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Autore: Vale3    28/05/2005    1 recensioni
Freddo, buio, ombra…Ira, odio, sofferenza… Può, un’anima devastata, tornare alla luce? Può provare di nuovo quel calore che scioglie il cuore e rimargina le ferite più profonde? Gli è concesso assaporare almeno l’ombra di un affetto che lo ha sempre condannato?…Ma si sa, il destino non perdona e il passato non si può cambiare… lo si deve solo affrontare, radunando le proprie forze, e combattendo fino alla fine!
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Remus Lupin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Erano lì, entrambi seduti, immersi in un silenzio ricco di tensione, occhi fissi, aspettando qualcosa di inevitabile

V e r s u s

Capitolo IX

 

 

 

 

 

Erano lì, entrambi seduti, immersi in un silenzio ricco di tensione, occhi fissi, aspettando qualcosa di inevitabile.

La notizia dell’imminente arrivo della signora Grant li aveva lasciati a bocca asciutta, lievemente accigliati. Un’altra dannata complicanza.

Come se la situazione non fosse già abbastanza complessa e delicata.

Remus aveva assorbito la notizia in modo stoico, ma comunque, anche se  leggermente, la sua espressione lasciava trasparire un velo di preoccupazione.

Harry, dal canto suo, pareva indifferente all’evolversi degli eventi, anche se appena saputo, non era stato in grado di trattenere un’espressione di stupore che gli aveva fatto spalancare gli occhi smeraldo.

Il tempo passava silenzioso e inesorabile, e il momento si avvicinava sempre più, come una condanna. Le lancette dell’orologio, nel silenzio della stanza, rimbombavano producendo un eco, un falso rumore come se stessero gridando.

All’improvviso, tutto sembrò cambiare radicalmente.

Si avvertì un forte rumore, seguitò da uno sbattere di porta nel corridoio adiacente la stanza. Subito, passi affrettati si avvicinarono, crescendo di suono; la maniglia della porta scattò, Harry e Remus si scambiarono un’occhiata fugace e in quel momento la porta si aprì velocemente.

Entrambi si voltarono, pronti ad affrontare la Signora Grant, ma si trovarono di fronte alla stessa Guaritrice che li aveva avvertiti prima.

I suoi capelli erano leggermente arruffati, fuori dalla crocchia che li sosteneva dietro la nuca, gli occhi spalancati che esprimevano tutto il suo allarme, le labbra colorate di un rosso accesso, si muovevano velocemente, ma non emettendo nessun suono comprensibile.

Si bloccò alla vista di Lupin, che si alzò prontamente andandole incontro.

Prima che il mago potesse parlare, lei si ricompose in fretta, e schiarendosi la gola, fece segno di fare silenzio mettendosi un dito davanti alla bocca.

    Sshh…”disse scuotendo piano la testa. “E’qui. Il nostro contatto nell’ospedale babbano l’ha portata. E’…è furiosa, le consiglio di non contraddirla…” disse annuendo verso Lupin, che corrugò le sopracciglia.

Remus ancora non capiva.

    Ma, come fa ad essere qui? E’ una babbana, come può essere entrata qui?!” disse a mozza fiato.

La donna fece un sospiro, guardando il pavimento per un attimo; poi rialzando la testa, fece guizzare gli occhi da Remus ad Harry, che intanto non aveva proferito parola, seduto ancora tra le morbide lenzuola.

    “E’ un incantesimo…quando se ne andrà di qui, crederà che sia un normale ospedale, perché quello che avrà visto, rientrerà nella sua categoria di normale…non vi dovete preoccupare di questo… è venuta per il signor Potter e…” disse la donna, ma non finì che si udì un insistente bussare alla porta.

I tre nella stanza si guardarono un momento negli occhi, smarriti.

Subito, la Guaritrice si sistemò il camice, cercò di riordinare i capelli per quanto era possibile; Lupin, invece si era andato a risiedere vicino ad Harry, accanto al letto.

La porta si aprì di scatto, facendo sobbalzare la Guaritrice, che intanto si era fatta da parte addossandosi alla parete, come se volesse farne parte in quel momento.

Sulla soglia c’era la signora Grant, con un’espressione accigliata e quanto mai contrariata; accanto a lei, un uomo grassottello, di bassa statura: il gancio.

Quegli attimi furono eterni, tutti e cinque rimasero a fissarsi: si avvertiva la tensione nell’aria, e regnava un silenzio tombale spezzato solo dal respiro affannato della signora Grant.

Finalmente il momento di nervosismo terminò con un falso movimento della Guaritrice, che scivolò verso la porta velocemente, cogliendo la palla al balzo, e lasciò la stanza, lanciando un’occhiata di soppiatto a Lupin, il quale annuì impercettibilmente.

L’uomo sulla soglia della porta, guardò in modo complice la Guaritrice, e voltandosi con lei, la seguì, lasciandoli definitivamente soli.

A quel punto, la signora Grant fece un passo avanti, entrando nella piccola stanza asettica e ben illuminata.

Inaspettatamente, la bocca di Remus si aprì in un sorriso cordiale, a parere di Harry, il più finto che avesse; il mago avanzò verso la donna che ostinatamente restava in silenzio.

    “Buongiorno” disse affabile. La signora Grant rimase impassibile. Sbattendo le palpebre, si decise a parlare.

    “Sarò breve” disse a labbra strette. “Sono stata informata dell’accaduto. Il signor Potter non è più sotto la sua custodia, in quanto lei non è stato capace di assicurare la sua incolumità e provvedere alla sua salute. Per legge, il ragazzo dovrà immediatamente tornare nella nostra comunità” pronunciò forte e chiara, con occhi fissi davanti a sé.

Remus si mosse, scomodo.

   Ma…” fece per ribattere, ma la donna fu più veloce.

   “Non cerchi di indurre resistenza: si ricordi che la legge è dalla mia parte, e credo proprio che lei non voglia mettersi contro…” finì con uno strano sorrisetto tirato sul volto appuntito.

Remus ingoiò a vuoto. La situazione era più critica del previsto. La donna sembrava irremovibile.

    “Non stiamo opponendo resistenza” disse una voce stranamente fredda dietro di loro.

Si voltarono.

Harry era sceso dal letto, e avanzava verso la signora Grant, i cui occhi furono attraversati da un lampo di timore.

    “E’ meglio così” aggiunse, lanciando un ultimo sguardo a Lupin. “E’ meglio così…saremo tutti lontani, e sarete al sicuro da me. Faccio solo del male alle persone che amo; questo sarà un rimedio più che accettato”.

Nello sguardo della donna si intuì un lampo di maligna felicità.

    “Molto bene signor Potter, per la sua natura, mi aspettavo più difficoltà…” disse soddisfatta.

Harry strinse i pugni lungo i fianchi, irrigidendo le braccia, ma non disse niente.

A quel punto, Remus non si trattenne più.

    “No!” esclamò, facendo voltare le altre due teste verso di lui. “Non lo porterà via…”.

    “Sì, Remus, è così che si deve concludere tutto questo” disse Harry febbrilmente.

    “No!” ripeté Lupin, cercando di suonare convincente, ma sapendo anche lui stesso del suo poco potere nell’evitare che sarebbe accaduto.

    “Basta con questa pagliacciata!” ordinò bruscamente la signora Grant. “Il ragazzo ha manifestato comportamenti pericolosi, deve essere controllato, per la sua sicurezza, e per quella degli altri!” urlò tutto ad un tratto, mentre chiazze rosse le coloravano il viso e il collo.

    “Harry ha avuto un problema, ma non è pericoloso!” fece di rimando Lupin, ben sapendo che non sarebbe riuscito a trattenere Harry. Ma voleva vendere cara la pelle.

    “I suoi zii mi hanno riferito cose su di lui da far venire i brividi!”.

Lupin spalancò le braccia in gesto teatrale.

    “Ah! Ecco che viene tutto a galla…”.

    “Remus…”.

    “Non porterà di nuovo Harry in quel…posto!”.

    “Remus…!”.

    “Non glielo permetterò…”

    “REMUS!”.

L’uomo tacque, abbassando lo sguardo, sconfitto.

Harry respirò profondamente.

    “E’ stato deciso così…è voglio che sia così” disse fermamente. “Sarà meglio per tutti” continuò, ma la voce si spense in gola, tradendo la sua stessa certezza, che per un momento vacillò.

Senza permettere agli altri due di replicare, si mosse velocemente, agguantando i suoi vestiti appoggiati sull’altra sponda del letto e dirigendosi verso il bagno.

 

***

 

Toc.

La porta si chiuse con uno schiocco dietro le due persone che avevano appena lasciato la stanza.

Remus si ritrovò avvolto dal silenzio più assoluto: un silenzio che pareva quasi rumoroso alle sue orecchie.

Rimase a fissare la porta chiusa davanti a sé, cercando di riepilogare gli ultimi eventi che si erano susseguiti così in fretta.

Solo poche ore prima andava tutto a gonfie vele, anzi, la situazione stava nettamente migliorando; ora, invece, era nuovamente al punto di partenza.

Si doveva rassegnare, era poco ma sicuro; doveva tornare da Silente, riferire tutto (sempre che non lo sapesse già) in modo che ci si potesse mobilitare in fretta per risolvere quel guaio.

Sbatté le palpebre per rimettere a fuoco la porta e schiarirsi i pensieri; fece un respiro profondo, nel tentativo di rilassare i nervi ormai allo stremo.

Non c’era nulla che potesse fare per cercare di rimediare: tutto quello che era in suo potere era stato fatto, anche se con scarsi successi. Una cosa gli rimaneva, prima di mettersi in disparte e lasciar fare agli altri. Riferire quanto accaduto.

Appoggiando le mani sulle ginocchia e facendo leva, si alzò con fatica dal letto sul quale si era seduto.

Ripercorse con sguardo vago e stanco tutta la stanza, come a cercare qualcosa di dimenticato. Afferrò il mantello leggero dalla spalliera di una sedia consunta e, indossandolo, realizzò di non avere nulla con sé.

Lasciò la stanza con passo rassegnato.

Il corridoio era deserto. La solita infermiera addetta al piano non era in vista; peccato, l’avrebbe volentieri salutata.

Riprendendosi pian piano, come se camminare gli desse forza, marciò a passo spedito verso le scale. I rumori delle sue scarpe echeggiavano per tutti quegli angusti ambiente così dannatamente asettici.

Scese le scale con una fluidità sorprendente, dopodiché fece brevemente mente locale per trovare l’uscita. Individuò la Reception: accelerò il passo.

Sorpassando spedito il grosso bancone dove molte Guaritrici si davano da fare a compilare moduli, lanciò un’occhiata fugace verso di loro, cercando di superare con la vista la gran folla di gente che le accerchiava. Nulla da fare, l’Infermiera non era nemmeno lì.

Si strinse nelle spalle impercettibilmente, infilando pesantemente le mani in tasca. Sarebbe stato per un’altra volta.

Abbassando lo sguardo, si avvicinò all’uscita, pronto a entrare velocemente nel mondo babbano, una volta varcata quella soglia.

La luce del sole lo accecò appena l’aria afosa dell’esterno lo colpì. Sbattendo le palpebre più volte, cercando di ricomporsi e trovare un equilibrio, si diresse quasi alla cieca lungo la via principale, dove folle di babbani passeggiavano senza rendersi conto di quello che accadeva così vicino a loro.

Subito dopo girò a sinistra, mantenendo sempre lo sguardo basso e le mani nel mantello; entrò in un piccolo vicolo cieco, completamente vuoto e lontano da sguardi indiscreti.

Anche quella volta, come qualche settimana prima, estrasse la bacchetta, la puntò verso un piccolo sasso per terra e sussurrò parole incomprensibili a qualsiasi persona che non appartenesse al Mondo Magico.

    “Portus” disse piano, ma in tono fermo.

La piccola pietra crepitò un istante, poi rimase immobile al suolo grigio.

Remus si avvicinò, e chinandosi, l’afferrò bruscamente, stringendola nel pugno.

Nel giro di pochi secondi il vicolo era vuoto.

 

***

 

Grimmauld Place non era una strada particolarmente trafficata, soprattutto in quel periodo dell’anno, quando i pochi abitanti della via erano in qualche lussuosa località balneare.

Il mantello frusciò sfiorando il grezzo marciapiede nello stesso momento in cui i suoi piedi toccarono il suolo.

Si materializzò proprio nel punto giusto, e facendo qualche passo in avanti, Remus varcò la soglia del numero dodici.

Immediatamente avvertì il silenzio sovrano. Le pareti tacevano, l’aria era immobile, l’intera dimora era addormentata come in un sonno fatato.

I suoi passi pesanti facevano scricchiolare le assi di legno al suo passaggio, mentre avanzava verso il grande salone al centro della casa.

Era confuso, doveva ammetterlo.

Non credeva che quelle mura potessero fargli tanto impressione e lasciarlo a bocca asciutta.

Senza neanche riflettere, sentì le sue gambe prendere istintivamente a salire le scale, ignorando la quasi totale penombra.

Avvertiva il silenzio infrangersi al suono del suo stesso respiro, diventato stranamente grave.

La maniglia di quella maledetta porta luccicò nell’oscurità del primo piano.

Continuò a camminare, sentendo crescere in lui il desiderio di conoscere la così forte motivazione che aveva fatto precipitare la situazione in quel modo.

Si fermò lentamente davanti a quella porta.

Si fermò lentamente davanti alla stanza che era stata di Sirius, e che ora rappresentava una spregevole imitazione del passato.

Avvertendo i primi segni di rimorso, spalancò la porta prima che il rimpianto lo costringesse a lasciarla ancora una volta chiusa.

Trovò facilmente un punto luce: l’abajour della scrivania.

Tirò la fragile cordicella, e lo spettacolo che gli si presentò davanti fu tutt’altro che piacevole.

I fogli che una volta erano ordinati sullo scrittoio, ora erano sparsi per tutta la sua superficie e sul pavimento vicino. Una boccetta di inchiostro nero allargava la sua macchia, imbrattando carta e oscurando parole.

Si voltò.

Accanto al camino spento, la poltrona era intatta, ricoperta da dita di polvere; il tavolino vicino era invece, leggermente spostato in un modo innaturale, e frammenti di una cornice di vetro si sparpagliavano per terra, coprendo una foto colpevole.

Si avvicinò e, accoccolandosi, la raccolse.

Sospirò vedendo il suo volto e quello di Sirius guardarlo leggermente incuriositi; scosse la testa, come se volesse far intendere di lasciar perdere.

Lasciò cadere la foto che, oscillando di qua e di là come una foglia staccatasi da un ramo, si fermò sul tappeto sporco.

Ora era tutto chiaro. Tutto.

Maledetta foto! Avrebbe dovuto bruciarla quella sera stessa, quando anche lui era morto insieme a Sirius.

E invece no, aveva ceduto e lasciato quella stanza così come lui l’aveva lasciata. Avrebbe dovuto smantellarla il giorno dopo! Avrebbe chiarito le sue idee, avrebbe fatto capire a Sirius, perché era sicuro che da qualche parte potesse sentirlo, quanto lo odiava! Sì…

Lo aveva lasciato solo con quel compito da svolgere. E per questo lo odiava.

Da quando si erano ritrovati, in quella umida e buia stanza della Stamberga Strillante poco più di due anni prima, Sirius aveva detto che non lo avrebbe più lasciato, che avrebbero pensato insieme al bene di Harry. E invece non aveva mantenuto la sua promessa! Aveva pensato bene di andarsene, lasciando a lui la patata bollente…

Un attimo. Fermi tutti.

Che diavolo stava dicendo…?

Sospirò ancora, passandosi una mano magra tra i capelli.

Si era lasciato prendere ancora dallo sconforto. Chi pensava ad Harry?

Harry, Harry… sempre e solo Harry…E di lui, Remus, chi si preoccupava, dopo la perdita di Sirius?

Ecco. Arrivati al nocciolo della questione.

A lui non doveva pensare nessuno… perché era un uomo adulto, dannazione!

Sirius…James… avrebbero mai fatto quel discorso così infantile? No! E allora anche lui, anche Remus Lupin doveva dimostrare a loro e a se stesso di valere qualcosa anche da solo, anche quando non c’era nessuno a consolarlo! I suoi amici avrebbero aiutato Harry a rialzarsi, mentre loro stessi si sarebbero rialzati da soli. Ed era quello che avrebbe fatto anche lui.

Non era una femminuccia!

…Un altro pensiero, però, si riaffacciò mentre cercava di convincersi.

La realtà venne a bussare alla porta della sua mente, facendo così sfumare quei momenti di incoerenza e tacita follia.

Tornò al presente. Basta far la storia con i “se”.

Non avrebbe potuto mettere in atto comunque quello che si era prefisso di fare; non poteva. Qualcosa era andato diverso da come doveva andare.

Harry non era più con lui.

 

***

 

 

Ciao!

Ecco finito anche il 9° capitolo… siamo già qui?!  Caspita, non manca molto alla fine… anzi fra pochi giorni posterò l’ultimo capitolo..!

Ringrazio chi ha recensito!

Ragazze… leggendo i vostri commenti mi sono sciolta! *_* Grazie!

 

Spero che la storia si veda! Beh… se siete arrivate fin qui, significa che la visualizzate.. che scema^^

 

A presto!

 

Valeria^^

 

  
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