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Autore: LubaLuft    04/04/2024    4 recensioni
Siamo a Tokyo e il torneo primaverile è ormai iniziato...
"Akaashi, sdraiato su un fianco, osserva Bokuto che dorme nel futon accanto al suo.
È molto tardi ma non riesce a prendere sonno.
L’asso dorme scomposto, come al solito: sdraiato di schiena, le braccia e le gambe aperte, la bocca aperta anche quella.
I capelli scarmigliati, le sopracciglia folte, aggrottate. Sta forse sognando?
All’improvviso si gira su un fianco, offrendogli la sua schiena muscolosa.
Akaashi vede nella penombra le sue spalle larghe, il deltoide che la manica corta e un po’ sformata della maglietta mette in mostra, il bicipite, il braccio tonico, la mano grande, aperta e appoggiata sulla coscia.
L’alzatore sospira. È il terzo e ultimo torneo primaverile che affronteranno insieme..."
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Debolezza di Akaashi n.1

 

Quando si tratta di lui, divento avido. 
Lo so.

Devo dirglielo. 
Lo so.

Ma non ci riesco, o forse sono convinto che già parlino chiaro le mie alzate. 
O forse no. 

Cioè, forse sì, ma lui non ci arriva.

Cioè, ci arriva – e infatti le schiaccia benissimo. 

Ma non va oltre.

 

Akaashi, sdraiato su un fianco, osserva Bokuto che dorme nel futon accanto al suo.

È molto tardi ma non riesce a prendere sonno.

L’asso dorme scomposto, come al solito: sdraiato di schiena, le braccia e le gambe aperte, la bocca aperta anche quella. 

I capelli scarmigliati, le sopracciglia folte, aggrottate. Sta forse sognando?

All’improvviso si gira su un fianco, offrendogli la sua schiena muscolosa. 

Akaashi vede nella penombra le sue spalle larghe, il deltoide che la manica corta e un po’ sformata della maglietta mette in mostra, il bicipite, il braccio tonico, la mano grande, aperta e appoggiata sulla coscia.

L’alzatore sospira. È l’ultimo torneo primaverile che affronteranno insieme.

L’ultimo torneo sotto rete insieme quel folle, ciclotimico, sensibile ragazzone che sfodera diagonali e parallele con il sorriso aperto di chi intanto se la gode.

Se la gode sulle sue alzate, per la precisione.
 

…«Non è da te, Bokuto. Non guardi le notizie sportive?»
«Le ho già viste»
«Pensavo che le avresti viste almeno un centinaio di volte»
«Dì un po’, ma che razza di idea hai di me? Comunque mi hanno inquadrato poco, venti volte sono sufficienti»…

 

Folle, ciclotimico, sensibile e vanaglorioso.

Bokuto intanto si agita nel sonno e si scopre.

Akaashi si avvicina e gli sistema le coperte. Nella stanza che dividono non fa freddo, ma Akaashi vuole essere certo che Bokuto non si ammali. È iperprotettivo e lo sa, ma del resto lui è la sua debolezza n.1.

Nel tirare su il lenzuolo, gli sfiora il braccio, e con un dito preme leggermente sul muscolo. 

Che tempra che ha. 

Quando scarica la palla a terra, il rumore che fa è simile a quello di un brutto tuono in una notte di giugno. 

Quando tutti esultano impazziti, il rumore è quello forte della pioggia. 

Akaashi chiude gli occhi e ascolta rapito tutte le volte che sente quel tuono e quella pioggia. E il sangue va veloce.
 

…«Avrei voluto giocare un po’ di più con tutti voi!!»
«Guarda che non stai per morire.»
«Ovvio! Vivrò fino a 130 anni!»…

 

Akaashi è felice di questa notizia. Ha quasi diciotto anni e se il destino vorrà, li farà ritrovare: ha ben 113 anni a disposizione per lasciargli combinare quell’incontro. Aspetterà, se sarà necessario, perché è innamorato di lui.

Prova a chiudere gli occhi ma senza successo. 

Akaashi non è un tipo nervoso ma improvvisamente gli cala accanto, sul futon, un concentrato di ansia, impazienza e tristezza. 

Vuole aprire una strada per lui fino alla vittoria, pazienza se poi dovrà vederlo andare via.

Sbuffa, si alza, si riveste.

Fuori nevica ma lui ha bisogno di aria fresca.

Sono le tre, spera che un quarto d’ora sia sufficiente a sgranchirgli i pensieri incatenati ancora al corpo del suo amico. A staccarli uno a uno e a metterli a nanna.

Passa però mezz’ora, a contare le lucette di Natale che avvolgono un alberello sul piazzale.

Poi conta i secondi che intervallano le luci rosse sul tetto del palazzo di fronte.

Poi… un abbraccio lo avvolge silenzioso.

È caldo e sa di letto, ha quel profumo irresistibile di abbandono e riposo ed è tutta la notte che lo respira e non gli fa prendere sonno.

“Akaashi… ho fatto un sogno terribile…”

Bokuto spinge la fronte sul suo collo, i capelli ispidi lo sfiorano e gli mandano il cuore a mille e il cervello in pappa. Le sue braccia muscolose lo avvolgono, il petto che sente bollente sulla sua schiena annulla tutto: l’inverno, il freddo, le paturnie sull’influenza che gira, la stanchezza.

Akaashi gli prende le mani fra le sue, sono bollenti anche quelle.

“Bokuto. Che cosa hai sognato?”

Bokuto lascia andare un sospiro spezzato, la voce più fragile che gli abbia mai sentito fare.

“Ho sognato… che ero morto.”
 

Ma no, non sei morto. Sei vivo e sai di letto, e io impazzisco. Non ho più anni, lucette, più nulla da contare. Riesco solo a contare le volte che ho sognato questo momento. Proprio questo preciso momento. 
 

“Bokuto. Hai sicuramente esagerato con gli yakitori. Ora rientriamo che fa freddo."
Ma Bokuto caccia fuori un lamento. Uno dei suoi irresistibili lamenti da bambino, quello che fa scattare il time-out, quello che spinge Akaashi a costruire la giusta narrazione per scuoterlo.

 

Lo lascia andare e Akaashi si volta a osservarlo. 

Che strana faccia che fa: mezzo morto  - quello sì - di sonno, triste per il sogno e forse imbarazzato per averlo abbracciato così senza giusta causa.

Una schiacciata a segno, un muro fatto bene, un pallonetto: loro due si abbracciano solo in campo e per una ristretta tipologia di motivi.

Akaashi… è andata così: io arrivavo in palestra ma nessuno di voi sembrava vedermi. Ho anche gridato hey hey hey ma non mi sentivate! Wataru, Akinori… allora sono andato dritto da Kaori e Yukie, perché pensano entrambe che io sia un figo… ma neppure loro mi vedevano… anzi, stavano parlando di Tetsurou Kuroo e dicevano che era lui il figo!...”

Bokuto scuote la testa sconsolato. 

Akaashi è ancora confuso da quell’abbraccio e non ricorda bene quale sia il numero progressivo di quella particolare debolezza di Bokuto, quella relativa - appunto -  all’essere fighi e al non essere però riconosciuti immediatamente come tali.

“E poi mi sono avvicinato a te… perché in quel momento ho capito che sì, mi dispiaceva se nessuno mi vedeva, ma era soprattutto per te che stavo male. Ma male male!... Ti dicevo  alzamene una, ti prego Akaashi! ma tu, i tuoi… begli occhi blu… mi attraversavano e arrivavano fino a fondo campo.”

Akaashi spalanca di più i suoi begli occhi blu e li fissa in quelli gialli, enormi ed altrettanto belli di Bokuto. 

I suoi brillano anche di più, per via delle lucette sull’albero che sono dorate.

Inizia a cadere la neve e quel poco rumore che arriva dalla strada, alle quattro del mattino, si fa ancora più lontano.

“Akaashi… era solo per te in realtà che stavo male. Mi faceva stare male l’idea che non giocheremo più insieme.”

Akaashi pensa, ripensa e non si decide. 

Si fa troppe pare - lo dicono tutti, in squadra, perché lo hanno capito tutti. 

“E poi…”

Bokuto abbassa lo sguardo e cerca le parole sul pavimento. Non le trova e allora guarda le lucette sull’albero. 

“Bokuto, guarda in alto, come se vedessi ora una mia alzata.” suggerisce Akaashi, e Bokuto guarda in alto.

Sorride felice perché le parole le ha finalmente trovate.

“Akaashi, io vorrei che tu continuassi ad alzare per me, ma non per forza in una partita… voglio dire che quando mi lanci la palla è come se mi tendessi la mano, se mi parlassi, se…”
“Se?...”

Akaashi decide di sfruttare appieno il momento introspettivo di Bokuto, è talmente bello sentirlo parlare così che non sente più più freddo, solo un batticuore ostinato.

“Se…” Bokuto allora tira fuori una faccia da emoticon tipo questa 🤔 ”... Dunque… è come… come se camminassimo insieme… come se fra me e te ci fosse qualcosa di speciale.”

“È ‘come se’ oppure ‘è’ ?”

Debolezza di Bokuto n.vattelappesca: usare le metafore senza sapere che cosa siano esattamente. 

Bokuto lo guarda sconsolato. Akaashi sorride dentro di sé, è sempre più innamorato di quell’enorme e goffo ragazzo che in campo si muove invece agile e armonioso. 

Il tuono e la pioggia, per tutta la vita.

Akaashi gli gira intorno e lo spinge verso l’ingresso dell’albergo.

“Bokuto, adesso non fissarti su questa cosa, andiamo che domani c’è la partita"
 

****

 

Più tardi, è Bokuto che non dorme.

Akaashi lo sente che esce fuori dal futon e si infila nel suo.

I capelli ispidi sul collo, il petto caldo sulla sua schiena, il profumo di sonno e di letto. Poi sbadiglia e tempo due minuti, già russa.

Si addormenta anche Akaashi, contento di quella sua unica, meravigliosa debolezza.

 
   
 
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