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Autore: EmmaJTurner    01/04/2024    6 recensioni
Un cancello aperto illegalmente; un'accusa di terrorismo interno; una botanica, un ragazzino e un gatto in fuga in pieno inverno. Cosa potrà mai andare storto.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Cercasi Ammazzamostri'
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Passo del Vento

Si avventurarono per forse tre chilometri nella vallata boscosa attorno ad Andaréz, allontanandosi il più possibile dal fiume e dalla strada maestra in direzione nord-ovest. I primi raggi del sole, sorto alle loro spalle, facevano luccicare la brina incrostata sulle foglie rigide e morte ai lati del sentiero.

Si fermarono per riprendere fiato accanto a un castagno dove stesero a terra il ranger ferito e si rifocillarono col poco cibo che Meli aveva a disposizione nello zaino. I richiami degli uccelli del mattino rimbalzavano tra i rami spogli del castagneto, sereno e immoto alla luce rosa dell’alba invernale.

Logan mantenne la parola. Nonostante fosse lui stesso in discutibili condizioni fisiche, richiamò a sé la concentrazione magica necessaria per sistemare il taglio sulla testa del ranger, riassestargli una caviglia rotta e due costole incrinate. Dieci minuti dopo una pozione rinvigorente gli fece tornare in faccia un colorito accettabile. Gli restavano l’occhio gonfio e gli ematomi violacei su addome e braccia, ma l’emergenza era passata. Senza parlare Meli allungò una boccetta azzurra anche a Logan, che la ringraziò con un cenno del mento.

Completate le cure, il ranger si svegliò.

“Ce la fai ad alzarti?”.

“Dagli un minuto, Logan, non sa nemmeno dove si trova”.

“Non possiamo restare così vicino alle mura. L’esercito starà già pattugliando ogni centimetro quadrato della città e relativi dintorni”.

“Ho detto un minuto, infatti”.

“Smettetela”. La vampira zittì i bisticci di Meli e Logan e si chinò sul compagno ferito. Gli mormorò qualcosa e gli occhi scuri del ranger si scaldarono di comprensione e affetto.

“Sto bene” le rispose il ranger con voce bassa e morbida. “Grazie, Astrid”.

La vampira sorrise con una sincerità e un calore che Meli non aveva mai visto sulla faccia zannuta di un succhiasangue.

Il ranger si rivolse poi ai compagni di fuga e ringraziò ufficialmente i suoi salvatori. Gale — così si presentò — era un uomo sulla quarantina gentile nel parlare e misurato nei modi, il che rafforzò nella mente di Meli lo stereotipo del ranger sempre onesto e beneducato nonostante l’aspetto sciatto da rubagalline. 

Poi la consapevolezza la colpì come una mazza.

“Sei tu il ranger di Salto del Lupo. Sei stato assoldato dalla Guardia per ritrovare i bambini scomparsi”. Era ovvio, a pensarci. Peccato che non avesse avuto molto tempo per pensare nelle ore precedenti.

Gale annuì. “Sono io”.

“Hai visto il cancello”.

“Ho visto il solco ancora carico di magia di sangue. Era evidente che fosse stato aperto e richiuso da poco”.

“I bambini…?”.

“Non c’era più niente da fare”.

Meli rifletté per un istante e decise che era troppo difficile scegliere quali informazioni condividere e quali tenere private. Tanto ormai… 

“C’era un cancello aperto in fondo al dungeon di Darren. Magia di sangue anche laggiù”.

Gale, per un attimo colto di sorpresa, passò con lo sguardo da lei, a Logan, a Lynette; fece un basso fischio di ammirazione quando arrivò a Theo.

“Il ragazzino di Darren! Lo avete tirato fuori. E mi sembra che stia benone”.

“Sto bene adesso, grazie, signore” rispose educato Theo.

“Questo significa che…”.

“Che i cancelli aperti sono più d'uno” disse Meli. “Che la Guardia lo sa, ma imprigiona e zittisce chiunque li abbia visti. Che una ragazzina mutaforma sta girando per la regione per trovare sangue di innocente e…”.

“... che tutti noi siamo in pericolo, adesso” concluse Logan.

“Una mutaforma?” chiese il ranger.

“Sì. Mingherlina, capelli bianchi, occhi rossi, matta da legare” riassunse Meli mentre ficcava gli avanzi nello zaino e richiudeva le cinghie con rabbia.

“È lei ad aprire i cancelli?”.

“Sì. A Darren, perlomeno, è stata lei. L’abbiamo vista”.

“Ha aperto un cancello da sola?”.

“Sì”.

“… è inaudito. Perché l’ha fatto?”.

Meli si strinse nelle spalle. “Lo sa il demonio perché. È pazza, se vuoi la mia opinione”. Chiuso lo zaino, si alzò e se lo lanciò sulle spalle.

Il ranger tacque perplesso. Era chiaro che stava tentando di elaborare tutte le informazioni che gli erano piovute addosso. Con un sospiro e un lamento tentò di alzarsi; Astrid lo trattenne. “Non sei ancora in grado di fare sforzi” lo rimbeccò.

“È assolutamente in grado” la contraddisse Logan. “Lynette!” urlò subito dopo. “Ce la facciamo, perdio?”.

“Non mettermi fretta!” gli urlò quella di rimando da qualche parte nelle fronde sopra le loro teste. La fatina era volata fino alla cima del castagno per fare da vedetta. Era lassù da almeno cinque minuti, in effetti; dopo qualche istante tornò giù con un aggraziato sfarfallio d’ali.

“La Guardia risale il fiume e la strada; ma c’è un gruppo anche nella nostra direzione” annunciò rasposa.

Logan non cambiò espressione, ma il suo tono suonò tagliente. “Grandioso. Dobbiamo andarcene”. 

“Dove?” chiese la vampira.

“Al momento? Via da qui”.

Theo balzò in piedi e si mise accanto a Meli. Lynette si stiracchiò e incrociò le braccia al petto. 

Anche il ranger, aiutato da Astrid, si alzò. Osservò per qualche secondo il gruppo malconcio, il cielo e entrambe le direzioni del sentiero quasi invisibile che avevano seguito fino a lì.

“Saliamo per Passo del Vento” propose. “La vegetazione di latifoglie è più fitta e le foglie cadute nasconderanno il nostro passaggio fin quasi al valico. Il tempo è dalla nostra: l’aria è secca e soffia da ovest; non pioverà almeno per qualche giorno, ma poi si butterà in neve anche a valle. Se saliamo abbastanza in fretta, la Guardia di Andaréz sarà bloccata dal maltempo, ammetterà la sconfitta e tornerà indietro. Non si avventura mai a altitudini troppo elevate: non ha l’equipaggiamento né la preparazione adeguata”.

“Chiameranno i rinforzi locali dai distretti di montagna”.

“È vero. Infatti dopo aver passato il valico ci servirà un posto dove nasconderci e…”. La voce sfumò in silenzio.

E niente. Non avevano niente, nessun piano, nessuna idea. Una masnada mal assortita di criminali in fuga senza obiettivo.

“... riflettere” concluse per lui Meli.

“Riflettere” ripeté il ranger.

“Passo del Vento sia” riassunse Logan, pratico. “In marcia”.

Furono due giorni intensi. Risalirono il bosco di larici e castagni sui sentieri meno battuti fino a raggiungere il brullo versante sud della Catena. Sbattuti dal vento feroce riuscirono a valicare il Passo, rischiando di ammazzarsi a più riprese sul ghiaione sassoso che portava alla valle adiacente. Gale e Astrid guidavano la comitiva; Logan aiutava Theo a superare i passaggi più ostici; Lynette, con i capelli scompigliati dalla bora, minacciò più volte di tornarsene al suo negozio in città — le fate potevano materializzarsi a discrete distanze — ma rimase nonostante le lamentele. Intirizziti e straniti dal continuo ululare del vento scesero in fretta il versante nord fino a raggiungere di nuovo la quiete boschiva. 

Con la pelle del viso dolorante dallo sferzare dell’aria fredda e nelle narici l’odore familiare della resina di sempreverde, Meli riuscì a scuotere via un poco di apprensione e ad ascoltare di nuovo i propri pensieri. 

Dag, le aveva detto Logan, era stata rilasciata non appena erano arrivati alla Barricata. I soldati avevano discusso animosamente tra loro, lasciandosi sfuggire qualcosa come “il Capitano ci taglia le palle se la scopre qui”. Cosa significasse Meli non lo sapeva; sapeva però che di Dag si fidava. Logan tentò di metterla in guardia da quella fede viscerale, ma non riuscì a smuoverla. 

“Potrebbe averci venduto”.

“Non conosci Dagmaris”.

E quella era stata la fine della conversazione.

Però ci aveva riflettuto. “Il Capitano della Guardia è un cliente affezionato” le aveva detto l’amica il giorno in cui, con un Theo sull’orlo di una polmonite, era arrivata al bordello.

Quanto affezionato, esattamente, Dag?

Fu distratta dal richiamo di Gale che li invitava a procedere verso sinistra lungo un sentiero coperto di aghi di pino. Tutti lo seguirono senza fiatare.

Gale aveva preso con naturalezza il ruolo di leader del gruppo. Perfino Logan e Lynette seguivano le sue indicazioni con fede cieca. Nessuno si sarebbe mai sognato di mettere in discussione i suggerimenti di un ranger riguardo una peregrinazione nei boschi: quelli come lui sapevano cosa fare e dove andare, lo sentivano sulla punta delle dita e sui peli dietro la nuca. I ranger avevano una viscerale connessione con la terra e il cielo che li rendeva estremamente capaci e efficienti in contesti di sopravvivenza all’aperto; questa era una verità risaputa e nessuno avrebbe osato affermare il contrario. Gale in particolare si era rivelato un compagno di avventure di prim’ordine per gli standard di Meli. Era competente, prudente, assertivo, silenzioso ma sempre di buon umore. Se Meli avesse dovuto descriverlo in una sola parola, avrebbe scelto “equilibrato”.

Arrivarono a un falsopiano di abeti rossi. Dopo aver studiato il cielo e accarezzato fastidiosamente a lungo un ammasso di humus imputridito, Gale disse: “Ci fermiamo qui per la notte”.

“Il sole è ancora alto” ribatté Meli. Si fidava, sì; non per questo era meno una scassacazzo.

“Queste impronte non mi piacciono” spiegò Gale indicando delle invisibili tracce sul terreno. “Non sono fresche, ma non mi arrischierei. E poi qui vicino c’è un torrente: possiamo pescare qualcosa e riempire le riserve d’acqua”.

Cosa avrebbe potuto rispondere? Il ranger li aveva portati sani e salvi al di qua del Passo del Vento senza incappare mai né in un agguato militare né in un troll di montagna. Meli annuì e si accinse a preparare il campo per la notte nella rientranza rocciosa che le fu indicata.

Mangiarono con calma seduti attorno a un falò, per la prima volta abbastanza sereni da scambiare qualche chiacchiera e un sorriso. Gale, munito di balestra rubata alla Barricata, aveva accoppato una coppia di conigli; Astrid aveva pescato delle trote a mani nude. Ne fecero una cena decente insieme alle piccole rape di raperonzolo scovate da Meli lungo il pendio roccioso.

“Non mangi, tu?”.

Meli si bloccò dall’addentare la coscia di lepre che teneva tra le dita unte. Era stato Theo a parlare, e stava ora offrendo un raperonzolo a Astrid. 

La vampira sorrise gentile e gli rispose che era a posto così, grazie. Theo si ritirò e gli occhi chiari di Astrid furono oscurati da un alone di tristezza. Quando si accorse di essere osservata scoccò a Meli un’occhiata torva e tornò a simulare un’espressione insofferente.

Discussero della strada da prendere l’indomani. Gale propose di risalire la valle verso nord e rimanere in bassa quota per evitare il gelo assassino. Avrebbero dovuto aggirare Aroi e i paesini limitrofi, ma si sarebbero allontanati a sufficienza da Andaréz. Alla prima neve, però, un riparo caldo e asciutto sarebbe diventato d’obbligo. Meli non amava quella specifica valle della Catena, ma si disse d’accordo.

Dal nulla, Theo emise un lamento infelice. “Polpetta! È rimasto alla Lucciola!”.

Meli mandò giù il ciuffo di raperonzolo che stava masticando prima di rispondere. “Sono certa che sta bene”.

“Chi è Polpetta?” chiese Lynette.

“Il nostro gatto” rispose il bambino. “Ci ha salvato da dei bastardi che volevano farci del male”. 

Si lanciò quindi in un entusiasmante resoconto del combattimento avvenuto con i “bastardi” — Meli li aveva chiamati in quel modo forse un po’ troppe volte e Theo era un bambino che imparava in fretta — che li avevano attaccati lungo la strada per Andarèz. Raccontò anche dei balsik; Gale gli fece delle domande interessate e la conversazione migrò verso le pratiche alimentari delle creature del piccolo popolo. Lynette disse che lei mangiava solo fiori, funghi e miele, tutto rigorosamente crudo e scondito. Astrid buttò lì che anche lei preferiva il suo cibo poco cotto. Gale scoppiò a ridere e le scompigliò i capelli in cima alla testa. La vampira chinò il viso e fece un piccolo sorriso; probabilmente, se avesse potuto, sarebbe anche arrossita. 

Con stupore di Meli, la serata continuò lieta. Non parlarono dei cancelli illegali e dei soldati sulle loro tracce. Logan era rimasto in silenzio per gran parte della serata, limitandosi ad ascoltare e a rispondere a monosillabi se interrogato. La qual cosa non la sorprendeva affatto, pensò la botanica con un moto di divertimento. L’ammazzamostri indossava di nuovo il trucco nero degli elfi oscuri — doveva averlo acquistato da Lynette — e sembrava di nuovo sé stesso: sicuro, acido e implacabile come quando lo aveva conosciuto. Solo, ora, nel suo sguardo dimorava anche una complicità solida e serena, accresciuta dal vissuto condiviso. Meli si chiese a cosa stesse pensando. 

“Starà bene con Dagmaris? Sei sicura?”.

Theo la scrutava attento. Meli si riscosse e ci mise un attimo a capire a cosa il bambino si riferisse con quella domanda.

“Polpetta è un gatto molto intelligente, troverà di sicuro un posto dove stare” rispose infine, gentile.

Theo annuì piano, giocherellando con un pezzo di carbone sfuggito al cerchio di pietre del falò. “Credo che gli mancheremo”.

“Sì, questo lo credo anch’io”.

Meli guardò il ragazzino con un rinnovato calore nel cuore. Poi si alzò e prese i due bastoni appoggiati a terra. Ne lanciò uno a Theo.

“Su, avanti. Fammi vedere cosa ti ricordi”.

Entusiasta, Theo si mise in posizione di duello nello spiazzo tra gli alberi di fronte all’accampamento. Ripassarono le forme base del combattimento con bastone e due mani all’orientale — laterale di piatto, affondo di punta, mezza rotazione verso l’alto e verso il basso — poi passarono a nuove tecniche.

“Prima colpisci il torace proprio qui, a sinistra, sotto la gabbia toracica; poi, senza spostare le mani, metti tutto il peso sul secondo colpo di destra, che deve arrivare al collo dell’avversario. Poi fai fare al bastone un mezzo giro sopra la tua testa — così, esatto — e fai un passo verso destra. Così riesci a sferrare il terzo colpo di piatto proprio sulla gola, vedi?”.

Theo ascoltava e eseguiva le istruzioni con grande serietà. Meli gli fece ripetere l’esercizio finché non fu soddisfatta di forma e destrezza. Sentiva, però uno sguardo giudicante bruciarle addosso. Si voltò stizzita.

“Che c’è?”.

“I passi sono sbagliati” rispose Logan pronto.

“E allora facci vedere tu come si fa, sapientone”.

Logan le scoccò un’occhiataccia, si alzò e afferrò il bastone che Meli gli porgeva. Si mise in posizione con un movimento fluido. 

“Sinistra, destra e poi ancora destra per uscire dalla linea dell’avversario” spiegò, dimostrando con movimenti lenti. Eseguì la figura in velocità e in un’unica stoccata il bastone di Theo volò a terra. Il bambino rimase impalato con la bocca a forma di O.

Logan allungò il bastone a Meli, che lo prese accigliata. Per un attimo, le loro dita si sfiorarono.

Theo volle riprovare i nuovi passi; quando cominciò a sbadigliare alle correzioni di Meli fu chiaro che era giunta l’ora di andarsene a dormire.

Mentre si preparavano per la notte Meli pensò che era soddisfatta di come stava gestendo la propria indifferenza nei confronti di Logan. Si era impegnata a stargli distante e a non pensare a… pericolose inclinazioni. Lui, d’altro canto, pareva fare lo stesso. Ed era un bene: ci mancava solo una complicata relazione fisica da gestire insieme a quel gran casino in cui si erano cacciati. 

Per questo quando, un’ora dopo, si ritrovò a dormire contro di lui, schiena contro schiena, sul pavimento esiguo e irregolare della grotta dove avevano fatto campo, si convinse che non c’era alcun problema. Assolutamente nessuno.

Astrid e Lynette facevano la guardia all’ingresso. Astrid perché non aveva bisogno fisico di dormire — Meli aveva ceduto alla curiosità e gliel’aveva chiesto — Lynette perché le fate cadevano solo in microsonni di pochi minuti per volta, come certi animali. Quindi le due passavano la notte a chiacchierare del più e del meno o a tenersi una quieta compagnia. Meli vedeva il loro fiato disperdersi in nuvolette di condensa contro il cielo nero.

L’aria odorava di neve, il che significava che il giorno seguente avrebbero dovuto accelerare il passo. Meli aveva in mente io un posto in cui avrebbero potuto nascondersi. Su a nord, in fondo alla valle… un posto in cui aveva giurato di non mettere più piede.

***

Le strigi volavano in tondo. Meli urlò senza suono. Tentò di muoversi ma, come ogni volta, era inchiodata a terra da una forza invisibile. 

Una donna-uccello sbatté le grandi ali fino a lei; i grossi artigli ricurvi le pesarono sul petto. Prima che potesse beccarle gli occhi, però, qualcosa le sfiorò la spalla.

Meli si svegliò con una mano gentile che la scuoteva. Si voltò e si ritrovò davanti il viso incerto di Logan, illuminato appena da una gemmaluce quasi scarica. Sbatté gli occhi e, col cuore ancora martellante nel petto dallo spavento, si sentì invadere da una consapevolezza densa come melassa, dolce e terribile: per la prima volta in vita sua qualcuno l’aveva salvata dalle strigi dei suoi incubi. Senza permettersi di ragionarci oltre, rotolò e infilò la testa contro il collo di Logan. Inspirò forte per trattenere le lacrime e l’odore caldo di lui le riempì le narici.

L’uomo sospirò e la strinse a sé con un braccio.

Meli restò così accoccolata a lungo, pensando solo a ricacciare indietro il pianto che la minacciava con un grosso bozzo in gola. Contrariata da quel crollo emotivo, ammise a se stessa che erano stati giorni difficili e aveva bisogno di conforto e calore più di quanto le piacesse ammettere.

Quando infine il senso di angoscia le scivolò via dal cuore, si accorse che Logan stava distrattamente arrotolando tra le dita una ciocca di capelli sfuggita alle trecce; la sentiva tirare piano lo scalpo.

L’imbarazzo le piombò addosso tutto insieme. Le venne un caldo pazzesco. Si scostò un poco e deglutì. 

“Scusami” disse a bassa voce.

“Non scusarti. Ancora le strigi?”.

“Sì”.

Lo guardò in viso. La sua espressione era neutra, ma aveva una luce morbida nello sguardo. Non la stava giudicando per quella esibizione di debolezza.

Logan si lasciò scivolare via la ciocca dalle dita e tornò a posare la testa sul giaciglio di fortuna. “Dormi. Ti sveglierò, se capiterà ancora”.

Meli fece un cenno di assenso. Si rannicchiò lì accanto e tentò di rilassarsi.

Assolutamente impossibile.

Dopo diversi minuti di inutili tentativi di prendere sonno, riaprì gli occhi. Logan la stava guardando. Meli sentì le guance scaldarsi.

“Cosa c’è?” gli chiese in un bisbiglio.

Logan non rispose. Meli restò in attesa. Udiva il respiro regolare di Gale e Theo dietro di sé. Fuori dalla grotta, tra il frusciare dei pini, un gufo bubolava. 

“C’è un problema che sto cercando di risolvere” mormorò infine il mezzelfo. I suoi occhi non si staccarono da quelli di Meli.

“Ah, sì?”. Meli, che temeva di aver intuito dove si stesse andando a parare con quel discorso, non osò indagare la natura del problema. Chiese invece: “E… come sta andando?”.

“Male”.

Meli abbassò lo sguardo e stirò le labbra in un sorriso involontario. “Sempre ottimista, tu”.

Silenzio. Meli aspettò, ma Logan non sembrava intenzionato a continuare. Ormai, però, i dadi erano tratti.

“Questo tuo problema… è molto grave?”.

Logan esitò. “Abbastanza, sì”.

“Cosa succede se non riesci a risolverlo?”.

“Cose terribili, di certo”.

Confusa da una turbinio di pensieri irruenti, Meli allungò una mano per liberare una perla blu della collana di Logan che si era annodata a una ciocca di capelli.

“Terribili, addirittura?” soffiò, incerta.

Di nuovo, Logan non rispose.

Meli alzò il viso. Logan la fissava con gli occhi chiari appena increspati da vaga preoccupazione e un alone di divertimento.

“Terribili, sì”.

Meli deglutì. E decise che se i dadi erano tratti, tanto valeva scommettere.

“Siamo in due” ammise. “Con… il problema, intendo. Terribili conseguenze e… tutto il resto”.

Per un attimo Logan la guardò stranito. Poi strinse la mandibola, inspirò dal naso e fece un sospiro esagerato. Si girò supino a guardare il soffitto.

Dopo un po’, Meli udì di nuovo la sua voce sussurrata nel buio.

“Siamo nella merda, lo sai?”.

In finto tono colloquiale, Meli replicò: “Non mi sembra nulla di nuovo”.

***

Meli si svegliò accaldata. Ci mise qualche secondo ad accorgersi —  con orrore — di essere raggomitolata addosso al fianco di Logan, il quale a sua volta la teneva stretta a sé con entrambe le braccia. Sentendo la faccia bollente, cercò di sfilarsi piano per non svegliarlo.

Non ci riuscì. 

“Mmh?” mugugnò lui nel dormiveglia, flettendo i muscoli e intrappolandola ancora di più tra le sue spire. A sentire quel suono basso e vibrante a Meli venne ancora più caldo.

“Lasciami andare” gli sussurrò.

Logan si svegliò di colpo e la liberò come se si fosse scottato. 

Si alzarono senza guardarsi, spettinati e stando attentissimi e non toccarsi nemmeno per sbaglio. 

Lynette li accolse fuori dalla grotta col sorriso sornione di chi la sapeva lunga.

“Il buongiorno si vede dal mattino”.

Meli incassò la testa nelle spalle. Aveva sentito quello che si erano detti quella notte? Probabilmente sì. 

“Non volevamo svegliarvi. Eravate troppo carini” aggiunse Astrid.

Sicuramente sì.

Non era successo altro dopo il loro scambio rivelatore. Logan era rimasto ostinatamente a fissare il soffitto finché Meli non aveva ceduto al sonno, e dovevano essersi abbracciati mentre dormivano. E ora eccoli lì, rossi di imbarazzo come due ragazzini beccati a pomiciare dietro i cespugli.

Gale, almeno, ebbe la decenza di restare professionale.

“Buongiorno. Colazione?”.

Meli mangiò gli avanzi di una zuppa fredda e raccattò tutta la sua roba mentre gli altri discutevano su come procedere.

“Dobbiamo trovare un posto dove andare entro due giorni” le riassunse Gale, pratico, quando fu pronta. “Il tempo peggiora, le nostre tracce saranno troppo facili da seguire sulla neve e non mi entusiasma l’idea di restare bloccato in una tormenta con queste temperature. Proposte?”.

Ci fu uno scambio di sguardi. Nessuno propose nulla.

Meli sospirò. 

“Conosco un posto”.







Spazio Autrice

Ciao a tutti! Che diciamo di questo capitolo? :D Ci siamo sbottonati? Siamo felici? Abbiamo ancora un po’ di magagne da risolvere, ma intanto la ship è in partenza…

Non vedo l’ora di sapere cosa ne pensate!

   
 
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