Serie TV > Poldark
Segui la storia  |       
Autore: Demy77    15/03/2024    2 recensioni
Per questa nuova long a tema Poldark ho deciso di farmi ispirare da un’altra delle mie grandi passioni televisive: la telenovela messicana Cuore Selvaggio, andata in onda in Italia nei primi anni ’90.
La trama in sintesi: Francis Poldark è tra i più ricchi giovani scapoli della Cornovaglia. L’ambizioso padre Charles pianifica il suo matrimonio con la contessina Elizabeth Chynoweth, la cui famiglia, pur di nobili origini, è caduta in disgrazia dopo la morte del capofamiglia Jonathan.
Con Elizabeth, bellissima ma capricciosa e volubile, vive Demelza, sua sorella adottiva, una trovatella che è stata cresciuta dai Chynoweth per volontà del defunto padre di Elizabeth; la ragazza è segretamente innamorata di Francis.
Il cugino di Francis, Ross, diseredato dalla famiglia molti anni prima, ritorna in Cornovaglia dopo aver combattuto nella guerra di indipendenza americana. Conduce una vita sregolata, dedicandosi ad affari poco leciti, trattando con disprezzo le classi sociali più abbienti.
Le strade dei quattro giovani si incroceranno, dando vita a passioni, intrighi, malintesi e ad una inaspettata e travolgente storia d’amore…
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Demelza Carne, Elizabeth Chynoweth, Francis Poldark, Ross Poldark
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
“La signora non si sente bene stamattina. Non ha fatto altro che vomitare da quando ha messo piede in terra. Non credo possa venire con voi da Miss Pendleton o ‘come cavolo si chiama’ la nipote di quel giudice!”
Dwight restò basito, fissando Jud che, senza fornire altre informazioni, trascinava pigramente i piedi in cortile. Dalla cucina provenivano rumori di stoviglie inframmezzati da lamentele, segno che Prudie stava rigovernando. Dwight pensò che se Demelza stava tanto male come Jud sosteneva, doveva essere in camera sua. Così, senza attendere di essere annunciato da qualcuno della servitù, salì al primo piano, sicuro che la padrona di casa avrebbe scusato il suo comportamento, dal momento che in quella casa veniva trattato come una persona di famiglia.
La porta della stanza padronale era aperta: Demelza era a letto, pallida come un cencio. Dwight chiese permesso di entrare e, ottenuta risposta affermativa, le si sedette di fianco, chiedendole come stesse. La rossa aveva l’aria particolarmente sconsolata. Si scusò, ma non era in condizioni di presentarsi a casa di miss Caroline come avevano stabilito. Il medico le chiese quali sintomi avesse e quando erano insorti. Demelza, stancamente, narrò della forte nausea che l’aveva colta quella mattina, dei continui conati di vomito, che in misura meno aggressiva c’erano stati anche nei giorni precedenti. “Non c’è bisogno che aggiunga altro, vero Dwight? Avrai senz’altro capito la natura del mio malessere…”
Enys annuì. “Quando è stata l’ultima volta che hai avuto il ciclo?”- le chiese.
“Poco prima che partissimo per Bath” – fu la risposta.
“Perché non mi sembri contenta, Demelza? - le chiese il medico con dolcezza - Mi rendo conto che può sembrare il momento meno adatto, con i problemi giudiziari che affliggono Ross, ma un figlio è sempre una benedizione e sono sicuro che tutto si risolverà! Riusciremo a dimostrare la sua innocenza, ne sono certo!”
Demelza scosse la testa. “Non è questo il problema, Dwight. Il fatto è che non sono sicura che Ross voglia questo figlio…” e gli narrò, cosa che non aveva mai fatto prima, i trascorsi tra Ross ed Elizabeth, le circostanze in cui era maturata la loro decisione di sposarsi, il discorso che la sorella le aveva fatto mentre Ross era in viaggio, la lettera che le aveva mostrato (che sembrava confermare il proseguire della loro relazione), il fatto che Elizabeth era a sua volta incinta e, a quanto Ross stesso aveva riferito, andava a trovarlo in carcere.
Dwight replicò che i suoi timori erano assurdi: Ross non si era mai confidato apertamente con lui sui suoi sentimenti per Elizabeth, ma aveva sempre parlato di Demelza con affetto e premura, e il giovane Poldark non era un ipocrita capace di fingere un interesse che non provava realmente. Bastava guardarlo negli occhi per leggervi un amore immenso nei confronti di sua moglie. Dwight frequentava la loro casa da molti mesi e disse che gli erano sempre sembrati una coppia unita ed affiatata. Oltretutto, Elizabeth era una donna ferita che forse non aveva mai dimenticato Ross e non sopportava di vedersi sconfitta. Rincuorò Demelza dicendo che esistevano soggetti senza scrupoli capaci di falsificare le calligrafie in maniera sufficientemente credibile, formando documenti che a prima vista potevano apparire autentici. Quando viveva a Londra, aggiunse Dwight, aveva incontrato almeno un paio di soggetti dediti a tali attività illecite; ben potevano esserci individui simili anche a Sawle o a Truro. Caso strano, proseguì il medico, Elizabeth aveva atteso che Ross fosse in Francia per fare le sue rivelazioni in modo tale da instillare in Demelza un terribile dubbio del quale non poteva chiedere subito smentita all’interessato: tutto induceva a credere che si trattasse solo di una vile menzogna.
Demelza sembrò sollevata alle parole dell’amico: aveva bisogno di credere in Ross e nella sua sincerità, e desiderava quel figlio più di quanto volesse ammettere con se stessa. Prima di congedarsi per recarsi all’importante appuntamento con Miss Caroline, Dwight consigliò a Demelza una tisana e le raccomandò di ristabilirsi in fretta, perché dopo il colloquio con la nipote del giudice era necessario tentare di nuovo l’ingresso in prigione , affinchè Ross fosse informato delle loro mosse.
Dwight non si sbagliava: Miss Caroline fu estremamente gentile e provò un’estrema indignazione nell’apprendere che un uomo innocente era stato messo in carcere per vendetta. Le confidenze di Demelza avevano infatti convinto Dwight sempre più che il suo caro amico fosse vittima di una congiura ordita proprio dallo zio Charles, per liberarsi di quello che credeva uno scomodo rivale per suo figlio.
Miss Caroline aveva molto in comune con Ross, perché, pur essendo di buona famiglia, era anticonformista e odiava i soprusi ai danni dei più deboli. Disse che avrebbe chiesto a suo zio informazioni sull’avvocato che Pascoe aveva scelto, se era davvero in grado di occuparsi del caso, altrimenti lei stessa ne avrebbe cercato uno a Londra, offrendosi di contribuire al suo onorario. Aggiunse che bisognava cercare di sottrare il caso a Warleggan, che era un giudice disonesto e al servizio dei più forti;  si sarebbe informata con lo zio se esisteva questa possibilità. Commentò molto favorevolmente l’idea di Dwight di coinvolgere il suo amico giornalista, anzi disse che non c’era un minuto da perdere e gli fornì carta e calamaio per contattarlo subito.
Nel frattempo, non erano solo gli alleati di Ross ad organizzarsi. Charles, solleticato dai vaneggiamenti della nuora, si recò nuovamente da Warleggan chiedendogli di fare in modo che Ross fosse coinvolto in una rissa in carcere, in modo da potergli addossare anche la colpa di disordini o di lesioni a danno di altri detenuti, e suggerì che solo la forca era una pena adeguata per un delinquente come il nipote. Si trattò, però, di una mossa falsa da parte del decano dei Poldark. Cary Warleggan infatti si insospettì per questo cambio di strategia, e si meravigliò che uno zio odiasse a tal punto il nipote da volerlo morto, pur sapendolo innocente dei reati di cui lo si accusava. Cary mise al corrente dei suoi dubbi suo nipote George, il quale, da buon politico, era abituato alla doppiezza e riusciva sempre a scorgere i secondi fini nelle azioni della gente. Il giovane banchiere diede allo zio giudice un suggerimento molto scaltro: bisognava risalire alla reale natura dei rapporti fra i Poldark, e forse poteva essere d’aiuto a questo scopo il vecchio marinaio della ciurma di Ross, un ubriacone che aveva visto avvicinarsi con fare circospetto a Charles in più di un’occasione mentre si trovavano al Red Lion.
Cary sogghignò e mandò immediatamente a chiamare il suo sgherro Tom Harry per acciuffare, con le buone o con le cattive, quel pirata mezzo sdentato e con una mano offesa che bighellonava sempre intorno al più noto pub di Truro.
Dopo che Tholly fu portato al suo cospetto, l’astuto giudice gli disse che lo avrebbe sbattuto in cella per ubriachezza molesta, così che sarebbe andato a fare compagnia a Bodmin al suo vecchio padrone, che presto sarebbe stato impiccato. Al sentire ciò, Tholly si pentì immediatamente di aver parlato con Charles ed ipotizzò che fosse stato proprio lui, sotto i fumi dell’alcol, a farsi scappare di bocca qualcosa – che al momento non ricordava affatto – di compromettente su Ross Poldark. Si maledisse più volte, e maledisse quella serpe di Charles, che l’aveva convinto a vuotare il sacco in cambio di qualche moneta sonante. Cary, dopo aver zittito con una scudisciata il profluvio di parole di quello zotico, gli chiese che cosa avesse lui a che vedere con un gentiluomo come Charles Poldark, il cui buon nome non doveva osare infangare. Tholly, massaggiandosi il braccio colpito dalla frusta e senza più alcun freno, spiegò che quel signore non era affatto una brava persona, lo aveva ingannato e doveva avercela a morte con Ross a causa di una certa signorina molto graziosa, dai capelli lunghi e scuri, con cui il nipote aveva avuto una storia. Non fu difficile per Cary ricostruire come si erano svolti i fatti, e grande fu la soddisfazione di comunicare al nipote il gustoso pettegolezzo che aveva appreso. Charles non ce l’aveva con il figliol prodigo perché con la sua condotta rovinava il buon nome del suo casato, ma perché aveva reso cornuto quell’imbecille di suo figlio Francis!
George non stimava affatto Francis, anzi lo aveva sempre invidiato sia per il suo cognome e le sue ricchezze che per la bella donna che aveva sposato. Quest’ultimo particolare, dopo aver scoperto che tipo di donna era Elizabeth, veniva ora in secondo piano, ma il giovane banchiere pensò di sfruttare il ghiotto segreto appena appreso per prendersi una rivincita su quei superbi dei Poldark.
Chiamò un suo impiegatuccio e gli dettò una lettera anonima; poi chiuse la lettera all’interno di un’altra busta, che spedì a Londra ad un suo fiduciario, con le istruzioni per spedire la busta che si trovava al suo interno a Trenwith House. Queste precauzioni erano state prese per far sì che non si potesse risalire al luogo di spedizione della lettera ed al mittente. Ci sarebbe voluto più tempo, ma godersi il risultato sarebbe stato ancora più appagante.
Mentre la compromettente missiva viaggiava verso Londra, il giorno del processo a Ross si avvicinava, cosicché era stato concesso al suo avvocato di conferire con lui. In tal modo Ross aveva appreso quanto il legale aveva scoperto a proposito dei fucili, e gli aveva a sua volta riferito del prigioniero misteriosamente sparito dalla prigione qualche giorno prima del ritrovamento del cadavere.
Dwight, intanto, era riuscito a contattare l’amico giornalista e questi, anche grazie ai buoni uffici di miss Caroline, il cui nome a Londra riusciva a smuovere le montagne, si era recato immediatamente in Cornovaglia.
La prima udienza del processo si tenne a porte chiuse, nonostante le proteste del difensore di Ross, mentre il pubblico all’esterno vociava in maniera talmente feroce che dovette intervenire personalmente il giudice Penvenen a ricordare al collega Warleggan che secondo la procedura egli poteva sgomberare l’aula in caso di disordini, ma non poteva impedire al pubblico di assistere. Dopo che Warleggan ebbe rigettato tutte le richieste della difesa di Ross, il giornalista amico di Dwight pubblicò un articolo talmente duro ai danni di Warleggan che il giorno successivo sir Francis Basset, il deputato di Truro uscente, presentò un’apposita interrogazione parlamentare sul tema.
Cary, onde elaborare una strategia e far calmare le acque, rinviò la data dell’udienza di una settimana. Nel frattempo, Demelza era riuscita a rivedere Ross assistendo al processo, ma non aveva avuto modo di comunicargli che era incinta. Le si era stretto il cuore a vederlo così dimagrito e sciupato, nonostante egli cercasse di mostrarsi forte e sicuro di sé. Lei, passandogli accanto, gli aveva gettato le braccia al collo, ma le guardie che tenevano le braccia di Ross legate dietro la schiena lo avevano subito allontanato. Harris Pascoe e Dwight l’avevano poi accompagnata a casa ed avevano pranzato insieme, in un’atmosfera resa triste dalle circostanze, ma rallegrata dalla lieta notizia della gravidanza. Pascoe disse che avrebbe considerato quella creatura una sorta di nipotino adottivo e che era un segno del cielo che quel bambino fosse stato concepito proprio prima di quel brutto periodo, per donare speranza e consolazione.
Demelza si accarezzò il ventre. Amava davvero quel bambino, si stava abituando all’idea che fra qualche mese lo avrebbe tenuto fra le braccia. Promise a suo figlio che il papà sarebbe tornato presto accanto a loro… lei avrebbe lottato con tutta se stessa per rendere tutto ciò possibile.
George Warleggan intanto, messo a parte delle ambasce dello zio, ebbe un’altra idea che poteva essere utilizzata a loro favore. Non era il caso, disse, che lo zio rischiasse la carriera per colpa di un’insulsa vendetta che non gli avrebbe fatto ottenere, per giunta, alcun tornaconto personale. Il sostegno dei Poldark alla sua candidatura non era poi così indispensabile, perché non c’era un altro candidato capace di ostacolare l’elezione di George al Parlamento. Il caso di Ross Poldark era troppo scottante, e seppure non fosse stato direttamente tirato in ballo il nome di Cary, il sospetto di una corruzione dei funzionari pubblici era assolutamente da scongiurare. Visto che, secondo i suoi calcoli, tempo un paio di giorni Francis Poldark avrebbe ricevuto la lettera da Londra e scoperto della tresca fra sua moglie e Ross, era sufficiente consegnare il cugino nelle sue mani, e ci avrebbe pensato lui a toglierlo di mezzo…Ross Poldark andava assolto e liberato, questa era l’unica soluzione.
Lo zio obiettò che non poteva compromettersi con Charles facendo assolvere il nipote, a dispetto dei loro accordi. Forse l’unica soluzione era farlo evadere… se non era stupido, Ross si sarebbe nascosto o sarebbe fuggito lontano, e si sarebbero placati anche i problemi di ordine pubblico procurati dalla gente del popolo, che protestava e procurava continui disordini, ritenendo che quell’uomo così ben voluto e generoso fosse vittima di un’ingiustizia. Se era stupido, avrebbe affrontato lo zio, ma in quel modo sarebbe stato facile preda dell’ira del cugino.  A quel punto, l’esito del processo passava in secondo piano: anche in caso di condanna, non si poteva certo impiccare un latitante o un morto.
Ignaro delle trame che si stavano formando intorno a lui, Ross era sempre più deciso ad evadere. Era sempre stato un testardo, e le parole dell’avvocato e dei suoi amici non lo avevano affatto tranquillizzato. Non era la prima volta che subiva un processo, ma non aveva mai visto un giudice prevenuto e mal disposto come quel Warleggan. Elizabeth gli aveva parlato di una condanna a trent’anni , segno che il suocero e l’amico giudice dovevano già essere d’accordo sull’esito del processo. Lui non poteva subire quella condanna, non era giusto, e non poteva neppure attendere l’esito di un eventuale appello. Si sentiva sempre più debole e non era certo che sarebbe sopravvissuto, continuando a vivere in un ambiente malsano, ad alimentarsi poco e male senza ricevere cure. Il giorno prima uno dei compagni di cella era morto di stenti, eppure era un uomo robusto, anche se più anziano di lui. Convinto a tentare il tutto per tutto, propose al vivandiere Philip , in cambio di parecchio denaro, di procurargli un coltello e di drogare la cena dei secondini in modo da far sì che cadessero in un sonno profondo e lui potesse scapapre. L’uomo si rifiutò, aveva troppa paura di essere scoperto ed ucciso; eppure quella sera stessa, con suo enorme stupore, Philip gli fece scivolare un pugnale nella manica e gli disse che non ci sarebbe stato nessuno di guardia quella sera.
Ross, incredulo, gli chiese com’era possibile e l’uomo gli rispose che gli era stato dato l’ordine di aiutarlo ad evadere dal carcere. Poldark non riuscì a capire esattamente chi avesse dato quell’ordine, perché Philip era stato vago come al solito, e temette seriamente che fuori della prigione ci fosse qualcuno ad attenderlo per un agguato. Perché però, allora, gli era stata data un’arma per difendersi?
Con cautela, Ross percorse i corridoi della prigione e si rese conto che, stranamente, tutto era stato predisposto per consentire la sua fuga. All’esterno, nulla sembrava indicare la presenza di uomini pronti a tendergli una trappola: così, con circospezione ma in maniera fulminea, si dileguò fra i vicoli del paese. Nella campagna circostante cercò un rifugio di fortuna per la notte, ed iniziò ad elaborare un piano, perché l’indomani la notizia della sua evasione sarebbe stata sulla bocca di tutti ed i gendarmi sarebbero stati mandati alla sua ricerca mettendo a ferro e fuoco Bodmin ed i suoi dintorni.
Al processo avevano assistito anche Francis e suo padre, e a cena i due commentavano la vicenda. Francis, più obiettivo, osservava che Warleggan non gli era sembrato equilibrato nei confronti di Ross, mentre l’avvocato difensore pareva conoscere il fatto suo, ed era curioso di conoscere quali elementi avrebbe portato a conoscenza della giuria la settimana successiva. Charles tentò di troncare il discorso dicendo che le accuse a carico del nipote erano serie e circostanziate, non poteva trattarsi di invenzioni nate dal nulla, vi era un cadavere, armi di contrabbando e vi erano testimoni. Francis obiettò che Ross aveva una buona posizione economica, si era appena sposato e sembrava innamoratissimo di Demelza, non aveva alcuna ragione per rischiare la sua felicità commettendo dei reati. Charles rispose che il figlio era sempre stato un sognatore, e che da sempre lui lo aveva messo in guardia, cercando di contrastare la simpatia che aveva manifestato verso Ross dopo averlo conosciuto. Sapeva che Francis si sarebbe fatto abbindolare e lo avrebbe giudicato in maniera poco obiettiva, perché Ross aveva una personalità manipolatrice e subdola. Aggiunse che lui aveva sempre capito che il figlio di Joshua era un calcolatore, che era piombato in casa loro con un obiettivo ben preciso, e che se non lo avesse tenuto alla larga avrebbe indirizzato le sue mire al loro patrimonio, approfittando del buon carattere del cugino. La signora Chynoweth aggiunse che lei non aveva mai avuto piacere che Demelza sposasse quell’uomo, e giacché quella pareva esserne innamorata persa era evidente che Charles aveva ragione: Ross doveva essere un vero demonio, capace di fare presa su personalità più deboli e di piegarle al suo volere. Charles, fissando la nuora dritta negli occhi, disse che il nipote aveva un ascendente molto forte su alcune persone, ma sperava che almeno la giuria ne fosse immune e riuscisse a pronunciarsi secondo giustizia.
Francis disse che gli dispiaceva molto per Demelza: l’aveva solo intravista all’udienza ma non aveva potuto salutarla, e propose alla moglie di recarsi insieme a Nampara per farle visita e recarle conforto. Charles non potette obiettare nulla ed Elizabeth, naturalmente, dovette rispondere positivamente, anche se non aveva alcuna voglia di rivedere la sorella dopo il loro ultimo incontro.
Ross, intanto, aveva vagato tra i boschi riuscendo a mettere sotto i denti qualche radice e qualche frutto: troppo poco per saziarsi. Doveva mettersi rapidamente in contatto con qualche amico, ma uscire allo scoperto o tornare a casa era troppo pericoloso. L’unica soluzione adeguata, per il momento, fu di nascondersi all’interno di una miniera abbandonata, nella quale rimediò anche una vecchia coperta sdrucita che poteva servirgli a coprirsi durante la notte.
Poiché, nel frattempo, la notizia della sua evasione era trapelata al di fuori del carcere e a Bodmin e Truro non si parlava d’altro, ne vennero a conoscenza tutti gli amici di Ross e sua moglie, i quali, a loro volta, erano preoccupatissimi e cercavano di ipotizzare dove Ross potesse essersi nascosto, per dargli aiuto senza esporsi personalmente e senza rischiare di porre lui nuovamente in pericolo di essere riacciuffato dai gendarmi.
Alcuni affittuari di Ross furono inviati a perlustrare i boschi intorno a Bodmin , altri amici di Dwight e di Pascoe chiesero informazioni in giro ai contadini, ma nessuno lo aveva visto. Solo parecchi giorni dopo un ragazzo di Sawle riuscì a trovarlo, e dopo una rapida staffetta riuscì a procurargli provviste sufficienti per qualche giorno. Ross mandò un messaggio da riferire a sua moglie, che stava bene e che l’amava, che non doveva avere paura di nulla, perché presto sarebbero stati di nuovo insieme. Il secondo messaggio fu per Dwight: non poteva trattenersi a lungo in quel posto, era necessario mutare spesso nascondiglio, anzi la cosa migliore sarebbe stata cercare la maniera di fuggire via mare, facendosi poi raggiungere da Demelza in un secondo momento. Ricevuto il messaggio, Dwight cercò insieme a Pascoe di trovare il modo di far partire Ross a bordo di una scialuppa di notte, ma era molto difficile perché le spiagge e i porti erano tutti pattugliati in quei giorni.
La mattina in cui Francis ed Elizabeth si stavano preparando per andare a Nampara a trovare Demelza giunse a Trenwith la notizia dell’evasione di Ross. Elizabeth rosicò, pensando che Ross le aveva rubato l’idea e che invece di fuggire insieme, avrebbe cercato la maniera di scappare con Demelza. Commentò stizzita che il suocero aveva ragione, Ross era un opportunista e la sua fuga era una prova evidente della sua colpevolezza, dell’incapacità di rispettare le regole. Aggiunse che bisognava mandare qualcuno a Nampara a vigilare su sua sorella, per evitare che Ross la obbligasse a fuggire con lui. Che vita sarebbe stata quella della povera fanciulla a fianco di un malvivente fuggiasco? Francis all’inizio era abbastanza titubante, non voleva immischiarsi apertamente nelle vicende del cugino, ma poiché Demelza era la sorella adottiva di sua moglie ed era vittima di Ross (anche se prendeva le sue difese a spada tratta), pensò che non ci fosse nulla di male a volerla proteggere. Propose, quindi, di invitarla a Trenwith finché le acque non si fossero calmate. Elizabeth scosse la testa “Demelza è testarda, non accetterà mai di vivere qui! Non puoi mandare uno dei tuoi uomini di fiducia di sentinella, per vedere se Ross si avvicina alla casa?” Francis disse che sicuramente Warleggan avrebbe mandato dei gendarmi a fare delle ronde, ma dubitava che Ross si sarebbe fatto vivo a Nampara, se non era imprudente. Era il luogo più ovvio, il primo dove lo avrebbero cercato, al pari del Lucifero, che era stato sequestrato ma si trovava sempre ancorato nella baia dove Ross l’aveva lasciato. Discussero ancora un po’, e Francis disse che non esistevano luoghi davvero sicuri nei dintorni per gestire una lunga latitanza. A meno che non avesse qualcuno disposto a nasconderlo in casa sua, al posto di Ross avrebbe cercato di fuggire via mare. Elizabeth pensò subito a Tholly Tregirls e decise che sarebbe andata a cercarlo, dicendogli di andare ad avvisarla subito se Ross fosse andato a cercarlo chiedendo il suo aiuto per fuggire… forse non era detta ancora l’ultima parola.
La visita dei coniugi Poldark a Nampara si svolse in un clima di fredda cortesia. Demelza era preoccupatissima per Ross, da un momento all’altro aspettava notizie da parte di Dwight, ma doveva fingere di voler prendere le distanze dal marito. Diede ragione a Francis quando questi disse che Ross era stato un folle ad evadere. Commentò che se il marito fosse ricomparso non avrebbe certo potuto negargli il suo aiuto, ma lo avrebbe convinto a costituirsi e consegnarsi nuovamente alla giustizia. Lo giustificò soltanto richiamandosi alle dure condizioni del carcere e sottolineò la profonda ingiustizia del trattamento che aveva ricevuto, senza neppure poter ricevere una visita di sua moglie. Francis si disse meravigliato ed aggiunse che, se lo avesse saputo prima, avrebbe potuto chiedere, tramite l’amico George Warleggan, quanto meno degli incontri, sebbene il carcere non fosse un luogo adatto a signore della classe di Demelza…La moglie di Ross fulminò la sorella con lo sguardo e disse al cognato che lo ringraziava, ma non aveva voluto dargli un incomodo, immaginando quanto suo padre dovesse essere seccato della faccenda.
Elizabeth colse poi l’occasione, con fare mellifluo, per parlare della sua gravidanza, con l’intento di ferire la sorella. A Demelza si strinse il cuore vedendo l’ingenua felicità di Francis; ricordò le parole incoraggianti di Dwight, Ross non poteva essere il padre di quel bambino, per cui si mostrò serena ed affettuosa, e rivolse gentili parole al cognato, dicendo che il bambino era molto fortunato ad avere un padre così attento e premuroso. Si guardò bene dal dire che anche lei era incinta: nessuno doveva saperlo prima di Ross, e soprattutto non quell’invidiosa di sua sorella.
Trascorsero i giorni; il processo proseguì in assenza di Ross ed il suo difensore cominciò a portare in aula i primi elementi che consentivano di scardinare le accuse a carico dell’imputato: non solo i documenti relativi alle armi rubate dal fortino nel Kent, ma anche la morte del detenuto – la cui identità era finalmente riuscito a scoprire – avvenuta proprio il giorno prima del rientro di Ross in Cornovaglia. L’avvocato chiese che venissero chiamati a testimoniare tutti i prigionieri e tutte le guardie del carcere in proposito, poiché la morte di quell’uomo non era stata annotata, come dovuto, nei registri del carcere.
Dato anche il fedele resoconto che il giornalista amico di Dwight effettuava dopo ogni udienza, il caso si stava rivelando effettivamente piuttosto scottante per Cary Warleggan; gli era giunta voce che il Primo Ministro avrebbe mandato degli ispettori in tribunale, e così il giudice non potette evitare di ammettere alcuni testimoni, istruendoli però in modo tale da non far svelare l’intera macchinazione che era stata ordita ai danni di Ross. La piega che gli eventi avevano preso aveva generato nella giuria dei seri dubbi, che ben potevano condurre all’assoluzione di Ross. Restava, tuttavia, in carico l’ulteriore accusa di evasione; a tal proposito il difensore riteneva opportuno che Ross si rifacesse vivo quanto meno per l’ultima udienza, al fine di spiegare che era stato costretto a fuggire in quanto vittima di un complotto, e così avrebbe cercato di far annullare l’accusa di evasione, o almeno fargli comminare una pena molto lieve.
Nel frattempo, però, la lettera anonima scritta da Warleggan viaggiava e venne recapitata sulla scrivania di Francis un’assolata giornata di aprile, subito dopo colazione. Il giovane aprì la busta con un tagliacarte e si accinse a leggere la lettera. Man mano che scorreva le righe, il suo stupore e la sua ira crescevano: gli sembravano delle insinuazioni talmente assurde che avrebbe voluto immediatamente cestinarla e bollarla come uno scherzo di pessimo gusto. Tuttavia, si fermò un attimo a riflettere e rivisse dinanzi a sé alcune scene dei mesi precedenti: lo sgomento di Ross e Demelza quando li aveva sorpresi insieme e li aveva praticamente obbligati a sposarsi; le parole della signora Chynoweth, che aveva fatto riferimento al disonore arrecato a  “sua figlia”: che sciocco ad aver pensato a Demelza, quando la signora aveva due figlie! Ma se era Elizabeth che Ross aveva disonorato, voleva dire che Ross era tornato a Trenwith per Elizabeth, non per Demelza! Tutti, dunque sapevano che Elizabeth era stata la sua amante! Che vergogna, che ignominia! Ad un tratto, ricordò che Elizabeth la loro prima notte di nozze continuava a riempirgli il bicchiere di spumante, si erano spogliati e stesi sul letto, ma era talmente brillo che non ricordava quasi nulla… probabilmente, quella donnaccia lo aveva ingannato per fargli credere che fosse pura, quando non lo era! E Demelza? Era allora proprio vero quanto sosteneva Elizabeth, lo amava così tanto da sacrificarsi sposando un uomo che non stimava, pur di proteggere il suo onore! Povera Demelza! Oh, se solo avesse avuto il coraggio di difendere le sue opinioni con Charles, avrebbe sposato lei, e non Elizabeth!
Come una furia, si recò nella loro camera da letto, dove Elizabeth, in vestaglia, stava dinanzi allo specchio a pettinarsi. Dopo averle sbattuto sotto il naso la lettera chiedendole spiegazioni, Elizabeth cominciò a tremare e balbettare, segno evidente che i suoi sospetti non erano poi così infondati. Francis allora la afferrò per il collo, la gettò sul letto e stringeva come se davvero avesse voluto ammazzarla. Le loro urla fecero accorrere la madre di Elizabeth e la servitù, ed il maggiordomo riuscì ad allontanare Francis, portandolo via, mentre Elizabeth, in lacrime, massaggiava il segno violaceo che le era rimasto intorno al collo.
Elizabeth, disperata, raccontò a sua madre cos’era successo, e la donna disse che l’unica soluzione era gettarsi ai piedi del marito e chiedere perdono, ma Elizabeth rispose che non lo avrebbe mai fatto, che preferiva essere ripudiata piuttosto che umiliarsi davanti a quell’idiota di suo marito. Lei non aveva nessuna colpa: non era fidanzata quando aveva conosciuto Ross e non sapeva chi fosse. Pensava fosse solo un contrabbandiere senza arte né parte: affascinante, certo, ma privo di mezzi. Se ne era innamorata, ed erano state solo le circostanze a condurla alle nozze con Francis, perché le avevano riferito che Ross sarebbe marcito in prigione per dieci anni. Si era data ad un uomo ma per amore, e non aveva mai tradito il marito. Non meritava, dunque, di essere trattata come una prostituta, come i Poldark avrebbero certo fatto. In grembo portava il loro erede, e meritava rispetto. La madre commentò che le sue giustificazioni non avrebbero avuto alcun valore agli occhi di Charles e che gli uomini avevano un concetto esasperato dell’onore. Francis non si sarebbe placato se non lavando nel sangue l’offesa che gli era stata arrecata, ammesso che il cugino fosse riapparso. L’astuta contessa disse che era una fortuna che Ross fosse latitante, perché nessun duello sarebbe avvenuto e lo scandalo sarebbe rimasto in famiglia. Certo, Elizabeth avrebbe dovuto riconquistare la fiducia del marito, con pazienza e mitezza, sopportando anche eventuali limitazioni e castighi. Elizabeth non aggiunse altro, ma dentro di sé pensò che se Tholly le avesse obbedito, non avrebbe dovuto chinare il capo dinanzi a nessuno e avrebbe realizzato il suo sogno di scappare con Ross… anche se lui le aveva fatto intendere a chiare lettere che non la voleva, non le avrebbe certo rifiutato il suo aiuto, dopo avergli spiegato che Francis sapeva tutto e che non aveva altra via d’uscita se non la fuga, per non dover vivere come una reietta. In più, quello sciocco di Francis ora era furioso e pazzo di gelosia ed avrebbe impedito con ogni mezzo a Demelza di riunirsi a Ross, per cui... non ogni male veniva per nuocere.
Al piano inferiore, intanto, Charles era stato informato dello scatto d’ira del figlio e cercava di calmarlo. Inizialmente pensò di fingere che non sapeva nulla e di convincere Francis che quelle della lettera erano accuse fasulle. Una volta però compreso che quella sciocca della nuora non era stata capace di inventare delle scuse credibili e si era tradita, visto che Francis aveva improvvisamente ritrovato energia ed aveva iniziato a comprendere che doveva esserci proprio il padre dietro l’incarcerazione di Ross, Charles dovette ammettere che, seppure solo di recente, aveva scoperto della tresca di Elizabeth e Ross. Gradualmente il padre rivelò al figlio ciò che sapeva e lo confortò dicendo che Elizabeth giurava e spergiurava di non aver avuto più nulla a che fare con Ross dopo il matrimonio. Francis sbottò che quella vipera era una bugiarda, ricordò come si era comportata a Bath, facendo di tutto per restare sola con Ross: chi gli assicurava che il figlio che aspettava non fosse del cugino? Charles gli raccontò anche della conversazione avuta con Elizabeth poche settimane prima, quando la donna gli aveva detto che non le importava più nulla di Ross e desiderava vederlo sulla forca. Francis ribadì che non credeva più ad alcuna parola uscita dalla bocca della moglie. Nonostante fossero appena le dieci di mattina, afferrò la bottiglia del rum e bevve copiosamente. Il padre gli tolse la bottiglia, spronandolo ad uscire, in modo tale da allontanarsi da Trenwith e poter conversare tranquillamente senza tema di essere uditi. Non era il momento di lasciarsi andare, bisognava restare lucidi, e dalla loro parte vi era il fatto che Ross era sparito e non bisognava affrontarlo subito. Quanto ad Elizabeth, si poteva benissimo relegarla nella casa di Cusgarne, ormai riparata, insieme a sua madre, fino al momento del parto, se Francis non tollerava la sua vista, oppure poteva rimanere a Trenwith in un’ala separata della casa: non era il caso di armare uno scandalo. Francis parve calmarsi ed accettò la proposta del padre. I due uomini uscirono dunque insieme a cavallo, dando disposizioni che la signora e sua madre rimanessero in casa. Molti erano gli argomenti da affrontare e quelle due intriganti non dovevano avere il tempo di consultare nessuno, in attesa che gli uomini di casa decidessero il da farsi.
Ross intanto, esplorando la miniera abbandonata – attività che era il suo unico possibile passatempo - aveva scoperto delle rocce di colore rossastro che potevano far ipotizzare la presenza di minerali di rame. Con un oggetto acuminato staccò dalla parete dei campioni e se li mise in tasca. Al momento opportuno avrebbe fatto esaminare quel materiale al capitano Henshawe, dipendente dello zio ma vecchio e fedele amico di suo padre. Nascosto nel sottosuolo, il giovane bruno non poteva immaginare tutto quello che lo aspettava nel caso fosse riapparso alla luce del sole.
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Poldark / Vai alla pagina dell'autore: Demy77