuto il tuo grande amore, in modo da avere il tuo lieto fine. Ma adesso abbiamo troppo da fare per i tuoi giochetti mentali…” girò attorno al bancone, riuscì a mandarla in confusione poggiando le mani sulle sue spalle sporgendosi per schiacciarle un bacio sulla guancia e dirle: “Corro a prepararmi. Vado a farmi una doccia, stamattina sono uscito a fare jogging, mi vesto e andiamo in città a fare shopping. Torno subito”

Sottosopra per quell’inaspettato attacco ai suoi sensi, non riuscì a fermarlo in tempo per domandargli che diavolo fosse lo shopping e il jogging.

 

 

 

Lanciò un sospiro di disagio quando uscirono in strada, sotto il sole cocente di quel mattino di luglio.

“Che c’è?” domandò André preoccupato, inforcando un paio di singolari occhiali dalle lenti scure, afferrandola per un braccio.

“Il caldo torrido rende l’aria irrespirabile” gemette portandosi una mano sulla fronte.

Lui strinse le labbra pensieroso: “Questi sono gli effetti del riscaldamento globale… causati dallo smog e l’inquinamento” spiegò cercando di rinfrescarle il viso sventolando la mano.

“A casa tua non ci sono queste temperature!” si lagnò sollevando i capelli dalla nuca, cercando un po' di sollievo.

“Questo perché ho un impianto di climatizzazione che mantiene l’ambiente fresco” la guidò sul marciapiede: “Forza, andiamo, prima ci togliamo da sotto questo sole infuocato meglio sarà”

Lei annuì seguendolo, arricciava gli occhi per proteggersi dai raggi violenti, osservando quello scorcio di città a lei del tutto irriconoscibile.

“Che strano. Qui è tutto così pulito e ordinato. Le strade sono linde e sane. Inoltre nell’aria non si sente il tanfo di letame che si odorava ogni dove”

“Letame?”

“Sai, i cavalli… le carrozze trainate da un crocchio di cavalli a quattro. Oltre altri animali da fattoria lasciati liberi di scorrazzare dovunque. Per non parlare le botteghe degli artigiani, specialmente le concerie, dove respirare diventava davvero penoso” spiegò felice che in quel mondo parallelo almeno quel supplizio le era risparmiato: “Si diceva che Parigi fosse una delle città più puzzolenti d’Europa”

“Immagino… salta su” le indicò una buffa carrozza dalle linee sinuose, costruita con un metallo lucido, ma senza alcun cavallo al traino.

“Cos’è?”

Lui sorrise: “Un’altra invenzione straordinaria; questa è un’automobile. Creata per raggiungere grandi distanze in poco tempo”

“Senza cavalli?” domandò scettica.

“Esatto. La potenza di traino è data grazie al motore che ci sta qui sotto” batté una mano sulla carrozzeria anteriore: “Ne vado molto fiero. È una vera bellezza. Inoltre io posseggo una delle migliori in commercio”

“Se lo dici tu…” cercò di salire su quell’automobile, senza riuscirvi.

Galantemente André le mostrò come aprire lo sportello, facendola accomodare in un sedile singolo, accanto alla postazione di guida. Lui la seguì sul sedile accanto, proprio dinnanzi a quello che le parve un piccolo timone.

“Guidi da qui?”

“Si”

“Ieri mi era sembrato che ci fosse un cocchiere a manovrare questa diavoleria”

“Ieri eravamo in taxi. Eri troppo scossa e provata per prendere la mia macchina e rischiare così di privarti della mia protezione. Ho pensato che fosse più prudente tenerti stretta”

Taxi

“Si, e non si chiama cocchiere, ma tassista. E chi guida l’auto è il guidatore” la istruì gentilmente.

“Ok” fece prendendolo un po' in giro.

“Indossa la cintura”

Oscar si guardò il corpo, non afferrando il senso della sua richiesta. Egli sospirò e, inaspettatamente per la seconda volta nel giro di poche ore, si avvicinò pericolosamente a lei, sporgendosi sul suo viso, scatenando in lei emozioni intense e mai assopite, afferrando qualcosa alla sua destra.

“Questa si chiama cintura di sicurezza. Lasciala scorrere sul tuo corpo fino ad agganciare la fibbia nell’apposito gancio” la informò con voce insolitamente roca, il suo alito che soffiava leggero sulle sue labbra, facendo passare sul torace, indugiando sulle dolci curve del seno, una sorta di bretella.

“Ti protegge, in caso di incidente, da urti e collisioni. In alcuni casi, salva anche la vita” mormorò con voce suadente eccitandola con il suo sguardo brillante.

“Lo terrò a mente” bisbigliò con voce soffocata, fissandogli le labbra.

Poi, come era già accaduto, lui interruppe la magia bruscamente, togliendole il respiro per la frustrazione.

Premette un bottone e come per magia l’auto prese a ruggire in maniera sorda, finché non si mise scorrere piano sulla strada, immergendosi nel traffico di quella Parigi moderna, colma di quelle automobili di ogni colore e forma.

Ad ogni accelerata però sentiva come un pugno abbattersi nel suo stomaco. Aveva le vertigini, mentre le sue mani cercavano disperatamente un punto di appoggio dove afferrarsi, con la sensazione di schiantarsi da un momento all’altro.

“André! Fermati ti prego!” esalò allo stremo delle forze.

Quando finalmente quella diavoleria, di cui lui pareva andare molto fiero, si accostò al marciapiede, ebbe appena il tempo di aprire lo sportello per poi rimettere la colazione sull’asfalto.

“Ora va meglio?” la domanda giunse a poca distanza da dove lei era piegata in due.

“Vai troppo veloce, dannazione!” protestò, poco prima di vomitare ancora.

“È solo una sensazione momentanea. Semplicemente non sei abituata a questa nuova andatura. Credimi, presto andrà meglio”

“Dovrò ritornare dentro quella cosa?” chiese in preda al panico, accettando un fazzoletto di carta.

“Considerato che è uno dei mezzi di locomozione più frequenti, se non l’unico che ho, si. Non hai altra scelta”

Sbuffò indignata, ma risalì in auto docilmente.

 

 

 

“È uno scherzo?” esclamò nel leggere il nome del luogo dove avrebbero fatto compere, stampato a lettere cubitali.

Galeries Lafayette.

“È stato un importante personaggio nel periodo successivo alla Rivoluzione Francese. Contribuì a scrivere la Dichiarazione dei Diritti dell’uomo e del cittadino, e subito dopo la presa della Bastiglia, fu nominato comandante della nuova Guardia Nazionale. Per non parlare dei suoi atti eroici durante la rivoluzione americana” la informò con la sua solita antipatica supponenza.

“Ho guidato i miei uomini alla presa della Bastiglia, eppure quando ho informato i medici di quale fosse il mio nome, nessuno ha mosso un muscolo”

“Sei in cerca di gloria e meriti?” la derise ridacchiando, aprendole la porta dell’imponente palazzo.

Gli lanciò un’occhiataccia imbronciando le labbra, incrociò le braccia al petto, dimenticando immediatamente la ragione del loro futile battibecco, quando si ritrovò immersa in una fiumana di gente chiassosa e rumorosa avvicendarsi tra i banconi e numerosi scaffali ricolmi di qualunque tipo di frivolezza.

“Per l’amor di…” mormorò, ma non ebbe il tempo di girare i tacchi e fare dietrofront, perché il suo più fidato amico d’infanzia le afferrò il polso e la trascinò all’interno di quella baraonda di gente.

All’interno del reparto indumenti, un luogo ricco e adornato a festa, con tanti modelli e manichini da far invidia alle spese pazze della regina Maria Antonietta, André individuò un’impiegata, affascinandola con il suo sorriso più accattivante, catturando immediatamente la sua attenzione.

“Prego, signore, cosa posso fare per lei?” miagolò la ragazza con un sorriso smagliante, incapace di togliergli gli occhi di dosso.

Oscar inarcò un sopracciglio sorpresa. In passato la presenza di André era sempre passata inosservata, messa in ombra da lei e dal ruolo che ricopriva, come membro di quell’aristocrazia che contava, e anche per l’alto grado di ufficiale che vantava.

“Salve, gentile signorina. Avrei bisogno della sua assistenza esclusiva. Ho chiesto alla reception di indicarmi la commessa più dotata e sono felice che sia anche la più carina” le avvolse le spalle con un braccio, assicurandosi così la sua totale attenzione.

“In cosa posso esserle utile?” chiese con voce squillante, compiaciuta per quel complimento.

“Sa, la mia amica” la indicò con il pollice: “Ha subito un terribile incidente, rischiando perfino la vita…”

“Oh…” la ragazza spalancò la bocca addolorata, guardandola impietosita.

Oscar finse sollecitudine, seccata da quella recita assurda.

“È stata dimessa da poco dall’ospedale dopo essersi risvegliata dal coma, e aver sconfitto un cattivo male ai polmoni…”

“Oh” la fanciulla si tappò le labbra affranta: “Che storia terribile”

“Ho temuto davvero per la sua vita, ma adesso, grazie a Dio, sta bene, a parte…”

“A parte?” fece eco angustiata.

“A parte quello scellerato trauma cranico che le ha lasciato questa grave forma di amnesia…”

“Ma è tragico!”

“A parte il suo nome, ricorda poche cose, scordando cose tra le più elementari. Adesso io voglio aiutarla a ritornare al mondo, occupandomi di lei e della sua persona, ma come può ben vedere non sono la persona più adatta per consigliarla al meglio”

“Cosa le serve?” domandò studiandola con curiosità, continuando a parlare di lei come se non fosse presente.

Incrociò le braccia al petto esasperata.

“Tutto. Dal vestiario alla biancheria intima. Quindi l’affido a lei, gentile…” le sfiorò una targhettina in metallo proprio sopra il seno: “Erika… per fornirle tutto il necessario. Non badi a spese, le servirà più di un cambio. Cerchi di assisterla anche per le cose più impensabili, come agganciare un reggiseno o usare una zip. Ha davvero bisogno di aiuto” la istruì accarezzandole il braccio.

A Oscar parve quasi di vederla sciogliersi tra le sue braccia.

Strinse forte i pugni.

“Naturalmente. Altro?”

“Si. Dopo averla vestita voglio che le mostri il necessario per la cura dell’igiene, che l’aiuti a scegliere qualche profumo, accessori vari… ah! Anche una borsa comoda per ogni giorno e un portafogli. Poi vorrei che lei la guidasse al reparto estetica, dal parrucchiere Anton, dove io mi premurò di istruirlo per occuparsi della mia amica”

“Lei è un uomo generoso” squittì battendo le palpebre in maniera civettuola.

Lui si schernì sorridendo: “Sono contento di affidare la mia amica alle sue mani capaci, fate con comodo, io vi raggiungerò presto. Nell’attesa ne approfitterò per fare alcune commissioni. Metta tutto in conto ad André Grandier”

Nell’udire il suo nome la commessa lanciò uno strillo estasiato: “Oh mio Dio! Ero certa che il suo volto mi era familiare! Lei è lo scrittore dei miei romanzi preferiti. Tutti quegli scandali alla corte di Versailles! Gli intrighi, le scandalose scappatelle! La sua fantasia è davvero ammirevole! Inoltre scrive in maniera così irriverente e accattivante che mi ritrovo a divorare i suoi romanzi!”

“Bé… grazie, lei è troppo buona…” si ficcò le mani nella tasca dei pantaloni realmente in imbarazzo.

Scandali alla corte di Versailles? Interessante… pensò con un sorrisetto vittorioso.

“Posso avere l’ardire di chiederle un autografo e un selfie? In camerino ho una copia del suo libro… se dopo che ho finito con la sua amica vuole seguirmi…?”

Fu la volta di Oscar sbattere le ciglia, ma per lo sconcerto.

Sbagliava o quella sgualdrina voleva sedurre il suo uomo proprio davanti a lei?

“Volentieri…” balbettò lui dopo aver spiato la reazione di Oscar: “prima si occupi della mia amica, e voglio che la renda felice, e che si senta a suo agio, ok? Poi firmerò la copia del libro e faremo una foto insieme. Ma meglio lasciar perdere l’idea del camerino, non posso rischiare che la mia protetta rimanga troppo tempo da sola”

“Oh certo, certo… Andiamo?” si rivolse finalmente a lei, non prima di aver lanciato un ultimo sguardo adorante ad André.

L’uomo le si accostò all’orecchio sussurrandole: “Prendi tutto quello che la ragazza ti suggerisce. Sei libera di scegliere i modelli tra quelli presenti. Fa la brava e non lasciarti cogliere dal panico, ok? Io sono qui in giro. Se hai bisogno fammi cercare da Erika”

Lei lo fulminò con lo sguardo: “Ok” rispose velenosa, scimmiottando i toni ossequiosi della commessa.

André ridacchiava ancora quando si allontanò.

Oscar guardò Erika e sospirando disse: “Bene, sono tutta tua”

   
 
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