EPILOGO
La
mattina seguente regnava a Konoha un’atmosfera finalmente distesa, come il ben
meritato riposo che giunge al termine delle ansie e delle fatiche. Nessun via
vai, nessuna riunione, nessun ordine da svolgere quel giorno; niente, né fuori
né dentro il villaggio che potesse turbare i suoi abitanti, i quali
riprendevano, grati e senza fretta, il corso della propria vita.
C’era
di che stare allegri, ma anche di che rimboccarsi le maniche. Il villaggio non
aveva subito danni, certo, ma non tutte le persone coinvolte nella crisi
potevano dire di esserne rimasti indenni.
Qualcuno
non poteva fare a meno di ritenere la propria reputazione pesantemente
offuscata e bisognosa di riscatto, al di là del fatto che le loro brutte figure
avessero un efficacissima giustificazione, e che nessuno, se non in vena di
scherzi, avrebbe avuto alcunché da rinfacciare… specie chi, allo stesso modo,
in quei giorni passati si era procurato dei motivi per arrossire adesso!
L’idea
quindi che in quegli individui che avevano popolato il villaggio fino al giorno
prima e che ora erano scomparsi ci fosse in realtà un po’ di sé stessi non
andava giù alla maggior parte degli ex-rovesciati, e non attecchì che in quei
pochissimi coraggiosi abbastanza riconoscersi in essi col senno di poi. La
verità a volte è davvero la maggiore paura degli uomini.
L’atteggiamento
prevalente era così quello di lasciarsi tutto alle spalle con una risata e una
bevuta, dietro il comodo rifugio del fatto che la tecnica, molto più che
svelare, amplificasse in modo anche grottesco; ma c’era d’altro canto chi da
quell’esperienza aveva tratto una lezione importante su di sé o una persona a
lui vicina. Qualcuno aveva capito che i desideri sono pericolosi perché possono
avverarsi anche quando sembrano impossibili (un marito più romantico, un figlio
più intraprendente, un compagno di missioni meno esasperante…). Qualcun altro aveva
approfondito le proprie conoscenze e riscoperto legami sottovalutati o dati per
scontato.
Dopo
ciò che era venuto fuori in quella pazza settimana la normalità non sarebbe
riuscita a mettere tutto da parte; delle svolte, a seconda dei casi attese o
impreviste, erano in arrivo!
Ecco
perché non restare con le mani in mano, per dare un senso a tutto, discolparsi,
far sì che la pazzia fosse servita a qualcosa: stare vicino a chi si era
rivelato triste e incerto, dar fiducia a chi aveva mostrato gran forza
interiore, dire parole d’apprezzamento a chi si era scoperto fondamentale, nei
suoi difetti, alla compattezza del proprio team… dare a chi ci ha sempre
cercato l’occasione di raggiungerci!
ICHIRAKU
Naruto:
“(SLUUUUUUUUUUUUURRRRRRRRRP!)”
Hinata:
“(slurp)”
Il
biondo, nonostante l’euforia del giorno prima non aveva certo dimenticato
quell’appuntamento!
Teuchi:
“Ricordate: è offerto dalla casa!”
Ayame,
la figlia castana del cuoco, ridacchiò: “Mio padre sente il dovere di farsi
perdonare per il pessimo trattamento che ha riservato ai clienti ultimamente,
eh eh eh!”
L’uomo
di mezza età si impettì tutto: “Umpf! Non potrei più avere il coraggio di
servire i clienti altrimenti; è stata una cosa indegna di qualunque uomo che si
assuma l’oneroso compito di ristoratore!”
Poi
si affrettò a lasciare gli spaghetti a friggere per raggiungere il suo miglior
cliente e la sua dolce compagnia.
Teuchi:
“Mi… perdonate?” disse inchinandosi profondamente senza nulla della voce grossa
di un attimo prima.
Naruto:
“Eh eh eh, tranquillo signor Teuchi, lei per me è più che perdonato!”
Dopo
una maxi-scodella di ramen cinque stelle GRATUITA d’altronde…
Hinata:
“N-non si preoccupi.”
Teuchi
si commosse fino alle lacrime: “Sigh! Quanto siete buoni! GRAZIE! UAAAAHH!”
Ayame:
“Papà! Smettila di frignare, ti ricordo che hai lasciato gli spaghetti nella
friggitrice!”
Teuchi:
“Uh! Giusto!” esclamò correndo via, mentre sua figlia tornava ad occuparsi
delle verdure.
Naruto
e Hinata potevano ora tornare a godersi in pace il loro ramen del perdono,
seduti l’uno affianco all’altra: un sogno che si avverava per la giovane Hyuga.
Naruto:
“Non sapevo molto sui tuoi gusti riguardo il cibo… (sluuuurp!)… Ma mi fa
piacere che anche tu apprezzi il ramen, Hinata.”
Hinata
si strinse nelle spalle: “Si, è… è… buono.”
Aveva
scelto più secondo i gusti di lui che secondo i propri: in amore, come in
guerra, è un ottima strategia attirare il nemico in “trappola” con un esca! Ora
l’obiettivo era lì dove aveva sempre desiderato, al suo fianco, tanto che ancora
un centimetro più vicino e i battiti del suo cuoricino innamorato avrebbero
risuonato nelle sue orecchie come un tamburo, ed era difficile smetterla di
sorridere.
Difficile,
ma non impossibile…
Hinata:
“… Naruto-kun…”
Naruto
sollevò la testa dalla scodella con le guance gonfie come quelle di un rospo:
“Uh?”
Perché
tutto a un tratto sembrava di nuovo triste e preoccupata, si domandò buttando
tutto giù in gola… strozzandosi!
Naruto:
“Ugh! Asp… Aspetta…” -tossì
avventandosi sul bicchiere d’acqua- “Uuuff… Ehm, si
Hinata? Qualcosa non va?”
Hinata
fece coincidere gli indici: “Ecco… mi chiedevo, Naruto-kun… se ti piace la mia
compagnia… In fondo sono così silenziosa… e non sono divertente come quando ero
capovolta…”
Naruto:
“… E allora?”
Hinata:
“Uh?”
Naruto
posò il bicchiere: “Non devi preoccuparti di essere silenziosa, ci sono io che
parlo troppo, no? Eh eh eh! Parlerò per tutti e due allora, ih ih!”
Hinata
abbassò il capo: “Ma…”
Naruto:
“Non è vero che non parli mai, prima quando ero contento che ti piacesse il
ramen hai detto << Si, è… è… buono >> E poi se parliamo troppo
questo delizioso ramen lo dovremo mangiare freddo.”
Hinata
arrossì e rise.
Naruto:
“Non preoccuparti se non sei come l’altra Hinata; tu fai ciò in cui sei brava,
essere buona e cordiale con tutti, a farti divertire ci penso io!” disse
strizzando gli occhi in un sorriso che la pregava di sentirsi felice.
In
effetti a quelle parole si sentì sollevata, anche troppo: era come se l’aria
pura e rarefatta d’alta quota le stesse facendo girare la testa!
Hinata:
“Na-Naruto-kun…”
<< Non sono mai stata
così felice di essere me stessa! >>
“Grazie…”
Naruto
porse l’orecchio: “Eh? Che hai detto?”
Hinata:
“N-n-nulla!”
Gli
sorrise e lui poté allegramente tornare a mangiare col cuore a posto per aver
risollevato il morale ad un’amica!
Ecco
cosa le piaceva più in lui: quell’aura di ingenua sincerità che emanava, che le
faceva capire che con lui non servivano bugie, non serviva farsi grande, non
serviva essere diversa.
Era
passato del tempo dall’ultima volta in cui aveva creduto di poter essere
ricambiata, da quella volta al campo d’allenamento, prima dell’esame dei
Chunin… Sarebbe stato bello sfruttare ancora quel ramen insieme per strappargli
qualche altra parolina che la facesse sussultare…
Naruto
(masticando una fettina di manzo): “Senti, Hinata, posso chiederti una cosa?”
I
suoi candidi occhi si spalancarono: “S-s-si?”
Si
stava avvicinando. Hinata, non sapendo cosa aspettarsi chiuse gli occhi, e lui
arrivò a bisbigliarle nell’orecchio:
“Come
mai qui c’è anche la tua Maestra?”
SDONG
Kurenai
(due posti più in là): “……”
Hinata:
“……”
Naruto:
“……”
Hinata:
“N-non lo so…”
Asuma
(tre posti più in là): “Ehm, come mai qui c’è anche la tua allieva?” le
sussurrò in un orecchio.
Kurenai:
“N-non ne ho idea…”
Asuma
e Kurenai erano stati lì tutto il tempo; tra loro e i due genin non c’era che
uno sgabello vuoto. Il jonin barbuto alla fine aveva trovato delle sigarette ed
era tornato dalla donna per riaffrontare la faccenda dell’invito rimasta in
sospeso, senza sospettare che il luogo proposto fosse già meta di un altro
incontro quel mattino.
La
cosa era stata ovviamente imbarazzante per tutti e quattro sin dall’inizio...
Naruto
mangiava e dava occhiatine ai due adulti, Hinata, rossissima, fingeva non ci
fossero, Kurenai beveva acqua a piccoli sorsi per il disagio, Asuma, a braccia
incrociate, guardava un po’ qui un po’ la con finta noncuranza, anche lui un
po’ rosso.
Naruto
(pensiero): “Mhmm… Quei due non me la raccontano giusta…”
Hinata
(pensiero): “Uffa… con la Maestra presente mi vergogno…”
Kurenai
(pensiero): “Accidenti, come faccio con la mia allieva proprio qui vicino a
me?”
Il
più deluso era forse Asuma.
Asuma
(pensiero): “Che palle…”
Si,
era proprio lui. Come dargli torto del resto: il suo primo appuntamento con
Kurenai e non potevano neanche parlare liberamente senza il timore di poter
essere sentiti. Del resto l’Ichiraku piaceva anche per la sua atmosfera
familiare nelle sue modeste dimensioni, ma anche questo ha dei lati negativi.
Il proprietario e la figlia facevano sempre del loro meglio per ascoltare il
meno possibile e non essere impiccioni, ma Naruto decisamente no.
Kurenai
(pensiero): “Naruto scommetto si farà senz’altro l’idea sbagliata; meglio non
dare nell’occhio.” ed iniziò a mangiare, senza guardare più il povero Asuma.
I
due ragazzi avevano lo stesso problema, soprattutto Hinata che era la tipa da
atmosfere “a tu per tu”; con la Maestra Kurenai aveva un buon rapporto, ma era
troppo riservata per volerla con sé nei momenti “intimi”…
Hinata
(pensiero): “C-che imbarazzo, spero solo che Naruto non pensi l’abbia fatta
venire io perché non mi sentivo sicura.”
Naruto
(pensiero): “Speriamo che qualcuno di loro non finisca, così mangio io quello
che avanza, eh eh eh!”
Risultato:
il pasto proseguì fin troppo liscio e si concluse con un nulla di fatto.
A
quanto pare la svolta, per loro, doveva aspettare ancora un po’!
Tuttavia
qualcuno quel giorno avrebbe dovuto rimboccarsi le maniche in senso letterale…
La
chiave girò nella serratura e la porta si aprì lentamente.
La
ninja leggendaria aveva vissuto esperienze traumatiche in guerra o anche a casa
propria, era stata più volte nel vivo dell’azione più travolgente, credeva di
aver visto cosa significasse un autentico disastro; eppure, rientrando nel suo
ufficio, pur nuovamente con la sua personalità abituale, non poté trattenersi
dal dichiarare:
“Che
macello!”
Si
batté una mano in fronte ed entrò. Ora che era tornata normale quella vista non
l’avrebbe certo fatta svenire, ma persino lei, avanzando lentamente coi tacchi sulle
mattonelle, era attonita e senza fiato.
Le
finestre dietro la sua scrivania erano ancora integre, ma la scrivania era all’altro
capo della stanza: dietro la porta scoprì lei non avendola vista di fronte a sé
appena entrata. L’afferrò e la trascinò rumorosamente fino al suo posto,
scostando con un piede le migliaia di documenti, le centinaia di fascicoli e le
decine di registri che ingombravano il pavimento; durante lo spostamento i
piedi del mobile si incastrarono in una depressione nel pavimento piena di
mattonelle crepate, che poi la donna scoprì essere nientemeno che il cratere
lasciato da Kakashi all’impatto; erano rimaste le impronte delle sue mani e del
profilo (storto) delle sue gambe come fosse stato cemento fresco… Artistico in
un certo senso.
Tra
le altre cose il nuovo vaso decorativo che aveva fatto mettere da poco era
ormai inesistente e la libreria giaceva caduta su un lato; alzando gli occhi
vide qualche volume che pendeva disperatamente dal lampadario implorando di
essere salvato. Una fortuna che non gli fosse caduto in testa, pensò Tsunade,
tornando al centro della stanza e facendo una panoramica della situazione.
Tsunade:
“SIGH! Che sfacelo! E tocca solo a me rimettere in ordine, accidenti!”
Eh,
si: stavolta l’Hokage non poteva sbolognare il compito a nessuno! Il motivo? La
ricompensa istituita mentre era sottosopra in uno momento di generosità.
Tsunade: “Un attimo
d’attenzione prego. Per ricompensarvi dei vostri sforzi ho deciso di accordarvi
un giorno di ferie! Non potrà essere domani perché siamo ancora in situazione
di crisi, ma vi prometto che non appena avremo risolto e tutti saranno tornati
normali potrete usufruire di un’intera giornata di relax totale!
Jonin e Chunin: “EVVIVA L’HOKAGE!”
Tsunade (pensiero): “Perfetto, così se malauguratamente ci sarà una prossima
volta faranno meno domande e sospetteranno meno.”
L’idea
era nata, oltre che per ricompensare giustamente i ninja che nelle ricerche
subacquee si erano ridotti a delle spugne gocciolanti di acqua e muco, anche
per evitare ulteriori dicerie su lei e Jiraya, allora sospettati di mancata
partecipazione all’impegno collettivo per appuntamento ingiustificato… Alla
fine aveva funzionato, e ora da quella storia l’unica cosa che poteva temere
era che Jiraya tornasse alla carica per chiederle qualche altra cenetta
insieme… oltre che le venisse un mal di schiena da record con tutto il lavoro
che l’aspettava.
Tsunade
iniziò a raccogliere oggetti dal pavimento alla rinfusa, continuando a
brontolare e sbuffare: “Se almeno ci fosse Shizune a darmi una mano, invece
anche lei è sparita come tutti, bah! Adesso magari sarà a divertirsi.”
Neppure
la sua di nuovo fedele e zelante assistente aveva rinunciato a festeggiare la
scomparsa della Konoha Sottosopra! Forse dopo aver provato negli ultimi giorni
quanto è bello fare, dire e bere quel che si vuole non aveva ancora voglia di
tornare a darsi pensieri! Aver abbandonato la sua Maestra per una volta
manifestava semplicemente quella sua voglia di assecondarsi di più!
Tsunade
(pensiero): “Oh, beh, dopotutto è un bene che quella ragazza si sfoghi un po’
di tanto in tanto… purché non diventi un abitudine, o mi sentirà!”
L’indaffarata
capo-villaggio sistemò tra le sue forzute braccia quanta più roba poté fino ad
assumere un andatura traballante, poi, già sudata, rovesciò quasi tutto sulla
scrivania; quasi perché qualcosa inevitabilmente ricadde giù.
Tsunade:
“Ehm, riordino dopo.”
Si
appoggiò con la schiena al bordo della tavola e si passò una mano sulla fronte.
L’unica
cosa che pareva essere rimasta al suo posto era quel regalo dell’Eremita
Porcello, quel soprammobile a forma di rospo, ancora in piedi nonostante il
cataclisma che aveva sconvolto quell’ufficio.
Rospo
fermacarte: “……”
Tsunade:
“……”
La
donna iniziò a guardarlo di sbieco, e quello ricambiò lo sguardo: sembrava
volesse sfidarla o prendersi gioco di lei.
Tsunade:
“Mhmm…”
Rospo
fermacarte: “……”
Decise
infine di tornare all’opera, continuando a guardarlo sospettosamente con la
coda dell’occhio.
Il
fermacarte non se ne curò e tacque.
Tsunade
(raccattando da terra i cocci di pavimento vicino il cratere): “Tsk, tutti i
ninja del villaggio sono ancora a letto o a godersi il loro giorno di ferie, ed
io, che già porto tutti i giorni il peso di portare avanti il villaggio devo
star qui a rimettere in sesto un ufficio che non ho distrutto io, bah!”
Che
peccato che una promessa dell’Hokage sia sacra e che quei due zotici di Gai e
Kakashi rientrassero nella categoria degli aventi diritto al giorno libero…
Il
primo, conformemente alle sue inclinazioni e senza sorprendere nessuno, stava
usando quel giorno di riposo logicamente per una maratona intorno il villaggio.
Per
quanto riguarda il secondo, aveva anche lui un hobby a cui dedicarsi, per
fortuna molto meno impegnativo e originale.
La
lettura ovviamente.
L’aveva
un po’ trascurata e doveva rimediare. Il tempo era bello, l’aria era fresca,
gli uccelli cantavano e i pesci stavano zitti, tanto per cambiare: non poteva
non concedersi una sana lettura all’aria aperta.
Kakashi:
“Uh uh uh!”
Specie
ora che aveva tra le mani un nuovo interessantissimo volume della sua serie
preferita tutto da scoprire! Inoltre leggendo avrebbe potuto lenire il dolore
della sua preziosa collezione gettata in pasto ai rifiuti: bruciava come una
ferita su cui era stato sparso il sale.
Fortunatamente
aveva subito contattato la casa editrice per ordinare tutti i volumi dal primo
all’ultimo. Anzi, dal primo al penultimo, visto che l’ultimo l’aveva in
esclusiva lui tra le mani.
L’umore
di Kakashi era quindi altissimo, soddisfatto e positivo verso il futuro,
illuminato dalla speranza di riavere presto il posto d’onore della sua libreria
di nuovo occupato. Tra l’altro, vista la sua conoscenza con l’autore non
avrebbe sborsato neanche un ryo!
Percorse
canticchiando con le mani in tasca la strada parallela alla sua abitazione fino
a trovare un maestoso albero. Scrutò le fronde e poi controllò la posizione del
sole rispetto ad esso.
Kakashi:
“Perfetto.”
Quando
col chakra sotto i piedi iniziò a scalarne il fusto sospeso in perpendicolare,
la battuta sorse spontanea.
Kakashi
(pensiero): “E dire che ho fatto tanto per tornare dritto, eh eh eh!”
Arrivò
in cima: il ramo sporgente gli avrebbe fatto da divano, il tronco da cui si
originava da spalliera e le foglie sotto il suo sedere da cuscino. Respirò a fondo
e si stiracchiò, manifestando lo Shikamaru che era in lui. Stette così qualche
secondo prima di sollevarsi con un sommesso verso di soddisfazione e cercare
nella sua tasca.
Kakashi
(pensiero): “Un libro così bello e così perfettamente tascabile… meraviglioso.”
Tra
l’altro quello era stato addirittura autografato con dedica dal suo scrittore
pervertito preferito; non che ora, nell’atto dell’inaugurazione del volume
avrebbe fatto caso alla firma.
Kakashi
Hatake si preparava così a dire addio allo stress da ribaltamenti in quella
salubre atmosfera. Lì in alto aveva il fresco, una bella vista, e un ottimo
sottofondo rappresentato dal miglior concertista della natura col suo strumento
favorito, vale a dire il vento con le migliaia, milioni di foglie tutto intorno
a lui; il tutto a sua completa disposizione in un posto d’eccezione, lontano
dai rumori e dai fastidi della superficie.
“FERMATIIIIII!!!”
“AAAAAAAHH!!!”
“Uh?”
A
meno che ovviamente non fossero le urla e i guai della superficie a
raggiungerlo lassù… Nonostante fosse stato interrotto proprio mentre si
apprestava ad estraniarsi un po’ dal mondo, Kakashi non provò fastidio a quelle
grida, bensì curiosità.
Non
aprì il libro e si affacciò.
Due
puntini stavano arrivando veloci dalla strada che conduceva dritta verso il suo
albero.
Kakashi
restò solo un po’ sorpreso: “Ma quelli sono…”
“Tesoro…
parliamone!”
“MA
QUALE TESORO!?!?!?!?”
I
coniugi Nara!
Era
chiaramente un inseguimento: arrivato alla fine della strada, ai piedi
dell’albero, Shikaku piantò i piedi a terra per rallentare la corsa e svoltare,
incalzato da Yoshino con qualcosa in mano che però il Copia-Ninja, dalla sua
posizione non seppe distinguere.
SDONG!
“AHIO!”
Kakashi:
“Mhmm, dal suono si direbbero padelle!”
E
ne aveva molte altre in mano!
Shikaku:
“Piantala! Stai disseminando il nostro pentolame per tutto il villaggio così!
ARGH!” si abbassò appena in tempo per schivarne un’altra che era roteata verso
lui come uno shuriken!
Ripresero
a correre, e il maestro lettore li seguì con lo sguardo e con l’indiscreto
orecchio.
Yoshino:
“COME HAI POTUTO!?!?!?”
Quando
era tornata in sé si era ricordata subito di come era successo: Inoichi si era
presentato da lei, e da subito aveva avuto l’impressione che ci fosse qualcosa
che non andava in lui, poi si era avvicinato dicendo di volerle mostrare una
cosa, aveva tirato fuori dalla tasca quello strano vetro rosa e si era coperto
gli occhi. Il seguito non voleva portarlo a mente, troppo orribile!
Yoshino:
“Fare in modo che io venissi capovolta sfruttando l’immunità del tuo amico!”
Shikaku
cominciò ad avere il fiatone, ma l’adrenalina gli impediva di mollare: “Perché
te la prendi solo con me, allora? È stato lui l’esecutore, era d’accordo!”
Yoshino:
“TACI! Inoichi è fortunato che in questo momento si trovi ancora a letto
debilitato per via della tecnica di ieri o un paio di sberle non gliele
toglieva nessuno! La tua colpa però è molto più grave, sei di sicuro tu la
mente che ha partorito il piano!”
Lanciò
un’altra padella e centrò precisa la nuca del marito con un altro “SDONG!”
Shikaku,
senza smettere di correre, si volto: “SIGH! Quante ne hai ancora?” piagnucolò
massaggiandosi il bernoccolo.
Yoshino:
“NON ABBASTANZA!”
E
ne tirò un’altra che lo prese dietro la schiena facendogli ugualmente male.
Shikaku:
“Ti chiedo perdono!”
Yoshino:
“Non c’è perdono senza punizione! E così volevi la mogliettina debole e
sottomessa, eh? Volevi rilanciare la tua virilità in pericolo, eh?”
Un’altra
padella lo becco in testa; la serie di colpi a segno era impressionante quanto
quelle di Ten Ten, anche considerando che era in corsa, quasi le guidasse col
pensiero verso il bersaglio!
Yoshino:
“Preferivi una moglie che ti porta le pantofole e ti rimbocca il cuscino ad una
che gestisce tutto con responsabilità e non ti permette di fare i tuoi porci
comodi in casa e fuori, EH?”
Seguì
un ennesimo “SDONG!”
Shikaku:
“Però alla fine me ne sono pentito, ti rivolevo così come sei... Com’è
difficile dire certe cose in questa situazione…”
Yoshino:
“SFIDO IO! Non ti andava più bene il coprifuoco la sera per non farmi
impensierire! GRRRR! Se volevi vedere il mio lato dolce bastava ne parlassimo
insieme, è così che fanno un buon marito e una buona moglie!”
Shikaku
(pensiero): “Come può una moglie che tira padelle in testa al marito essere
“buona”?”
Yoshino
tirò l’ultima padella che mancò, ma solo perché ormai era stanca: “Te le farò…
(anf)… scontare tutte… (anf)… Nessuno rende Yoshino Nara una fessacchiotta innamorata…
(anf)… e la passa liscia!”
Shikaku:
“(anf)… Dovevo proprio… (anf)… sposare… una tigre innamorata? (anf)… Ora chissà
quando potrò rivedere il suo bel sorrisino. Accidenti a me e all’idiota che
sono!”
Yoshino:
“(anf)… Fermati!”
La
giusta punizione per chi non ha creduto nella dolcezza insita nella propria
consorte ed ha cercato di tirarla fuori con la forza. L’unica cosa che
permetteva a Shikaku di tenere duro era la consapevolezza che prima o poi si
sarebbe calmata, un altro mezzo giro del villaggio più o meno.
Sparivano
lontano tra le case portandosi dietro il loro chiasso e lasciando sul posto le
risate di un divertito lettore.
“Eh
eh eh!”
Povero
Shikaku, pensò. Ma per lo meno ora che il chiasso era finito poteva tornare a
fare ciò che stava per fare.
Si
stiracchiò nuovamente e rise ancora, scuotendo la testa davanti
l’incorreggibilità di certe persone e di certi finali. Poi riprese il suo nuovo
libro finalmente: “La Violenza della Pomiciata – Volume Secondo”.
“Umpf……
Uh?”
Si
accorse subito che qualcosa non andava in quelle lettere…
Erano
al contrario.
Per
la distrazione aveva aperto il libro sottosopra.
“……”
Stette
fermo con il libro chiuso a testa in giù, ripensandoci un po’.
“Umpf!”
Lo
raddrizzò, lo aprì alla prima pagina, ed iniziò a leggere.
FINE