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Autore: GingerGin    30/03/2024    0 recensioni
Bianca Romano, brillante neolaureata in Legge alla UCLA, si appresta a dare inizio al suo periodo di praticantato. E non in un posto qualsiasi, bensì presso il Pubblico Ministero della città di Los Angeles! Il mondo dei procuratori e della polizia, tuttavia, non è rose e fiori. Anzi, sembra la scenografia di un dozzinale legal drama: sul tutor di Bianca, il celebre procuratore Miles Edgeworth, girano strane voci e i tirocinanti, anziché lavorare, sono più impegnati a spettegolare su di lui e la strana amicizia che lega il commissario Gant al capo procuratore Skye. Tra colleghi indisponenti, avvocati difensori bizzarri e sedute spiritiche, riuscirà Bianca ad arrivare sana e salva all'esame finale?
Genere: Avventura, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Miles Edgeworth, Nuovo Personaggio, Phoenix Wright
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Il mattino seguente, Bianca arrivò in ufficio con dieci minuti di anticipo; un tentativo di mettere di buonumore il suo tutor.
Trascorsero le prime ore di lavoro tra nastri registrati, cartelle identificative e appunti scritti a mano. Non parlarono molto, eccezione fatta per consultarsi su quanto appreso in seguito a una seconda revisione del materiale raccolto. Occasione che permise a Bianca di osservare Edgeworth da più vicino, alla ricerca di un elemento che potesse, in qualche modo, tradire la regolarità del suo operato. E con suo estremo sollievo, non trovò nulla: Edgeworth analizzava lucidamente le parole degli interrogati e ragionava ad alta voce, rendendo Bianca partecipe. Unica nota dolente, non sembrava apprezzare a pieno le opinioni della sua tirocinante, giudicandole troppo semplici o superficiali, rimarcando quanto detto il giorno precedente durante l’interrogatorio. Bianca, che non aveva mai amato i testardi, strinse i denti, imponendosi di aspettare pazientemente l’indagine, prevista per quel pomeriggio, per dare prova della sua bravura.
All’ora di pranzo, la ragazza si presentò al tavolo dei tirocinanti con un leggero mal di testa, dovuto al prolungato contatto con gli schermi del televisore e del computer. Non ebbe nemmeno il tempo di salutare i suoi colleghi e sedersi per mangiare, che subito questi la riempirono di domande sul caso Williams-Jones. In quel posto, le voci circolavano troppo velocemente e Bianca non ne era affatto felice: un passo falso e sarebbe stata sulla bocca di tutti. Come riusciva Edgeworth a soprassedere al gossip senza restarne influenzato?
- Sapete chi è il colpevole?
- Stiamo ancora aspettando i risultati della scientifica, ma siamo abbastanza sicuri di chi si tratti. C’è anche un testimone.
- Quindi hai incontrato il commissario!
- In carne e ossa.
- Edgeworth ti sta mettendo alla prova?
- Come ogni tutor farebbe. - rispose Bianca, già sfinita e desiderosa di mangiare in pace.
- Wow, deve essere molto richiesto se avete già un caso per le mani, che invidia!
- Vuoi un consiglio?
Al sentire quella voce, la ragazza si massaggiò la fronte, spazientita. Effettivamente Cosby non si era ancora pronunciato sulla questione e lei stava solo aspettando quel momento per potersene andare, a costo di finire il pasto in ufficio sotto gli occhi omicidi del suo tutor.
- Sentiamo. - e gli rivolse un sorriso tirato.
- Ti ho già accennato dei modi bruschi del suo maestro, perciò non impuntarti e non esprimere la tua opinione senza che lui te lo chieda, o ci saranno brutte conseguenze. Ma tu cerca di rimanere serena e fai del tuo meglio. - concluse, divertito.
Qualcuno è stato contagiato dall’umorismo di Gant, pensò Bianca. Inspirò a fondo per ritrovare la calma, squadrando Cosby. Quel tipo amava parlare convinto di essere d’aiuto, quando invece non faceva che dire l’ovvio. A giudicare dai suoi immensi sforzi per dimostrarsi capace e superiore agli occhi degli altri, doveva soffrire di una grave mancanza di autostima, corredata da un esplicito narcisismo. Con gente del genere, era inutile discutere, ma nulla vietava Bianca di fargli capire che quella recita non funzionasse con lei. Perciò si limitò ad annuire, ringraziandolo con una punta di sarcasmo e malizia.
- Mai avuto un uomo che si preoccupasse così tanto per me. C’è qualcosa che mi nascondi?
Inizialmente sorpreso, Cosby si lasciò andare a una grassa risata, che fece rabbrividire Bianca: era la risata più falsa che avesse mai sentito.
- Qui è pieno di segreti. Se non ci si aiuta tra colleghi… - le rispose, alzando le spalle.

Ancora intontita dalle parole enigmatiche del suo collega, Bianca scese dall’autobus, accolta da un gruppo di villette a schiera e condomini vetusti. Il quartiere dove vivevano i Williams-Jones distava mezz’ora dal centro di Los Angeles. Vi abitavano principalmente immigrati e lavoratori, ma non c’era storia di criminalità violenta come i più pensavano. Era proprio lì che lei, il detective Gumshoe e il procuratore Edgeworth che la stavano aspettando di fronte all’ingresso condominiale avrebbero iniziato la propria indagine: l’appartamento della famiglia, il luogo dell’omicidio. Avevano ricevuto il mandato di perquisizione e, al contempo, era arrivato il resoconto della scientifica.
- Le impronte sul coltello appartengono al nostro uomo. - asserì il detective. - E la scientifica ha confermato la dinamica dell’incidente, tranne che per il numero di coltellate. Tre, massimo quattro. Kevin Williams era sì arrabbiato, ma a un certo punto deve essere rinsavito.
- Avete provato ancora a interrogarlo? - gli chiese Bianca.
- Sì, ma come mi ha riferito Gumshoe, dichiara di non aver mai nascosto denaro e continua a sostenere l’incapacità del padre a mantenere gli accordi. - intervenne Edgeworth, per nulla sorpreso.
- In tal caso, se questi soldi salteranno fuori, sapremo che ha mentito. - pronunciò la ragazza.
- Altrimenti, possiamo considerare chiusa questa inutile faccenda. Non ho dubbi che gli addetti del supermercato, dove la signora Jones si è recata per fare compere, confermeranno il suo alibi.
Bianca ignorò quel cattivo presagio e invitò il detective a guidarli all’interno dell’appartamento.
La scena del crimine era già stata ripulita del cadavere, di cui ancora si intravedeva la sagoma grazie al nastro segnaletico. Il vecchio pavimento in legno era irrimediabilmente macchiato di sangue, ormai seccatosi e divenuto nero come la pece. La casa era in disordine, probabilmente a causa del trambusto del giorno precedente. Aleggiava un cattivo odore, una miscela di disinfettante e aria viziata. Gumshoe indossò un paio di guanti in lattice, in modo tale da non contaminare l’ambiente. Bianca ed Edgeworth fecero lo stesso.
- Direi di cominciare da qui, il salotto, per poi cercare nelle camere. - suggerì il detective.
Anche Edgar Allan Poe suggeriva di cercare dove meno lo si aspetti, in bella vista.
Il gruppo rovistò nei cassetti, nel portalettere, tra le riviste e i libri alla ricerca di buste o plichi contenenti soldi, invano. E la stessa sfortuna colse il trio negli ambienti privati della signora Jones e del figlio. Né una dannata banconota, né un singolo centesimo. Solo cimeli del signor Williams custoditi da Kevin in una scatola, dimenticata in un angolo dell’armadio a prendere polvere: vecchie fotografie, alcuni disegni, biglietti d’auguri scoloriti pieni di frasi e parole dolci nei confronti del figlio. Nonostante il brusco epilogo della loro relazione, Kevin non era riuscito a liberarsi di quei ricordi.
A ricerca conclusa, sia Bianca che Edgeworth sbuffarono. L’una per il sottile ghiaccio sul quale camminava la propria teoria, l’altro per un mancato rafforzamento del movente dell’assassino.
- Non mi arrendo. - sussurrò Bianca a denti stretti, rivolgendosi poi ai suoi compagni. - Farei quattro chiacchiere con il vicinato, voi?
Edgeworth fece per protestare, ma Gumshoe intervenne in soccorso della ragazza.
- Non è una cattiva idea. Potremmo acquisire qualche dettaglio interessante, signore.
Il procuratore roteò gli occhi, per poi incamminarsi fuori dall’appartamento.
Il vicinato dei Williams-Jones accoglieva persone di ogni tipo: coppie di sposini, famiglie numerose, pensionati solitari e studenti in affitto. Pochi di loro seppero dare informazioni utili non essendo conoscenti stretti della famiglia, tranne che per sommo gaudio di Bianca gli anziani, gli unici a rimanere tutto il giorno chiusi in casa. Chi meglio di loro per delle vivaci chiacchiere di quartiere?
- Hanno sempre abitato qui, da quando Kevin non era che un pargoletto. Un amore di bambino e un giovanotto sano e forte. Anni fa la zona non era così male, sa cosa intendo, no? Ci abitavano famiglie facoltose.

- Sempre pronto ad aiutare il prossimo, il caro Kevin. Ha preso da suo padre. Mi si è spezzato il cuore quando ho saputo del loro divorzio.

- Williams, un uomo meschino? O per l’amor del cielo, no! Amava suo figlio e lui amava il padre. È anche vero, però, che è da un po’ che non li vedo insieme.

- Ma quando il vecchio Williams passava di qui e capitava di incontrarsi sul pianerottolo, mi chiedeva sempre di Kevin, perché non riuscivano a incontrarsi. Lo amava con tutto il suo cuore.

- Le dico solo una cosa, detective, a me quella donna non ha mai detto granché. Non nego che si prenda cura del figlio e che non si spacchi la schiena per mantenerlo, ma quando menziona l’ex marito non fa che riservargli parole dure. 

- Non è sempre stato così. Prima del divorzio, andavano d’amore e d’accordo. Una famiglia tutta d’un pezzo, rispettabile. Poi, il caos. Ma che vuoi farci, quando perdi tutto… Ma che sbadato, so che tutti e tre siete qui da un po’, volete del caffè?

- No, la ringrazio, signore. Piuttosto, potrei avere un suo contatto qualora la sua testimonianza risultasse utile ai fini del processo? - chiese il detective all’anziano signore, porgendogli un quadernino.
- Ma certo, figliolo. Williams ha fatto così tanto per me e mia moglie, pensa che riservava sempre un posto in clinica in caso d’emergenza! - concluse l’uomo, scrivendo frettolosamente sulla pagina bianca.
- Grazie e buona giornata. - si congedò il detective, riconoscente.
Finalmente Bianca, Edgeworth e Gumshoe uscirono, ritrovandosi all’ingresso del condominio. L’indagine, almeno per la ragazza, si era rivelata più fruttuosa del previsto e non vedeva l’ora di spiegarne il motivo al procuratore.
- Credo ci sia una chiara contraddizione nel resoconto della signora Jones, o mi sbaglio?
- Se la sua contraddizione si basa sull’opinione di un vicino di casa, le consiglierei di cambiare immediatamente metodo investigativo.
- Lo so, si tratta solo di congetture, ma se l’avvocato difensore di Williams mira a un ridimensionamento della pena-
- Dimostrerò che si trattava solo di un escamotage da parte della vittima per non insospettire il vicinato. Fingere che andasse tutto bene. Ciò instillerebbe il dubbio di un’eventuale premeditazione.
Bianca si trovò costretta ad ammettere che fosse un’ottima – seppur discutibile – strategia, ma di nuovo Edgeworth sembrava non cogliere, o peggio, rifiutava la sua visione d’insieme.
- Ciò che intendevo, tuttavia, è tutt’altra questione. - insistette Bianca. - Padre e figlio non si vedono da molto tempo. Improvvisamente, Williams diviene un uomo meschino e si rifiuta di sostenere economicamente l’ex moglie e gli studi del figlio. Perchè e com’è avvenuto questo cambio repentino? Sono sempre più convinta che abbiamo a che fare con ben due colpevoli.
- Sospetta anche della signora Jones? - e Gumshoe la guardò curiosamente. - Ma in veste di collaboratrice?
- Io credo-
- Basta così. - la interruppe severamente Edgeworth, stizzito. - Ho chiesto la sua opinione a riguardo?
Bianca, per nulla sorpresa della sua reazione, serrò le labbra, frenando all’istante la sua parlantina. Stava esagerando, ne era cosciente, persino Cosby l’aveva avvertita a riguardo. Tuttavia, il suo tutor non stava facendo il minimo sforzo per ascoltarla, sfatando qualsiasi proposta o ragionamento da parte sua. E ciò iniziava ad essere frustrante.
- Siamo qui per raccogliere indizi e imprigionare un uomo che ha commesso un crimine, non per psicanalizzarlo e comprendere l’origine delle sue azioni. - la rimproverò, sprezzante.
- Lo so, signore. Voglio solo aiutarvi, facendo quello che mi riesce meglio. - provò a giustificarsi la ragazza.
- Complicando inutilmente questa investigazione? Rallentandoci? E francamente, non mi risulta che lei sia una psicologa esperta di dinamiche familiari.
Colta da un fremito, Bianca indietreggiò di colpo. Si portò una mano sul cuore, che aveva iniziato con forza a martellare contro il petto. La bocca si impastò, rendendola incapace di parlare senza tentennare.
- Dottoressa Romano? Si sente bene? - la affiancò, preoccupato, il detective.
Edgeworth, invece, continuava a guardarla, impassibile, incurante di quello che le aveva appena detto. Non sapeva, però, di averla colpita nel suo punto debole: la famiglia. Bianca serrò i pugni.
- No, non ne so nulla, perché i miei genitori sono morti quando avevo tre anni. - rispose istintivamente.
Il detective sgranò gli occhi, sconvolto. Il procuratore si irrigidì, divenendo di ghiaccio. Lei ignorò entrambe le loro reazioni, schiarendosi la voce nel tentativo di ricomporsi e maledicendosi per la sua reazione avventata.
- Mi scusi se sono sembrata insolente, non era mia intenzione. D’ora in poi, interverrò solo quando mi sarà chiesto. - concluse, mantenendo sempre la testa alta.
Edgeworth inspirò a fondo per poi parlare nuovamente, come se nulla fosse successo.
- Ora che abbiamo stabilito dei limiti, possiamo proseguire con l’indagine. A più tardi.
E il procuratore si allontanò, lasciando soli Gumshoe e Bianca. Quest’ultima fece per avviarsi verso la fermata dell’autobus, ma il detective la trattenne, offrendole un passaggio in auto. E per quanto avesse voluto restare da sola, Bianca non seppe rifiutare. Forse avere qualcuno lì accanto l’avrebbe aiutata a calmarsi; o meglio, imporsi di restare calma per non sfigurare una seconda volta. Perciò lo seguì, in silenzio, e per sua fortuna durante il tragitto non parlarono: Gumshoe non fece domande, né tentò di intercedere per il suo capo. Per questo, Bianca lo ringraziò tra sé e sé, tenendosi occupata, alla ricerca di un modo per convincere definitivamente Edgeworth. Aveva bisogno di una prova schiacciante, ma quale?

Dopo alcuni minuti, il gruppo si ritrovò nel parcheggio del supermercato frequentato dalla signora Jones. Presso l’infopoint, il detective prese a interrogare gli addetti all’assistenza clienti, chiedendogli infine di poter visionare i filmati delle videocamere di sorveglianza.
La signora Jones era stata lì il giorno dell’omicidio. Con i suoi stessi occhi, Bianca la vide girare tra gli scaffali, in mano la lista della spesa; dal braccio penzolava la stessa piccola borsa di Louis Vuitton che aveva visto durante l’interrogatorio. Nulla di strano, fino a quando non vide litigare la donna con un commesso.
- Sembra parecchio arrabbiata… - osservò il detective.
- Lo sportello ATM era fuori servizio e la signora Jones diceva che non poteva pagare con la carta di credito. - spiegò il sorvegliante. - Il che è strano, perché viene sempre qui a fare compere e paga solo con carta.
Bianca rifletté. Una persona che paga in formato elettronico non teme di essere tracciata. La ragazza, allora, ebbe un’idea. E se la signora Jones possedesse più metodi di pagamento a sua disposizione? In uno, avrebbe messo la somma che desiderava tenere per sé e l’altra, invece, avrebbe raccolto i miseri soldi dell’ex marito. Entrambi inaccessibili al figlio, affinché non potesse scoprire la verità. Bianca guardò Edgeworth, con lo sguardo fisso sugli schermi della videosorveglianza. Voleva, desiderava intervenire, ma aveva senso aiutarlo dopo il modo in cui l’aveva trattata? Avrebbe finito per rimproverarla ancora, accusandola di complicare le indagini inutilmente, perché chissà quanto tempo si doveva aspettare per l’analisi dei movimenti di un conto corrente. Per un momento, i loro occhi si incontrarono. Tuttavia, per la prima volta, Bianca non riuscì a sostenere il suo sguardo. Ancora bruciavano le parole che le aveva rivolto. Lui non poteva saperlo, non gliene faceva una colpa. Era stato il tono arrogante a farla infuriare, come se lei non potesse sapere nulla dell’amore tra madre e figlio, semplicemente perché lei non ne aveva memoria. Gli occhi presero a pizzicarle.
Prima di congedarsi, il gruppo fece il punto della situazione. In casa Williams-Jones, non c’erano soldi. Il vicinato sosteneva l’esistenza di un buon rapporto tra padre e figlio e la cattiva condotta della signora Jones. Infine, l’alibi della donna era saldo.
- Romano, l’ho vista impaziente di dirmi cosa pensa. - intervenne Edgeworth, alzando un sopracciglio. - Mi auguro che, dandole il permesso di parlare, non mi deluda.
Bianca inspirò profondamente. Non voleva dargliela vinta.
- Sostengo tuttora la mia teoria, seppur sia conscia che non possa essere provata nell’immediato.
- Sentiamo, sono curioso stavolta. Può illustrarmela di nuovo? - le chiese con tono canzonatorio.
- Ma certo. - e gli sorrise forzatamente. - Padre e figlio non si vedevano da molto tempo. Stando a come appare la signora Jones, specie dopo aver ascoltato le testimonianze dei vicini di casa, ho ragione di credere che lei abbia lentamente convinto il figlio della cattiva condotta del padre, manipolandolo, con l’obiettivo di tenere per sé i soldi.
- Per quale motivo?
- Credo che il suo obiettivo fosse vendicarsi dell’ex marito. - rifletté la ragazza ad alta voce.
- Ha senso. - si inserì Gumshoe, nel tentativo di tenere sotto controllo i suoi animosi interlocutori. - I dentisti vengono pagati bene e dopo la separazione, non credo che la signora Jones abbia potuto mantenere il suo stile di vita originario. E questo non cozza con la presenza di quella borsetta di lusso che ha notato Romano.
- E secondo entrambi, dove sono finiti i soldi che la signora Jones avrebbe tenuto per sé?
- Un metodo di pagamento nascosto. - affermò Bianca. - Chiunque ha più di una carta di credito, non è così strano. Forse, quel giorno la carta che utilizza frequentemente non funzionava e per non tracciare il pagamento con l’altra carta, ha pensato di prelevare un po’ di soldi. Questo potrebbe spiegare il perché non ha potuto mostrare lo scontrino.
- Se la mettiamo in questi termini, la stessa accusa può essere mossa nei confronti di Kevin Williams, ma mi sembra di capire che lei sia troppo impegnata ad attaccare la signora Jones per considerare questa seconda ipotesi.
- Signore, mi ha chiesto di illustrarle la mia idea, sta a lei accoglierla o meno. In fin dei conti, io sono solo un’umile stagista. Quello che mi preme è fare giustizia e io credo che Kevin Williams non sia il solo responsabile di questo omicidio. Credevo, inoltre, che a lei piacesse avere un registro di condanne perfetto. - concluse acidamente Bianca.
Edgeworth aprì bocca, visibilmente infastidito, ma il detective si frappose tra i due, mettendo fine a quello spiacevole teatrino fatto di frecciatine e sarcasmo.
- Abbiamo un quadro completo della situazione ora, direi che non sarà difficile sbattere in galera Williams. Ricordate che il processo è stato fissato per domani alle tre del pomeriggio. E tu guarda che ora si è fatta! - osservò, battendo l'indice sull’orologio. - Ci siamo tutti meritati un sano riposo. Romano, l'accompagno a casa?
- Non ce ne sarà bisogno. - gli disse gravemente. - Ne approfitto per fare la spesa già che sono qui. A domani e grazie.
Non udì alcun saluto, allontanandosi presto per non dover ancora sopportare la presenza del procuratore. Stava stringendo talmente forte i pugni da affondare le unghie nei palmi.

- Fanculo!  - esclamò a gran voce Bianca.
Per la rabbia lanciò la busta sul pavimento. Scosse i piedi per liberarsi dalle scarpe, esausta, per poi lasciarsi scivolare lungo lo stipite. Respirava velocemente, affannata e accaldata. Passò la mano sulla fronte, chiudendo gli occhi, contando fino a dieci, ma niente sembrava essere in grado di aiutarla a ritrovare la calma e il buon senso. E lentamente, senza accorgersene, si lasciò andare a un sommesso pianto. Odiava piangere, odiava vedersi così debole. E tutto questo per un uomo, o meglio, la persona incaricata della sua formazione, della sua crescita professionale. Ora poteva rispondere alla propria curiosità su chi fosse Miles Edgeworth: un essere spregevole, che si credeva superiore a tutto e a tutti; i giornalisti nemmeno si avvicinavano alla cattiveria che quell’essere trasudava. Imprecò ancora, dando sfogo alla sua esasperazione e allo sconforto.
- Cosa direbbero mamma e papà vedendomi così? - si chiese, singhiozzando. - Cosa direbbero se fossero qui?

Chiuso nel suo ufficio, Edgeworth sorseggiava dalla sua tazza. Poco prima, era arrivato il facchino del Gatewater Hotel a portargli il té, che amava bere per prepararsi a un’altra serata intensa di lavoro. Era stata una giornata faticosa, ma soddisfacente. Quasi perfetta, se non fosse stato per la faccia tosta di quella ragazzina, Bianca Romano. Una testa calda che non sapeva stare al suo posto. Non sarebbe sopravvissuta un singolo giorno sotto l’ala del suo vecchio maestro, ne era convinto. Eppure, aveva un occhio attento, questo era innegabile. Doveva solo metterla in riga, per il bene di entrambi.
Volse lo sguardo sulla postazione della ragazza, in ordine. Poi poggiò la tazza e vi si avvicinò, girandovi attorno. Perlomeno era una persona ordinata e meticolosa; non avrebbe mai sopportato la vista di un ufficio malmesso. Infine, vide la cornice in legno e la fotografia che conteneva. Ad attrarre inspiegabilmente la sua attenzione, fu il sorriso di Bianca, all’epoca una bambina di poco più di tre anni, tra le braccia del padre. Un profondo disagio gli asciugò la gola e la bocca. Si ritrasse, infastidito e sorpreso. Che Romano non avesse mentito a proposito, era ovvio, ma lui di certo non doveva sentirsi in colpa per averle detto semplicemente la verità; per averla rimproverata per una mancanza sul posto di lavoro. Una conferma all’insegnamento del suo maestro: mai lasciarsi sopraffare dai propri sentimenti, perché il sentimentalismo è per deboli. Edgeworth mise da parte qualsiasi ripensamento avesse avuto e tornò a lavoro.
   
 
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