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Autore: dragun95    20/03/2024    2 recensioni
Keto è una città portuale in cui vige la legge del più benestante. Chi ha i soldi può permettersi tutto, mentre i poveri hanno poco o niente. Nergal fa parte di una minuscola parte della parte bassa della città che può vantarsi di avere ricchezza e potere, tanto che tutta la città lo conosce come "Il maestro oscuro".
In genere non gli interessa niente di chi abita la parte alta, basta che non danneggino i suoi affari. Almeno finché non si ritroverà coinvolto suo malgrado in un intrigo che serpeggia in tutta Keto e che sembra voler riportare alla luce un segreto rinnegato nelle profonde acque nere che bagnano e danno vita alla città.
Genere: Noir, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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CAPITOLO 6

 
 
Una scintilla che dava inizio ad un incendio. Erano le parole perfette per descrivere cosa sentiva Nergal in quel momento. Quando sul palco vennero portate con la forza tre avvenenti e magnifiche donne. Ma non si trattava di donne di una razza qualsiasi, ma delle Ninfe.
Creature femminili leggiadre e dame della natura, la loro bellezza e padronanza della magia le rendeva delle prede succulente per i mercanti di schiavi. Ma vista la loro natura sfuggente era molto raro vederne un esemplare sul mercato.
 
Dai fiori chiusi che avevano tra i capelli e che sembravano in simbiosi con loro, dovevano trattarsi di ninfe dei prati o delle foreste. Strinse il tavolo fino a bucarlo con gli artigli, mentre sentiva una rabbia che divampava come un incendio pronto ad inghiottire un’intera foresta che cresceva dentro di lui.
 
-L’ultimo articolo della seconda parte dell’asta e della serata, sono tre splendide ninfe catturate direttamente da Tír na nÓg. La base d’asta per tutte e tre è di cinquecento milioni di monete d’oro- appena il battitore annunciò il prezzo nella sala si scatenò il deliro. Tutti che rilanciavano per accaparrarsi quelle splendide fanciulle.
Quel comportamento non fece altro che aggiungere benzina sul fuoco. Ora si che sentiva il netto impulso di imbrattare la stanza di sangue e portare via le ninfe. Le vite di quelle inutile sanguisughe erano niente in confronto a quelle delle fanciulle del popolo nascosto.
Le tenebre nel suo animo attecchirono nuovamente nel suo animo. I parchi appuntiti delle sue corna sembrarono estendersi verso l’alto e le increspature su di esse si fecero più luminose. Anche i marchi sul suo corpo causati dai Grimori iniziarono nuovamente a farsi sentire, come se fossero appena stati fatti. L’aria nella stanza sembrò farsi più pesante e gelida, tanto che alcuni sentirono dei brividi. Ma nessuno ci fece caso a questi cambiamenti, a parte una davvero ristretta di persone.
 
“Non di nuovo!” si disse Nansen richiamando il suo mana e preparandosi a lanciare un incantesimo, così come Ju-Won che strinse un amuleto di protezione. Non capivano cosa passasse nella mente di quel mostro o se avesse degli sbalzi di umore. Ma se voleva attaccarli avrebbero venduto cara la pelle, erano dei nobili dopotutto.
 
“Uccidili tutti…non permettere che macchino la purezza della tua gente…UCCIDILI!” i suoi occhi diventarono due puntini rosso brillante. E tutte le ombre della stanza si mossero minacciose, senza che nessuno si accorgesse. Troppo presi dall’asta in corso e dal premio. Quell’impulso stava chiedendo del sangue e lui era ben lieto di versarlo. Mentre faceva quel pensiero, continuò a tenere lo sguardo sulle tre fanciulle, guardando quella che sembrava la più giovane.
 
I fiori sono creature buone ma delicate. Quando te ne prendi cura devi essere delicato e sensibile con loro” quelle parole risuonarono nella sua testa, gettando acqua sul fuoco che lo aveva invaso. E tutta la forza ostile che si percepiva nella stanza sparì come quel fuoco.
Un ricordo, di una voce leggera e melodiosa come una dolce brezza mattutina. Qualcosa che era tornato dalle profondità della sua mente, per calmare le tenebre e fargli riacquistare la lucidità.
 
 
Scosse la testa guardando la giovane ninfa, aveva un viso di porcellana e la carnagione color miele con dei lunghi e mossi capelli color nocciola pieni di boccioli chiusi. Gli occhi erano molto particolari, con la sclera verde chiaro e la pupilla marrone.
Si stringeva forte alla maggiore del trio, con gli occhi pieni di lacrime. Stava morendo di paura, sotto gli occhi di tutti quelle persone che vedevano in loro solo degli oggetti. Era sicuro che anche le altre due provassero la stessa cosa, se non fosse stato per le catene in Oricalco sarebbero già scappate.
 
-Offro Novecentosessanta milioni- disse un individuo grasso e disgustoso.
 
-Novecentosessanta milioni. Nessuno offre di più?- chiese il banditore osservando i presenti. Nergal lanciò uno sguardo di fuoco alla palla di lardo che aveva fatto l’offerta. Questi si stava già leccando le labbra con espressione lasciva, pensando di essersi già accaparrato le tre fanciulle. Era arrivato il momento che anche lui fosse sceso in campo.
 
-Offro un miliardo- un brusio riempì la sala mentre tutti si voltarono a guardarlo. Anche i due membri delle cinque famiglia rimasero stupiti. Le tre ninfe attirate da quel brusio di stupore, guardarono chi aveva fatto l’offerta.
 
-Un miliardo e cento milioni-
 
-Un miliardo e trecento milioni- ribatté Nergal, ma il grassone non sembrava intenzionato a mollare l’osso continuando a ribattere.
Il resto dei partecipanti rimase con il fiato sospeso. Più interessati a vedere lo scontro di rialzi tra i due che da quello che si stavano contendendo. Inoltre quel tipo stava sfidando il Maestro oscuro, non sapevano dire se fosse più stupido o coraggioso.
 
-Quel tipo non ha il senso della sopravvivenza vero?- chiese Ju-Won, ricevendo un no con il capo dal biondo.
 
-Mi stupisce che stia rilanciando per delle schiave- ammise Nansen. Da quanto suo padre gli raccontava e dai suoi informatori, quel tipo preferiva la solitudine. Trovava bizzarro che volesse compagnia, ma dopotutto anche lui era un uomo e forse non resisteva alla tentazione della carne.
 
-Come se tu non avessi fatto delle offerte- rise il giovane grassottello degli Shangdi. Il membro dei Mariboj non poteva certo ribattere. Ma quando anche il corvino era entrato in gioco, aveva preferito ritirarsi. Il gioco non valeva la candela.
 
-Certo che stanno rilanciando parecchio…dici che hanno davvero tutto quel denaro?-
 
-La mia famiglia li guadagna in pochissimo tempo, così come la tua…ma il Maestro oscuro…- sapendo che abitava nella parte bassa, la cosa gli puzzava. Perché se aveva davvero tutto quel denaro, avrebbe anche potuto trasferirsi nella parte alta.
Certo non sarebbe stato tra i più ricchi, ma un posto attaccato alle mura di divisione per la bassa nobiltà, poteva anche trovarlo. Scosse subito la testa a quel pensiero. L’idea di averlo vicino gli faceva venire i brividi, più lontano stava dalla parte alta di Kētō e meglio era per loro.
 
Intanto il continuo ribattere di quel tipo, gli stava davvero facendo perdere la pazienza. Anche se non si aspettava di prendere altro, era sicuro di poter pagare. Non era preoccupato per la somma che continuava ad alzarsi, aveva prodotto molto oro per il Grimorio.
 
-Un miliardo e ottocentocinquanta milioni- rialzò l’uomo. Una vena iniziò a pulsargli sulla fronte, nascosta dalla maschera. Nergal iniziò a muovere il dito sul tavolo in una maniera nervosa. Era il momento di chiudere quella faccenda il più presto possibile.
 
-Ho capito…OFFRO DUE MILIARDI!- tutti nella stanza emisero un verso di stupore. Anche il banditore era rimasto spiazzato da quell’offerta.
Il grassone grugnì infuriato, quella pulce gli stava facendo spendere più del dovuto. Ma prima che potesse ribattere sentì l’aria mancargli dai polmoni, come se una mano gli stesse stringendo il collo impedendogli di parlare. Provò ad alzare le mani per chiedere aiuto, ma anche queste vennero bloccate dalla sua stessa ombra.
 
-Se nessun’altro offre di più allora vendute per un Due miliardi…con questo si conclude l’asta. Grazie a tutti per la partecipazione- dichiarò il banditore, mentre Nergal costrinse l’ombra del tizio a tenerlo bloccato ancora per un minuto o due.
Finalmente ora che quella sceneggiata era finita, poteva reclamare i suoi premi. Solo in quel momento riuscì a far incrociare il suo sguardo con quello delle ninfe. Anche se era stato solo un contatto visivo tutte e tre provarono paura per ciò che gli sarebbe successo, ma stranamente sentirono anche un senso di serenità.
 
 
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-Dovrei ringraziarla per questo spettacolo. È stato magnifico- ammise il banditore dopo aver fatto accomodare Nergal in un’altra stanza privata, per riscuotere gli oggetti presi all’asta e dargli i soldi.
La stanza dove l’avevano fatto accomodare era abbastanza fatiscente, non al livello degli edifici della parte alta della città. Ma comunque aveva un arredamento che le persone della parte bassa, potevano solo sognarsi.
 
-Quindi oltre che a fare il battitore, sei anche l’organizzatore dell’asta?- chiese poggiando i gomiti sul tavolo che separava lui dall’uomo mascherato. Questo scoppiò a ridere divertito.
 
-Bella domanda…ma irrilevante alla fine. Non trova anche lei?- non rispose. Si portò la mano a togliersi la maschera, così da guardare il tipo faccia a faccia.
 
-Evitiamo i convenevoli, voglio quello per cui ho pagato!- affermò secco, voleva assolutamente mettere le mani sul Grimorio e anche le ninfe. L’uomo annuì mantenendo una postura dritta, ma sotto stava avendo i brividi. Le voci secondi i quali gli occhi del Maestro oscuro ti scavano dentro erano vere.
 
-Le farò portare qui…subito dopo che ci avrà pagato l’intera somma. È la norma dell’asta- il corvino concentrò il suo mana per far crescere una grossa pianta carnivora rampicante, piena di rovi. L’uomo sobbalzò pensando che l’avrebbe divorato, ma invece la pianta rigurgitò tre casse.
 
-Quelli sono per il Grimorio- il banditore schioccò le dita. Due uomini armati entrarono nella stanza, aprendo le casse, che erano stracolme di pietre d’oro.
 
-Non le dispiace se controllo meglio?- disse prendendo dalla tasca un monocolo con ben tre lenti le cui due più avanti diventavano più piccole. Lo poggiò all’apertura dell’occhio della macchina e lasciò che il Monocolo d’analisi facesse il suo lavoro. Dopo un paio di istanti l’uomo annuì, quell’oro era vero.
Ora rimaneva solo il pagamento per le tre ninfe, che superava ben due miliardi. Non era certo una somma da poco. Nergal schioccò nuovamente le dita e la pianta vomitò un forziere blindato, per poi sparire.
 
-Che c’è lì dentro?- chiese guardando il forziere. In risposta il corvino sbloccò la sicura magica e lo aprì. Al banditore per poco non cadde la maschera vedendone il contenuto.
 
-Però…- riuscì solo a dire guardando la grande quantità di Coni reali: -Non ho mai visto così tanti Coni reali tutti insieme. Visto il numero, temo dovremmo fare i conti-
 
-Basta che ti sbrighi- disse con uno sbuffo infastidito e ansioso.
 
Ci volle più di un’ora per completare la conta delle monete. Nergal contò ogni singolo secondo sentendo i suoi nervi logorarsi ad ogni numero che aggiungeva. Doveva davvero avere quel Grimorio in quel momento, o avrebbe potuto richiamare la sua pianta e fargli divorare quella lumaca mascherata.
 
-Visto che ha pagato tutta la somma che aveva offerto- schioccò le dita e altri tre uomini portarono nella stanza il Grimorio e le ninfe. Nei loro sguardi riuscì a leggere paura e in parte rassegnazione. Quello per lui fu come ricevere delle pugnalate al cuore.
 
-Eccovi il Bracciale del padrone, così che non disubbidiscano- il banditore poggiò sul tavolo un bracciale nero con sopra una gemma rossa. Come diceva il nome, era l’oggetto collegato ai collari degli schiavi e che costringeva questi ultimi a fare quello che i loro padroni volevano. Si alzò dalla poltrona, indossando il bracciale e prendendo il libro sotto braccio.
 
-Andiamo- le tre sobbalzarono mentre i loro corpi sembrarono muoversi contro la loro volontà, avvicinandosi al corvino.
 
-Spero di vedervi ancora ad una delle nostre aste- gli augurò l’uomo mascherato. Ma lui era di tutt’altro avviso, sperava vivamente di non dover più andare in quel posto.
Uscì dalla porta sul retro dov’era entrato seguito dalle sue schiave. L’aria si era fatta fredda per la sera e le ragazze indossavano solo delle toghe leggere. Doveva sbrigarsi a portarle a casa o avrebbero preso freddo.
 
-Complimenti per la tua vincita. Lasciatelo dire, mi hai stupito- disse Nansen bloccandogli la strada. Ora che non aveva più la maschera si poteva vedere meglio il viso dai tratti duri e gli occhi verde acqua. Il membro dei Mariboj ghignò con dietro di sé la sua scorta personale e la ciclope che aveva acquistato all’asta.
 
-Tu chi sei?- quella domanda lo colpì alla testa come un martello. Possibile che non lo riconoscesse.
 
-SONO NANSEN DEI MARIBOJ, UNA DELLE CINQUE FAMIGLIE!- gli gridò in faccia punto sul viso. Nergal alzò un sopracciglio e dalla sua espressione era chiaro che non sapeva di cosa stesse parlando. Il biondo si morse il labbro inferiore incazzato dalla situazione. Ma anche se avesse voluto lanciargli un fulmine, doveva essere diplomatico.
 
-Vengo subito al punto, vorrei acquistare le tre schiave che hai comprato. Ti ridarò la stessa somma che hai speso per loro e…anche informazioni su un altro Grimorio- aveva gettato l’esca, ora doveva solo aspettare una sua risposta affermativa. Sapeva che quel tipo con le corna era disposto a sborsare qualunque cifra per avere informazioni o direttamente quei polverosi libri. Lui aveva le schiave e l’altro recuperava il denaro e informazioni utili. Un’offerta vantaggiosa per entrambi.
Iasgach la più grande delle tre ninfe, era molto preoccupata per la piega della conversazione. Già essere state vendute come schiave era un vero disonore, ma essere trattate come oggetti. Se non fosse stato per le manette di Oricalco avrebbe già attaccato quei due uomini, anche se capiva che fossero pericolosi. Soprattutto quello che le aveva acquistate. Alla sua vista gli sembrava più una figura totalmente nera con dei grossi palchi di corna sulla testa.
 
“Cosa accidenti è?” si stava chiedendo, stringendo le altre due a sé. Preoccupata per le sue sorelle più giovani. Nergal in risposta alla proposta, si avvicinò con un paio di falcate arrivando davanti al membro dei Mariboj, guardandolo negli occhi.
 
-Di un po'…mi credi così stupido da abboccare all’amo come un pesce?- Nansen fece un passo indietro sentendo la forte pressione del mana rilasciata dal corvino. Il suo respiro si fece irregolare e il suo sesto senso gli stava dicendo che era in pericolo.
 
-N..no…io ti stavo…solo f…facendo una propos…- non finì la frase che dei rovi neri spuntarono intorno a lui e alla sua scorta bloccandola in caso avessero provato ad intervenire. Il Maestro oscuro gli lanciò un’ultima occhiata, come a dirgli di non provarci più o ne avrebbe pagato le conseguenze.
Tornò indietro verso le ragazze che lo guardavano spaventate. Lui le sorrise appena come per tranquillizzarle.
 
-Non dovete temere- gli disse prima di schioccare le dita e tutti e quattro vennero inghiottiti da delle radici rampicanti nere. Sparendo nel nulla sotto lo sguardo dei presenti.
Quando anche i rovi vicino al biondo sparirono, potè tornare a respirare di sollievo. Una cosa però se l’era segnata, ed era di non provare più a contrattare con quel mostro.
 
 
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Le radici che le avvolsero come un fiore chiuso, davano una sensazione di pesantezza e freddo, anche se non erano strette come delle corde. Le ragazze si strinsero di più per non toccarle, avevano il presentimento che se lo avessero fatto, avrebbero sentito una morsa gelida nel loro spirito.
Quando il buio e le radici si ritirarono, non si trovavano più in strada. Ma all’interno di un’abitazione con un arredamento elegante dai toni del rosso scuro e nero, illuminato da delle candele che rendevano il tutto molto tetro.
 
Si guardarono intorno spaventate, ma anche piuttosto curiose. Era la prima volta che visitavano una dimora come quella, così diversa dalle loro case, create all’interno di un grande albero o in una collinetta.
 
-Benvenute a casa mia- le disse poggiando il Grimorio sul mobile più. Le due ninfe più giovani si strinsero a quella più grande che sembrava volerlo sfidare.
 
-Dè ta sinn a ‘dèanamh?* (Che facciamo?) -
 
-Chan eil fios agam*… (Non lo so) - rispose Iasgach, senza perdere di vista quell’uomo. Quel tipo decisamente non era umano e soprattutto era molto pericoloso, più di qualunque cosa lei avesse visto in tutta la sua vita. Un brivido le percorse, facendole girare lo sguardo in tutte le direzioni, sentendosi osservate. Come se qualcosa dentro i muri e il pavimento le guardasse.
 
-Ah giusto- Nergal schioccò le dita e le presenze che aveva lasciato a guardia della casa scomparvero. Si era completamente dimenticato dei suoi “guardiani” anche perché non pensava di avere ospiti e nemmeno li aveva spesso. Che ora che se ne rendeva conto, casa sua era accogliente più per lui, ma per gli altri forse non era così. Ma non era il momento di perdersi in quei pensieri.
Si avvicinò ad un mobile, prendendone una piccola cassa di legno per poi rivolgersi alle tre.
 
-Seguitemi- nessuna di loro fu in grado di disubbidire, mentre le superava i loro corpi furono costretti a seguirlo. Con il collare e le manette, quelle creature del popolo nascosto erano in tutto e per tutto come delle donne umane. Ma il suo intento non era certo quello di spaventarle.
Le portò nella stanza da bagno dove c’era una vasca in ceramica, adatta per una persona, massimo due più minute.
 
-Oir thug e an so sinn?* (Perché ci avrà portate qui?) - chiese quella che doveva essere la ninfa di mezzo delle tre guardando la piccola stanza da bagno.
 
-Bidh e airson gun nigh sinn a chorp* (Vorrà che laviamo il suo corpo) - il solo pensiero di denudarsi davanti ad un uomo non di propria scelta, per loro era qualcosa di sacrilego e vergognoso. Iasgach, strinse di più le spalle delle due più giovani come se volesse dargli forza. Non avrebbe permesso che venissero sfiorate da mani umane più di quando erano state catturate.
 
-Fuirich sàmhach peathraichean. Cha bhean e riut fhad ‘s a bhios mi timcheall!* (State calme sorelle. Lui non vi toccherà finché ci sono io!) - pensavano che parlare la lingua delle terre del giovane eterno, sarebbe stato sicuro. Solo poche parole erano uscite dalla loro casa e nessun’altro oltre gli abitanti della loro terra conosceva la conosceva per intero.
 
-Chan eil dùil agam suathadh riut eadhon la falt* (Non ho intenzione di sfiorarvi nemmeno con un capello) - le ninfe alzarono di scatto la testa incredule. Possibile che le loro orecchie le stessero ingannando o quell’uomo aveva davvero parlato fluidamente la loro lingua.
Prese dei contenitori in ceramica tornando da loro. Le tre deglutirono facendosi piccole piccole sotto il suo sguardo.
 
-Si…parlo e capisco la vostra lingua. E sono certo che anche voi capiate la mia- tutte tacquero non sapendo cosa dire o fare: -Qui ci sono dei sali da bagno e del sapone, non è come quello fatto con fiori freschi e linfa. Ma è la cosa migliore qui. Nella cassettina di legno ci sono delle bende in caso ne aveste bisogno- gli lasciò i contenitori per poi andare verso la porta così da dargli la loro privacy. Ma prima di chiudere la porta si fermò sentendo ancora i loro occhi pieni di stupore e confusione.
 
-So che non mi crederete, ma non vi ho comprato per farvi mie schiave. Ne parleremo meglio dopo, per ora pensate a lavarsi e rilassarvi dopo tutto questo. Vi prometto che non sbircerò- si girò lanciandogli un ultimo sguardo: -Peathraichean* (sorelle)-
 
Quando la porta si chiuse le ninfe restarono sole nella stanza da bagno. Tutte e tre si guardarono più confuse che mai, troppe emozioni in una sola sera. Ma una domanda nelle loro menti riusciva a scacciare il resto: Chi o cosa era davvero quell’uomo?
 
Nergal dopo aver chiuso la porta sospirando. Non sapeva se lo avessero ascoltato, ma sperava che con quel gesto comprendessero che non aveva cattive intenzioni. Andò a sedersi alla poltrona del soggiorno buttando indietro la testa e lasciando sciolti i capelli.
Rimase ad osservare il soffitto sfregando la lingua contro il palato della bocca. Riparlare la lingua nascosta dopo tanto tempo, per lui era strano. Si sentiva inadatto e nostalgico, ma in parte anche felice. Riportò la testa dritta osservando il Grimorio sul tavolo e un sorriso si formò sul suo volto. Le sue “Ospiti” non ci avrebbero messo poco a lavarsi, poteva concedersi una meritata lettura.
 
 
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Fenrir stava ascoltando la sua sorellina Elizabeth che si esercitava al piano forte. La sinfonia del piano era molto rilassante e melodiosa, mentre le dita sottili e affusolate si muovevano sui tasti come se danzassero.
Quando alla fine la melodia si concluse l’argenteo applaudì lentamente, per manifestare il suo compiacimento.
 
-Magnifica performans sorella mia- si complimentò il capo famiglia dei Bàthory. La giovane si diciassette anni si sorrise dolcemente.
 
-Troppo buono fratello mio- rispose alzandosi dallo sgabello del pianoforte e andando al tavolo dov’era seduto il fratello maggiore.
 
-Gradisci del tè?- lui annuì, guardandola versargli una tazza con eleganza e grazia. Elizabeth Bàthory aveva una grazia e bellezza pari a quella del fratello, con dei lunghi e boccolosi capelli biondo perla, uniti a degli occhi azzurro ghiaccio e un fisico sottili e minuto.
Fenrir ringraziò per il tè prendendone un sorso, poggiando la tazza sul piattino.
 
-Questo non è Earl grey-
 
-No è tè nero con estratto di lampone. Come lo trovi?- chiese lei sorridendogli. Lui sorrise di rimando.
 
-È fruttato ma buono- quei momenti di tranquillità con sua sorella minore erano i momenti che preferiva. In cui lasciava andare tutta la sua freddezza e crudeltà, assumendo un ruolo più protettivo e gioviale.
 
-Come stai oggi?- domandò infine con una leggera punta di preoccupazione nella voce, che non riuscì totalmente a nascondere. Elizabeth sembrò lievemente a disagio a quella domanda.
 
-Meglio, la medicina nuova..sembra fare effetto- ma dal suo tono, Fenrir capì che qualcosa la preoccupava. Questo lo faceva sia infuriare che preoccupare. La salute di sua sorella era cagionevole ed eventuali preoccupazioni e stress rischiavano solo di farla peggiorare ulteriormente.
 
-Non c’è niente che ti preoccupa?- insistette lui. Voleva sapere se poteva fare qualcosa per evitare di farla stare male. La giovane si attorcigliò una ciocca di capelli sull’indice abbassando lo sguardo.
 
-Stavo pensando…all’attacco al nostro deposito- Fenrir serrò la mascella. Non voleva che sua sorella si preoccupasse per una cosa simile.
 
-Non devi preoccuparti Elizabeth, stiamo indagando sul colpevole e lo troveremo- cercò di rassicurarla versandole dell’altro tè.
 
-Ci hanno attaccati Fenrir. Questo non è qualcosa di cui non posso preoccuparmi, la nostra posizione nella gerarchia…sia dei bersagli- la loro posizione come seconda famiglia più influente di Kētō, gli metteva automaticamente dei bersagli sulla schiena per l’invidia di tutti gli altri nobili sotto di loro.
L’argenteo sapeva bene di cosa parlava, in pochi osavano sfidarli e quello era un attacco diretto a loro. Allungò la mano accarezzando dolcemente la testa della sorella, per alleviare la sua preoccupazione e farla calmare.
 
-Capisco come ti senti, ma dobbiamo essere forti. E non dimenticare che ci sono io, nessuno ti toccherà finché sarò vivo!- quelle parole rincuorarono Elizabeth che gli sorrise. Sapeva che per lei, lui ci sarebbe stato sempre.
 
Fenrir le sorrise di rimando. Ma sotto anche lui era un po' preoccupato. E non solo per l’audacia dimostrata, ma anche perché aveva ricevuto la valutazione degli oggetti distrutti nell’esplosione. Grazie anche alle sue spie nelle forze dell’ordine. Scoprendo che qualcosa mancava all’appello e per giunta era qualcosa che aveva fatto arrivare da lontano in gran segreto.
Di certo non avrebbe condiviso questa informazione con il comandante Alpha, voleva risolvere la faccenda da solo.
 
“Nessuno mi deruba e la passa liscia!” in quel momento qualcuno bussò alla porta, mettendo in allarme l’argenteo. Mentre una cameriera entrava nella stanza con un inchino.
 
-My lord, my lady. Mi duole disturbarvi, ma abbiamo delle visite- li informò la cameriera.
 
-Se si tratta di Corinna, l’avevo invitata per delle questioni di affari-
 
-Uhm…lady Corinna è arrivata. Ma si è presentata anche la capo famiglia dei Silverash- fantastico, quella era una seccatura che non si aspettava.
 
-Che cosa vuole?- non aveva voglia di avere quella donna tra i piedi al momento.
 
-Ha detto che vuole parlare con voi e che non si muoverà da qui finché non l’avrà fatto. Devo…chiamare le guardie?- l’argenteo scosse la testa. Cercare di allontanare quella piccola sanguisuga con la forza sarebbe stato controproducente.
 
-Falla accomodare insieme a Corinna e digli che sto arrivando- la cameriera face un inchino uscendo dalla stanza. Fenrir tornò al tavolo prendendo la tazza e tracannandola con un solo sorso. Sarebbe stata una serata pesante.
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autore
 
Eccoci arrivati alla fine dell’asta e l’ultimo articolo erano tre ninfe che neanche a dirlo Nergal se le aggiudica per una cifra assurda.
Anche se il protagonista non è tipo da avere schiavi sembra molto protettivo con le ninfe, tanto da mettere paura anche ad uno dei Mariboj senza averne timore. Chissà che legame ci sarà tra lui e le ninfe?
Nella scena finale invece conosciamo la sorellina di Fenrir, a cui sembra molto legato. E nel finale ha delle visite di cui una inaspettata e che sembra infastidirlo. Ma vedremo cosa succederà nel prossimo capitolo.
Ringrazio chi è arrivato a leggere fin qui e a presto.
 
P.S: Per la lingua in cui parlavano le ninfe ho scelto il Gaelico scozzese. Per le frasi ho usato il traduttore, quindi se non sono esattissime. Mi scuso in anticipo.
Ho deciso di sistemare e mettere le traduzioni di fianco alle frasi, così da rendere più scorrevole la lettura e anche più comprensibile.
  
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