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Autore: Ariadirose    09/04/2024    2 recensioni
È che con te mi sento al sicuro. Sei la mia famiglia. E da molto prima di oggi che sono tua moglie.
Genere: Erotico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, Altri, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Amore e gelosia

 

 

“Ah, eccoti: i ragazzi sono già a Notre-Dame et Saint Vaast, ad aspettare la sposa”, André aggiornava Alain, nello scendere le scale di casa.

“Va bene, ma io mi accodo a voi. Nessuna fretta di sentire prediche”, rispondeva Soissons, sdraiato sopra al divanetto vicino al portone dell’ingresso.

“Sei sempre il solito...”.

“Le donne si fanno attendere, e poi io sarei sempre il solito?”, disse riferendosi alla moglie e alla nonna dell’amico.

“Non la mia Oscar: lei è più che puntuale. Ma la nonna sta cambiando François, diciamo per un inconveniente… per non far stropicciare il vestito della mia signora… che è uno splendore… roba da offuscare la sposa, oggi, vedrai”.

“Esage… rato”, concludeva Alain, cui per un momento mancò quasi la parola, nel mettersi in piedi e veder arrivare dai gradini la donna che fino a non troppo tempo addietro era stata il suo superiore.

“Comandante sei...” gli venne spontaneo tentare di esprimere qualche cosa.

“Lo dicevo o no?”, André orgoglioso della propria compagna, le porgeva il braccio per farle finire di scendere le scale.

“Come mai indossi l’abito da festa? Di solito non ti fai tanti problemi a mettere i pantaloni. Poche volte ti ho visto vestita da femmina, credo un paio in tutto, comprese le tue nozze: neanche quando eri incinta”.

“Alain, prego! Un po’ di riguardo: sei al cospetto di mia moglie. E poi non vedo come un uomo abbia quasi da lamentarsi nel contemplare la mia signora in tutta la sua magnificenza”.

Oscar sorrise con modestia, come abbassando un po’ lo sguardo.

“Io la vidi anche un’altra volta così”, proseguiva André. “Come una duchessa misteriosa. E benché confesso di esser morto di gelosia, mi fece comunque un bellissimo dono, nell’offrirsi alla mia vista. Per quanto per me sei bellissima”, le rivolse all’orecchio, in privato, “in ogni forma e abito e sopratutto… senza niente addosso”.

“Anche tu. E in tutte le circostanze che hai menzionato”, gli rispose con voce ferma, ma solo per esibire la stessa discrezione. “Ho messo l’abito per un solo motivo”, aggiunse.

“Non dirmi che lo fai per compiacere Grandier”, domandava Alain.

“No, Oscar. In tal caso, sai che non voglio. Non ne ho alcun bisogno, né desidero forzarti”.

“Compiacere non è proprio l’espressione che più mi si addica. Ma quando ho indossato un abito femminile l’ho fatto con l’intento di poter danzare. Oppure dovrei forse mettere l’alta uniforme, per questo?”.

“Sei splendida in alta uniforme. Io ci ballerei lo stesso con te, pensassero gli altri quel che vogliono: non mi importa”.

“Lo so, André”, fece lei fiduciosa, poggiando la mano sulla guancia di lui. “Ma credo darebbe piuttosto nell’occhio, e non ritengo sarebbe giusto. Perché dovrei sottrarre attenzione agli sposi, nel giorno delle loro nozze? È il giorno di Pierre e Vivianne, questo”.

“Eh, sì. Mia moglie è spesso stata oggetto di curiosità. Sempre capace di rimanere al di sopra di morbosità, dicerie e battute infelici. Però a dire il vero Oscar”, proseguiva certo lui, “anche se mi spiace per la sposa, rischierai comunque di attirare l’attenzione: sei talmente bella”.

“Oh André… Per la verità… non vorrei, non sarebbe giusto”, rispose come confusa, realmente interdetta tra l’apprezzamento del marito e il dispiacere di aver mancato ai suoi proponimenti.

“E da quando ti interessa tanto ballare?”, domandò Alain che stava superando la soglia di tolleranza, di fronte a tutte quelle cerimonie da innamorati.

“…Di sicuro a te non piace ballare, Alain, dato che non invitasti Oscar il giorno delle nostre nozze, come fecero gli altri”, precisava André.

“Proprio così. Giusto uno stupido si sarebbe potuto mettere tra voi: tipo quel Bonnard, che fesso. Si era preso una cotta per te, comandante… quell’idiota… per nessun motivo mi sarei voluto nemicare il mio migliore amico”.

“Nemicare: addirittura”.

“Sì, André. Eri geloso marcio: solo troppo contento per darlo a vedere. E non avrei rovinato la festa nemmeno a tua moglie”, aggiungeva, “pestandole inutilmente i piedini: io non sono fatto per queste cose… persino meno di te, comandante, che a quanto pare però hai intenzione di ballare, adesso”.

“Non è che mi importi tanto il ballo in sé”, spiegava Oscar, “avrei certo più soddisfazione a duellare con André”, rispose limitandosi a esprimere il consentito, tralasciando più interessanti sottintesi; “ma a un ricevimento nuziale cui siamo stati invitati, intendo danzare io con mio marito: e non aspettare che sia conteso da chissà quante smorfiose”.

“Portati l’arma, allora!”, fece ironicamente l’amico che, accomodandosi ancora a sedere, incrociava le mani dietro la nuca.

“Ce l’ho, se è per questo”, venne spontaneo rispondergli di riflesso: “Infilata…”.

“Oscar!”, l’ammonì il marito, avendo premura di interromperla. “So che per te è regolare attitudine alla difesa… e so anche che Alain, qui, ha un certo ritegno verso di te. Ma se sei tu a fornirgli di questi argomenti, ecco, allora l’amico mio non va cercando altro!”.

“Ma cosa credi che intendessi dire, André?”, fece lei piuttosto stizzita: “Il pugnale l’ho nascosto dentro il parasole: ed è bene, invece, che voi sappiate dove è infilato, affinché possiate conoscere il pericolo di aprirlo”.

“Attento tu, André, a quel che dici”, Alain si mise a ridacchiare: “A prescindere dai nascondigli di tua moglie, sai fin troppo bene che maneggi una pistola che va girando carica!”.

“Scusa Oscar”, si rivolse alla sua sposa. “L’assillo della gelosia e la scrupolosità talvolta mi fanno perdere la padronanza”, ammise lui delicato. “Non volevo offenderti. Ad ogni modo, certo che ballerò solo con te. Non desidero lasciarti mica a nessun altro cavaliere”.

“Cari i miei coniugi Grandier, abbiate pazienza”, Alain si tirò nuovamente in piedi: “Possesso, gelosia, lisciamenti e sviolinate mi rendono piuttosto sensibile di stomaco, lo confesso”, sentenziava lui con leggera inflessione alla ripugnanza. “Per nessuna ragione intendo farmi condizionare così… Non ce l’ho tanto con te, André, che sei partito dietro alla tuoi sentimenti ormai da secoli, giocandoti pure il cervello”.

“Piantala: chi vuoi prendere in giro, mettendoti a fare il cinico proprio riguardo ciò che provo per Oscar. Come se non sapessi quando tu abbia parteggiato per noi”, gli rispondeva granitico André, che conosceva a sufficienza l’amico per non cascare nel tranello teso dalla sua faccia tosta.

“Ora ci mancava pure Pierre”, proseguiva Alain sprezzante, “che ha perso la testa per questa Violette, o come diavolo si chiama…”.

“Si chiama Vivianne. Ed è una brava ragazza”, proseguiva ancora André, sempre incline a ripartire le dovute misure e gentilezze. “Quando troverai la persona giusta, allora capirai…”.

“Ah, vi prego. Fermatemi prima, se mai dovessi rimetterci la testa. Prima che ci rimanga secco”.

“Ma a chi vuoi darla a bene: non mi scordo mica, sai, quello che ammettevi solo poco tempo addietro, durante le partite a scacchi”.

Nel frattempo scendeva giù anche Marie, con il piccolo François.

“Bellissimo, vieni, vieni da papà...”, fece André vezzeggiando il bambino, allungando le mani per prenderlo in braccio. “Vieni da me, che lo zio Alain è piuttosto antipatico oggi”, commentava dietro il sorrisetto di Oscar.

“Suvvia, basta con le chiacchiere. Andiamo, o faremo davvero tardi alla cerimonia in chiesa”, li esortava rapida la nonna.

 

Erano trascorsi pochi giorni dal matrimonio del compagno del reggimento. Che continuava a vivere con i Grandier, e a prestare la collaborazione nella tenuta. Spazio e lavoro da offrire alla nuova famiglia, Oscar e André ne avevano, così da risparmiare loro le spese di una casa autonoma. I locali erano sufficienti a garantire alla coppia la riservatezza necessaria… che in effetti era congedata, in quei giorni, dal lavoro, per onorare la luna di miele. Dunque, anche Vivianne, la moglie di Pierre, entrava a far parte della tenuta di Arras.

“Oggi passerà qui Linette, direttamente per prendere i prodotti da vendere al mercato”. André e Oscar organizzavano la giornata, cominciata più tardi, poiché a causa della terribile pioggia, la coppia aveva disposto l’interruzione del lavoro nei campi, nei cortili e in tutte le zone all’aperto. “Meglio fermare l’attività per un giorno o due, piuttosto che interromperla più a lungo, con i miei collaboratori caduti malati. E poi non voglio che nessuno stia male, lavoro o meno”, aveva disposto Oscar.

Erano dunque al tavolo per la colazione, lei, col suo bambino in braccio, André e i vecchi soldati, perché la giornata poteva concedere ritmi più rilassati…

“Nonna, abbiamo più ricevuto notizie della nipote di Leonard? Da quando hanno preso il puledro della nostra stalla?”.

“No André”, rispondeva la nonna che gentilmente versava loro il caffè.

“Dovresti scrivergli. Per sapere se è tutto a posto… Ah, e se vogliono che qualcuno di noi impartisca alla nipote quelle lezioni di equitazione”.

Alain sorseggiava dalla sua tazza, abbastanza vicino al mutismo. Al che Oscar domandò:

“Avete dei programmi per questa sera, soldati? Dopo gli impegni? André vorrebbe dedicare del tempo agli scacchi. Io sarei lieta di stare con voi, ma avevo promesso a mio padre di passare alla locanda, dove risiede la figlia del medico di Montpellier. Gli manda un dono per mezzo della fanciulla, di passaggio ad Arras… Sarebbe scortese non provvedere personalmente, visto tanto riguardo. Così farò questa commissione per lui”.

“Ti accompagno io, allora, Oscar, non voglio tu vada sola”, si offrì il marito.

“Non preoccuparti non ci metterò molto, si tratta solo di raggiungere questa giovane damigella, e tornare”.

“Non se ne parla”.

“Va bene Oscar, nel frattempo noi possiamo organizzare un torneo”, rispose Soissons sbrigativamente.

André si guardò negli occhi con la moglie. E a stento si trattennero dal ridere.

“Sei stranamente silenzioso, Alain. Spero tutto a posto”, gli chiese André.

“Perché? Vi stupisce tanto che a volte faccia riposare un po’ il cervello e la lingua?”, replicò lui a tono.

“Ah, bella pungente. Secondo me, persino più del solito”, puntualizzava il comandante.

“È chiaro mia sposa”.

“Hai capito anche tu, André?”.

“Mi sembra ovvio”.

“Ma si può sapere, di grazia, di cosa state parlando?”, si inserì l’amico mentre gli altri compagni si alzavano per sbrigare le prime faccende.

“Di te. Diglielo tu, Oscar. Che avrai capito senz’altro ancor prima di me”.

“Mio marito vuole dire che hai l’aria piuttosto innamorata, stamattina”.

“Ma che state dicendo?”.

“Sì, sei cambiato, da qualche giorno”.

“Io direi da quando abbiamo preso parte alle nozze di Pierre e Vivianne”, puntualizzava André.

“Con l’amica Giselle, esattamente…”.

“Ma che cosa dici Oscar”.

“Oh, ma non voglio mica deriderti. È una cosa bella… però sei sempre pronto ad oltraggiare di sarcasmo chiunque si inchini dinnanzi ai sentimenti… e forse Cupido, per una volta, si è vendicato”.

“Finalmente!”, esclamava soddisfatto André, portando la tazza di caffè alla bocca.

“Ma scusate, solo perché non sono tanto in vena di scherzare dovete pensare… ma cosa sono, davvero un saltimbanco…?”.

“Non è solo perché non vuoi scherzare, però ammetterai che è strano, per te…”.

“E poi hai l’aria molto più irritabile… e avremo citato almeno una ventina di situazioni connesse a ragazze diverse, e tu non hai fatto nemmeno un fiato. Zero. Neanche una battuta”, deduceva André, nel riassumere il suo atteggiamento. “Era ora vecchio mio!”, gli allungò una pacca fraterna sulla spalla.

“Comunque Giselle torna a trovare Vivianne… stai tranquillo: sono stata discreta. Non ho detto nulla nemmeno a lei…”, lo rassicurava Oscar.

“E menomale, con quel marito, che spiffera tutto ed è un esempio di discrezione!”, Alain, scoperto, finiva col mettere carte in tavola: “E comunque Giselle è uno schianto, da quando ci ho parlato al matrimonio, non riesco a non pensare a lei. Vorrei avere modo di vederla più spesso...”.

“Senti-senti...”, ad André faceva quasi tenerezza.

“So che la ragazza ha bisogno di lavoro. Dunque pensavo di prenderla con noi, come sostituta di Adrianne, che deve trasferirsi”.

“Davvero faresti questo, comandante?”.

“Certo, perché no. Sarebbe un modo per sostenere il tuo interesse per lei. E per avvalerci dell’aiuto che cerchiamo, a nostra volta. Ma ti avverto. Pensa bene a quello che fai perché, sappilo, se dovesse essere un capriccio, una situazione che ti viene a noia, non la manderei mai via per questo. Siamo intesi”.

“Sempre che non sia lui a far scappare lei”.

“Oh, André, ma cosa dici?, come ti permetti!”.

“Lo vedi, quanto è suscettibile?”, bisbigliava André all’orecchio di sua moglie. “Eh, sì, è innamorato cotto”. Cot-to”, scandiva bene André davanti agli occhioni di François.

 

 

   
 
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