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Autore: Lizzyyy02    08/04/2024    0 recensioni
“Uraraka si voltò come a rallentatore. Non era possibile, doveva essere uno scherzo. Magari aveva battuto la testa nella battaglia e tutto questo non era altro che un sogno. Anzi, un incubo. Ma il bruciore ancora persistente delle ferite e l’immagine di un Bakugo a dir poco furioso di fronte a lei, erano così vividi che qualsiasi speranza crollò al suolo. Così come lei stessa, che si lasciò cadere di nuovo con le ginocchia nella sabbia. Era su quella che sembrava un’isola deserta, circondata dal nulla, senza sapere come diavolo ci fosse arrivata o come fare per tornare indietro. Insieme. A. Bakugo.”
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Katsuki Bakugou, Ochako Uraraka
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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La ragazza si trovava sulla riva del laghetto cristallino, a fissare l’acqua…beh, in realtà fissava il suo riflesso, anche se quella ragazza pallida, piena di lividi e stravolta le sembrava quasi un’estranea.

Aveva decisamente bisogno di lavarsi. Sciacquare via tutta la sporcizia, la sabbia e…quel senso di umiliazione.

Tentennò ancora una volta pensando che Bakugo sarebbe potuto arrivare e vederla lì, aveva pensato anche di avvertirlo, ma quando l’aveva visto, non aveva avuto la forza di avvicinarsi.

Confidava nel fatto che se l’avesse scorsa, se ne sarebbe andato. Aveva saldi valori, Bakugo, non se ne sarebbe mai approfittato mettendosi a sbirciare. Non se lo immaginava proprio…anzi, in effetti non gli aveva mai sentito fare un commento su nessuna ragazza all’accademia. Sembrava che queste cose non gli interessassero minimamente.

Scosse la testa. Erano pensieri senza senso.

Quando iniziò a sfilarsi la suite, però, arrossì, guardandosi intorno. Si tenne l’intimo, tanto si sarebbe asciugato presto sotto il sole dell’isola. E poi non era certo uno dei suoi completini pastello: quando portava la sua suite voleva stare comoda, e pantaloncini e reggiseno sportivo erano perfetti.

Mise prima un piede, poi l’altro, entrando piano. Era gelida nonostante il caldo. Le venne subito la pelle d’oca.

Si immerse completamente lasciando che l’acqua la avvolgesse, lasciando andare il fiato trattenuto. Quanto ne aveva avuto bisogno.

Con poche bracciate si avvicinò alla piccola cascata, lasciando che il forte getto le colpisse i muscoli tesi. Non pensava a nient’altro in quel momento, i brutti pensieri, volatilizzati, ed era esattamente quello che voleva.

Si sfregò i capelli alla meglio; non avendo niente con cui lavarli sarebbero comunque rimasti un po’ sporchi, ma meglio di niente.

Quando iniziò a sentire le dita raggrinzite, ed il corpo tremare sempre più di freddo, stabilì che era arrivato il momento di uscire.

Con un abile mossa si tirò su dall’acqua, tornando in piedi e strizzando i capelli gocciolanti. Batté veloce le palpebre per scacciare le goccioline dalle ciglia.

Stava bene, finalmente. Meglio, almeno. Sentiva il corpo fresco, la mente più lucida e…

«Che fai»

Sussultò violentemente. Raccolse subito la suite da terra, portandosela davanti al corpo e girandosi, fronteggiando il suo compagno sbucato dal nulla.

«Tu che fai! Non lo vedi che sono…sono in…» Si sentiva troppo imbarazzata persino per parlare. Ma perché continuava a rimanere lì? Perché non se ne andava? Almeno non sembrava squadrarla. La guardava fisso in faccia, con la sua solita espressione assolutamente neutra.

Voltò la testa di lato «Sei?»

Uraraka alzò gli occhi al cielo. Voleva ribattere ma sentiva la faccia bordò. Andò dietro l’albero più vicino, scomparendo alla sua vista.

«Te ne vuoi andare!?» Fece, quasi isterica, stringendo la tuta tra le mani

«Guarda che non stavo mica guardando. Non sono un pervertito come quegli scemi dei nostri compagni. Ho visto una lepre qui ieri. La stavo cercando»

Sul momento non comprese bene.

«Per cosa…?» Fece, ancora dietro l’albero.

«L’acqua fredda ti ha ghiacciato anche il cervello? Per mangiarla, cosa sennò»

Uraraka sgranò gli occhi.

«Non puoi!» Fece, il tono di un’ottava più alto del normale.

«Uh? Non ti ho chiesto il permesso, mi sembra»

«Non puoi e basta!» Nell’impeto della rabbia lasciò cadere la suite, uscendo dal suo nascondiglio. Non riusciva nemmeno a pensare di essere in pantaloncini e reggiseno davanti a lui. E comunque sembrava non sortirgli alcun effetto.

«Già l’avevo capito che eri strana, adesso ne ho la conferma. Che c’è, sei diventata animalista tutta di botta?» Incalzò, gli occhi che iniziavano a serrarsi.

«Non puoi uccidere quella lepre!»

«Santo Dio, mi vuoi dire perché o vuoi continuare a fare il disco rotto!?»

«È una madre! Ha dei cuccioli che morirebbero senza di lei. E poi…sono le uniche altre anime vive su quest’isola a parte n…»

«Mangiamo tutta l’allega famigliola, allora. Dobbiamo pur nutrirci»

Uraraka non ci vide più. Non l’aveva detto sul serio, vero?

Tentò di nuovo di dargli un pugno, ma stavolta fu più veloce, bloccandole il polso.

«Non ti è bastato prima? Ne vuoi ancora?» Fece, il tono graffiante.

«Tks» Le uscì, strattonando via il polso dalla sua presa. Gli occhi di nuovo ricolmi di lacrime, ma che trattenne con tutte le sue forze.

«Non ti sopporto» Le uscì, con voce spezzata.

Fece per andare via ma in un secondo si ritrovò di nuovo bloccata contro un albero, il corpo del biondo a pochi millimetri dal suo, fin troppo scoperto. Se ne rese conto solo in quel momento, arrossendo fino alle punte dei capelli gocciolanti. Parte della sua pelle sfiorava la sua, e in quei punti sembrava bruciare.

«Perché sei così dannatamente testarda. Perché non mi fai fare come cazzo voglio?»

Nonostante la vergogna, però, gli lanciò lo sguardo più sprezzante che riuscì «Senti da che pulpito. E comunque credo tu abbia dimostrato fin troppo bene che non sarei comunque in grado di fermarti» Fece.

«È questo il problema» Grugnì, guardandola fissa.

Lei aggrottò le sopracciglia e lui sbuffò forte, distogliendo lo sguardo.

«Non conti niente, sei solo una stupida comparsa. Ti ho anche battuto quindi non hai più voce in capitolo sulle mie scelte…»

Fu il turno di Uraraka di sbuffare, ma lui continuò.

«Eppure, che cazzo, io non so perché…» Si fermò, fissandola di nuovo negli occhi. Erano così rossi, fuoco liquido.

«Perché…?» Lo incalzò, quasi inconsciamente.

«Perché io non riesca a fregarmene. Io faccio sempre come mi pare. Sempre. E allora perché…dannazione…»

Uraraka ingoiò un groppo in gola.

«Questo…è…iniziare a rispettare un po dì più gli altri, Bakugo»

«È una merda» Biascicò tra i denti.

«E invece…ti rende molto meno odioso…» Si guardarono per un po’. Lei vide di nuovo quel luccichio che ogni tanto gli illuminava lo sguardo, finché non sbuffò forte, lasciandola.

«E quindi che cazzo mi dovrei mangiare, uh?»

«N-non stavi appuntendo un bastone? Potresti…catturare del pesce…»

«Tsk» Alzò gli occhi al cielo, per poi riportarli su di lei «Vuoi andare in giro così?»

Ma che domanda era? Di nuovo si fece bordò, sentendo risalire l’imbarazzo.

«Guarda che non sono mica nuda! E poi la mia è una tuta intera e non volevo entrare in acqua vestita…e comunque non devo giustificarmi con te!»

Per tutta risposta lui fece un’alzata di spalle, si girò per andarsene ma si bloccò sui suoi passi.

Si portò una mano ai ribelli capelli biondo cenere, stringendoli e ringhiando, quasi frustrato.

Uraraka non capiva cosa gli stesse prendendo quando, ancora girato, se ne uscì con un «Oi»

La ragazza drizzò la schiena, nemmeno potesse vederla.

Sospirò, per poi continuare «Dannazione…senti…mi dispiace, okay?»

Uraraka spalancò piano gli occhi. Bakugo…si stava scusando.

Ma per cosa? Era per come l’aveva trattata? Per il suo carattere impossibile da sopportare? Per tutte quelle volte che le aveva fatto perdere la pazienza? Non capiva proprio a cosa si riferisse. O forse comprendevano tutto quanto…eppure le sembrava strano che si scusasse per queste cose, non l’aveva mai fatto con nessuno da quando lo conosceva…

D’improvviso lo sguardo le cadde sulle sue stesse braccia, sul suo corpo. Segnato da lividi, alcuni già sbiaditi, altri più freschi e doloranti.

Rialzò lo sguardo su di lui. Doveva averli notati, in fondo erano ben visibili, soprattutto ora, senza suite.

Era per quelli che si stava scusando.

Sapeva bene che per lui la forza era forza, donna o uomo non contava niente se doveva dimostrare la sua, lo avrebbe fatto con chiunque senza distinzioni…eppure magari gli aveva fatto effetto vederla così…magari, in questo caso, aveva considerato che delle differenze c’erano tra uomo e donna. Sotto un punto di vista esclusivamente di…corpo.

E di cosa dei lividi e cicatrici rappresentassero sulla pelle dell’uno o dell’altro sesso.

Era quasi certa fosse questo. Anzi, poteva dire del tutto.

Improvvisamente sentì il cuore battere nel petto con più forza. Ingoiò un groppo in gola. Non sapeva cosa dire per tranquillizzarlo.

Perché si, anche se non era affatto da lui, anche se forse non era così, Bakugo in quel momento doveva star provando…senso di colpa, per quanto strano fosse anche solo associare quest’emozione al biondo esplosivo che conosceva.

E lei voleva davvero…rassicurarlo.

Ma non credeva le parole sarebbero bastate. Con lui, non bastavano mai. In fondo Bakugou era un tipo d’azione.

E anche lei ora doveva esserlo.

Scacciò la voce della sua coscienza che le diceva che era una pessima idea e si avvicinò cauta, lui ancora girato.

Subito il suo odore la investì in pieno. Chiuse gli occhi coprendo quell’ultimo metro di distanza, allungando le braccia e avvolgendo il suo torso fasciato.

«Che cazzo fai?! Staccat…»

«È tutto okay. Non mi hai fatto male. C’è un po’ sì, ma voglio essere una Hero, Bakugo, quindi non ti trattenere mai con me. Mostrami sempre il tuo massimo. E poi un giorno…chi lo sa…»

Lo sentì irrigidirsi sotto il suo tocco. La ragazza non riuscì a trattenersi dall’arrossire. L’aveva già avuto a questa distanza, mentre lottavano, quando le inveiva contro, ma ora era decisamente diverso.

Io suo solito tono strafottente la distolse dai pensieri «Io “un giorno”, come dici tu, sarò il numero uno, mentre tu, boh, nemmeno nella Top 50, nella Top 100…»

«Ma non mi sottovaluterai lo stesso se ci scontrassimo, vero?»

La ragazza aprì gli occhi nocciola, alzando lo sguardo.

Lo vide voltare il viso di lato, l’occhio rosso destro che la fissava, per poi tornare a guardare dritto di fronte a lui.

«Mai»

   
 
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