Storie originali > Storico
Segui la storia  |       
Autore: Star_Rover    01/04/2024    4 recensioni
Jari e Verner sono uniti fin dall’infanzia da un legame che nel tempo è diventato sempre più intenso e profondo. Nell’inverno del 1915 però i cambiamenti sociali e politici che sconvolgono la Finlandia finiscono per coinvolgerli, così i ragazzi sono costretti a separarsi per seguire strade diverse.
Nel 1918 i destini dei due giovani tornano a incrociarsi sullo sfondo di una sanguinosa guerra civile.
Genere: Drammatico, Guerra, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Il Novecento, Guerre mondiali
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

XLI. La strada di casa
 

Hjalmar tentò di fare del suo meglio per dissimulare il suo nervosismo. La Guardia Bianca in piedi davanti a lui stava controllando con meticolosa attenzione il documento che aveva tra le mani, ogni tanto sollevava la testa per scrutare i due passeggeri con aria sospetta.
Leena mostrò a quell’uomo un accomodante sorriso. Il soldato si concentrò su di lei, la quale si era levata la giacca dalle spalle. L’abito che indossava si era rovinato durante la disavventura nei boschi, strappandosi all’altezza del seno. Lo sguardo della guardia si soffermò a lungo sulla profonda scollatura, poi si spostò lentamente verso la fascia bianca legata al suo braccio.
L’espressione sul volto del militare mutò all’improvviso, senza più esitare riconsegnò la lettera nelle mani del Leena.
«Mi spiace avervi arrecato disturbo, ma in questi tempi è meglio essere prudenti» si scusò in modo impacciato.
«Comprendiamo, signor jäger» rispose la ragazza con tono malizioso, sbattendo le lunghe ciglia con fare civettuolo.
Il soldato rimase imbambolato per qualche istante, quando tornò in sé si congedò portando la mano al berretto. Continuò a fissare Leena finché non fu costretto a proseguire nel vagone successivo. 
Quando se ne fu andato Hjalmar emise un sospiro di sollievo.
Leena tornò a coprirsi, allo stesso tempo era soddisfatta per l’impeccabile recita e disgustata da quello sguardo viscido che ancora avvertiva su di lei.
«Sembri abituata a comportarti in questo modo…intendo a fingere con gli uomini» notò il giovane.
Ella scosse le spalle: «è facile capire che cosa vogliono ed è semplice illuderli per ottenere ciò che si vuole da loro»
Hjalmar notò una nota di tristezza nel suo cinismo.
«È stato così anche con Frans? Lo hai illuso per salvarmi?»
Leena fu sorpresa dalla sua domanda, quel ragazzino sapeva colpire nel segno senza pietà.
«Forse…ormai non ha importanza. Tra poche ore sarai al sicuro ed io avrò mantenuto fede alla promessa fatta a tuo fratello. Tutto il resto non conta più» affermò con ostinato distacco.
Hjalmar preferì non insistere sull’argomento, ma intuì che Leena non dovesse essere del tutto fredda e insensibile nei confronti dello jäger Frans Seber.
 
 
Quando il treno si fermò, Hjalmar avvertì un tuffo al cuore. Non riusciva a credere di essere tornato, temeva ancora di risvegliarsi solo nel gelo della foresta.
Realizzò di essere davvero al sicuro quando scese dalla carrozza e riconobbe le strade del villaggio.
Mentre camminava verso casa, ebbe la sensazione di trovarsi in un sogno. Tutto era rimasto come ricordava, eppure allo stesso tempo ogni cosa era cambiata.
Egli stesso era una persona differente. Aveva lasciato il villaggio come un ragazzino ingenuo e innocente, ed ora tornava come un giovane uomo disilluso dalla guerra.
Il ragazzo sentì un nodo alla gola, che cosa avrebbe detto a sua madre?
Non poteva raccontarle quello che era successo, non voleva parlare di ciò che aveva visto.
Avrebbe dovuto dire la verità sulla sorte di Verner? Tutto ciò che sapeva era che nessuno aveva più avuto sue notizie dopo la battaglia di Tampere. No, non avrebbe detto niente di tutto questo, almeno non subito.
 
Irina era appostata davanti alla finestra, come sempre sperava di vedere tornare i suoi figli. Ogni giorno attendeva con ansia notizie, anche se da tempo le era rimasta solo la speranza.
Fino a prova contraria, avrebbe continuato a credere che Hjalmar e Verner sarebbero tornati sani e salvi.
Quando riconobbe il ragazzo nel vialetto, la donna quasi non credette ai suoi occhi. Immediatamente uscì di casa per corrergli incontro.
«Hjalmar! Sei davvero tu…sei qui, finalmente» disse tra i singhiozzi, piangendo per l’emozione e la felicità.
Il giovane ricambiò il suo abbraccio.
«Sì, mamma. Sono io, sono a casa»
Irina accarezzò il suo volto, come per accertarsi che fosse reale. Provò profonda tristezza nel notare l’effetto della guerra sul fisico consunto del figlio. Era dimagrito, i lineamenti del suo viso erano mutati, il suo sguardo incavato era vacuo e stanco.
Nonostante ciò, il ragazzo si sforzò di sorridere.
Irina rivolse l’attenzione alla ragazza che era rimasta in attesa a lato della strada.
«Lei è Leena, un’amica di Verner. È stata lei a trovarmi e ad aiutarmi» la presentò Hjalmar.
Irina le dimostrò tutta la sua riconoscenza: «hai salvato la vita di mio figlio»
Leena si ritrasse: «no, io…ho solo rispettato una promessa fatta a Verner»
«Hai sue notizie?» domandò la donna speranzosa.
La giovane chinò tristemente il capo: «no, mi dispiace»
Irina tentò di non manifestare troppo apertamente il suo turbamento.
All’improvviso si udirono dei guaiti provenire dal retro dell’abitazione.
«Saija!»
Hjalmar attraversò il giardino, appena aprì il cancello di legno, la lupacchiotta si gettò su di lui. Il ragazzo rotolò a terra, lasciando che l’animale continuasse a dimostrare il suo affetto.
Irina osservò commossa la scena, poi tornò a rivolgersi a Leena.
«Dove andrai adesso?» chiese con sincera apprensione.
«A dire il vero non lo so…»  fu la sincera risposta.
Irina non sentì la necessità di chiedere altro.
«Se vuoi puoi restare qui con noi, almeno finché la situazione non si sarà calmata»
Leena rimase in silenzio, senza trovare la forza di opporsi alla confortante e rassicurante stretta della madre di Hjalmar.
 
***

Il sole splendeva ad Helsinki. Le truppe bianche sfilavano con fierezza per le strade della capitale. Erano l’orgoglio del generale Mannerheim, il quale aveva organizzato quella parata per elogiare il nuovo esercito finlandese.
La banda militare suonava allegramente mentre una gran folla acclamava i soldati con entusiasmo.
Kris e Gunnar marciavano uno di fianco all’altro, il finlandese era evidentemente a disagio al centro dell’attenzione, lo svedese invece rispondeva con saluti e sorrisi al pubblico acclamante.
«Dovresti essere contento, abbiamo vinto!» disse Gunnar riferendosi alla mesta espressione sul volto del suo compagno.
«Ho atteso a lungo questo giorno, ma ora non riesco ad essere felice per questa vittoria. Non posso dimenticare quello che ho visto, queste strade erano cosparse di cadaveri»
«Anche la pace ha il suo prezzo»
Kris non poté far altro che accettare la triste realtà.
«Hai pensato a cosa fare ora che la guerra è finita?» domandò Gunnar con curiosità.
Il giovane abbassò lo sguardo.
«Dopo quel che è accaduto non riconosco più la Finlandia come la mia terra. Ho dovuto dire addio alla donna che amavo, non resta più niente per me qui»  
«Dunque hai intenzione di andartene?»
«Non lo so…»
Per un po’ i due continuarono a marciare in silenzio.
«Tu invece? Hai pensato al tuo futuro?»
«Be’, l’esperienza bellica è stata interessante, ma la vita del soldato non fa per me. Sai, il mio è uno spirito avventuroso. L’altro giorno, quando eravamo al porto, ho pensato di imbarcarmi come marinaio»
Kris non fu sorpreso da quella rivelazione.
«Quale sarà la tua nuova meta?» domandò con interesse.
«L’America, la terra della Libertà»
«Sono contento per te. Anche se, devo ammettere che mi mancherai» disse tristemente.
Lo svedese azzardò la sua proposta.
«Perché non vieni con me?»
Egli trasalì, non aveva considerato quella possibilità.
«Dici sul serio?» chiese ancora titubante.
«Hai detto di non avere più nulla a trattenerti in Finlandia e vuoi lasciarti questa guerra alle spalle. L’America è un buon posto per ricominciare»
Kris non ebbe bisogno di molto tempo per riflettere.
«Va bene, sono pronto ad affrontare con te questa nuova avventura!»
 
 
Schierato a fianco degli altri ufficiali, Jari osservava con freddo distacco lo svolgersi della parata. Questo sarebbe stato ciò che la Finlandia avrebbe ricordato, la banda che suonava e colonne di soldati che per l’occasione avevano lucidato l’uniforme. Gli orrori di Tampere invece giacevano sepolti con i morti di Kalevankangas.
Jari si rivolse a Yrjö esprimendo il suo dissenso.  
«È assurdo, i tedeschi hanno liberato questa città dai Rossi e non sono stati autorizzati a partecipare alle celebrazioni per la vittoria!»
L’ufficiale medico tentò di restare imparziale.
«Suppongo che il generale Mannerheim voglia rendere omaggio al nostro esercito»
«Senza Lockstedt il nostro esercito non esisterebbe!»
Il medico intuì quale fosse il vero problema.
«Mi spiace che il capitano Winkler non sia qui, so che per te la sua presenza era importante»
Il tenente sospirò.
«Alla fine Bernhard ha scelto la Germania, laggiù la guerra non è finita»
«Credi che tornerà a combattere?»
«Se ho imparato a conoscerlo bene non esiterà a tornare sul campo di battaglia»
Il suo compagno non ebbe alcun dubbio a riguardo.
«Sono certo che per lui non sia stata una decisione semplice» aggiunse poco dopo.
Jari avvertì gli occhi lucidi: «dopo tutto quello che abbiamo passato insieme, avrei almeno voluto la possibilità di dirgli addio»
«In ogni caso, sono convinto che lui sia orgoglioso di te»
Il tenente Koskinen tornò a guardarsi intorno con aria spaesata.
«Nemmeno noi avremmo dovuto prendere parte a questa parata» continuò.
Yrjö non capì.
«Presto tu lascerai l’esercito, mentre io…be’, semplicemente non vorrei essere qui»
Il dottore guardò l’amico negli occhi.
«Alla fine hai preso la tua decisione?»
Egli annuì.
«Ho rinunciato alla promozione»
Yrjö si stupì: «per quale motivo? Hai dimostrato di essere un buon ufficiale, credevo che avessi interesse nella carriera militare»
Jari non poté rivelare la vera ragione per cui aveva rifiutato quell’incarico.
«Temo di non essere pronto ad assumermi tante responsabilità»
Come sempre Yrjö si mostrò comprensivo.
«L’importante è che tu sia convinto della tua scelta»
«Il capitano Keränen ha approvato il mio trasferimento al campo di addestramento di Hamina»
«Ciò significa che…»
«Non tornerò a casa, almeno per qualche tempo»
L’amico si rattristò a quel pensiero.
«Mi dispiace, sono consapevole che Kaija soffrirà per la mia assenza, ma mi consola sapere che non la lascerò sola» continuò il tenente.
Yrjö ebbe un lieve sussulto.
«Hai svolto il tuo dovere, adesso c’è un’altra promessa che devi mantenere»
Il dottore accennò un sorriso, al solo pensiero di poter rivedere la sua amata i suoi occhi brillarono di felicità.
 
***

Quando Aleks superò il confine si ritrovò in una Russia devastata dalla guerra civile. Nulla era cambiato, l’odio e il terrore regnavano sempre su un popolo impotente.
Aleks provò una strana sensazione nel ripercorrere la strada di casa, inevitabilmente ripensò al suo incubo ricorrente. Ma quella volta non c’erano battaglie, nessun edificio era in fiamme.
La via era buia e silenziosa.
Il giovane raggiunse la sua vecchia abitazione avvertendo il cuore che martellava nel petto. Salì le scale di corsa e bussò alla porta in preda all’agitazione.
A rispondere dall’altra parte fu una voce maschile. Subito riconobbe Dimitrij, il fedele amico a cui aveva chiesto di prendersi cura dei suoi cari durante la sua assenza.  
«Sono io, Aleks! Forza, fammi entrare»
Quando finalmente la porta si aprì, davanti a lui si presentò un soldato in uniforme bolscevica, alle sue spalle intravide l’esile figura di una donna.
Dimitrij rimase a fissarlo per un lungo istante, poi si spostò per lasciarlo passare.
Immediatamente Aleks corse ad abbracciare la moglie, la quale tremava per l’emozione.
«Oh, Aleks, finalmente sei qui. Sapevo che saresti tornato!»
Egli non riuscì a trattenere le lacrime.
«Mi dispiace…non avrei mai dovuto abbandonarvi»
«Non è stata colpa tua» lo rassicurò lei.
Aleks era sempre preoccupato.
«State tutti bene?»
Sofiya annuì: «adesso che sei qui non abbiamo più nulla da temere»
 
Rimasto solo con Dimitrij, Aleks parlò a lungo della sua fuga in Finlandia.
«Sono contento che tu sia riuscito a fare ritorno. Devo però avvertirti che la situazione in Russia non è come avevamo sperato»
«Lo so. Purtroppo eravamo così determinati a voler sconfiggere il potere zarista da sottovalutare i pericoli del comunismo»
«Ho scelto di unirmi ai bolscevichi per combattere i Bianchi, non per supportare certe ideologie. In ogni caso, gli anarchici sono sempre considerati pericolosi e sovversivi»
Aleks scosse il capo.
«A dire il vero non mi importa più. Non ho intenzione di combattere e nemmeno di tornare a discutere di politica»
Dimitrij si stupì: «sono certo che cambierai idea quando scoprirai cosa sta accadendo»
Aleks restò fermo sulle sue convinzioni.
«Da questo momento sono soltanto un uomo onesto che vuole proteggere la sua famiglia»
«Con la guerra civile e la repressione non so che altro potrebbe succedere»
Egli rimase impassibile: «qualunque cosa accada, io resterò insieme a mia moglie e a mio figlio»
Dimitrij poté comprendere le sue ragioni, dopo tutto quello che aveva passato, quell’uomo necessitava dell’affetto dei suoi cari.
 
Aleks entrò nell’altra stanza per vedere suo figlio. Il bambino era profondamente addormentato nel suo letto.
C’erano tante cose che avrebbe voluto dirgli, ma non in quel momento. Quella notte voleva solo restargli accanto e vegliare su di lui. Si rattristò nel pensare che per suo figlio era soltanto uno sconosciuto. Non avrebbe potuto cambiare il passato, ma era intenzionato a fare del suo meglio per recuperare il tempo perduto.
Sua moglie lo raggiunse, posizionandosi silenziosamente al suo fianco.
«Credevo di star combattendo per la giusta causa, desideravo soltanto un futuro migliore per il mio popolo. In nome di qualcosa che consideravo più importante ho trascurato ciò che avevo di più caro. So di aver commesso degli errori imperdonabili, ma ho finalmente capito che il mio posto è qui, accanto alla mia famiglia»
Sofiya si commosse nel sentire quelle parole.
«Sono sempre stata disposta a supportarti perché ho sempre creduto nel nostro amore. Ma sono felice di sapere che non dovrò più separarmi da te»
Aleks sfiorò il suo viso asciugandole una lacrima.
In quel momento non poté evitare di pensare a Verner e al tenente Smirnov.
«Non sarei qui senza l’aiuto dei miei compagni. Spero che anche loro stiano bene»
Sofiya riconobbe l’uomo che aveva sposato, dolce e sensibile oltre alla più rigida apparenza.  
Aleks strinse dolcemente la moglie al petto, sperando che quella felicità potesse perdurare nel suo cuore.
 
***

La porta della locanda si spalancò, una folata di vento gelido entrò all’interno. Davanti alla soglia si presentò un uomo avvolto in un cappotto scuro. Gli stivali lucidi batterono sulle assi di legno, la sua andatura era leggermente claudicante.
Gli avventori che notarono la sua presenza ipotizzarono che si trattasse di un cacciatore di renne.
Il salone era illuminato dalle fioche luci delle lampade a olio e dalle fiamme tremolanti del camino.
Lo sconosciuto si levò i guanti e il colbacco, inizialmente si posizionò davanti al fuoco per scaldarsi.
Dopo un po’ si avvicinò al bancone e ordinò da bere, buttò giù la vodka in un solo sorso.
I suoi occhi chiari scrutarono con meticolosa attenzione la stanza, soffermandosi infine su un tavolo di boriosi e chiassosi militari.  Lo sguardo intenso e penetrante rimase a lungo fisso su un ufficiale.
Ad un tratto l’uomo in nero si voltò per rivolgersi alla graziosa cameriera.
«Quello laggiù è il capitano Pitkänen, vero?» domandò indicandolo con discrezione.
Ella annuì, dalla sua reazione era evidente che il militare non fosse un cliente gradito. Di certo beveva troppo, probabilmente allungava anche le mani.
«Per quale motivo mi ha chiesto del capitano?» chiese la giovane.
«Solo curiosità, ho sentito parlare di lui durante la guerra» disse semplicemente.
La risposta, per quanto vaga, sembrò soddisfarla.
Lo straniero estrasse una sigaretta, la ragazza gli offrì un fiammifero. 
«Grazie, molto gentile»
Lei scrutò le sue iridi celesti, ammaliata da quel fascino misterioso.
«Se è in cerca di un posto per la notte abbiamo delle stanze libere» accennò con tono allusivo.  
Per quanto la proposta apparisse allettante, fu costretto a rifiutare.  
«Purtroppo ho un appuntamento a cui non posso mancare»
 
Il capitano Pitkänen era ormai ubriaco quando uscì barcollando dal locale. Non si accorse dell’ombra che seguiva i suoi passi nella notte.
Quando svoltò nel vicolo deserto udì uno scatto metallico e una voce alle sue spalle.
«Capitano Pitkänen, non le hanno insegnato a mantenere il decoro quando indossa l’uniforme?»
L’uomo si voltò, evidentemente in stato confusionale.  
«Speravo di incontrarla in condizioni migliori, ma non importa. Sono certo che l’alcol non sia sufficiente a farle dimenticare le vittime di Kammiovuori. Erano donne e bambini innocenti»
L’ufficiale finlandese stava per mettere mano al revolver, ma il suo avversario fu più rapido.
Un solo sparo echeggiò nel silenzio.
«Do svidaniya, kapitán»
Il russo ripose con calma la pistola. Un tempo si sarebbe preoccupato per aver giustiziato qualcuno senza un equo processo, ma ora era diverso. Non rappresentava più alcun potere superiore, non agiva in nome della sua divisa, non doveva obbedire agli ordini. La sua morale era l’unico giudizio. E in quel momento non provava alcuna pietà per un criminale di guerra che aveva ordinato lo sterminio di civili innocenti.
Aveva rispettato la promessa fatta a un fuggitivo, un uomo che avrebbe dovuto considerare come un nemico, ma che alla fine aveva imparato a stimare e rispettare.
Quando Aleks gli aveva rivelato l’atroce realtà delle fosse comuni di Kammiovuori aveva proferito che avrebbe giustiziato personalmente il responsabile. E così aveva fatto, il tenente Smirnov era sempre stato un uomo di parola.
L’ex-ufficiale rivolse un ultimo sguardo al cadavere, era convinto che gli altri militari coinvolti avrebbero ben recepito l’avvertimento. Era consapevole che Pitkänen fosse soltanto uno dei tanti ufficiali che avevano commesso crudeltà indicibili in quella guerra, ma per il momento poteva considerare appagata la sua sete di vendetta.
Smirnov si allontanò dal vicolo oscuro e tornò alle scuderie.
Abbandonò il villaggio in sella al suo cavallo, senza sapere quale sarebbe stata la sua prossima meta.
Forse avrebbe trovato un posto dove fermarsi, oppure avrebbe continuato a cavalcare al chiaro di luna.
 
***

Il dottor Koskinen stava leggendo l’ennesimo articolo riguardante la vittoria dei Bianchi. Ovviamente era lieto di sapere che il conflitto fosse giunto al termine, ma era ancora preoccupato per suo figlio.
Poteva comprendere la determinazione del giovane ufficiale, ma dopo tanto tempo, avrebbe desiderato vederlo tornare a casa. Invece egli aveva prediletto l’ambizione all’affetto della sua famiglia.
Fredrik si sentiva in colpa per quel distacco, era consapevole di avere le sue responsabilità. Aveva preteso troppo dal suo primogenito, imponendogli le scelte che riteneva migliori, ma che non erano state quelle giuste per lui. Pur sbagliando, il suo unico intento era stato quello di fare del bene. La sua unica preoccupazione era che suo figlio potesse avere il meglio.
Avrebbe spiegato le sue motivazioni e sarebbe stato disposto ad ammettere i suoi errori, se solo Jari fosse stato disposto ad ascoltarlo.
Fredrik riproverò il suo orgoglio e l’ostinazione del figlio. Quella volta però non aveva intenzione di restare indifferente. Voleva dimostrare a Jari di tenere davvero a lui e sapeva di avere un solo modo per farlo, doveva affrontarlo.  
 
 
Kaija attendeva alla stazione cercando di farsi spazio tra la folla. Sembrava che l’intero villaggio fosse presente per rendere omaggio al ritorno dei soldati. Ovunque sventolavano le bandiere bianche e blu.
All’arrivo del treno si alzarono le prime grida di esaltazione.  
«Viva l’Indipendenza! Viva la Finlandia!»
Qualcuno iniziò a canticchiare la marcia degli jäger.
Kaija si avvicinò ai binari, i vagoni si svuotarono rapidamente, decine di soldati erano impazienti di ricongiungersi con le loro famiglie. Tra di loro però non riconobbe la persona che stava cercando.  
La giovane iniziò a preoccuparsi, forse c’era stato un imprevisto. Iniziò a temere di aver commesso un errore ad illudersi.
La gente aveva iniziato a disperdersi, i festeggiamenti si erano spostati nell’ampio piazzale.
Kaija era rimasta immobile come una statua. Stava per rinunciare con profonda delusione, quando finalmente scorse un ufficiale con la croce rossa al braccio.
«Yrjö!» gridò con la voce rotta dall’emozione.
Con le lacrime agli occhi corse verso di lui, il medico lasciò cadere a terra il suo bagaglio per accoglierla tra le sue braccia.
«Sei tornato come avevi promesso» disse Kaija con commozione.
Yrjö la strinse a sé, aveva atteso così a lungo quel momento, ancora non gli sembrava vero.
Lei prese il suo volto tra le mani, baciandolo con passione.
 
Il sole stava tramontando oltre alle colline, la vallata splendeva sotto ai riflessi dorati.  
I due innamorati ammirarono il panorama stretti l’uno all’altra, sdraiati all’ombra di una vecchia betulla.
Yrjö poté finalmente godersi la pace, abbandonandosi alle dolci carezze e alle premurose attenzioni della sua amata.
«Per tutti questi anni mi sono occupato di medicare le ferite dei miei commilitoni, ma ora sono io ad aver bisogno di curare le mie cicatrici»
Kaija intese il significato delle sue parole. 
«Lascia che sia io a prendermi cura di te»  
«Lo vorrei tanto» ammise il dottore.
Lei sfiorò delicatamente i lineamenti del suo viso, guardandolo intensamente negli occhi.
«Ti amo»
«Anche io ti amo. Mi spiace per aver atteso così a lungo, avrei dovuto chiedertelo molto prima»
«Chiedermi che cosa?» domandò la ragazza con aria confusa.
Yrjö si sollevò fino a sedersi, con le mani tremanti per l’agitazione estrasse il prezioso gioiello dalla tasca della giacca.
«Vorresti diventare mia moglie?»
Kaija non esitò nemmeno un istante prima di rispondere.
«Oh, sì. Certo che lo voglio!»
Yrjö le infilò l’anello al dito.
«Non so che cosa accadrà alla Finlandia dopo questa guerra. L’unica mia certezza è che voglio restare con te, per sempre»
Kaija gli strinse le braccia al collo, attirandolo a sé. I due giovani tornarono a distendersi nell’erba alta, avvinghiati in un unico abbraccio.
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: Star_Rover