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Autore: musa07    04/04/2024    3 recensioni
[AU-Conservatorio][KageHina][SakuAtsu]
"Hinata correva per i corridoi del Conservatorio illuminati dalla luce rosea del sole al tramonto, quasi avesse avuto le ali ai piedi. E nel momento in cui arrivò nell’aula, spalancando la porta incurante del fatto che dentro vi si stesse svolgendo una lezione o delle prove, beh: no, non si aspettava di farla franca[...]
Dopo il loro incontro di qualche sera prima, conclusosi in quel locale vicino al Conservatorio proposto proprio da Shoyo (dove Shoyo aveva parlato e Tobio si era praticamente limitato ad ascoltare quel monologo fervido e infinito), Tobio non aveva capito perché quell’altro da quel momento si era sentito in dovere, e in diritto, di tampinarlo ovunque. Lo aspettava all’entrata del Conservatorio alla mattina, fuori dalle sue lezioni (a proposito: come faceva a trovarsi sempre già lì? Si teletrasportava alla fine delle sue?) e, ovviamente, se lo ritrovava tra i piedi anche al momento del rientro. Per non parlare della pausa-pranzo o durante le prove dell’Orchestra[...]"
Partecipa alla challenge #springbingo indetta dal gruppo FB italiano "Non solo Sherlock"
Questa storia è il continuo di "Speed Date"
Saranno presenti diversi personaggi e diverse coppie
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Atsumu Miya, Kiyoomi Sakusa, Shouyou Hinata, Tobio Kageyama, Tooru Oikawa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Questo capitolo partecipa alla challenge #wipspring indetta da Ame Tsuki sul gruppo FB “Komorebi Community - Fanfiction Italia
 
Dopo un anno (mi vergono anche a dirlo, guarda!) riprendo in mano questa AU grazie a questa challenge.
Se linkate sui titoli delle canzoni che trovate nel testo, vi rimanda al link su youtube della stessa.
 
 
 
 
TERZO CAPITOLO
 

- Io non partecipo ai concorsi perché è carino e divertente, Boke. Se partecipo ai concorsi è per vincerli. – fu l’inappuntabile replica di Tobio quando Shoyo, con il suo solito entusiasmo estenuante, gli aveva proposto come possibile duetto la
Gavotte di Gusac.
 
- L’ho portata al saggio di terza elementare. – era stata la replica di Tobio, replica abbastanza scioccata anche a dirla tutta. Non aveva pronunciato quelle parole per sminuire l’altro o per cercar di passar per quello borioso, ma perché davvero era rimasto altamente perplito.
- Sì ma non con la mia tromba in duetto. – non si era dato per vinto Shoyo, sedendosi ora al tavolino dove Tobio stava consumando il suo tè, incurante del fatto di non esser stata invitato a farlo
- Hah? – ecco che era partito il suo cipiglio dei migliori, pronunciato con quel filo di voce in grado di gelare anche l’Inferno e, infatti, Shoyo tacque saggiamente per un istante.
Tobio avrebbe solamente voluto bersi il suo tè in santa pace, dopo la nottata movimentata che aveva passato, per ridare un senso logico ai suoi neuroni. E ai suoi pensieri.
- Kags? – ma la voce dell’altro glielo aveva impedito.
 
Kags?” si era chiesto dentro di lui, nuovamente inorridito, e allora aveva lentamente poggiato la tazza sul tavolino sul quale era seduto, nella sua caffetteria preferita, a metà strada tra lo stabile formato da monolocali che il Conservatorio metteva a disposizione per i suoi studenti e il Conservatorio stesso.
Shoyo, di fronte allo sguardo glaciale di Tobio che si era sollevato lentamente su di lui, era arretrato inconsciamente con il busto e aveva ben pensato di cercare di ammansirlo uscendosene con quella frase del fatto che suonare insieme alla Gavotte al Concorso sarebbe stato divertente.
- Io non partecipo ai concorsi perché è carino e divertente, Boke. Se partecipo ai concorsi è per vincerli. –
- È per questo allora, Kags, che hai sempre questa rughetta sul viso. – Shoyo, vedendo che l’altro non aveva intenzioni di azzannarlo alla gola come aveva temuto, ebbe tanto ardire di sporgersi verso di lui con il busto, e premergli l’indice con forza tra le sopracciglia.
- Proprio questa rughetta qui. – rise il rosso cercando di appianargliela e trovandosi il polso intrappolato nella morsa d’acciaio delle dita di Tobio.
- Vuoi forse che ti ammazzi? –
- Ohh, come siamo suscettibili. – ridacchiò Shoyo, per nulla turbato né dalla minaccia di morte né dal tono, ritornandosi a sedersi – Se resti senza il tuo partner in crime come fa a vincerlo il concorso. – lo citò, mimando le virgolette.
- A parte il fatto che non ho ancora accettato proprio un bel niente. – gli ricordò Tobio, per poi lasciare andare il peso contro lo schienale della sedia, sospirando grevemente – Senti: so che Oikawa-san e Kuroo-san vogliono portare la
Sonata.No.9 per violino di Beethoven. –

- Ah... – l’entusiasmo di Shoyo si smorzò per un istante.

Non che temesse il confronto con quei due mostri sacri del Conservatorio – e se non lo temeva era solo perché aveva quel suo modo di essere felice per ciò che faceva e il fatto di doversi confrontare con due come loro avrebbe significato scatenare in lui una doppia dose di impegno e quel senso di sfida che gli permetteva il cercare di migliorarsi sempre più - ma ok che lui era un inguaribile ottimista, ma gli era lampante come la luce che c’è in cielo che i due pezzi avevano poche possibilità di competere. La sonata di Beethoven, nella sua non poca difficoltà di esecuzione, metteva perfettamente in risalto i virtuosismi dei quali un musicista era capace. Sempre se eri in grado di eseguirla, ben si intende. E Shoyo non aveva dubbi che né Oikawa, né Kuroo non fossero in grado di farlo.

- Wow! Sarà uno spettacolo vederli e sentirli. – esclamò con le guance che presero colore per l’emozione del solo pensiero.
- Hah?!  - Tobio era incredulo. Possibile che quel ragazzo non si facesse scoraggiare da niente? 
Questa cosa lo fece in parte sorridere, forse – dopo tutto – non erano così diversi.
Boke ma hai capito che sarebbero nostro avversari e che quindi dobbiamo portare qualcosa che sia in grado di competere con il loro? -
- È inutile, Kags, che tenti di fulminarmi con il tuo doppio laser fulminante, ne sono immune. – rise Shoyo, contagiandolo per poi lanciare un’informazione a caso – Anche Atsumu-san vuole partecipare. –

Miya Atsumu?
Ok, ora Tobio era certo che l’ictus fosse imminente. Infatti, a quel nome, sentì un principio di mal di testa farsi spazio. Si portò l’indice e il pollice a stringersi la radice del naso.
Miya Atsumu e il suo modo fastidiosissimo di... di essere e di vivere. Doveva essere una prerogativa dei trombettisti. No, aspetta! Komori-san era sempre molto gentile con lui (come lo era con tutti) e lo aiutava sempre, prima o dopo le prove, a rivedere insieme certe parti, certe legature, coinvolgendo – suo malgrado – anche Sakusa. Ed ecco che, a questo punto, appariva sempre magicamente anche Miya Atsumu, like avvoltoio sulla spalliera.
Cosa, questa, ossia quella di apparire magicamente, che pareva essere una sua prerogativa, perché era nello stesso identico modo che quella mattina, poco dopo l’alba, se l’era trovato in giro per i ballatoi del terzo piano del dormitorio. Quando lui stava uscendo da uno dei monolocali dove non si sarebbe assolutamente dovuto trovare. E da chi si era fatto beccare? Niente meno che da Miya Atsumu, che stava evidentemente rientrando dalla sua corsa mattutina.
I due si erano fronteggiati, fermandosi e fissandosi negli occhi. E, no: Tobio non aveva sperato neppure per un istante che Miya Atsumu avrebbe fatto finta di non vedere che la porta dalla quale era appena uscito era quella del monolocale di Oikawa Tooru. Lo aveva capito da come il suo sorrisetto da stronzo si era a poco a poco allargato, sornione.
- C’è chi va e c’è chi torna, eh Tobio-kun? – gli aveva detto, posandosi una mano sul fianco e piegando di poco la testa di lato, in quella sua posa da primadonna.
E lui cosa avrebbe potuto rispondergli?
No, una testata sui denti non era sfortunatamente eticamente contemplata.
Non aveva replicato quindi, superandolo, mentre finiva di infilarsi la camicia nei pantaloni.

- …yama? Kageyama? –
La voce di Shoyo lo richiamò alla realtà.
- Miya Atsumu hai detto, eh? –
- Sì. Se riesce a convincere Omi-san. – ridacchiò Shoyo, rilassandosi sulla sedia.
Sakusa?
Merda! Sakusa aveva un modo di suonare che ti prendeva e ti scaraventava dentro la sua musica. Era come subire un sortilegio. Come sentire il canto delle sirene. Non riusciva a staccartene più. Era pazzesco come una persona che pareva sempre distaccata da tutto e da tutti, quando suonava subiva una vera e propria trasformazione e chi lo guardava non poteva che restarne totalmente incantato.
- Ora tutto si fa veramente interessante... – la voce di Tobio era praticamente un sussurro. Un sussurro divertito. Era tutto così dannatamente ostico. E quindi dannatamente eccitante ed invitante.
Portò lo sguardo su Shoyo con una nuova luce negli occhi.
Non amava molto suonare in duetti, a meno che il proprio compagno non fosse una sfida da avere al proprio fianco. E quel gamberetto era indubbiamente una bella sfida. Oh, eccome se lo era!
- Ohy! – lo richiamò Tobio e Shoyo questa volta quasi cadde dalla sedia.
- S…sì? –
- Alle 12.45, puntale, nell’aula 10 dell’ala nord. Voglio vedere che cosa siamo in grado di fare tu ed io insieme. – alzandosi con una felicità febbrile e un’eccitazione negli occhi che Shoyo non gli aveva mai visto.

______________________
 
A Kiyoomi piaceva suonare in due momenti particolari.
All’alba o al tramonto.
Quei due momenti particolari, in cui non era ancora giorno e non era ancora notte.
Aveva l’impressione che il suono si propagasse meglio nell’aria, che fluttuasse sospeso.
Ecco perché quel pomeriggio, sul finir del giorno, si trovava in una delle aule del Conservatorio rivolte proprio verso il tramontare del sole, con la finestra socchiusa in modo che una dolce brezza carezzevole gli accarezzasse il volto, così come i raggi dell’ultimo sole.
Suonare gli permetteva di rilassarsi, di non pensare e di immergersi totalmente nella sua musica.
“È come una magia!” aveva detto la prima volta, da bambino, quando suo nonno gli aveva permesso di usare il suo archetto e il suo violino. Esser riuscito a produrre un suono, modularlo, essere stato lui a farlo, lo aveva fatto emozionare come qualcosa che mai prima di allora era successo.
 
Le sue labbra si piegarono in un lieve sorriso senza che se ne rendesse conto.
Stava eseguendo l’assolo per cello del terzo movimento del
celloconcert di Haydn, senza minimamente rendersi conto che qualcuno lo stava osservando. O meglio, sarebbe stato più giusto dire che stava ammirando ogni suo movimento della sua estasi musicale.
Gli capitava sempre. Non si rendeva conto di ciò che lo circondava. Era questo il bello di quando suonavi un pezzo che ormai era totalmente tuo.
Ma si accorse eccome quando la melodia di un altro strumento si legò alla sua.
Aprì gli occhi e si ritrovò catapultato di nuovo nella realtà.
Non lo vedeva, ma lo poteva udire perfettamente. E non fece fatica a capire di chi si trattasse.
Il concerto prevedeva la presenza di fiati, ma di oboi e corno, non di trombe, ma doveva dire che l’effetto non era proprio niente male.
Sorrise di nuovo, sornione, e proseguì imperterrito fino alla fine.
Era la prima volta che suonavano insieme, loro due da soli e fu solamente quando il suono delle ultime note vibrava ancora nell’aria che se ne resero conto; Atsumu stava ancora accarezzando i pistoni, mentre Kiyoomi lasciò fluire l’archetto sulle corde del violoncello producendo l’ultima vibrazione…
Nessuno dei due riuscì a proferire parola alcuna, ancora troppo presi da quello che erano riusciti a creare insieme, anche se non si stavano ancora vedendo.
“È stato come una magia.” si trovò a pensare Kiyoomi, nel momento in cui si prese un altro istante per godersi quella sensazione prima di alzarsi e spostarsi verso la finestra. E fu quando fu arrivato a sporgersi e guardare fuori, verso il basso, che Atsumu riprese a suonare.
E fu Kiyoomi, ora, appoggiato al davanzale a perdersi a guardarlo.
Il
pezzo non era pensato per un assolo per tromba, ma per un’intera orchestra, ma Kiyoomi doveva dire che non era proprio niente male perché comunque il suono squillante della tromba riusciva a fondersi bene in quella melodia dai toni quasi melanconici, ne faceva emergere la sua forza. Eccola la forza di Miya Atsumu: essere in grado di piegare anche la musica alle sue esigenze.
Socchiuse gli occhi per immergersi totalmente dalla melodia, facendosi accarezzare anche da essa ora.
Di nuovo, quando ancora l’ultima nota vibrava nell’aria, ecco che ora entrambi schiusero gli occhi l’uno sull’altro.
- Allora Omi-Omi: ti ho convinto? – ecco che Atsumu era ritornato a fare ciò che gli riusciva meglio nella vita. Il minchione.
- Sei pessimo meglio, Miya. - ma Kiyoomi si trovò ad emettere una risatina divertito (uccidendo Atsumu ma ok, dettagli).
- Omi veramente, come ho già avuto modo di dirti, sono il meglio che ti potesse capitare. –
- Guarda che io non ho pietà. –
- Oh, sono tutto eccitato solo a sentirti dire queste parole. Farò tutto quello che vuoi, padrone. –
Kiyoomi emise un sospiro sconsolato.
- Confermo: sei il peggio che mi potesse capitare. –
E Atsumu esplose nella sua risata sfacciata e sicura di sé, mentre stringeva la sua tromba con entrambe le mani, continuando a tenere lo sguardo verso l’alto, verso la finestra dove si trovava Kiyoomi.
- Non ti sconterò niente, nessun errore o nessun ritardo o nessuna svogliatezza. –
- Omi quando suono do sempre il massimo. E costringo gli altri a fare altrettanto. –
Le labbra di entrambi si piegarono in un piccolo sorrisetto ferino divertito.
Kiyoomi lo sapeva che quel concorso prima di tutto sarebbe stata una sfida l’uno per l’altro. Ma se Kiyoomi aveva accettato era perché sapeva che con uno come Miya Atsumu, con le sue doti, avrebbe potuto fare qualcosa di ottimo.
Miya Atsumu e la sua sfacciata sicurezza, che più di qualche volta lo portava ad esser rimproverato per le proprie letture dei pezzi, dei virtuosismi, costringendo chi suonava insieme a lui o ad adattarsi o a corrergli in qualche modo dietro.
Sarebbe stato indubbiamente divertente. Lui che era uno preciso e che, anche quando il pezzo prevedeva un accompagnamento, si assicurava anche durante l’esecuzione stessa che non ci fossero sbavature di alcun genere da parte degli altri.
Sì, sarebbe stato indubbiamente divertente.
 
- Vengo da te stasera allora, Omi-Omi? –
- Come fai sempre, mi sembra. Anzi: mi stupisco che tu mi stia chiedendo in qualche modo il permesso. –
Atsumu cercò di prodursi nel suo solito ghignetto ma gli morì lentamente sulle labbra quando vide l’altro chiudergli la finestra in faccia e fargli un “ciao-ciao” con la manina ghignando divertito davanti alla sua espressione sconcertata di fronte a quel gesto.
 
_________________________
 
Anche a qualcun altro piaceva suonare o esercitarsi sul calar della sera.
E, tra le tre coppie formatosi, Tooru e Tetsurou erano indubbiamente quelli che stavano partendo più avvantaggiati, poiché avevano già deciso il loro pezzo.
Eccoli lì, quindi, a loro volta in una delle aule riservate agli studenti per le esercitazioni.
Si trovavano seduti fianco a fianco nello sgabellino posto di fronte all’elegante pianoforte a coda.
Dopo aver fatto un accurato e attento esame delle due partiture e, da intonse quali erano come sempre all’inizio, ecco che i due spartiti iniziavano ora ad avere i primi segni in matita, di cancellature e di riprese, con legature varie.
Tooru, concentrato, si portò gli occhiali da vista tra i capelli, non accorgendosi così di essersi sporcato, nel movimento, la fronte con il bianco delle pece.
- Che cosa c’è, Neko-chan? – domandò vedendo l’altro scoppiare a ridere.
- Aspetta. – proferì Tetsurou, ripulendolo passandovi sopra delicatamente il pollice – Ecco, a posto. Ti eri sporcato con la pece. – spiegò, facendogli vedere il dito.
- Ed io che mi ero illuso che tu ci stessi provando con me. – Tooru emise un sospiro teatrale.
- Ti pare che avrei un modo così scontato di provarci con te? – stette al gioco l’altro, sgranando gli occhi in modo altrettanto teatrale.
- Sì, perché sei un Gattaccio scontato e romantico. – il violinista gli fece una linguaccia divertita mentre si alzava e prendeva posto davanti al proprio leggio dove, tenendo la matita tra i denti, posizionò il primo foglio della partitura.
Diede una rapida lettura alle prime note, solfeggiandole, anche con il movimento delle dita. E Kuroo ne osservò il profilo e lo sguardo concentratissimo, almeno fino al momento in cui si girò nuovamente verso di lui e sfoggiò il suo solito morbido sorriso dannatamente sicuro di sé.
- Ok, sono pronto, Gattaccio. –
- Al tuo servizio! – Tetsurou mimò un servile inchino per poi sistemare meglio l’altezza dello sgabellino, dando una rapida carezza ai tasti del pianoforte, pronto ad iniziare. Lui, anche quando suonava, seppur si concentrasse tantissimo, manteneva sempre quel sorrisetto adorabilmente sornione sulle labbra. Ed eccolo lì, concentrato, dopo l’attacco in assolo del violino, entrando già perfettamente in sincrono con l’altro. E lo stesse fece Tooru, quando riprese, ma Tetsurou vide, con la coda dell’occhio, come si accigliò leggermente e si fermò prima che glielo facesse fare l’altro.
- Che c’è? – gli domandò, divertito. Adorava il perfezionismo al limite del maniacale di Tooru.
- Pensavo che qui forse potrei partire in levare. –
- Proviamo. Ripartiamo da questa battuta qua, che dici? –
- Perfetto. – annuì Tooru. Le ultime due battute del pianoforte. Imbracciando il violino e l’archetto, segnò la levatura, per poi posarsi nuovamente il violino sotto al mento, sistemandolo con cura sulla mentoniera.
Era concentratissimo e galvanizzato. Certo: come sempre, ma ora aveva il momento della sfida e questa cosa lo galvanizzava non poco. Soprattutto perché la notte prima Tobio, nel suo appartamento, mentre lui si trovava disteso a pancia sotto, con il mento poggiato sulle mani a coppa, il lenzuolo gettato pigramente addosso a coprirgli solo in parte lo splendido corpo nudo, si era lasciato scappare che Hinata Shoyo gli aveva chiesto di partecipare insieme al concorso.
E lo vide, Kuroo, quel sorriso e quella luce negli occhi, che conosceva perfettamente bene in Tooru.
Quello che non si aspettò di certo fu di sentire lo stridere dell’archetto sulla corda di la e quasi cadere a terra.
- Tooru! – si preoccupò non poco, soprattutto vedendo la smorfia di dolore che l’altro non riuscì a mascherare in nessuno modo – Ti sei fatto male? – il tono della voce era indubbiamente preoccupato. E lo sapeva, lo sapeva perfettamente Tetsurou, che Tooru avrebbe negato fino alla morte. Come fece, infatti.
- No, tutto ok. – eccolo che rispose con il suo solito sorriso che faceva quando per lui la discussione era chiusa  - Credo che forse sia meglio che attacchi in battere e non in levare. – concluse mantenendo il suo sorrisetto, mentre dentro di lui si sentì come se lo avesse investito una doccia d’acqua gelata.
Merda! Maledetta neuropatia compressiva del nervo ulnare! Aveva ripreso a non dargli tregua.
 
 
Continua…
 
 
 
Spero di non metterci un altro anno adesso…
   
 
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