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Autore: Enchalott    29/03/2024    4 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a tutti! :)
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Dopo una guerra ventennale, i Salki vengono sottomessi dalla stirpe demoniaca dei Khai. Negli accordi di pace figura una clausola non trattabile: la primogenita del re sconfitto dovrà sposare uno dei principi vincitori. La prescelta è tanto terrorizzata da implorare la morte, ma la sorella minore non ne accetta l'ingiusto destino. Pertanto propone un patto insolito a Rhenn, erede al trono del regno nemico, lanciandosi in un azzardo del quale si pentirà troppo tardi.
"Nessuno stava pensando alle persone. Yozora non sapeva nulla di diplomazia o di trattative militari, le immaginava alla stregua di righe colorate e numeri su una pergamena. Era invece sicura che nessuna firma avrebbe arginato i sentimenti e le speranze di chi veniva coinvolto. Ignorarli o frustrarli non avrebbe garantito alcun equilibrio. Yozora voleva bene a sua sorella e non avrebbe consentito a nessuno di farla soffrire."
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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L'intero mosaico
 
Entin fissò l’incartamento come stordito. Lo girò a favore di luce e il pallore teso del suo volto s’intensificò.
«È falso» confermò.
Mahati inalò l’aria con lentezza, dissimulando il proprio stato d’animo.
«Intempestività di uno sconfitto che vorrebbe alleviare il peso della coscienza?»
«No! Lo giuro sull’Ariun e sulla mia vita, gli dèi la reclamino all’istante!» l’indice sfiorò la carta ingiallita «Ogni sovrano distingue lo stemma del proprio regno e questo…»
Il Kharnot rievocò un Rhenn adolescente, mentre riproduceva alla nausea il Sole Trigemino oro in campo carminio, concentrato sulle forme, sui colori, sulla filigrana. Rammentò Kaniša esaminare il risultato e percuoterlo poiché non era perfetto.
«Se lo disegni, lo possiedi! Se lo possiedi, sei il re!»
A Mardan il sigillo variava in base alla mano di chi dominava, non era l’opera personale di un incisore. Quando un re moriva, veniva sostituito con un altro unicum, solo chi portava la corona ne conosceva i dettagli segreti, nessuno sarebbe riuscito a riprodurlo. Ciò non valeva invece per Salki o Jandali.
«Qualcuno avrebbe tratto vantaggi da una contraffazione?»
«No, mio signore. Se vent’anni fa avessi capito il perché dell’offensiva, avrei speso ogni risorsa per arrestarla. Abbiamo pensato che l’istanza d’accesso alle fonti fosse un espediente per farci abbassare la guardia. Eravamo favorevoli a concedere l’acqua, la somma Azalee mi sia testimone!»
La versione di Yozora combacia tragicamente con quella di Entin. Allora chi ha tramato nell’ombra? Davvero Rhenn non ne è venuto a capo?
«Non valutate l’eventualità di un avversario interno? Una persona intenzionata ad addossarvi la responsabilità della guerra per detronizzarvi.»
Lo sconfitto scosse il capo.
«Quando ho espresso la volontà di abdicare, con la speranza che i Khai avrebbero ascoltato una voce nuova, il Consiglio e il popolo si sono opposti con forza.»
Nonostante l’algida esteriorità, Mahati si sentì altrettanto prostrato. L’altro si tormentò le mani, come se si fosse seduto su spine ancora più acuminate.
«Perdonate l’ardire, altezza, il falso potrebbe essere opera vostra?»
«A che pro? Mio padre avrebbe attaccato anche a fronte di una munifica donazione. Avrebbe preteso schiavi o tributi, spingendovi al rifiuto e a impugnare le armi.»
«Come il leggendario lupo con lo sfortunato agnello. Voi avreste agito così?»
«Vent’anni fa deliberare o revocare un attacco non era in mio potere.»
«E oggi?»
Il principe socchiuse le palpebre, concedendo spazio ai ricordi.
 
«Il primo stormo è l’eccellenza» aveva dichiarato Kaniša compiaciuto, scrutando i pennacchi di fumo grigio levarsi dalle mura di Seera «Se vuoi guidarlo, devi mostrarti superiore ai reikan che lo compongono.»
«Lo sono di fatto, padre.»
«Apprezzo l’alterigia del mio sangue, ma non si tratta di una schermaglia con tuo fratello o dell’addestramento con Eskandar. La guerra è l’espressione della volontà di Belker, deluderlo costituirebbe una macchia incancellabile.»
«Mettetemi alla prova. Darò una lezione all’odioso stratega salki. La boria cadrà insieme alla sua testa.»
L’erkhem aveva mosso un cenno e il generale Raslan era entrato nella tenda strattonando un prigioniero che portava i gradi di ufficiale.
«Costui rifiuta la sottomissione. Singolare, dal momento che stanotte la sua donna intratterrà i miei guerrieri.»
All’affermazione quello si era ribellato, guadagnandosi un manrovescio che lo aveva scaraventato a terra. Mahati aveva aggrottato la fronte: detestava infierire usando i sentimenti altrui, i punti deboli andavano sfruttati per vincere, il di più era un capriccio.
«Non approvi i miei sistemi, figlio?»
«Siete il re, non sta a me approvare bensì obbedire.»
Kaniša si era passato le dita nella folta chioma argentea, sogghignando.
«Possiedi la diplomazia che difetta a Rhenn, non ti sarà difficile guadagnare la stima dei clan. Ora, mandalo al Custode» aveva sentenziato indicando l’uomo in ginocchio.
«Uccidere un ostaggio disarmato è indecoroso.»
«Ma è quanto ti chiedo. Mostrarmi la tua idoneità,»
«Prego che sia posto in condizioni di parità.»
Lo sguardo feroce di suo padre era stato più esauriente della riposta negativa. Aveva sguainato la spada lunga, il prigioniero l’aveva fissata con profondo terrore.
«Perché!?» aveva gridato «Seera esaudirà la vostra petizione, avete attaccato prima della nostra risposta! Che razza di mostri siete, gli inferi vi hanno espulsi per eccesso di efferatezza!? Quanta morte infliggerete, prima di reputarvi sazi!?»
Il Šarkumaar aveva esitato, ascoltando la dichiarazione con insolita curiosità.
«Mentire non ti salverà dalla fine» aveva asserito placido l’erkhem «Mahati?»
Aveva pensato che, per un uomo già condannato, fingere non avrebbe avuto senso. Ma al richiamo scontento, il polso era scattato in autonomia. La lama aveva descritto un arco e la testa del nemico era caduta al suolo. Sull’uniforme scarlatta si era creata un’identica curva, viscida e calda. Aveva inalato l’aroma ferroso del sangue, sul viso gocce rosse, nel cuore il vuoto cui era stato addestrato.
«Ho generato un macellaio» aveva commentato pago Kaniša «Hai il mio permesso, Mahati, massacra chi vuoi nel modo che ti è congeniale.»
Si era inchinato, le dita contratte sull’elsa, un’inspiegabile collera nell’anima. Per provare a se stesso di essere degno del proprio ruolo, aveva montato Fyratesh e per Salki era iniziata un’era d’agonia.
 
«Quando Kaniša mi ha affidato il comando, la vostra sorte è mutata in peggio. Non aspettatevi ammenda per un conflitto dovuto a un tranello. Per quanto mi concerne, è stata la volontà del dio della Battaglia.»
«Allora ditemi perché portate l’anello di Kelya.»
Il principe ebbe l’impulso di nascondere la mano.
«Credo che mia moglie sia stata piuttosto esauriente, usando il linguaggio che vi è gradito per illustrare un concetto che sfugge alla vostra limitata comprensione. Non occorre aggiungere altro.»
«Hyrma ne chiede la restituzione.»
«A conferma di quanto ho espresso. Può provare a sfilarmelo, se ne ha il coraggio.»
Entin sospirò. Nonostante l’uniforme, il colorante e le corna, nel giovane che gli aveva riportato la figlia affinché la salvasse non riconosceva l’assassino di un tempo: forse una folgorazione simile aveva indotto Yozora a fidarsi di lui.
O sono solo troppo vecchio.
«È un pegno tra sposi, vi appartiene. Il fatto che vi sia caro è motivo di gioia, mi dolgo che Hyrma non lo capisca. Ma non è semplice per noi accettare quanto occorso.»
«Indubbio, ma preferisco stroncare le vostre aspettative. Non libererò gli schiavi, i Salki resteranno shitai, la vittoria è mia a prescindere dalla ragione scatenante.»
«Ne sono consapevole. Alludevo al matrimonio combinato, pare sia il fiore sbocciato da un mare di morte. Lasciate che mi crogioli nell’idea che siate davvero innamorato di mia figlia.»
«Un Khai non ama.»
Entin congelò: non c’erano incrinature nella voce, eppure la sensazione che stesse mentendo si fece strada a gomitate.
«Tuttavia…»
«Papà!»
Yozora si staccò dallo stipite d’ingresso. Mosse alcuni passi e barcollò.
«Khueth
L’ex sovrano non comprese l’esclamazione, ma quando il principe nemico si precipitò verso di lei ottenne conferma alle proprie riflessioni. Osservò commosso l’interazione tra i due e il peso sul cuore alleggerì.
 
«Nae, Yozora! Iyassa naimašan!»
«Kan’sha, otahat…»
Il demone parlava fitto e veloce, Yozora rispondeva con naturalezza in quell’idioma incomprensibile. Le braccia di lui a cingerla, lo sguardo privo di ferocia, gli artigli tesi a sostenere anziché a sopprimere. E lei lo placava, si appoggiava al suo petto senza timore: un’icona perfetta, una visione splendida.
Sentire il nome della sorella sulle labbra di quell’uomo era inconcepibile, più ancora cogliervi affetto. Hyrma assistette allo scambio, in lotta con se stessa.
Prima Hoshi, ora mio padre… di quale incanto è capace quel demone? O è mia sorella ad averci ingannati e traditi per aver salva la vita?
Una parte di lei si vergognò per averlo pensato, ma qualcosa bruciava nello stomaco e incrementava ad ogni balenio dell’anello al mignolo nemico. L’immagine di una Yozora annichilita, costretta nel talamo di un essere ripugnante, per paradosso l’aveva tranquillizzata, ma non corrispondeva al vero. Il sorriso che rivolgeva al marito era fonte di collera, il fascino inumano di lui un’ingiustizia, il loro rapporto paritario risentimento.
Non posso accettarlo!
Lasciò la sala senza palesarsi e si rifugiò nelle proprie stanze. Strinse Isei al seno e scoppiò in lacrime.
 
Mahati attese che la moglie staccasse il cuore da quello che era stato il suo mondo. Era provata dal ferimento e i guaritori le avevano raccomandato di assumere l’antidoto per qualche tempo in via cautelativa, ma si era dichiarata pronta a tornare.
Giuro sull’Arco infallibile che non dovrà mai più avere paura.
Grazie a lei aveva affrontato un altro nodo controverso e l’ombra ingombrante che Kaniša gettava sul passato si era attenuata. Una delle ragioni della guerra, estranea alla conservazione del suo popolo, aveva acquisito forma dopo che Yozora aveva implorato l’anziano re di non tacere.
 
«L’aveva quasi convinto a portare via l’armata» gli occhi celesti di Entin, velati di lacrime, si erano confitti nei suoi, che ricordavano quelli del tiranno khai «Il nuovo no di Kelya è divenuto la scusa che anelava. Sono convinto non si sia ritirato perché era in difficoltà.»
«Che intendete?» era sbottato Mahati «Mio padre ha considerato l’opzione di troncare il conflitto?»
«È arduo da spiegare» Entin aveva aggrottato la fronte, inseguendo i frammenti di memoria «La guerra divampava da due anni, nei quali sono transitati fiumi di parole vane e minacce. Nessuno, varcato il punto di non ritorno, avrebbe scomodato la diplomazia poiché sarebbe stato rinfocolare l’umiliazione, fomentare il livore che spadroneggiava ormai tra le fila salki. Ma Kelya non la pensava così. Quando ha realizzato di essere incinta, ha preteso un confronto con il re dei Khai e ad oggi fatico a comprendere il motivo per cui lui abbia accettato.»
«Non mi risulta. Ero presente, forse il tempo ha sbiadito i vostri ricordi.»
«No, altezza. È stato un incontro privato, ne sono al corrente perché vi ho assistito di nascosto. Non biasimatemi, figurare mia moglie alla mercé di vostro padre ha scatenato in me una gelosia cieca. Credo di non averne provata altra in tutta la vita.»
Mahati lo aveva sentito affine: quando Rhenn si approcciava a Yozora, la belva sopita nel sangue daamakha si risvegliava famelica.
«Kelya lo ha trattato da amico, gli ha domandato di voi, del principe della corona e dell’amata sposa. Lo sguardo di Kaniša si è offuscato a quel nome e lei ha pensato fosse venuta a mancare. Il lutto è un dolore comune a ogni essere vivente, in quel caso uno spiraglio d’empatia.»
Non vale per il mostro che mi ha generato.
«Vostro padre ha risposto come voi: un Khai non ama. Sono rimasto sbigottito quando la mia regina gli ha stretto la mano e gli ha chiesto di percepire il legame tra lei e la creatura che portava in grembo. Sono persuaso che lo abbia fatto.»
 
Il Šarkumaar allargò il mantello per riparare Yozora dalla corrente che spazzava gli spalti. Fyratesh si artigliava ai mattoni, in testa ai vradak che li avrebbero scortati a Mardan su ordine di Rhenn: un fastidio che lo avrebbe obbligato al contegno formale.
«Sei pronta?»
«Sì. Ripensavo al mio primo decollo.»
«Gradiresti replicare la scena?»
«Come fai a…?»
Mahati la sollevò tra le braccia per porla in arcione, impassibile come previsto dal codice khai. Le iridi nocciola tuttavia brillarono divertite.
«I miei guerrieri cianciano come dorei e credo che mio fratello sia ancora infuriato per la frecciata sulle doti sartoriali.»
«Ci siamo conosciuti in leggera salita» avvampò lei.
«Non l’ho visto turbato. E tu non sei stata affatto male.»
«Non è carino prendermi in giro.»
«Tutt’altro. Ti ho sposata per convinzione personale e lo sto ostentando.»
In preda all’emozione, Yozora si rese conto che i reikan sbirciavano per saggiare le azioni del loro comandante.
«Sbaglio a intuire un certo compiacimento nello stormo?»
«Verifichiamolo» il principe volse il viso «Reikan! Arawa anakumaar!?»
«Ehn! Kae, Kharnot!» gridarono quelli all’unisono.
La principessa liberò un sorriso: i guerrieri khai esprimevano apprezzamento se ne erano convinti, neppure Mahati li avrebbe forzati a pronunciare il falso.
«Contenta?» ironizzò questi «Dovrai smettere di temere Fyratesh per ricambiare.»
«Complicato ma ci proverò.»
«Nae. Ci sono io con te.»
Yozora non riuscì ad assimilare la gioia generata da quelle parole: Hyrma si stava precipitando lungo scalinate dei camminamenti, chiamandola a gran voce. D’istinto si strinse al marito, che spalancò gli occhi stupito da ciò che percepì in lei.
Protegge me, non chiede di essere protetta.
Hyrma li raggiunse trafelata, l’abito di broccato rosa sollevato alle caviglie. Era vermiglia in viso, faticava ad articolare parola e l’impasse le inumidiva lo sguardo.
«T-Te ne vai così… senza un addio?»
La minore sentì il cuore spasimare, la commozione deflagrò nel petto.
«No! Non dire nulla!» pregò l’altra «Voglio solo…» il fiato mancò.
«Non siete nella posizione di esigere, inoltre il vostro eloquio è grossolano» interloquì adamantino Mahati «Dimenticate troppo spesso a chi vi state rivolgendo.»
La maggiore si spese in un inchino, le labbra tremanti, il respiro mozzato dal terrore.
«M-mi dispiace» esalò «Se mi è concesso, invoco il perdono di entrambi. Yozora, ti supplico…»
«Aiutami a scendere, mio prezioso» mormorò l’interpellata.
Hyrma sperò che il demone lasciasse loro un po’ d’intimità, invece non si mosse. In piedi accanto alla consorte pareva uno dei guardiani celesti scolpito nella roccia del tempio di Azalee. L’involontario paragone con un’entità positiva la scosse, fornendole la spinta per esprimere ciò che le pesava sull’animo.
«Se mi avessi ricusata, ti avrei capita, Yozora. Chi vorrebbe una sorella debole ed egoista, che ha permesso che ti immolassi e ti ha trattata come una nemica? Difronte alla tua serenità, il senso di colpa che ogni giorno mi ha straziata si è mutato in rabbia. Mesi trascorsi a piangerti, ad annaspare nei ricordi, a chiedermi che ne sarebbe stato di noi. Avevo sofferto invano, mi avevi ingannata, in realtà eri una regina e non una schiava! Tuo marito non aveva nulla di riprovevole ed era tanto affascinante da abbagliare! Sono affogata nell’invidia, ho bramato una crepa in ciò che scorgevo… rassegnazione, paura o mero senso del dovere! Al contrario ho trovato fiducia, assoluzione e, come una bambina privata del gioco, mi sono rifugiata nelle accuse infamanti che ti ho rivolto! Ho preferito pensarti subdola e arrivista anziché forte e sincera. Sono imperdonabile!»
«Hyrma…»
«No, lasciami finire» singhiozzò l’altra, lacrime amare lungo le gote «La lettera di nostra madre mi ha inflitto il colpo di grazia. Scoprire che eri simile a lei, che ne avevi ereditato il coraggio e la magnanimità, che avevi realizzato ciò che per lei è stata una missione, mi ha sconvolta. Tu, non io, ancora una volta! Non le assomiglio affatto, non nell’aspetto, non nella tempra! Rivolevo l’anello per strapparti il monopolio, non per toglierlo allo straniero che l’ha uccisa! Sono una sciocca e ti ho fatta soffrire dopo quanto hai passato per amor mio e di Salki! Mi faccio orrore!»
Cadde sulle ginocchia e il pianto divenne inconsolabile.
Yozora si staccò dal marito, abbassandosi accanto a lei e sollevandole il viso.
«Non è vero che non le somigli. Hai il suo sorriso. Hai un figlio, sono certa che provi il medesimo desiderio di proteggerlo e che gli canti la stessa ninnananna, che nella sua culla c’è una coperta ricamata da te, identica a quelle che la mamma tesseva per noi. Che gli parlerai di lei e lo educherai in modo che diventi un uomo di valore.»
«Oh sorella, come posso farmi perdonare?»
«Cerca la pace, la concordia, l’incastro tra diversità. Perdona, non abbassare il capo affinché tutti vedano il sorriso della mamma.»
«Sì! Sì, lo farò! Lo giuro!»
Si abbracciarono. Hyrma inspirò, il calore che emanava dalla minore la confortò.
«Mi manchi tanto, Yozora. Mi sento persa senza te.»
«Non dire così, Hoshi, Isei e nostro padre hanno necessità di te. Tu di loro.»
«Perché devi andare via tanto presto? Supplicherò il tuo sposo…»
«È una mia scelta. Come qui per te, a Mardan c’è chi ha bisogno di me.»
La maggiore annuì sconsolata e lasciò che l’altra si slegasse dalla stretta. Osservò il demone prenderla con garbo tra le braccia e issarla in arcione. Quando si accinse a montare, avvertì un vuoto immane.
«Principe Mahati!»
Lui si voltò, il piede infilato nella staffa e lo sguardo glaciale. Hyrma deglutì.
«Avete sposato l’eccellenza del nostro e del vostro regno! Dovete meritarla!»
I reikan borbottarono contrariati, ma un cenno fu sufficiente a sedarli.
«Almeno su questo siamo d’accordo, principessa.»
Nessun sarcasmo nella voce. Per un attimo le parve addirittura di cogliere un sorriso.
Le ali del vradak si spalancarono, sollevando un turbine che le scompigliò la treccia. L’agghiacciante richiamo dello stormo riempì l’aria, rammentandole i giorni della paura. Quando riaprì gli occhi, i predatori erano alti in cielo e la sorella si sbracciava in un ultimo saluto. Hyrma corse lungo le mura, inseguendo la formazione finché una delle torri crollate non le impedì di proseguire.
«Ti voglio bene!» gridò a squarciagola «Ti voglio bene!» sino a quando le sagome alate non furono più distinguibili.
 
«La percepite?»
Il pollice di Kaniša era scivolato sul polso di Kelya per saggiare il flusso del sangue.
«Sì. Una femmina.»
«Oh! Come lo sapete?»
«Essenza vitale, istinto atavico» aveva risposto, muovendo le dita a scacciare una futilità «Se sperate di intenerirmi con la vostra gravidanza, siete in errore.»
«Desidero solo sapere cosa provate come padre. Condividiamo la responsabilità di genitori, aspiriamo a un mondo migliore per i nostri discendenti.»
«Nel mio caso erediteranno un trono arricchito di gloria, per quanto siano distanti dal meritarlo. Quando nascerà la bambina?»
«Tra sei lune. Nella nostra lingua si dice “dare alla luce”, prego la celeste Azalee che le conceda in dono la pace. Ma questo dipende soprattutto da voi.»
«Non in toto. La mia proposta è ancora valida, sono disposto ad attendere sino al parto per farvi mia. Offritevi al mio talamo e la guerra cesserà.»
«Sarebbe semplice dirvi di sì. Siete fiero, bello e temibile come gli spiriti dell’Ariun
«Dunque perché resistete?»
«Amo Entin. Sono fedele a lui e alla madre che le mie figlie conosceranno.»
«Lo fareste per loro, leggetelo come un estremo sacrificio.»
«Posto che sia giustificabile e non lo è, perché ambite offendere la vostra regina con un adulterio?»
Kaniša si era avvicinato al camino e aveva risposto dopo un lungo silenzio.
«Non lo sarebbe.»
«Siete vedovo?» aveva osato Kelya.
«Vi fidate delle deduzioni, non vi contraddirò.»
«Il vostro sguardo non mente, ne ho scorti a centinaia da due anni a questa parte. Avete perso la signora del vostro cuore, l’amore della vostra vita.»
«Un Khai non ama, si riproduce e gode dell’amplesso.»
«Lei come si chiamava?»
«Naora.»
Una replica rapida. Il re khai era stato attraversato da un sobbalzo, come se l’inconscio lo avesse tradito, dando voce ai sentimenti più reconditi. Si era irrigidito, la sinistra sulle spade. La regina salki lo aveva osservato sorpresa, poi aveva sorriso.
«Quando siete nervoso lo fate sempre» aveva detto indicando la posa risoluta.
«Tsk! Sono stanco di vaniloqui, la mediazione è fallita. Non c’è altro da aggiungere.»
«Era bella?»
«Siete fastidiosamente tenace.»
«Il principe Rhenn vi somiglia molto, deduco che il minore abbia preso da lei.»
«Perspicace.»
«Quindi era attraente, orgogliosa. Mi auguro sorridesse più di vostro figlio e non fosse altrettanto dura.»
Kaniša aveva scosso il capo, l’arancio delle fiamme riflesso sul viso corrucciato.
«Era… è una Khai.»
«Ne sciupereste la memoria con una nemica?»
«Una visione ridotta, la vostra. Coincidenza, forse.»
«Perdonate, non vi capisco.»
«Voi me la ricordate.»
«C-che?»
«All’opposto! Siete colma di ributtante ahaki! Che siate fedele al vostro insignificante sposo, ligia al vostro credo innanzi a me, che potrei annientarvi in un gesto, è quanto di più oltraggioso… ah, dannazione!»
«Vi prego, calmatevi. Parlate con me, maestà, desidero comprendervi.»
«Neppure in un milione di anni. Neppure se potessi! Grazie per il tè, era eccellente.»
Se n’era andato senza voltarsi. L’attacco successivo era stato implacabile.
 
Rhenn si appoggiò al bordo della piscina con un moto di stizza.
«Naora, eh? Che bastardo!»
«Irrita anche me» ammise Mahati, concedendosi un sorso di vino dopo il racconto «Penso però che non sia stato intenzionale, per una volta.»
«In che senso? Lo sproloquio pacifista di Kelya lo ha steso?»
Il secondogenito annuì, l’altro emise un sospiro.
«Se lo dici tu che ci sei abituato…»
«Moke! Neppure a te dispiace ascoltare le salki, la mia in particolare.»
«Non posso nemmeno salutare la mia rediviva kalhar
«Piantala, la gratitudine per non avermi portato in sposa Hyrma si è già esaurita! Ti conviene non provocarmi, concentrati sulla storia dei sigilli!»
Il sogghigno dell’Ojikumaar lasciò il posto a un’improvvisa serietà.
«Con una garanzia diretta e la testimonianza di Entin non c’è margine d’errore. Anche se Shaeta non assicura la contraffazione di quello dell’Irravin, abbiamo un tre su tre.»
«Hai detto che nostro padre ne è a conoscenza.»
«Sì, sebbene si sia impegnato a dissuadermi dandomi del fazioso imbecille.»
«Non sembri dell’idea che abbia inviato delle spie prima dell’occupazione.»
«Esatto, falsificare un syr non è una passeggiata. Gli originali non sono stati rubati e uno stampo non l’avrebbe riprodotto con maniacale precisione. Un rompicapo.»
«Cioè il tuo passatempo prediletto. Sputa il rospo.»
Rhenn si servì una seconda coppa di vino e sollevò uno sguardo inquieto.
«Ti ricordi il dodicesimo capitolo dell’Ooeshkašar
«A spanne, perché?»
«Me lo sono rivisto mentre eri via. I versi che riguardano le gerarchie guerriere devote al dio della Battaglia offrono un insolito appiglio.»
«Khai, epharat e taas’ergon?» elencò Mahati.
«Corretto. Noi non siamo volgari ladruncoli, mentre gli ultimi divorano le energie negative per tramutarle in desiderio di sangue. Le messaggere del dio invece si collocano tra i mortali e le essenze ultraterrene, in quanto un’emanazione di Belker possono agire nei mondi creati.»
Mahati scostò una ciocca dalla fronte, calamitato dalla logica impeccabile.
«Il tuo ragionamento spiegherebbe anche le ombre di Minkar.»
«E altro. Nostro padre si è lasciato sfuggire un “anche se potessi” davanti a Kelya, cioè qualcuno di molto potente lo teneva d’occhio. Parlerei di ricatto. Non è l’unico indizio in tal senso, ci avevo già riflettuto ma il fine risulta tuttora nebuloso.»
Il Šarkumaar rievocò l’attimo nel quale era stato a un passo dal parricidio. Un brivido gelido gli serpeggiò lungo la spina dorsale.
«No» la voce era pervasa d’ansia «Un patto piuttosto, una promessa di sangue.»
«Mmh, guerra e morte in cambio del dominio assoluto. Parrebbe da lui, sebbene l’essere svenduto come servitore di spada disgusterebbe qualunque Khai.»
L’altro scosse il capo, impugnando il ciondolo che gli pendeva dal collo.
«Non per supremazia, bensì per mia madre. Ne ha posseduto il corpo ma non è mai stata sua, unica eccezione in quasi settecento anni. È l’ossessione che lo ha reso folle, la rivuole a tutti i costi.»
«E come, se ha varcato la soglia del Custode?!» Rhenn sgranò gli occhi, attraversato da un terribile presentimento «Impossibile che abbia evocato Belker, che il nostro dio sia sceso quaggiù, che i Khai abbiano combattuto a quello scopo!»
«Sarebbe un’ipotesi ingiuriosa o insensata, se tu non avessi interpretato lo Shikin. Le tue visioni s’inseriscono nel quadro con raccapricciante perfezione. Le campagne di Jandali, Salki e Minkar hanno creato la piramide di cristallo, la via per il trionfo del dio della Battaglia presunto dal testo arcaico e da Kushan.»
«No. No no no!» il primogenito si massaggiò le tempie «È una costruzione mentale!»
«Anche la scarsità d’acqua? La piscina in cui siamo immersi è a metà, tutt’altro che una fantasia. Non offendere il tuo intelletto, fratello.»
Rhenn lo fissò sconvolto: il complesso mosaico, del quale aveva tutte le tessere, si compattò in un’immagine catastrofica.
«E Yozora?» ansò «Non c’entra con Kaniša o con Belker, ma ha trovato il libro e…»
Gli occhi di Mahati si accesero di bagliori flammei, il calice tra le dita si accartocciò come una foglia secca.
«Ha portato qui ahaki. La sola possibilità.»
«Cosa!? Se anche fosse vero, non sarebbe sufficiente senza il Signore dei Khai! Non potrebbe insegnarglielo!»
«Sai bene che ahaki non si apprende, Rhenn. Si prova.»
«Yozora sarebbe l’esempio?»
«O il tramite» lo sguardo del Kharnot era lava «Ma in tal caso, chiunque sia il predestinato, troverà la mia spada.»
   
 
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