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Autore: Florence    15/03/2024    4 recensioni
Raccolta di one-shots ciascuna partecipante alla challenge Prime Volte indetta da Dylanation sul gruppo FB Komorebi Community - Fanfiction Italia
Una serie di "prime volte" di Victor e Yuuri, un viaggio nel tempo, un po' di missing moments in alcuni dei momenti importanti delle loro vite passate.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Victor Nikiforov, Yuuri Katsuki
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ponte - 2012

Yuuri

 

OS partecipante alla challenge "Prime Volte" indetta da Dylanation sul gruppo FB Komorebi Community - Fanfiction Italia 

 

Prompt: beagle

 

----------------


-Snoopy ne ubegay!-

Un beagle grassottello parte alla carica strattonando il guinzaglio alla sua padrona, punta con la lingua di fuori il gruppo di persone in coda fuori dall’Iceberg Skating Palace di Sochi e travolge Yuuri Katsuki, ventun’anni, distratto a parlare al telefono.

-Ehi! Aahh!- Gli cade il telefono di mano, la cover azzurra si graffia un po’, ma salva lo schermo. La telefonata continua, Yuuri sente la voce di sua mamma che lo chiama, piccina piccina, giù da terra.

-Okaasan, eccomi. Mi è caduto il telefono, scusami. Qualcosa mi ha colpito… Ma… Ehi! Ciao bello! È stato un cane, mamma! Vedessi che bello, è un beagle.-

La mamma impiega un istante di troppo a rispondere, Yuuri lo sente.

-Mamma, come sta Vicchan…?-

Un sospiro.

Sono mesi che Vicchan sta male, Yuuri lo sa, ma non è mai tornato in Giappone per stare un po’ con lui. L’anno prima ha provato a convincere i suoi a prenderlo con sé a Detroit, morso dai sensi di colpa e dalla nostalgia, ma loro si sono imposti: come avrebbe fatto a gestire un cane, per di più malato, con tutte le cose che doveva fare in America? Le lezioni all’università, lo studio per gli esami, le ripetizioni, gli allenamenti… per non parlare delle gare! Assolutamente no, piuttosto avrebbe potuto farsi vedere lui e passare del tempo a casa, col cane e con loro, no? 

Gliel’hanno detto soltanto da qualche mese cosa abbia davvero Vicchan, perché non volevano farlo preoccupare senza la possibilità che lui potesse fare nulla da laggiù, ma quando Yuuri l’ha saputo, gli è caduto un pezzetto di mondo addosso. “Non venire apposta a trovarlo, verrai dopo la stagione. Intanto allenati e torna in Giappone con una medaglia al collo” È stata Mari a scriverglielo per prima; dopo, in modi più o meno simili, anche la mamma e il papà gli hanno rivolto la stessa supplica.  Yuuri non sa esattamente l’entità del tumore che sta lentamente uccidendo il suo cane, non sa a che stadio sia, non è stato messo a conoscenza delle cure che gli sono state somministrate. Gli dicono solo che “è tutto sotto controllo”. Ha pianto, quando ha urlato contro la sua famiglia di accettare almeno il bonifico che gli stava mandando per sostenere le cure, perché Vicchan, in fondo, era il suo cane, non di qualcun altro e faceva così male saperlo malato e sofferente dall’altra parte del mondo…

 

La madre dice qualcosa. Un morso in mezzo allo stomaco avrebbe fatto meno male a Yuuri.

-No, mamma, non ne riparliamo dopo la gara, voglio sapere adesso come sta Vicchan!-

Celestino si volta a guardarlo: è raro che Yuuri abbia di quegli eccessi o che urli e tanto più che lo faccia con qualcuno della sua famiglia. Anche il beagle che lo ha travolto si ferma e alza il muso, per osservare la fonte di quel chiasso. Yuuri si china su di lui, sovrappensiero e lo accarezza, mentre ascolta le parole della mamma.

-Come Vicchan respirava male!? … Dal veterinario… sì… la clinica Yamaguchi? … Era meglio se lo portavate da loro… ti ho detto che pago io, mamma! … Quanto starà lì? No… no! Non ci sto tranquillo! … Va bene… Ok, ho capito…-

 

La padrona raggiunge trafelata il beagle e infila due dita sotto al collare.

-Prosti yego! On ochen' zhivoy pes!- Dice, e Celestino fa segno di non comprendere.

-Oh, scusi, tu non parlare russo! Dicevo di perdonare mio cane, è molto vivace! Snoopy, bud' khoroshim!-

Yuuri non si accorge che la padrona è lì per riprendersi il cane e continua a parlare a telefono, grattandogli dolcemente il petto e il dorso. La donna resta indecisa sul da farsi e chiede con lo sguardo all’uomo con la coda di cavallo.

-Può lasciarlo un attimo al… al ragazzo?- Domanda Celestino, indicando Yuuri. Non capisce quello di cui sta parlando al telefono, in giapponese, con sua mamma, ma intuisce, dal tono di voce e da quel “Vicchan” ripetuto più volte, che si tratti di qualche brutta notizia relativa al suo cane.

 

-Mamma, allora, dopodomani sera ho il corto e domenica il libero e poi torno a casa… Sì… Sì!... Compro subito il biglietto dell’aereo. No… non ci resto per il galà e lo spettacolo finale, parto subito, te l’ho detto! Mi raccomando, tu chiamami per qualunque motivo… No… No, mamma, ti dico che arrivo… Perché dici che non importa? Mamma, come sta davvero Vicchan??? Se sei vicina a lui, fammelo vedere, allora!-

Yuuri ha alzato di nuovo il tono di voce, Celestino non capisce, ma il fatto che abbia smesso di accarezzare il beagle e si sia alzato in piedi pronto a scattare, gli fa temere il peggio. Lo vede smanettare sul telefono e poi portarselo davanti al viso: sta facendo una videochiamata, evidentemente, e sembra tranquillizzarsi un po’. Dall’altoparlante si ode un Bau! Ai piedi di Yuuri, il beagle abbaia. Bau! di nuovo dal telefono, Bau!, risponde il beagle. 

Yuuri si scioglie, si abbassa di nuovo sul beagle e lo inquadra, dice qualcos’altro in giapponese, un Arigato arriva alle orecchie dei presenti e la comunicazione si interrompe.

Yuuri fa un sospirone, torna nel mondo dei presenti, fa scorrere lo sguardo su Celestino e… chi è quella donna?

-Yuuri, puoi liberare il cane della signora, adesso, per piacere?- Domanda imbarazzato l'allenatore, Yuuri avvampa e si inchina alla donna.

-Gomen… Gomen nasai… Mi scusi!-

Lei lo guarda con aria materna, forse ha intuito qualcosa o ha buttato l'occhio sullo schermo del telefono che Yuuri protendeva verso il suo cane.

-Lui è Snoopy, e piaci molto a lui!-  È allegra, la sua voce si intona bene con i capelli rossi e il suo aspetto giovanile.

-Sei un pattinatore?- Domanda a Yuuri.

-Sì…-

-Anche mia figlia è pattinatore, si allena a San Pietroburgo, siamo venuti tutti a vedere lei per la finale di Grand Prix. Sei anche tu qua per finale?-

-Aehm… sì… Lui è il mio allenatore, Celestino Cialdini e io mi chiamo Yuri, Yuuri Katsuki, piacere-, congiunge le mani davanti a sé e accenna un breve inchino. Celestino alza un lato della bocca: sono quattro anni che Yuuri ha lasciato il Giappone, ma ancora non ha imparato gli usi e i costumi occidentali.

-Molto lieto, signora-, stringe la mano della donna e, con un cenno del capo, indica al suo atleta che hanno aperto il palazzetto.

-Arrivederci. Ciao Snoopy!- Saluta Yuuri.

-Dobbiamo andare, stanno consegnando i pass. È stato un piacere signora-, Celestino fa un sorriso e precede Yuuri al Welcome Desk.

 

-Credevo che Snoopy fosse un bracchetto-, osserva una volta che si sono allontanati.

-Snoopy è un beagle, da che pianeta vieni, Celestino?- Gli risponde Yuuri, ma c'è un'ombra scura nella sua voce.

-Il tuo cane… Si è aggravato?-

Il giovane annuisce, quindi si ferma.

-Celestino… comunque vada… io partirò per il Giappone al termine del libero. Non posso continuare a rimandare, c'è la possibilità che Vicchan…- Abbassa la testa, non ce la fa a terminare la frase. 

-Ci sarebbero il galà sul ghiaccio, con l'esibizione dei pattinatori e la cena di gala dopo la prova del libero… Avresti modo di parlare in tranquillità con Victor e…-

-Non mi importa, Celestino! Io devo tornare da Vicchan prima che sia troppo tardi. Lo capisci? In questo momento è… Dovrei partire adesso, anzi!- Yuuri riprende il telefono, digita freneticamente qualcosa, ha un'espressione allucinata.

-Ecco, c'è un volo tra quattro ore che fa scalo a Mosca e poi diretto a Tokyo e-

Celestino stringe le labbra, sospira, mette una mano sul braccio del ragazzo, prima che si faccia trascinare da quella follia.

-Non farlo, Yuuri. Questa gara è quello che aspetti da una vita. Ti prometto che non ti impedirò di partire appena finirà l'esecuzione del libero, ma… promettimi che non farai stupidaggini, fino ad allora.- È serio, Celestino, maledettamente serio, poi sorride. -Lo hai visto poco fa in videochiamata il tuo cane, no? Vedrai che non c'è motivo di preoccuparsi proprio adesso: se la situazione fosse ancora più grave, i tuoi te l'avrebbero detto, non ti priverebbero della possibilità di riabbracciarlo un'ultima volta.-

Yuuri è un bambino in quel momento, pende dalle labbra del suo allenatore, perché ha ragione: la mamma gli avrebbe chiesto di tornare subito, lo sa quanto ci tiene a Vicchan. Annuisce mansueto e spegne il display.

-Quindi adesso stai tranquillo e concentrati sul motivo per cui siamo qui. Hai tutte le carte per potercela fare, Yuuri e in più hai anche l'effetto sorpresa, visto che non ti conosce quasi nessuno!- Prende sottobraccio il suo campione e si avvia verso l'area riservata agli atleti. -E poi, non vuoi avere la possibilità di stracciare Victor Nikiforov? Pensa se riuscissi a fare meglio di lui! Dovrà a ogni costo parlarti e questo fa parte del tuo grande sogno, no? Adesso corri a fare un po’ di stretching, ché dopo devi mettere i pattini e provare il ghiaccio del tuo palcoscenico!-


---

 

Le parole di Celestino hanno avuto il potere taumaturgico di calmare totalmente l'ansia che stava iniziando a strizzare le viscere di Yuuri. Mentre scova un posticino defilato per fare gli allungamenti, sente il cuore battere veloce per un altro tipo di tensione, quella che si prova un attimo prima di saltare e raggiungere la meta. Da qualche parte, in quell'enorme struttura dell'Iceberg Skating Castle c'è Victor Nikiforov, l'uomo che, senza averlo mai incontrato, ha condizionato gli ultimi dieci anni anni della sua vita, forse anche di più. Il suo mito, l'esempio da seguire, l'idolo che ha sempre tentato di emulare e con la sua sola esistenza gli ha dato uno scopo, è stato la causa e l'effetto di tutto quello che ha vissuto, della sua passione, della sua fissazione, degli scherzi, delle confidenze, di desideri a cui non ha mai davvero saputo dare un nome.

Victor è lì e sta per incontrarlo e il cuore batte forte. Cosa gli dirà? Sarà in grado di sostenere il suo sguardo, di seguirlo mentre scivola in pista senza rimanere abbagliato? E se per caso ne restasse deluso? Se dal vivo non fosse come l'ha sempre immaginato, se lo avesse idealizzato troppo? Il cuore batte sempre più forte.

 

Vede gli altri atleti che iniziano a dirigersi verso la pista, con i pattini già ai piedi. C'è lo svizzero Giacometti, che ha battuto allo Trophée Eric Bompard a Parigi e che di persona è molto più umano, eccentrico e divertente di quanto avesse mai pensato, vittima del pregiudizio di averlo sempre sospettato essere ‘qualcosa di più’, per Victor; c'è il canadese Jean Jacques Leroy, anche lui conosciuto nella medesima occasione, poche settimane prima: un ragazzo dalle mille risorse e dall’ego spropositato; c'è Cao Bin, dalla Cina, che aveva già incontrato quando ancora era allenato da Kimura e c'è Michele Crispino, che non ha mai conosciuto prima, ma ha capito che fosse lui vedendolo chiacchierare in italiano con Celestino, mentre stavano ritirando i pass.

Corre a mettere i pattini chiedendosi perché ci siano tutti, tranne Victor.

 

Forse i divi si devono fare attendere… Forse è in un'area riservata per gli atleti russi… Forse non l'ha notato, gli è passato davanti e lui non se n'è nemmeno accorto… Forse è già in pista, perché ha il superpotere del teletrasporto o forse…


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-Voglio morire…-

Celestino batte pacche leggere sulla schiena di Yuuri. Ormai è sera e il ragazzo non è voluto scendere per la cena. Celestino un po’ lo capisce, perché è stato davvero inatteso e scorretto, per il campione di casa, non presentarsi alla prima sessione di allenamenti. Ha visto tutta la sicurezza che era riuscito a insufflare nei polmoni di Yuuri scemare poco a poco, mentre ripassava i salti e le sequenze principali dei suoi due programmi con un occhio sul ghiaccio e uno all'ingresso della pista e adesso, dopo un'altra telefonata antelucana a casa sua per accertarsi delle condizioni del cane, Yuuri è passato alla sua fase emo. Però, ancora, non è stato colpito dall'ansia, come al solito. Una volta Phichit aveva detto che alla voce “ansia”, sul Wikipedia, avrebbero dovuto mettere come foto esplicativa la faccia verde che Yuuri assumeva prima di una gara e al momento, fortunatamente, il colorito del ragazzo non ha ancora preso quel tono.

Yuuri è pallido e molliccio, ma Celestino è confidente che ancora le cose siano del tutto sotto controllo.

 

Alla seconda sessione di allenamenti, dove a turno viene passata la musica di ciascuno dei concorrenti per una prova del proprio programma, Victor di nuovo non si fa vedere. Solo alla fine, quando ormai quattro pattinatori su cinque hanno tolto i pattini e fatto le borse per tornare ai rispettivi hotel, Victor fa la sua apparizione e a Yuuri pare di vedere la Madonna. Victor sfila nel corridoio con la giacca della tuta poggiata sulle spalle, seguito da Feltsman e altri quattro o cinque atleti russi, dispensa sorrisi che non arrivano oltre le sue labbra - surreali - e tira dritto, scivolando direttamente in pista verso Giacometti che, guarda caso, è l'unico a non esserne ancora uscito.

-Dobbiamo andare, Yuuri… non puoi rimanere qua a fargli la radiografia, dai, vieni. Lo rivedrai domattina alle ultime prove e poi di pomeriggio per il corto.- Yuuri ubbidisce e si sente trascinare via con violenza dall'Eden appena raggiunto, eppure cammina a dieci centimetri da terra e la sua mente è leggera.

 

--- 

 

Ci pensa una telefonata di sua sorella, a farlo ripiombare pesantemente a terra. Yuuri si sveglia di soprassalto dopo aver dormito un paio d'ore scarse e già si aspetta il peggio, ma Mari voleva soltanto sapere dove trovare i documenti relativi all'adozione del cane. Servono per qualcosa che neanche lei ha capito, forse per capire se abbia un pedigree ed eventuali predisposizioni familiari alla sua malattia. Sono le quattro del mattino, Celestino ficca la testa sotto al cuscino e prova a riaddormentarsi. Ha deciso di stare in stanza con Yuuri, dietro consiglio di Phichit, che gli ha preannunciato nottate da dimenticare, e già quella sera (sera… notte!), è stato a chiacchierare con il suo atleta di ogni argomento dello scibile umano finché lui non è crollato.

A Detroit invece sono le otto di sera e Yuuri scivola dal suo letto per chiudersi in bagno e chiamare l'amico thailandese. Parla sottovoce per non disturbare il coach, ma lui sente tutta la conversazione attraverso la porta chiusa e si preoccupa. Yuuri chiede a Phichit, senza entrare nel dettaglio, di srotolare i suoi tentacoli social, accedere ai suoi account (tanto la password la conosce, è la stessa per tutti, la conoscono anche i muri di camera sua ed è il nome di qualcuno che si sta facendo desiderare un po’ troppo all'Iceberg Skating Castle) e prendere più informazioni possibili sulle reali condizioni di Vicchan, al posto suo.

È scaltro Yuuri e ragiona con freddezza, tranne che quando gli serve davvero. Alle prove della mattina dopo, infatti, oltre ad attendere Victor Nikiforov, nemmeno fosse Gesù sul Giordano, si distrae di continuo per andare a controllare sul telefono se ci siano novità. Quando Victor arriva in pista e inizia a solcarla con una grazia squisita e salta con le ali di un angelo, Yuuri dimentica per un po’ tutto quello che scorre al di fuori del tempo e dello spazio ed è letteralmente incantato, tanto da non guardare dove stia andando, finire con lo sbattere contro Michele Crispino, rischiare di cadere ed essere preso il culo da Christophe Giacometti. Letteralmente, appunto.

Al termine dell'allenamento, poi, succede una cosa strana: Yuuri si ritrova alle panche all'uscita del rink da solo con Victor. La tensione e l'aspettativa del giapponese si possono palpare, ma, in quel momento, il telefono che ha in mano vibra. I due si guardano per un tempo in cui Yuuri, pensa Celestino, srotola tutto il film della sua vita passata nel cono d'ombra dell'altro, stanno per dire qualcosa, poi Yuuri distoglie lo sguardo e risponde alla chiamata. Victor resta immobile a guardarlo per un attimo di troppo, si volta e se ne va.

 

-Pronto! Okaasan, cos'è successo? Come sta Vicchan?-

Si sforza di bisbigliare, ma non ci riesce e quelli che sono ancora lì intorno si voltano a osservarlo.

La conversazione dura poco, in realtà la madre voleva più che altro chiamarlo per assicurarsi che stesse bene e avesse dormito a sufficienza. È preoccupata per la prova che il suo bambino sta per affrontare. Gli domanda se abbia visto Victor, lui risponde di no e domanda ancora come stia il cane.

-Ti chiamo appena finisce la gara, mamma-, ma sa già che non lo farà, perché sarà già notte, in Giappone e non vuole disturbare. Tutt’al più, se ci fossero notizie degne di nota, chiamerà sua sorella.


Tornati in albergo, Celestino si occupa nell'ordine che il ragazzo mangi un pranzo adeguato, faccia almeno un quarto d'ora di respirazione assoluta per gestire lo stress, una doccia calda e indossi le lenti a contatto, poi gli passa il gel tra i capelli, lo infila nel costume di gara e gli fa mettere sopra la tuta. Se lo lasciasse vestirsi da solo nello spogliatoio del palazzetto, come minimo Yuuri scenderebbe in pista con un pantalone infilato nel braccio e viceversa. Lo conosce abbastanza, ormai, per captare tutti quei sintomi di una potente crisi d'ansia che lo attende dietro l'angolo. La voce è salita di un'ottava, gli occhi sono sgranati, le mani sudate.

Mentre attende che si allacci i pattini, ormai a una manciata di minuti dall'esibizione, Celestino ha un colpo di genio e cala l'asso.

-Yuuri, Phichit mi ha mandato un messaggio… dice che ti devo fare in bocca al lupo e mi chiede di riferirti queste testuali parole: ‘Oniichan risponde al tuo messaggio che la situazione sta migliorando, la rete conferma’… È un messaggio in codice, per caso?- Se la ride sotto i baffi, ma l'effetto che ottiene è quello sperato: Yuuri sembra riprendere contatto con la realtà in un istante, soffia via la tensione, lo sguardo si fa attento, è pronto a scattare e dare il massimo, con il cuore più leggero e l'adrenalina accumulata come propulsore ai suoi salti.

Infatti non ne sbaglia uno: per la prima volta da quando se l'è accollato, Celestino è veramente orgoglioso del suo atleta, che a sorpresa si piazza al secondo posto in classifica, a fianco del suo mito, del suo idolo, di tutto quello che ha sempre voluto essere. 

Yuuri e Victor siedono vicini nell'area riservata ai primi classificati provvisori, dopo un kiss&cry surreale in cui Yuuri boccheggiava come un pesce incapace di proferire parola, e di nuovo si ritrovano a guardarsi per un attimo, di nuovo stanno per parlarsi, ma Yacov Feltsman reclama il suo campione a gran voce e lo trascina via.

 

Nemmeno quella volta Yuuri è riuscito a scambiare una parola con Victor, ha già sprecato due occasioni che aspettava da sempre, ma per la prima volta sente la meta vicina, gli brillano gli occhi, sa che manca poco per arrivare a Victor e salire sulla cima del mondo accanto a lui. Per la prima volta ci crede davvero, ringrazia la pazienza dei suoi familiari, l’affetto di Phichit, la guida di Celestino e pensa che andrà tutto bene: la gara, la salute di Vicchan, il suo futuro. Si delinea netto dietro ai suoi occhi il diagramma che aveva tracciato una vita prima insieme a Yuuko sul quaderno dei loro progetti: alla fine del suo percorso c’era la scritta Grand Prix e il disegnino di un omino coi capelli neri felice accanto a uno col ciuffo biondo chiarissimo. Manca poco… davvero poco… il cuore gli batte forte, la sensazione di potercela fare arde come una stella nel suo petto.


E poi, nell'arco di un pochi minuti, tutto precipita.

Yuuri, alla fermata del bus per tornare in albergo, chiama emozionato sua sorella: anche se è quasi mezzanotte, sa di trovarla sicuramente sveglia, ma non fa in tempo a raccontarle della gara, che dietro la sua voce mogia sente al telefono l’abbaiare di un cane, il rimbombo di un altoparlante e il soffio di un singhiozzo strozzato.

Sei dal veterinario? Chiede allarmato, sei con Vicchan? Ma lei non risponde. Parla, parla Mari! Se sei lì con lui, ti prego, fammelo vedere, facciamo una videochiamata! No, Yuuri… non è possibile. Ma l'abbiamo fatta ieri, alla clinica capiranno, dai, per favore, fammi vedere Vicchan, è importante! Mari, Mari, attacca per favore. Otoosan sta' zitto! Mari, che sta succedendo, Mari? Per il bene di tuo fratello, chiudi la chiamata, Mari! Signori Katsuki, potete entrare. Mari, che succede, passami papà, cosa sono queste voci, dove sei? Signorina Katsuki, cortesemente, può mettere una firma qua? All'ingresso ha detto che è lei la proprietaria del cane, dovrebbe… MARI! Cosa diavolo sta succedendo??? Mari, digli che lo richiamiamo dopo. Ora non è il momento. MARI RISPONDIMI!


-VICCHAN È MORTO, YUURI! CI HANNO CHIAMATI POCO FA, SIAMO ARRIVATI ADESSO IN CLINICA E ORA NON POSSO CONSOLARE LA MAMMA, OCCUPARMI DEI DOCUMENTI, TROVARE I SOLDI CHE DOBBIAMO PAGARE E STARE ANCHE A TELEFONO CON TE! TU PENSA A PATTINARE E A COMBINARE QUALCOSA DI BUONO!- E mette giù.

 

Negli occhi di Yuuri scorrono tutte le emozioni che lo annientano, Celestino le distingue una a una. Ansia, tensione, paura, angoscia, terrore, disperazione, incredulità, orrore, dolore, rimorso, il nulla.

Celestino non ha capito una parola di quello che ha detto Yuuri in giapponese, ma capisce tutto lo stesso, glielo legge negli occhi. Compie un piccolo movimento verso di lui, vorrebbe dargli conforto, ma non sa come si fa. Quel piccolo avvicinarsi, Yuuri lo vede come l'unica diga che possa frenare la sua picchiata verso l'inferno, si aggrappa al collo del coach e piange. Piange tutte le sue lacrime, piange il senso di colpa per non essere tornato dal suo Vicchan, piange la solitudine che ha assorbito in quattro anni lontano da casa, piange il rimpianto per non aver avuto il coraggio di partire il giorno prima, quando ancora sarebbe stato in tempo, piange il dolore della perdita, piange la sensazione del pelo arricciato del suo cucciolo tra le dita, che non tornerà più. Piange l'inutilità di quello che ha appena conquistato, piange la ridicolezza di tutti i suoi sogni, piange la rabbia, la frustrazione, la vergogna, lo strazio di una vita intera. Piange fino all'ultima lacrima, finché non restano che singhiozzi a rimbombargli in petto e i muscoli intorpiditi.

 

Resta aggrappato a Celestino finché qualcosa non batte ripetutamente sul suo polpaccio, allora si stacca e abbassa lo sguardo.

 

-Snoopy! Ty snova sbezhal ot etogo mal'chika!- Una donna dai capelli rossi li raggiunge trafelata e vede un giovane spezzato, col volto rosso rigato di lacrime, che si china sul suo beagle e gli accarezza la testa. Lo abbraccia e Snoopy si fa abbracciare - non lo fa mai con nessuno. Si avvicina all'uomo che lo accompagna e rimane in attesa.

-La gara è andata male?- Domanda la donna.

-In verità è arrivato secondo… ma ha appena ricevuto una brutta notizia… Sa, il suo cane…-

La donna sospira e cerca le parole, è difficile da tradurre in inglese.

-Suo amico cane si è fermato a mezzo del ponte e ha veduto Snoopy: “stagli vicino”, ha detto e Snoopy adesso è qui per lui.-

Celestino non è un amante degli animali, non lo è mai stato neanche da bambino, ma comprende, nell'inglese arrotolato della donna, il suo messaggio.

 

-Grazie-, le dice e si prepara a raccattare i cocci di Yuuri.


---


Peggio di così non poteva andare, contro il destino Celestino non ha armi abbastanza affilate o parole d’incoraggiamento adeguate. Siede al bancone del bar nella lounge dell’hotel con le mani tra i capelli. Ha lasciato Yuuri in camera dopo avergli somministrato a tradimento quattro gocce di Valium. Si sente colpevole per il gesto, ma, diavolo!, quattro gocce non possono compromettere la gara dell’indomani più di quanto non stia già facendo quella paradossale situazione!

Prima di rientrare, ha staccato il ragazzo dal cane della russa, l’ha fatto salire sul bus e ha ringraziato la lunga serie di telefonate che gli sono arrivate dal Giappone durante il tragitto, per avergli evitato di parlare con lui. Non si sente in grado di offrire un vero conforto morale, quindi ha mandato un messaggio a Phichit per aggiornarlo sulla situazione. In risposta ha avuto indietro un’unica parola: “Merda…!”

Yuuri, a telefono, aveva lo sguardo perso nel vuoto e gli occhi ancora gonfi dal pianto. Ha parlato meccanicamente con sua madre, che si scusava per la indelicatezza di Mari e lo rassicurava che Vicchan adesso starà sicuramente meglio, che si era addormentato felice per aver sentito la sua voce il giorno prima e che ora lui deve resistere e completare le sue gare. Ha ascoltato Yuuko, che gli ha offerto una telefonata fotocopia della precedente, salvo aggiungere “io credo in te, Yuuri. Vivi il nostro sogno anche per me, adesso!”. Ha risposto anche alla chiamata di Minako, che lo ha spronato a dedicare “la sua vittoria” al cucciolo, tanto da lassù lo vedrà di sicuro e infine lo ha chiamato Phichit. 

-Yuuri, ho saputo. Mi dispiace tanto… davvero… Immagino come ti senta in questo momento e allora fai quello che sai fare meglio: pattina, vola e non lasciarti travolgere dal dolore. Capito?-

-...-

-Yuu-chan, hai capito?-

-... sì… ho ca…-

-No, tu non hai capito un tubo, Yuuri! Tu adesso devi andare lì e farti valere, cazzo! Perché se io mi dedicavo un po’ di più a me stesso, invece di farti compagnia a correre per smaltire la pancia, se tu fossi stato un maestro più bravo, con me, e mi avessi trasmesso almeno un decimo della tua grazia, se per una volta io non fossi stato considerato come ‘il secondo’, forse avrei potuto esserci io, al posto tuo, su quella cazzo di pista di Sochi! Quindi me lo devi! Lo devi a me, alla tua famiglia, a Celestino e lo devi anche al tuo cane, perché è per questo momento che sei stato così a lungo lontano da lui, maledizione!-

Non è occorso il vivavoce a Celestino, seduto accanto a Yuuri sull’autobus, per udire chiaramente la partenale di Phichit e… beh… si è pentito un po’ per aver sempre sottovalutato il thailandese, per via della sua età e della sua apparente frivolezza. Ha guardato Yuuri che annuiva e mugolava una risposta, mentre con occhi vitrei fissava il sostegno in ferro davanti a sé.

 

E ora l’ha lasciato in camera a dormire, o, almeno, così pensava.

Mezzora prima, Yuuri ha detto “non ho fame, vai pure da solo a cena, coach” con la compostezza di un condannato alla pena capitale e si è chiuso in bagno, ma quando Celestino torna in camera, Yuuri non c’è.

Scende di nuovo alla lounge, si guarda in giro, prova a chiamarlo, ma il telefono è staccato. Sono venuti da soli in quel cazzo di posto sul Mar Nero, come fa adesso a ritrovare quell’idiota, in tarda serata, senza un aiuto? Un pensiero lo fulmina: che sia partito? Che abbia preso un taxi e prenotato un volo per tornare in Giappone, quello sciagurato? Torna in camera e fruga tra le cose del ragazzo: il passaporto è sulla scrivania, così come i documenti delle gare e tutte le sue cose. Sul comodino ci sono i suoi occhiali e il telefono, che ha lasciato lì. Celestino tira un sospiro di sollievo, ma si ritrova punto e da capo.

Esce per strada nei dintorni dell’hotel, senza sapere cosa fare. Quando lo troverà, lo strozzerà con le sue mani, quel deficiente! Ma perché non ha portato anche Phichit!?

È lì, che vaga sperduto per strada e senza una meta, quando si sente chiamare.

-Signore? Signore, mi scusi!- 

Non capisce di chi sia la voce, ma un bau! che si avvicina fuga ogni dubbio.

-Sta cercando il ragazzo, per caso?-

-Sì! Lo ha visto?- Santa, santa donna e santo il suo bracchetto!

-Sono appena stata con mia figlia a fare un giro in villaggio qua vicino, quello che stanno costruendo per Olimpiadi di duemilaquattordici, molto bello! Faranno anche un parco giochi, ma non è aperto ancora, torneremo! C’è una food court provvisoria in mezzo a villaggio: Snoopy ha trovato suo ragazzo lì. Era molto triste lui, ma ora sembra che sta meglio!-

Celestino è confuso, si fa dare indicazioni più precise e in pochi minuti raggiunge il grande capannone sotto cui aleggiano ancora mille profumi diversi. Sono rimaste poche persone, ormai, data l’ora tarda, quindi ci mette poco a individuare “suo ragazzo” e, quando lo vede, impallidisce. 

Se con la morte del cane era molto probabile che Yuuri avrebbe perso ogni incentivo a gareggiare l’indomani, vedendo le decine di piatti e piattini vuoti davanti a lui, è certo che adesso sarà un disastro completo. Quel deficiente si è ingozzato come un porco in vista del Natale!

-Yuuri… ma che hai fatto?- Domanda incredulo e il ragazzo, con uno sbadiglio, gli sorride.

-Fame nervosa…- Dice semplicemente e gli ciondola la testa.

-Hai pagato, almeno?-

Yuuri solleva il pollice e Celestino lo prende per la collottola del giaccone pesante.

-Adesso fili a dormire, oppure ti ficco un dito in gola e ti faccio vomitare tutta questa merda che ti sei ingurgitato!- Di nuovo il pollice su. Quattro gocce, effetto ritardato, ma il Valium funziona sempre…

Yuuri barcolla verso il coach, massaggiandosi la pancia piena.

-Celestino, per favore, adesso mi puoi rendere gli occhiali?- Domanda strizzando gli occhi miopi.

-Guarda che io non te li ho presi, sono in hotel. Se ti fossi tolto le lenti a contatto come si è raccomandato l'ottico, ché poi ti si irritano gli occhi se le tieni troppo, e ti fossi messo a letto, sicuramente li avresti già trovati sul tuo comodino, accanto al telefono che hai deliberatamente lasciato in stanza per inscenare questa fuga da adolescente del cazzo.-

Yuuri abbassa lo sguardo.

-Aehm… Celestino… c’è un problema… Le lenti… Non le ho più, non vedo niente… Devo averle perse quando prima ho… ho pianto tanto…-

Yuuri abbozza un sorriso di circostanza, colpevole, vergognoso. Bollito.

Celestino si colpisce la fronte con la mano. Adesso sì che sono completamente fottuti.


 
   
 
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