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Autore: Giorgi_b    09/04/2024    7 recensioni
“Life is what happens to you while you’re busy making other plans.” 
John Lennon, Beautiful boy
I compleanni dell'infanzia, adolescenza e giovinezza di Tobio Kageyama.
❤️Tanti auguri Tobio! Ti si vuole un gran bene!❤️
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Shouyou Hinata, Tobio Kageyama
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Questo capitolo della raccolta partecipa alla challenge #acharacterestudy del gruppo facebook "Non solo Sherlock"



 A D O L E S C E N Z A
2009_2015
 
  
22/12/2012
[16]
 
«La fine del mondo?!» 
«Sì, Asahi, doveva essere ieri! Ma dove vivi?! Sono mesi, se non addirittura anni, che non si parla d’altro! I Maya avevano predetto che il ventuno dicembre duemiladodici ci sarebbe stata l’Apocalisse… e invece…!»
 
La sede del club di pallavolo maschile del liceo Karasuno è troppo piccola e troppo, troppo affollata quando vi si riversa dentro tutta la squadra.
Ha un’acustica pessima, è impossibile avere segreti, ognuno sa i fatti degli altri, le voci rimbombano rimbalzando sulle pareti e ti finiscono contro come fossero spallate. Come se poi non bastassero quelle vere di spallate, visto che, in trenta metri quadrati scarsi, stretti come sardine, anche un’azione semplice come cambiarsi i vestiti può trasformarsi in un incontro di wrestling tutti contro tutti. 
 
Per fortuna sono rare le volte in cui Tobio si ritrova a spogliarsi con il pienone: lui e Hinata arrivano sempre per ultimi con la scusa di un altro palleggio, un’altra veloce, un altro servizio. Che poi, quale scusa… è vero! L’idiota non ne ha mai abbastanza e, scarso com’è, non è male che si alleni un po’ di più.
Oggi però Sawamura è stato irremovibile: li ha cacciati dalla palestra urlando che mancano solo dieci giorni ai Nazionali, che devono riposarsi eccetera… e ha ragione, anche il riposo è importante, anzi, fondamentale… però… stasera non ha nessuna voglia di tornare a casa.
E quindi è incazzato, frustrato per non aver giocato abbastanza, assordato dai suoi rumorosissimi compagni di squadra e strizzato a morte tra Hinata e Tsukishima. 
Da una parte un nano esagitato, una scia sfocata arancione in costante movimento che, anche quando lo sguardo di Tobio è rivolto altrove, in qualche modo strano finisce sempre nel suo campo visivo. 
Dall’altra, un quattrocchi mestruato, stronzo, ma furbissimo: infatti, mentre si cambia, indossa le cuffie per il rumore e, dalla faccia che fa e dal fatto che sembra non respirare, è chiaro che pensa di profumare di fiori anziché di schifo come loro, il signorino. 
Sì, perché la cosa peggiore di tutta questa situazione è la puzza soffocante di dodici adolescenti sudati chiusi in un ex sgabuzzino per le scope dopo due ore di pallavolo. Roba da far lacrimare gli occhi.
 
«Psst! Kageyama! Non ti sembra che Suga-san sia quasi dispiaciuto che il mondo non è finito ieri?»
 
No, a ripensarci, la peggiore in assoluto è dover sopportare la voce acuta e penetrante da paperella sfiatata di Hinata.
 
«Oi, Kageyama?! Oh! Sei sordo?! Ka-ge-ya-maaa! Rispondimi!»
 
È la terza volta che glielo chiede schermando la propria bocca con la mano, forse pensando che in questo modo nessun altro possa sentirlo, invece lo avranno sentito pure sua madre e sua sorella sulle montagne in culo alla luna dove abitano loro. 
E mentre lo incalza con una serie infinita di Eh? Eh? Eh?! – proprio nel momento in cui Tobio si sta sfilando dalla testa la maglietta umida degli allenamenti appena finiti ed è totalmente esposto e indifeso – l’idiota gli pianta un gomito ossuto nelle costole, togliendogli il respiro. 
 
Eppure Tobio credeva di essere stato già abbastanza chiaro non rispondendo la prima e la seconda volta. Forse è stato ingenuo pensare che il silenzio e lo sguardo gelido che gli aveva riservato fossero sufficienti a metterlo a tacere o a tenerlo a distanza come era sempre stato prima con i compagni di squadra delle medie. 
Con lui, purtroppo, quel trattamento non funziona. 
Da otto mesi a questa parte, ha avuto modo di verificare, più e più volte, che Hinata capisce solo le maniere forti e quindi, massaggiandosi il costato con una mano, ringhiando tra i denti te lo strappo quel gomito, coglione, non risparmia energie sullo spintone che proietta il boke direttamente su Ennoshita, il quale, per non cadere, si aggrappa alla spalla di Yamaguchi che, a sua volta, artiglia la felpa di… coso… quell’altro del secondo anno, di cui Tobio non ricorda mai il nome, facendolo sbattere contro gli scaffali metallici da ufficio ministeriale del secolo scorso. 
Il tutto in un crescendo di bocca in bocca di oh…! Ohhh…! OHH! che aumenta proporzionalmente al livello di irritazione e si conclude con: «OHHH! Hinata-kun! Fa’ attenzione…!» 
«Scusa, Narita-san! È Kageyama che…»
…Narita! Ecco come si chiama! 
 
«…Chi?! Chi è che non parlava d’altro, Suga?! Che razza di gente frequenti fuori dal club di pallavolo? Anzi, no, non voglio saperlo, fa’ finta che non te l’ho chiesto… meglio non saperlo. Certe volte mi fai paura…»
«Asahi, dopo tutti questi anni non hai ancora capito che Koushi è un unicorno complottista? Un folletto amante dell’esoterismo, la fatina che illumina le profondità del dark web?!» ridacchia il Capitano.
«Smettila, Daichi! Quanto sei scemo!» ma anche Sugawara senpai ride mentre fa una palla della maglietta sudata che si è appena tolto e la lancia a Sawamura. «Sono solo una persona dall’intelligenza vivace, molto interessata al mondo che lo circonda!» 
 
Sì, lo è, Tobio può confermare. 
Si sente sempre la sua curiosità addosso e quando i loro sguardi si agganciano, invece di stornare gli occhi altrove facendo finta di niente, Sugawara senpai lo continua a studiare famelico, ma benevolo.
Tobio si sarebbe aspettato ostilità e risentimento da uno del terzo anno – il vice capitano, poi – finito in panchina per colpa sua. Invece no, lui è gentile, sorride, gli lancia occhiolini e altri segni di incoraggiamento e gli dà perfino consigli su come relazionarsi meglio con la squadra. 
Immagina per un attimo di trovarsi nella stessa situazione con Oikawa e un brivido di fanta-terrore si arrampica feroce sulla schiena. 
 
«Boh, che ci troverai mai di così entusiasmante nell’Apocalisse …»
«Stai scherzando Ryū?! Cioè, pensaci: sarebbe uno spettacolo pazzesco a cui assistere, parliamo di palle di fuoco dal cielo, onde di lava alte chilometri, terremoti che inghiottiranno intere città… l’inferno in terra!»
«Mmmm, no, mi dispiace, non mi hai convinto, Suga-san. Però… durante la fine del mondo… chissà quante ragazze spaventate da consolare!» Tanaka si stringe forte tra le spalle simulando un abbraccio e con una voce in falsetto miagola oh, Ryū, non mi lasciare, ho tanta paura e scocca baci all’aria tra le risate sguaiate di Nishinoya al suo fianco, finché… coso… – non Narita, l’altro… mmmh… Kinoshita? Sì, Kinoshita! – ridendo tira loro una scarpa per farli smettere, ma nello stesso momento Sawamura rilancia la palla di maglietta a Sugawara e quasi come fosse un segnale (“se lo fa il Capitano sono autorizzato a farlo anche io) in una reazione a catena alimentata a euforia, urla, risate e stupidera, iniziano a volare indumenti, pestoni, gomitate, spallate, mentre le pareti e il pavimento della saletta tremano.
Hinata – girando su se stesso come una trottola, lanciando cose a caso e sghignazzando come un deficiente – continua a finirgli addosso, Tobio lo respinge ogni volta più lontano mentre medita di fuggire, proprio come sta facendo Tsukishima, che, senza farsi notare nonostante il suo metro e novanta, riesce a sgattaiolare fuori seguito da Yamaguchi.
Vuoi vedere che quello stronzo e il suo pesce pilota saranno gli unici della squadra a salvarsi quando, tra pochi secondi, questa catapecchia crollerà?!
 
Ecco, è in momenti come questi che Tobio non può fare a meno di pensare alla Shiratorizawa. 
 
Se fosse riuscito a passare l’esame di ingresso avrebbe avuto accesso a delle strutture magnifiche: spogliatoi giganteschi con docce calde, sauna e bagno turco, palestre con il pavimento in parquet, soffitti altissimi, palloni nuovi di zecca. 
Immagina spesso come sarebbe stato vivere nei dormitori dell'accademia, a due passi dalla palestra, allenarsi in ogni momento libero, eliminando quei tempi morti delle trasferte a piedi da casa a scuola e viceversa. 
Per contro, avrebbe dovuto condividere la sua stanza con un compagno di scuola e questo non gli sarebbe piaciuto affatto. E se gli fosse capitato come coinquilino Goshinjuki… Goshunjiki… insomma, quel wing spiker antipaticissimo del primo anno coi capelli a scodella?! 
Senza dubbio, pur di giocare a pallavolo, Tobio avrebbe sopportato qualsiasi cosa, però, alla fine dei conti, tanto meglio così. 
Ai Nazionali c’è arrivato lo stesso con questa squadra sgangherata, battendo proprio la Shiratorizawa. E ormai anche il rientro a casa non è più un tempo morto, visto che si ferma tutti i giorni con Hinata a palleggiare ancora un’oretta al parco al bivio che separa le loro strade.
 
Insomma, ci è voluto quasi un anno per metabolizzare la notizia, ma ormai il bruciore della delusione si è stemperato e Tobio non si tormenta più troppo all’idea di non essere entrato. Quello che è rimasto è un sottile senso di colpa nei confronti di Kazuyo-san e del loro piano infallibile per arrivare in V-league.
Non essere stato ammesso alla scuola migliore della prefettura – la scuola di suo nonno – è una deviazione importante sulla tabella di marcia che si erano prefissati. Ma anche qui, ha smesso di girarci intorno e prendersi per il culo: l’unico, insormontabile ostacolo incontrato finora è che Ojiichan è morto due anni e mezzo fa. E questo è quanto.
 
«Va bene, ragazzi, adesso basta! Ehi, Noya, ho detto basta!» Nonostante anche Sawamura abbia giocato a tutti contro tutti, appena torna in modalità “Capitano ordine e disciplina” riesce a silenziare la stanza in un attimo. «Forza, raccogliete le vostre cose in fretta e scendete giù. I coach hanno detto che oggi offrono loro!»
 
Fuori li aspetta un buio freddo e pungente e una luna quasi piena che sorgendo illumina la scalinata. Tobio si infila il cappello di lana sui capelli umidi di sudore, soffia via una nuvola bianca e densa e appena Hinata gli si affianca iniziano a scendere insieme, mentre dietro di loro Tanaka ed Ennoshita chiudono a chiave la saletta del club.
 
«L’hai scritto sul tuo diario della pallavolo che oggi sono riuscito a fregare quattro volte il muro di Tsukishima e due volte le ricezioni di Noya-san?» 
 
Camminano verso il Sakanoshita a pochi passi di distanza dal resto del gruppo; come al solito Tobio ha accompagnato Hinata a prendere la bici che ora viene spinta tra loro due dal boke.
 
«No, idiota! Perché cazzo dovrei scrivere i tuoi risultati sul mio diario?! Fattene uno, te lo dico da mesi!»   
«Ma… ma scusa, l’hai detto tu che se segno io è comunque merito tuo
«Certo, perché è così. È il setter che dirige ogni azione, ma capisci che allora dovrei scrivere anche ogni punto su schiacciata di Azumane, Tanaka, Tsukishima e tutti gli altri? Perché solo i tuoi?!»
 
Hinata frena la bici all’improvviso, Tobio fa un altro passo e si volta indietro per guardarlo, giusto in tempo per vederlo strabuzzare gli occhi, gonfiare le guance, aggirare quel pezzo di ferro arrugginito e arrivargli sotto, minaccioso. 
Che poi, sai che paura, in piedi sulle punte gli arriva appena al mento.
 
«…Perché?! Come sarebbe: perché?! Perché IO sono il tuo partner, siamo IO e TE il “Duo bislacco” del Karasuno! Mica tu e Azumane senpai, tu e Tanaka-san… o… – oddei, non mi ci far pensare – tu e Stronzishima!»
 
Uno scatto ed entrambi voltano la testa di lato, uno da una parte, uno dall’altra e, tirando la lingua di fuori, fanno un verso simile a un conato. 
Hinata ride e torna su di lui puntandogli addosso occhi brillanti e tutti quei denti bianchissimi e, all'improvviso, in una maniera misteriosa che gli fa battere il cuore, Tobio si sente davvero minacciato da lui. 
 
Con una mano lo prende per le guance e le strizza per spegnere il suo sorriso, lo spinge via e riprende a camminare veloce, mettendo quanta più distanza possibile tra loro. 
Sente dietro di sé Hinata lamentarsi per il dolore poi, dopo una corsetta al passo della bici cigolante, lo raggiunge con una spallata e un beccati questo, baka sputato sottovoce.
Tobio ribatte non mi hai fatto niente, non ti ho nemmeno sentito, insetto e subito riceve un pestone sul piede e un e questo l’hai sentito, stronzo?
Si spintonano un altro paio di volte, prima forte, poi senza convinzione e alla fine rimangono lì, a camminare vicini vicini nel buio della sera, mentre l’insegna luminosa del Sakanoshita sorge come un’alba in fondo alla strada.
 
Di solito è a questo punto del percorso verso casa, quando vede le luci al neon pacchiane degli anni ottanta del negozio della famiglia Ukai, che, rispondendo a un riflesso incondizionato, lo stomaco di Tobio inizia a brontolare. Invece è stranamente silenzioso, oggi. Oggi non ha fame; oggi vorrebbe saltare la pausa merenda e andare diretto con Hinata nel loro angolino ai giardinetti, uno spiazzo di terra compatta senza erba, né alberi, illuminato dalla luce di un lampione. 
Lo sa che non c’è nemmeno bisogno di dirlo, perché dopo aver mangiato i nikuman unti e molto saporiti della mamma del Coach, s’incammineranno a passo svelto verso il parco.
Ma sente di volerlo chiedere comunque a Hinata, come se fosse una cosa speciale andare insieme lì, oggi. E sta quasi per parlare. Poi però non lo fa perché… 
Già, perché?
 
«Tuo nonno non ti ha detto niente su questa cosa di inserire il partner nel diario? Sai, io penso che… anzi, sono sicuro che dovresti scrivere anche di me!»
 
Scuote la testa. No, questo non gliel’ha detto. 
Chissà quante altre cose non ha fatto in tempo a dirgli.
«Magari potrei scrivere di te solo per conservare uno storico di tutti i tuoi miglioramenti. Miglioramenti che sarebbero solo per merito mio, ovvio. Sarebbe utile per segnarmi i tuoi punti di forza e le tue debolezze. Pregi e difetti. Sai, per quando diventeremo rivali, dico.»
«Davvero Kageyama? Scriverai di me sul tuo diario?! Di me e basta?» l’imbecille illumina la strada. Che esagerato, non può essere felice e sorridere in maniera normale come tutti gli altri?! 
«Sì. Ma vedi di meritartelo, boke! Perché per ora hai solo difetti!» 
Prima di pensarci gli infila una mano tra i capelli, poi si rende conto che forse è un po’ troppo, allora stringe le ciocche ramate strattonandole, col cuore che vuole uscirgli dalle dita, bofonchiando che schifo, sei tutto sudato e lo spinge via, mentre l’idiota ride con quel suono di campanelle, talmente stupido e leggero che ogni volta che Tobio lo sente vorrebbe ridere con lui, invece finisce sempre per picchiarlo. E infatti anche adesso gli tira un calcio mancandolo e l’altro continua a scampanellare, innervosendolo ancora di più. 
 
«Hinata!» Sulla porta del Sakanoshita, a circa duecento metri di distanza, Sawamura fa un cenno col braccio e poi si infila dentro. 
«Che gli prende oggi?! Sembra più agitato del solito!»
«Ehm… già… ehm, senti, Kageyama, mi tieni un attimo la bici che… che devo allacciarmi la scarpa?!» 
«Cazzo! Quanti anni hai che nemmeno un nodo fatto bene riesci a fare?! Ci penso io, boke!» Si accovaccia ignorando le sue proteste e, strattonandogli una gamba, Tobio lo costringe a poggiare la Converse di tela consumata sulla propria coscia. Quando alza il pantalone della tuta, scopre che i lacci sono ben legati.
«Non sono slacciate, idiota!» Alza lo sguardo e incrocia quello di Hinata. Ha il viso tutto rosso ed è evidentemente agitato. 
«Opss… m-mi sarò sbagliato…»
«Coglione! Magari, già che ci sono, te le lego strette, così non ti si sciolgono mentre pedali.»
«Non… non c’è bisogno… m-ma g-grazie…» 
«Prego, impedito!»
Libera i lacci dal nodo precedente e borbottando quanto l’idiota sia sciatto e pigro, li fa passare negli occhielli più alti – quelli che il boke non ha mai infilato –  all’inizio tirandoli e stringendoli a morte, infine trovando un compromesso con le lamentele di Hinata.
Passa qualche secondo di silenzio. 
Ma Hinata è rumoroso anche quando sta zitto. 
Tobio senza volerlo si riempie dei suoi suoni: il suo respiro, il suo deglutire, le sue dita che scrocchiano, la sua gola che si schiarisce e… stranamente non ne è irritato, odia ammetterlo, ma si sente anzi confortato da quella viva presenza che colma ogni spazio.
 
«Kageyama?»
«Mmh?»
«Sono contento che non c’è stata la fine del mondo, io voglio andare ai Nazionali!»
Tobio finisce con la prima scarpa e si mette ad armeggiare con l’altra.
«Anche io.»
«Kageyama?»
«Mmh?»
«Senti, sarò strano, ma io non sono come Tanaka o Nishinoya. A me delle ragazze e dei baci, eccetera… non m’importa proprio niente! Prima di morire bruciato da palle di fuoco dal cielo o ingoiato da un terremoto, voglio vincere e giocare quante più partite possibile!»
«Anche io!»
«Kageyama?»
«Mmh?»
«La smetti di ripetere tutto quello che dico?!»
Tobio saetta lo sguardo su di lui e lo trova a sorridere, di nuovo, in un modo che gli fa tremare lo stomaco, ma forse è solo fame. 
Forse non era vero che non voleva mangiare.
Sì, sarà sicuramente fame, pensa e comunque, in un moto di irritazione gli stringe forte la caviglia, immobilizzandola, gli sfila la scarpa destra e stringendola in mano fa uno scatto verso il Sakanoshita.
«No! Fermo! Kageyama! Ridammela… aspettami, stronzo!»
Arriva quasi davanti alla porta dell’alimentari guardandosi indietro, Hinata alle calcagna che sbraita zompettando su un piede solo, la bici ormai abbandonata sul marciapiede e Tobio sente un ghigno spaccargli in due la faccia, mentre il cuore gli esplode nel petto. 
Vuole ridere e sta per farlo, ma il dindon alle proprie spalle attira la sua attenzione, si volta e impiega qualche secondo a elaborare ciò che vede.
 
«…S O R P R E S A...!»
 
Su un vassoio tenuto dalle manager, una pila di taiyaki con una candelina sopra. 
Intorno, la squadra e i coach, tra risate e acuti stonati o bassi baritonali di Nishinoya e Tanaka, intonano Happy birthday to you proprio mentre, con una pacca che quasi lo fa cadere a faccia avanti sul vassoio, Hinata lo raggiunge e, strappandogli dalle mani la scarpa, lo strattona per il braccio facendolo abbassare fino ad arrivare a pochi centimetri dal suo viso. 
«Tanti auguri, Bakayama!» Gli abbaia in un orecchio.
 
Tobio sta per avere un attacco di panico. 
 
Non ne ha mai avuto uno in vita sua, ma è così che deve essere: la sensazione quasi claustrofobica di sentirsi circondati, questa pienezza nel petto, il cuore che corre riempendogli la gola e mozzandogli il respiro, le ginocchia che tremano, il volto in fiamme…
 
«Soffia sulla candelina, Kageyama-kun!» 
 
Tobio ubbidisce docile a Yacchan, tutti applaudono e fischiano e Shimizu-san risponde alla domanda che non ha ancora fatto: «L’abbiamo scoperto io e Hitoka-chan! Poco prima degli allenamenti stavamo compilando i documenti richiesti dalla federazione per i Nazionali e abbiamo notato la tua data di nascita!» 
«Spero ti piacciano i taiyaki, mia madre non ha fatto in tempo a cucinare altri dolci, oggi…» Aggiunge il coach Ukai accendendosi una sigaretta.
«A te il primo, Kageyama-kun!» dopo aver sfilato la candelina, Takeda sensei gli passa un pesciolino di cialda in un tovagliolo di carta. È ancora tiepido. 
Come una molla, Tobio scatta in avanti in un inchino dall’angolatura perfetta. «Dōmo arigatō gozaimasu hontōni!» 
Cogliendolo di sorpresa, Hinata gli avvolge un braccio intorno al collo e lo stringe contro il proprio busto frizionandogli la testa con le nocche della mano libera.
«Non volevi dire al tuo partner che oggi è il tuo compleanno, eh? Beccati questa, così impari a tenerti i segreti! E d’ora in poi voglio che mi chiami Hinata-san visto che sono più grande di te!»
Quando Tobio inizia a dargli gomitate nello stomaco per liberarsi, il Capitano interviene a dividerli e a quel punto, uno per uno, i suoi compagni di squadra si avvicinano dandogli pacche e pugnetti sulle spalle augurandogli tanti auguri: perfino Tsukishima con la sua faccia da cazzo, prima di salutare tutti e avviarsi verso casa per primo insieme a Yamaguchi, gli chiede se sappia almeno contare fino a sedici. Che simpatico stronzo.
 
E mentre la vita quotidiana intorno a lui riprende il suo corso – Hinata racconta a Yacchan, Nishinoya e Ennoshita come l’ha distratto, facendo una sua pessima imitazione; i senpai parlottano con Takeda sensei degli esami vicini, Narita e Kinoshita guardano ridendo qualcosa sul cellulare, Tanaka ci prova spudoratamente con Shimizu-san e il coach Ukai già sbraita perché liberino l’ingresso del negozio – Tobio dà un morso al taiyaki sperando di deglutire anche il nodo alla gola che da qualche minuto lo sta soffocando. Erano anni che non ne assaggiava uno.
 
Ha un sapore buonissimo.
 
All’improvviso si rende conto di essere felice.
All’improvviso è certo che Kazuyo-san lo abbia perdonato per non essere entrato alla Shiratorizawa.
All’improvviso, per la prima volta, si riscopre grato di essere arrivato proprio con questa squadra ai Nazionali e pensa che…
 
«’Yama sbrigati a mangiare e andiamo al parchetto!»
 
…che non è tanto male avere degli amici.
 
 Vuoi vedere che il mondo è davvero finito ieri e ne è iniziato uno nuovo, oggi?!
 
 
*****
 
 
Dōmo arigatō gozaimasu hontōni: Grazie mille davvero
 
 
*****
 
Ciao a tutt*! È venuta un po’ più lunga di quello che avrei voluto (uh, strano sono così stringata di solito XD!), mi sarebbe piaciuto continuare il formato del primo capitolo e pubblicare in una sola volta tutti gli episodi salienti della sua adolescenza, ma era un progetto troppo ambizioso (o forse troppo poco XD) riuscire a condensare in qualche misera riga l’impatto che Hinata e tutto il Karasuno avrà sul nostro adorabile Tobio.
E quindi eccomi qui a scusarmi in anticipo per i pipponi che vi attaccherò sul mio amatissimo Kags.
Grazie per essere arrivat* fin qui, fatemi sapere cosa ne pensate, come sapete adoro fangirlare con voi, praticamente scrivo solo per quello! XD
Un grazie come sempre alla mia amichetta adorata Orikunie che legge sempre per prima<3!
Un abbraccio, a presto!
   
 
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