Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: SeleneMarino    02/04/2024    0 recensioni
— Lo guardo perché voglio imparare a combattere come lui.
— Vuoi imparare come non si tiene in mano una tazza, forse. — Ribatté Nanaba, con un’occhiata sarcastica al gesto peculiare con cui il soldato più musone dell’umanità stava bevendo un tè — o qualche altra sbobba troppo analcolica per la locandaccia in cui si trovavano.

Come appare Levi agli altri personaggi?
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Una raccolta di one-shot e flashfic che esplorano vari momenti e punti di vista:
1. Erwin Smith • Sparviero – pre canon – Città sotterranea;
2. Keith Shadis • Bastardo – post "No regrets";
3. Petra Ral • Sincero – fino a 57ª spedizione;
4. Hange Zoe • Anomalo – post 57ª spedizione;
5. Erwin Smith • Grazia – post 57ª spedizione;
6. Armin Arlert • Abisso – ritorno a Shiganshina;
7. Erwin Smith • Disobbedienza – post 57ª spedizione.
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[Ship: un pizzichino di Eruri e Rivetra platoniche]
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Armin Arlart, Erwin Smith, Hanji Zoe, Levi Ackerman, Petra Ral
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Seguito, inizialmente non previsto, di “Grazia”. Missing moment dell’episodio 25 dell’anime, che si discosta dal manga in modo abbastanza contraddittorio, però ha questa inquadratura che personalmente adoro! E niente, il mio cervello è partito per la tangente. 


 

Disobbedienza

 

 

Comandante Erwin Smith, uomo tutto d’un pezzo e combattente esemplare: così lo definivano pubblicamente i soldati del Corpo di ricerca. “Pazzo megalomane che gioca a dadi con le vite dei civili” sarebbe stato più calzante, rifletté lui immaginando i loro pensieri più reconditi e leggendo quelli non così nascosti di Nile Doak e di mezza Gendarmeria. Tutti comunque avrebbero dovuto concordare su una cosa: non era il tipo d’uomo che perde la calma facilmente.

Erwin continuava a ripeterselo invano mentre osservava il piccolo profilo spigoloso emergere dai vapori dei due giganti ai piedi del Wall Sina e sentiva le braccia fremere dalla voglia di andargli incontro, sollevarlo di mezzo metro e prenderlo sonoramente a sberle. Un tale comportamento, tuttavia, sarebbe stato inammissibile per il suo ruolo, così restò immobile a osservare Levi avvicinarsi rigido e spedito.

Dietro l’espressione impassibile, un occhio attento avrebbe potuto scorgere in quel viso affilato un’ombra di colpevolezza. E l’occhio di Erwin era molto, molto attento. Levi guardava risolutamente dritto davanti a sé senza vedere né il comandante, né nessuno dei soldati schierati alle sue spalle1. Erwin attese pazientemente che lo incrociasse e ricambiò senza incontrarlo il suo sguardo duro. A un occhio attento sarebbe stato anche evidente che quella grandissima faccia tosta di un avanzo di galera zoppicava, per quanto cercasse di nasconderlo. Lo percepì allontanarsi alle sue spalle fra gli edifici scampati alla furia dei due giganti mutaforma e represse l’impulso di seguirlo immediatamente.

C’era molto da fare. In lontananza, la squadra di Hange si affaccendava intorno al cristallo in cui si era rinchiusa Leonhart: ottenerne informazioni utili non si prospettava come un compito facile. Jaeger, riemerso dal suo gigante, doveva essere riportato sotto la custodia del Corpo di ricerca prima che tutto il lavoro della giornata e della notte precedente finisse vanificato. Le reclute scalpitavano e, come se non fosse bastato, il sindaco di Stohess pretendeva spiegazioni per le numerose vittime fra i civili. Erwin eseguì con scrupolo tutto ciò che il dovere gli imponeva, ignorando il fremito di rabbia che continuava a percorrergli il corpo. 

Qualche ora e diversi problemi dopo riuscì a svincolarsi brevemente per inoltrarsi con discrezione tra i vicoli di Stohess. La città era silenziosa e spettrale, porte e finestre sbarrate per la paura.

Erwin non dovette aspettare molto: in pochi minuti, con un sibilo e un guizzo di verde Levi gli atterrò davanti vacillando leggermente. Sotto il cappuccio era molto pallido.

— Mi hai disobbedito. — Lo rimproverò Erwin con meno durezza e più delusione di quanto avrebbe voluto.

— Sì.

— Non è da te.

— Lo so.

— Dovrei prendere provvedimenti. 

— Dovresti. — “Ma non lo farai”, intendeva dire la canaglia. Quella consapevolezza esibita mandava Erwin su tutte le furie. 

I due si inoltrarono nella città. Nella penombra del tramonto Levi si muoveva con la stessa disinvoltura furtiva che aveva avuto da giovane ladro nel sottosuolo. Suo malgrado, Erwin non riusciva a smettere di guardarlo; era sempre andata così fin dall’inizio.

— Non voglio nemmeno sapere come sei riuscito a portarti qui il dispositivo e la divisa.

Levi si addentrò in un vicolo, si scosse via il cappuccio e sostenne lo sguardo di Erwin. 

— Come è andata la tua scommessa? — Gli chiese, invece di replicare.

Sapeva esattamente dove colpire per provocarlo; per di più, ora la scossa sotto la pelle che il comandante sentiva non era né di risentimento per l’attacco personale, né di sdegno per l’insubordinazione. 

Lottando contro se stesso, Erwin soppesò l’esito del piano. Stanare la traditrice dietro al gigante femmina era la parte riuscita. Certo sarebbe stato meglio evitare che Jaeger si trasformasse: quel ragazzo andava tenuto a freno; che Leonhart si fosse sottratta in quel modo all’interrogatorio, poi, era una vera sconfitta. Dare ragione a Levi, tuttavia, era fuori discussione.

— Ti avevo ordinato di starne fuori. — Gli ricordò invece.

Il capitano incrociò le braccia e appoggiò la schiena al muro con un sospiro soffocato.

— Quanti civili morti, Erwin?

— Non lo sappiamo ancora.

— Dovevi lasciarla a me, quella talpa di merda.

Erwin gli si accostò. Solo da vicino notò che tremava e sudava, avvolto da una tristezza profonda che trascendeva il risentimento.

— Non sei in condizioni, mi pare evidente. 

— Mi pare di aver dimostrato il contrario. — Come al solito, ne faceva una questione puramente fisica. Erwin decise di ribattere sullo stesso piano.

— I feriti non combattono, Levi, non c’è bisogno che te lo spieghi.

— Spiegamelo.

Era davvero esasperante.

— Primo, ieri mi hai disobbedito e non sei più passato in infermeria, quindi non sappiamo nemmeno che tipo di ferite hai. 

— Ho sistemato tutto da solo. Sono capace.

— Di andartene in giro a volare con ossa rotte o chissà cos’altro. 

Levi alzò le spalle.

— Qualunque cosa abbia, passerà come ha sempre fatto. 

Erwin alzò gli occhi al cielo. Essere cresciuto fuori dalla civiltà era un conto, ma rifiutarsi di accedere anche alle più banali cure mediche del Corpo più negletto dell’esercito era decisamente eccessivo.

— Tu non sei normale. — Sbottò senza riuscire a trattenersi.

— Direi proprio di no. — Mormorò Levi con una punta di rammarico.

— Secondo, — riprese Erwin recuperando un tono professionale, — se avessi preso parte all’azione di oggi avresti rischiato di subire danni permanenti.

— Forse. Però avremmo catturato quella stronza ed evitato tutto questo casino.

— Era un rischio troppo alto. Non potevo permettermi di correrlo.

— Certo. Per te siamo tutti delle cazzo di pedine su una scacchiera e io sono la stramaledetta regina2 che tu non puoi permetterti di usare.

Certo che era la regina. Era tutto. Ogni cosa bella e brutta che si potesse trovare nel rimasuglio di umanità intrappolato fra quelle mura. Era la violenza più bieca e la grazia più sublime; era la goccia, ma anche la pietra; un soldato e un criminale, un’anima antica e un bambino indifeso. Questo avrebbe voluto dirgli.

— Si chiama catena di comando. Il superiore ordina, i sottoposti eseguono. — Sputò invece il comandante.

— Si chiama scommettere con la pelle di tutti meno che con la mia.

Colpito e affondato. Erwin si sentì inchiodare al muro da quegli occhi d’acciaio per i quali si sarebbe volentieri lasciato divorare vivo. Ma questo non poteva dirlo.

Improvviso come era arrivato, Levi diede gas, sparò i rampini e si dileguò fra le case. Il comandante Smith, uomo tutto d’un pezzo e combattente esemplare, non ebbe la forza di seguirlo. 

A pochi isolati di distanza, la conta delle vittime proseguiva.

 


1. L’espressione è rubata da qui: «Amavo Gallo, e insieme lo odiavo. Nei primi anni della mia vita ero così affascinato da lui che mi accorgevo di me stesso solo quando mi riflettevo nei suoi vivaci occhi azzurri, che non vedevano né me né nessun altro». (G.Vidal, Giuliano) ^ torna su

2. Come sappiamo un po’ tutti (correggetemi se sbaglio), negli scacchi la regina è il pezzo più potente: l'unico che può muoversi in tutte le direzioni a qualsiasi distanza.^ torna su

 

Note

Se avete letto fin qui, vi ringrazio tanto! 💛
- - Segue sproloquio - -
Oggettivamente non è un granché, quindi perdonate se i personaggi sono OOC. Non è mai mia intenzione stravolgerli, ma Erwin è proprio difficile da inquadrare! Diciamo che nella mia testa sarebbe attratto da Levi e cercherebbe di non darlo a vedere per rispetto del proprio ruolo, mentre Levi, beh, sappiamo che non è il tipo più espansivo del mondo e che la sua frase più romantica è "rinuncia al tuo sogno e muori". Capiamoci. 😉

  
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