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Autore: aurtemporis    03/04/2024    4 recensioni
André vive serenamente con la nonna e il padre che lavora come bracciante nella tenuta di un nobile da molti anni. Un giorno, qualcosa di ritorno dal passato innesca una serie di esiti nefasti che si portano via l'innocenza e la spensieratezza; e la bambina bionda, dal nome curioso, assiste inerme. Negli anni a seguire, un incontro fortunoso dà inizio all'inesorabile piano per appianare un grave torto.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Generale Jarjayes, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Violenza
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Quella stessa mattina, non appena il padre ebbe lasciato lo studio, la figlia ci si era intrufolata senza farsi vedere da nessuno. C'era qualcosa di strano in quella faccenda, e non capiva perché l'uomo accettasse di buon grado di perdere i suoi lavoranti dopo anni che avevano servito bene la tenuta e onestamente, a differenza di Pascal. Non aveva senso ai suoi occhi. Facendo due calcoli a mente, per salvare una quindicina di famiglie fino al raccolto successivo non serviva chissà che cifra enorme eppure il generale aveva ritirato il braccio così tanto che neppure voleva sentirne parlare, come se desse il fatto già chiuso. Cercava i registri della contabilità per fare una previsione esatta del conto da saldare ai contadini; non li aveva mai visti, in realtà non sapeva neppure se si trovavano lì dentro o altrove. Cercò nei cassetti della scrivania, nella vecchia libreria sul lato destro. Guardò nella pila di carte dei rapporti datati dell'esercito e si domandava perché mai il padre li conservasse, alcuni di quei fogli riportavano missioni all'attivo quando lei non era neppure nata. Frustrata, strofinò una mano tra i capelli guastando la pettinatura. Il vestito le dava intralcio, per non parlare del fatto che si stava portando via tutta la polvere dagli angoli nascosti dei mobili e del pavimento, dove neppure alla servitù era concesso di entrare per spazzare. 

Il registro non lo trovò. Però trovò un foglio interessante, lo scoprì nascosto dal sottomano di cuoio poggiato sulla scrivania. Un foglio molto lungo, con rendicontazioni dell'ultimo anno. Non c'erano le spese che stava cercando ma comparivano delle cifre esorbitanti; ventisettemila, quarantamila, venticinquemila… E accanto a ciascuna c'era scritto: gestione tenuta extra. Cifre fuori dalla sua comprensione. E ancora non aveva trovato ciò che stava cercando. Avesse provato a fare domande al padre si immaginava già come le avrebbe risposto. Che non erano affari suoi e non doveva impicciarsi. Se in quegli esborsi erano comprese anche le quote per i lavoranti non poteva saperlo. Il generale non parlava mai di rendite con la figlia e la moglie, avevano solo una vaga idea di come si tenesse l'amministrazione dei possedimenti e di chi vi lavorava. Stette a pensarci su per un po'; che senso aveva incorporare spese differenti in uniche cifre, a che serviva? Tra qualche tempo non avrebbe potuto ricordare a cosa si riferissero, a meno che quelle spese non interessavano delle singole uscite. E in tal caso i lavoranti ne erano certamente esclusi. Udì il rumore degli zoccoli provenire dall'esterno del palazzo. Si sporse dalla finestra dello studio, che affacciava all'esterno, riconobbe il padre e il suo sguardo furioso. Risistemò tutto più o meno come stava e lasciò la stanza. Il vestito rimase incastrato nella porta, per tirarlo lo strappò. Corse poi alla sua camera. 

"Signorina, che fretta avete!" il maggiordomo la vide sfrecciare e la seguì con lo sguardo, lei gli fece cenno di far silenzio con un dito. Quando arrivò, chiuse la porta alle sue spalle. Controllò il bordo dell'abito, non c'erano lembi mancanti, inspirò a lungo, poi iniziò a cambiarsi.

Nel mentre si mutava i vestiti pensò quanto fosse strano veder tornare il padre dopo così poco tempo, era accaduto qualcosa che lei non sapeva e che non poteva chiedere. L'orgoglio dell'uomo era simile al suo, forse peggiore, e lei era abbastanza sveglia da capire quando era il momento di stargli alla larga. Si calò adagio dalla finestra e andò a prendere il suo cavallo.

 

Era tarda mattina quando raggiunse il fienile. Lasciò il cavallo legato a un ramo e si avvicinò, bussando alla porta, non sapeva perché lo stava facendo, doveva essere vuoto. Però udì dei rumori confusi, entrò. André sedeva sul pagliericcio e aveva in bocca una coscia di pollo fritto, la poggiò nella scodella quando vide il volto perplesso della ragazza. "Avevamo detto al tramonto…" puntualizzò lui, aveva ancora la bocca piena ed era in imbarazzo.

"Già, infatti credevo di non trovare nessuno" Oscar avanzò guardandosi intorno, vide delle coperte, qualche libro, del pane sopra a un sacco disteso in terra e un fiasco. "Ma, per caso vivi qui dentro?"

Lui annuì. Era stato alla taverna per prendersi da mangiare ma non se la sentiva più di stare in pubblico, dopo l'incendio, quindi era andato a consumare il pasto dentro il suo nascondiglio. "Non giudicarmi, ho le mie ragioni per stare qui"

"Non ti giudico" e si sedette accanto a lui, le offrì una parte del pollo ma lei disse che non aveva fame. 

"Porta dentro il tuo cavallo, fuori potrebbero vederlo"

"Non posso" sollevò tra le mani qualche filo di quel fieno muffito "si metterebbe a masticare questo e gli farebbe male… tu come fai a stare qui? Non ti disturba l'odore?"

"Ci sono abituato" aveva quel pollo a tiro e non sapeva se continuare a mangiare oppure no "com'è la situazione con i braccianti?"

"Critica" 

"Che posso fare per rimediare?"

"Niente, servono solo denari e devo trovarli io, in qualche maniera"

"Posso darti quello che mi resta da parte" stropicciò le mani unte sopra il fieno, tanto peggio non poteva puzzare. Si mise a rovistare in un altro sacco.

"Lascia stare. Non basterebbero"

André rovesciò trentuno monete d'oro in terra e un'altra dozzina d'argento "Ti prego, prendili se ti possono aiutare"

Lei li contò con una scorsa veloce degli occhi "Ne servirebbero venti volte tante" sorrise, in quel momento le sembrò un bambino che aveva rotto un oggetto prezioso e voleva aggiustarlo in tutti i modi, e le fece tenerezza. "Mio padre non farà nulla. Temo che, se non troverò il denaro, dovrò accettare di vederli andar via"

"Perché? È così caro mantenerli un anno?"

"Affatto" strinse un pugno "e non ne capisco la ragione" tranne che aveva affrontato spese gigantesche, stando a quel foglio che aveva letto. "Gli ho parlato di Pascal, non mi ha convinto neppure su questo. Mio padre è un uomo che non sono mai riuscita a comprendere a fondo. C'è un lato di lui nascosto che non mostra se non in rare occasioni, quando perde il controllo"

André l'aveva visto dare sfoggio della sua meschinità che era un bambino, ma lo tenne per sé. La spalla toccava vicino a quella della ragazza. Non si mosse per paura di vederla allontanarsi. "Tu sei molto diversa da lui. E ne sono felice" disse.

Oscar sorrise ancora "André, dimmi una cosa, che farai dopo? Quando avrai pareggiato i conti"

"Non lo so" si stiracchiò la schiena, ormai il pollo era diventato proprietà di una blatta che ci stava girando sopra da un po', a malincuore non l'avrebbe più toccato "penso che acquisterò della terra e poi, se sarò fortunato, prenderò moglie" cercò una reazione sul viso di lei ma la vide fissare lo spazio avanti a sé, immobile.

"Potrai scegliere, sei già fortunato" disse l'altra.

Il giovane aveva dimenticato che la maggior parte dei nobili si sposavano per lignaggio, non per amore. Spalancò gli occhi "Sei stata promessa a qualcuno?"

Lei annuì.

André scattò in piedi tanto da spaventarla. "Non puoi piegarti così facilmente!"

"Non ho scelta, ho rimandato più che ho potuto. Devo obbedire" il padre non era certo un uomo che badava ai sentimenti di alcuno, anzi, le era anche andata meglio che alle sue sorelle, tutte costrette a sposarsi più giovani di lei. Se qualcuno dimostrava un temperamento docile e arrendevole, il padre tesseva le fila con estrema facilità. Lei aveva resistito quasi fino a ventun anni. 

"Chi se ne importa! Ci sono io!" in preda all'impeto aveva detto qualcosa di troppo oppure quelle parole si erano liberate da sole approfittando di un istante di trepidazione dell'animo. I due occhi azzurri che osservavano il nulla si sollevarono su di lui. "Intendo dire, che puoi contare su di me" cercò di correggere il tiro.

"André, non mi piace quando le persone girano intorno a quello che devono dire" si alzò anche lei e gli si avvicinò "mi piace chi dice ciò che pensa, senza paura"

Il bruno deglutì, provò a toccarle le spalle poi si ritirò, ricordò che le mani non erano proprio linde ma piuttosto appiccicose "Se ti dicessi…" l'incertezza provò a prendere il sopravvento ma la respinse "Se ti dicessi che qualcuno… no, non qualcuno" chiuse gli occhi e li riaprì con decisione, guardandola in viso "che io, io dannazione! Che io vorrei che tu pensassi, prendessi in considerazione, la pazzia di… di diventare mia moglie-" e non concluse la frase, la bionda l'afferrò per il collo della camicia e lo tirò, finché le labbra si unirono. Sfuggevoli dapprima poi più temerarie ma sempre lievi, sul filo di una carezza che segnava l'inizio di qualcosa che poteva divenire oppure fermarsi lì.

"Posso leggerlo nei tuoi occhi, quando guardano me, ma il dubbio logora" mormorò lei quando si scostò, interrompendo un bacio diventato infine gentile, quasi fanciullesco "quanto ti ci è voluto per confessarlo…" era arrossita e scorse un lieve colore simile al suo anche sulle guance dell'altro. 

"È difficile dichiararsi a qualcuno come te, con uno spirito così forte che può distruggere un'anima con un solo sguardo" André aveva la voce tremante, si sentiva leggero come una nuvola tanto che ebbe quasi l'impressione di essere tornato indietro di oltre un decennio. 

"Nientemeno" Oscar rise appena e posò la fronte sulla sua spalla "guarda che non ti ho perdonato per l'incendio"

"Lo so" la strinse con le braccia ma avendo cura di non sfiorarla con le mani "mi farò perdonare, anche se dovrò impiegarci tutta la vita"

Oscar si aggrappò forte a quelle spalle. Non sapeva cosa sarebbe accaduto d'ora in avanti ma se quelle spalle erano lì, se avrebbe potuto appoggiarsi a esse qualora le forze le fossero mancate, allora anche l'irreale poteva diventare reale. Le dita salirono dietro al collo e si intrufolarono nei capelli bruni, dove rimasero solo per pochi attimi, André provò un brivido lungo la schiena. "Devo andare" era circa l'ora di pranzo, se il padre non l'avesse trovata a tavola… Non voleva dargli una scusa per infierire su di lei a causa della situazione disastrosa alla residenza. 

La vide spostarsi e uscire, senza dire più una parola. Poi prese il cavallo e imboccò la via per la tenuta. Non gli aveva risposto, o magari il bacio era una risposta più che esauriente. La sua nemica, che non lo era mai stata, la persona che amava più della sua vita, anche se non sapeva cosa fosse l'amore fino al giorno in cui le aveva stretto la mano, lo ricambiava. La sua vendetta e l'odio, che si mescevano in quel vuoto che aveva nel petto da anni, cercavano di fare ostruzione ai nuovi sentimenti che più forti spingevano via l'oscurità persistente come un vecchio chiodo arrugginito che non si cavava via. André tornò a sedersi e picchiò piano la testa contro uno dei piloni della stalla, doveva liberarsi dalla rabbia, non ne poteva più.

 

Trascorse un giorno. La voce che Pascal era fuggito iniziò a viaggiare per la tenuta. Il generale Jarjayes diede ordine al resto delle guardie di dargli la caccia. Si fece portare gli uomini più vicini a Pascal, che si risentirono nel non aver saputo nulla dei piani dell'uomo. Il generale urlò loro in faccia che dovevano essere ben informati su dove si era nascosto, perché potevano essere suoi complici, ma questi si inginocchiarono supplicandolo di credergli. Non ne sapevano niente e il generale ne era perfettamente al corrente. L'affare era iniziato come una cosa a due e così si era concluso. Tutte le guardie si diedero da fare per trovarlo, iniziò la ricerca palmo a palmo per la tenuta e poi proseguirono fuori. Temevano di non trovarlo e non tanto per l'uomo scomparso, piuttosto per le conseguenze che si sarebbero abbattute anche su di loro. Si diceva anche che Pascal avesse derubato e truffato il padrone prima di darsela a gambe. Ed era qualcosa di inaspettato, fuori dalla logica stessa di Pascal, non avrebbe mai agito così, godeva della fiducia del generale e aveva ottenuto da questo una posizione di rilievo tra tutte le guardie. Inoltre non era uno stupido ingenuo, non avrebbe commesso un errore così plateale fuggendo senza prima tentare di giustificarsi. Non c'era da star tranquilli neppure un po'.

Oscar, ancora scombussolata per quel bacio con André, non ebbe neppure modo di rifletterci su che in quella residenza era già scoppiato un nuovo caso. Non sapeva che pensare, tranne molte supposizioni non c'era nessuna certezza. Si era tenuta alla larga dal padre, e l'uomo non le aveva più rivolto la parola dopo ciò che si erano detti nello studio. Da sola, seduta sul letto nella sua camera, ripensava a quelle ricevute e alla cambiale; erano una prova schiacciante, Pascal non avrebbe potuto negare l'evidenza. Erano pagamenti in sacchi di derrate alimentari. Non c'erano molte scuse che potesse addurre, neppure una grossa eredità ricevuta e poi riconvertita in granaglie senza una valida ragione. E se per caso li avesse ottenuti in seguito a una vincita al gioco, a danno dello stesso conte, sarebbe stato ancora più sciocco a rigiocarseli contro il medesimo anziché elevare il suo status sociale. Avrebbe potuto ambire anche a qualcosa di meglio che continuare a far la guardia per il padre. Rilevare un'attività, dei possedimenti... Almeno quello era ciò che avrebbe fatto lei nei suoi panni. Se il padre ci aveva parlato, l'aveva anche in guardia, doveva quindi aspettarsi una sua reazione, fuga compresa. Eppure il generale sembrava, appariva come essere stato colto alla sprovvista dalla sua scomparsa. 

Si alzò dal letto, avrebbe voluto fare un'altra visita nello studio del padre. Per come lo conosceva lei, avrebbe dovuto imprigionare Pascal immediatamente in attesa di chiarire i fatti e non parlargli come se fosse un socio che aveva commesso un errore blando. I conti non tornavano. Avesse fatto domande era certa che l'uomo l'avrebbe liquidata dicendole di farsi gli affari propri "Queste cose non devono riguardarti" ripeté a voce alta imitando quella del padre. Eppure la gestione della tenuta interessava anche lei, come la madre. Ne andava anche del loro tenore di vita.

Le guardie erano tutte in agitazione intorno alle terre, non poteva muoversi dalla residenza. E il generale pareva aver rimandato tutti i suoi doveri alla reggia. Si ritrovava quindi bloccata nella sua stanza. E aspettare non era quello in cui riusciva meglio. Uscì.

Quando scese metà della rampa di scale incontrò il maggiordomo. "Signorina, il generale chiede che nessuno lasci la propria camera, c'è un fuggitivo pericoloso su queste terre"

"State tranquillo, questa casa è l'ultimo dei posti in cui tornerebbe" replicò lei e proseguì a scendere. Il padre semplicemente non voleva nessuno tra i piedi. E lei doveva capire cosa stava accadendo. In quel momento un cavallo nero si fermò davanti l'entrata del palazzo. Il giovane Yves Renaud scese e lo lasciò alle cure del servo che accorse. Il maggiordomo gli aprì la porta e dietro di lui c'era la bionda che era rimasta più distante.

"Il generale è occupato, signore, ma se volete attendere in salotto, gli comunicherò subito che siete qui" disse Victor, prima che l'ospite si facesse annunciare.

"Non preoccupatevi, chi cerco non è il generale" spostò gli occhi su Oscar e il suo sguardo, solitamente impacciato e schivo, ora era diverso, profondo, quasi crucciato, avrebbe detto la ragazza che si avvicinò lentamente. "Posso parlarvi in privato, madamigella?"

Non l'aveva mai chiamata così, Oscar iniziò a presagire niente di buono. Tuttavia gli disse di andare fuori "Chiedo perdono per la scortesia, al momento siamo nel mezzo di una caccia al fuggitivo e c'è del caos dentro e fuori il palazzo" disse, poi fece strada. Yves la seguì. Il maggiordomo non sapeva se doveva andargli dietro, per non lasciare la signorina da sola con il sottotenente, oppure recarsi prima ad avvisare il padrone. Dopo qualche altro secondo di indecisione optò per la seconda. Dopotutto era un ospite già ricevuto altre volte, pensò che non potesse riservare sorprese spiacevoli.

"C'è qualcosa che vi turba, Yves?" lei si fermò solo quando raggiunse un piccolo riparo tra gli alberi. Il palazzo si vedeva bene da lì, ma loro erano coperti da frasche e fogliame rigoglioso in pieno risveglio. 

"Devo mostrarvi qualcosa. Sì, mi turba, ma non pensate di me come a un vostro nemico" alzò gli occhi e la guardò "sono qui solo per informarvi e capire. Voi possedete una mente veloce e una capacità di giudizio integra, potrete aiutarmi a comprendere meglio di quanto possa fare da solo"

Oscar restò ferma e in attesa, silenziosa. Lo vide tirar fuori un piccolo foglio da dentro la divisa e porgerglielo, una cambiale molto familiare. Stesso nome, stessa cifra. Come era potuta finire nelle sue mani, si stava chiedendo. E cosa doveva dirgli adesso? Doveva far finta di vederla per la prima volta oppure il generale aveva menzionato il suo nome e che era stata lei a consegnarla a lui, e forse quest'ultimo l'aveva data a Yves per le indagini legate alla morte del conte. Rimase in silenzio.

"Sapete, avevate ragione, certe cose può trovarle solo qualcuno che sa dove mettere le mani, fosse anche una comune bisaccia" vide che la ragazza lo guardava confusa, quindi proseguì "quella era insieme ad altre, mio padre aveva molti crediti da riscuotere ma, voltate quel foglio"

Fece come gli aveva detto e si trovò con una scritta davanti agli occhi. "Non può essere…" mormorò, quella frase non c'era su nessuno dei fogli che aveva consegnato al padre e che aveva ricevuto da André. E poi perché diavolo c'era il nome di suo padre. L'aveva scritto lui? A che pro? Ma quella non era la calligrafia del generale. Non aveva senso. "Avete detto bisaccia?"

"Esatto, la bisaccia del cavallo di mio padre che ho tenuto per me"

"Vostro padre andava a cavallo portandosi dietro questa?" e se quella era una copia della cambiale consegnata al generale, o meglio l'originale, significava che il padre non l'aveva mai avuta tra le mani.

"Sì, quella e altre. Aveva di queste stravaganze, conoscendolo le teneva a portata di mano e forse le sfogliava anche per compiacersene" si accarezzò i baffi che stava lasciando crescere "se state pensando ciò che penso io, non temete di dargli voce, resterà un segreto fra di noi"

"Mio padre aveva un debito con il vostro"

"E ha usato il nome di qualcun altro per copertura, forse vergognandosene" aggiunse Yves "non era il solo, ne ho trovate diverse. Nomi che farebbero tremare i polsi a molte persone se saltassero fuori e scatenerebbero il peggiore degli scandali per ciascuno di essi. Ma la cosa che mi incuriosisce di più è, perché soltanto il generale si è tutelato con questo espediente del nome di comodo. La frase deve averla appuntata mio padre per non dimenticarsene…"

Fintanto che ascoltava, un altro pensiero iniziò a farsi largo nella mente della bionda, alzò gli occhi e fissò Yves, che poteva dirgli adesso? Di Pascal, dei suoi dubbi, oppure era meglio affrontare prima il padre e rivolgere a lui quelle domande. "Potreste lasciarmi questa cambiale? Vi giuro che vi verrà restituita"

"Tenetela, fateci ciò che volete, non è comunque mia intenzione riscuotere i debiti per conto di mio padre. Sono quelli che hanno causato la sua morte, probabilmente, anche se non credo si sia messo a ricattare uno dei suoi debitori, non era un uomo così imprudente da sfidare i ceti più alti"

"Non è per il debito ma per chiarire la verità sulla provenienza di questo denaro" ribadì lei.

"Non vorrei aver causato problemi alla vostra famiglia, forse avrei dovuto rifletterci di più e non parlarvene mai" ebbe un ripensamento.

"Invece avete fatto la cosa giusta, esattamente quello che mi aspetterei da voi" pensò alle voci sul registro che aveva trovato, ingenti uscite di denaro senza una chiave di lettura affine, come fossero solo normale amministrazione. Il padre doveva averne avute diverse di cambiali da gestire. "Tornate domani, vi prego, vi restituirò la cambiale assieme a una risposta più esaustiva" 

"Non mi dovete alcuna risposta" 

"Sì invece, e non solo a voi" piegò il foglio e lo nascose nel palmo della mano che chiuse. Era davvero furibonda. Yves si inchinò brevemente e poi tornarono insieme verso il palazzo. Il generale non lo incontrò affatto.

   
 
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