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Autore: Sidney Prescott    10/04/2024    0 recensioni
Inghilterra del 1910; il nuovo secolo porta aria di novità e di sogni, ma la gente nonostante tutto continua ad ignorare una verità importante: l’esistenza di un mondo parallelo in cui il soprannaturale la fa da padrone senza alcun freno!
L’associazione Hunter, antichi cacciatori discendenti da nobili famiglie fondatrici, è l’unica barriera tra il mondo umano e quello ultraterreno, il cui compito è proteggere gli uomini da ciò che non conoscono e impedire che un simile fardello venga rivelato, distruggendo l’equilibrio tra sanità mentale e pura follia.
Una delle stirpi fondatrici, il casato Griffith, dovrà lottare con tutte le sue forze per mantenere intatto il confine tra umano e sovrumano, ma ad un carissimo prezzo: la propria famiglia.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Chapter 18: Am I missing something here? 

Current Day, a shocking one.


London, it’s always been you.

«Grazie per essere venuta con me…io odio Londra, non mi piace nemmeno un po!
Mi fa letteralmente schifo…è sudicia, piena di stronzi e di gradassi con il culo pesante…
Non so nemmeno perché ci sono venuto di mia spontanea volontà!»
«Vedila così, Griffith, almeno per oggi non avrai la pressione di quel dittatore tedesco addosso…non ti pare una benedizione?
Oh, si, ti ho osservato per bene un paio di sere fa; ci mancava tanto così a scoppiare, l’ho visto perfettamente!
Ma non ti biasimo…mette i brividi anche a me quell’uomo, non mi piace per niente…»
«Temo siano in pochi, oltre a mio padre e i suoi figli, a tollerarlo come un essere umano! Lui è così fottutamente…gelido? Non sembra di questo mondo, ma se devo dirla tutta…neanche tu sei così usuale, miss Burke.»
«Devo prenderlo forse come un…complimento, Griffith?» 
«Io direi di si! A proposito…per quanto devo restare impalato come un cretino così, signor Olivieri?»
La sartoria di Vittorio Olivieri era una delle botteghe più rinomate di tutta la capitale, e non solo per la qualità delle sue stoffe ma soprattutto per gli splendidi modelli, ricercatissimi in tutto il paese soprattutto dai lord più in vista e più esigenti. Duncan non era affatto esigente e tanto meno gli interessava essere al centro dell’attenzione, ma nessuno sembrava dargli il benché minimo ascolto, specialmente se si trattava dei suoi desideri, per lungo tempo rimasti muti.
Saul, dal canto suo, non poté far altro che osservarlo da una delle seggiole d’attesa della bellissima boutique dallo spirito italiano, che conosceva perfettamente anche lei visto che suo padre, da anni, non faceva che rifornirsi lì per ognuna delle sue figlie: una più viziata dell’altra. La ragazza accavallò le sottili ma agili gambe una sull’altra, guardando come il ragazzo dai ricci capelli rossi non riuscisse a stare fermo nemmeno per un minuto, sotto le mani magiche e abili del povero sarto, seriamente in difficoltà a lavorare con un’anguilla grossa come quella.
Vittorio sbattè il tacco della sua scarpa di pregiato vitello spazzolato contro il pavimento, mantenendo la calma anche se ancora per pochissimi minuti, con la sua fidata spugnetta porta spilli che vagava a destra e sinistra, ancorata al suo minuto polso.
«Signor Duncan, so che le viene complicato stare fermo, ma se riuscisse almeno ad essere paziente mi farebbe una grande, grandissima cortesia!
Non ho il piacere di vestire fisici possenti come il suo o quello di suo padre così frequentemente, quindi le chiederei un minimo di indulgenza nei mie riguardi…chiaro?»
«Si, si, mi scusi, è solo che non sono abituato, non amo essere vestito da paggetto!
Figurarsi poi per un evento di cui non me ne importa assolutamente nulla!»
«Ma come? Si tratta di una delle feste più attese di fine primavera, anche lei dovrebbe essere esaltato come tutti i suoi coetanei…e poi, ci saranno moltissime fanciulle da ogni angolo della città.
Tra cui le sue sorelle, miss Burke!
Ho da poco avuto il piacere di vestire sia Olivia che lady Yvonne: saranno semplicemente divine, glielo prometto.»
Saul mise una mano in alto quasi in segno di fiducia nei confronti del sarto, finendo poi per alzarsi non appena quest’ultimo si ritirò a cercare qualcosa nel suo retrobottega, lasciando nuovamente soli i due giovani; Duncan sospirò sfinito, guardando con la coda dell'occhio la figura minuta della ragazza che gli girava attorno segretamente divertita.
«Ti diverti?»
«Molto, in realtà! Sai…non stai affatto male, vestito così intendo…lo hai sentito Vittorio! Ci saranno tutte le cretine di Londra da qui fino alla costa del sud, perciò potresti essere fortunato…»
Duncan sbuffò, allargandosi disperatamente il colletto stretto della sua camicia; la Burke si avvicinò di fronte al rosso, sbottonandogli così i primi bottoni per dargli modo di respirare. 
«Meglio?»
«Decisamente, grazie. E comunque non mi interessa poi molto fare il galletto nel pollaio, anche perchè credo che Liza potrebbe uccidermi a colpi di mattarello, o peggio, potrebbe farlo suo padre!»
Saul inarcò il pallido sopracciglio verso l’alto, portandosi dietro l’orecchio una ciocca argentata.
«Liza? E chi…oh! La tua fiamma?»
«Diciamo di si, ecco, non è una relazione proprio facile da descrivere ma…si! Io e lei…ci conosciamo da una vita, e poi…»
«E poi siete finiti insieme; una storiella già sentita precedentemente! Però carina,si…e vuoi sposarla?»
Il Griffith quasi cadde all’indietro, restando a stento sulla pedana di prova e soprattutto composto; ma che razza di domanda era quella?
La miss sogghignò furbamente a quella reazione goffa e agitata, mettendosi come a suo solito le mani incrociate dietro la schiena, e non senza aver ispezionato personalmente le cuciture ancora in corso del gilet.
«Ma cosa volete da me esattamente tu e quegli altri 3 svitati? Si può sapere? Sperate forse che, come mio padre, metta la testa a posto e serva un qualcosa in cui non credo?
Siete davvero stupidi in questo caso, non sono come Cedric, che muore dalla  voglia di avere quel titolo solo per farsi bello davanti ad ogni ragazza del paese, o agli occhi di quel pezzo di ghiaccio di Cillian Darcy…
Non mi è mai piaciuta quella famiglia, mi mette i brividi e per ovvie ragioni stiamo ben distanti!
E poi, matrimonio?
Andiamo…non essere sciocca, perchè non credo proprio tu lo sia, a differenza di quelle galline delle tue sorelle…» fece quello con una smorfia.
Saul inarcò un sopracciglio, non troppo entusiasta, con le mani sui fianchi, in attesa di risposta.
«Non ho molto a cuore i pettegolezzi di cui le mie sorelle vanno tanto pazze, ma non ti permetto sicuramente di mettere bocca su quello che non conosci!»
Duncan finse un’espressione di puro rammarico, solo per mostrarle uno sguardo strafottente.
«Lo stesso vale per te, allora! Non conosci niente del mio mondo, della mia educazione, della mia famiglia, di Liza o di tutto il resto, quindi smettetela di spingermi contro una cosa che non voglio!
No, non voglio sposarmi, non ora, non qui…non senza la persona che amo, che sia Liza o qualsiasi altra donna, l’unica cosa che conta è che sia per mia scelta, non quella di qualcun altro.»
Il giovane erede sembrò quasi chiedere aiuto e non passò inosservato, nemmeno agli occhi freddi e apparentemente insensibili di miss Burke, che si accorse solo allora di aver esagerato con quella sua dannata supponenza. Strinse appena il pugno al fianco, guardando poi il ragazzo allontanarsi verso il camerino, stanco di quelle prove, di quei merletti soffocanti, lasciandola così sola, con i suoi pensieri, ma non per molto.
Saul uscì dalla sartoria, forse per prendere una boccata d’aria, finendo per appoggiarsi di spalle contro il retro della bottega; era una giornata così fresca e grigia, in grado di scompigliarle quei capelli biondi sempre rigorosamente ordinati e perfetti.
Lei non conosceva Duncan, non conosceva i gemelli Nardi e nemmeno quel sinistro superiore per cui non provava alcuna simpatia, e appunto per questo non poteva permettersi il lusso di giudicare nessuno ma ,dopotutto, era proprio questo che la società, suo padre, tutti, le avevano insegnato: etichettare tutto e tutti senza uno straccio di prova.
Così nasce la legge dei sospetti.
Si passò una mano sul giovanissimo e candido viso, un fiocco di neve, guardando persa quel lungo e silenzioso vicolo, notando poi, oltre una fila di cassonetti proprio dietro ad uno dei ristoranti della zona, una figura maledettamente familiare, insolita, guardinga e piuttosto agitata.
La ragazza sbatté le lunghe ciglia argentate, avvicinandosi di soppiatto dietro a quei vistosi bidoni, non pensando di vedere la tonaca di una suora nei vicoli di quel quartiere, figurarsi nei retrobottega, dove si aggiravano solo i cani randagi e i senzatetto; aveva il viso coperto da un cappuccio ma la veste era quella monacale, si vedevano bene le mani, molto giovani e curate che stringevano fra le dita un fascicolo, una cartella abbastanza rovinata, mentre con il capo si voltava a destra e sinistra, in attesa di un qualcuno che non sembrava arrivare mai.
Saul Burke era sicuramente rigida e un po’ troppo bacchettona, ma era sicuramente una delle giovani più curiose che ci fossero in città, ma non lo dava troppo a vedere sotto quei vestiti e quel berretto sempre sul capo. Si acquattò, piccola, per nascondersi meglio, vedendo finalmente arrivare una seconda persona dallo sbocco principale del vicoletto, anche questa ben coperta, ma non bastò sicuramente un cappotto più lungo a nascondere chi davvero fosse quell’uomo.
Saul si nascose di colpo dietro ai bidoni, con una mano sulle labbra. 
Era lord Cillian Darcy.
Qualcosa dentro Saul le disse di prendere e andarsene e anche alla svelta, ma non lo fece nemmeno per idea, riprendendo coraggio per voltarsi in loro direzione e continuare a rendersi testimone di un qualcosa che non avrebbe dovuto vedere nessuno. 
Era troppo lontana per sentire le loro parole, ma sul viso di Cillian notò un’espressione assai turbata alla vista di quel fascicolo che prese personalmente fra le mani coperte dai guanti, mentre la suora non smise per un istante di stringergli in maniera equivoca e inappropriata i polsi, evidenziando quella scomoda conoscenza tra i due; lord Cillian con una suora?
E cosa diavolo c’era di così importante in quelle pagine dal doversi nascondere lì?
L’uomo accarezzò il viso della donna sotto al cappuccio, sorridendole in maniera subdola e falsa, con il pollice sulla sua guancia, coinvolgendola successivamente in un bacio pure troppo sentito, alchè il copricapo cadde, svelando inevitabilmente l’identità di quella monaca che avrebbe dovuto rimanere all’interno delle mura del suo convento, e non fra le braccia di un uomo, sposato, velenoso: semplicemente non avrebbe mai dovuto essere lì.
La pupilla di Saul divenne un granello di polvere, tanto si ridusse, persa nell’azzurro dei suoi occhi che non avrebbero mai voluto credere ad una simile scena, nemmeno se l’avessero pagata. 
Charlotte, in nome di Dio, ma che cosa cazzo stai facendo?
Perché sei con quell’uomo?
Erano degli interrogativi più che legittimi, ma non avrebbe ricevuto risposta, non così presto e di certo non lì;  avrebbe tanto voluto andare a prendere quel figlio di buona donna per il cappotto e sbatterlo al muro, ma con quale coraggio? Con quale faccia?
Su una cosa Duncan aveva ragione: quando comparivano i Darcy, comparivano i guai.
A proposito di Duncan…
Come la giovane Burke aveva scelto di uscire sul retro del negozio, l’erede di casa Griffith invece aveva optato per l’ingresso principale della bottega del sarto italiano, guardandosi attorno più volte ma non trovando la figura della ragazza da nessuna parte. Si grattò il capo con un sospiro rammaricato, forse in colpa per il modo in cui le aveva risposto, ma il dado ormai era tratto, dopotutto. Mosse alcuni passi in direzione della stazione, pensando forse che Saul lo avrebbe raggiunto strada facendo, o almeno così sperava, ma non sapeva che, alle sue spalle, con uno sguardo assai divertito e curioso, c’era un’altra persona, e non aveva niente a che vedere con Evelyne Saul Burke.
L’odore di fumo fece fermare il rosso sul posto, ma fu invece quella voce che gli fece arrestare perfino il pensiero, voltandosi lateralmente all’indietro.
Cedric.
Con le mani nelle tasche del pantalone a quadretti, la camicia sgualcita ma di finissimo cotone egiziano, quei capelli dal taglio militare spettinati, il volto arrogante: e quello un giorno, come lui, sarebbe dovuto divenire comandante?
La Hunter avrebbe avuto molti problemi,e soprattutto, molto seri, pensò Duncan, sbuffando perentorio.
«Adesso ti sei messo pure a seguirmi, Darcy? Credo che tu abbia bisogno di svagarti…»
Quello ghigno, guardandolo quasi offeso solo dopo aver dato uno scherzoso schiaffo circostanziale all’aria, facendo spallucce verso l’alto.
«Aww, mio caro grifone, solo mio padre può parlarmi con quel tono scocciato e deluso, non prenderti tutta questa libertà solo perché adesso avete in casa il bamboccione tedesco e i suoi due tirapiedi malavitosi!
Dai, Dunchino! Pensavi veramente che la tua condizione sarebbe cambiata da così a…» Iniziò a capovolgere il palmo della mano verso l’alto, ma finì drasticamente per abbassarlo praticamente verso terra, fingendo una lacrima con l’indice lungo la sua guancia.
L’altro roteò gli occhi, praticamente saturo da quelle circostanze indesiderate e al di fuori della sua portata.
«Oh, Dio, sei veramente convinto che ci possa guadagnare qualcosa da questa sorta di convivenza forzata? Ti credevo un attimo più perspicace di così, Cedric, perché se sei ancora convinto, dopo tutto quello che hai visto, che io voglia solamente avere a che fare con la tua fottuta crociata, non hai mai capito niente allora!»
Quello si mise l’indice sulle carnose labbra, assottigliando dubbioso lo sguardo.
«Effettivamente sei una vittima degna di pestaggio, però come cacciatore fai acqua da tutte le parti, e lo dico con affetto, sei semplicemente…come dire, inadeguato?
Goffo? Disadattato? Posso continuare all’infinito ma non c’è gusto con te, a meno che non ti si tocchi nei punti…giusti, un po 'come l’ultima volta! Te lo ricordi, questo?»
Il Griffith non potè nascondere un visibile sorrisetto sulle labbra alla vista del livido sul viso sfacciato di Cedric, che lo afferrò per il colletto della camicia abbastanza infastidito da quello sfregio importante, spintonando la figura di Duncan come un pupazzo.
Cedric gli mostrò i denti, soffiandogli come un gatto a fior di labbra.
«Ti fa ridere, coglioncello? Guarda che Luther non è mica Dio, non potrà difenderti in eterno..»
«Vero, eppure deve farti una certa paura se continui a blaterare e non ti permetti nemmeno di sfiorarmi come si deve! 
Andiamo, la sola idea di essere controllato ti fa impazzire, te lo leggo negli occhi, Darcy!
Io e te non siamo poi così diversi…»
«Scusami, scusami, scusami, che cazzo stai dicendo…?Moi? Io? Simile a te? La lana con la seta? Esattamente quanti gradi di vista ti mancano per farti dire simili stronzate?
Io sono il non plus ultra, tu sei letteralmente lo stalliere di turno, lo stronzo che praticamente è in balia del suo destino e annega in esso perché papà si è dimenticato di chiedergli il permesso di fare della sua vita ciò che più gli aggrada!
Tu sei quel bambino imbranato e pieno di pensieri irrealizzabili che pur di fuggire dalla realtà se ne inventava una che nemmeno esisteva!
Tu…Griffith, sei…»
Cedric delineò la figura della storica controparte con scherno e quasi incredulità, non smettendo mai di ridere strafottente, portandosi poi con uno strano nervosismo una mano fra i capelli disordinati. Non trovò ulteriori parole, si limitò solo a sputare per terra, nauseato.
«Tu…ed io, non siamo, non saremo mai uguali!»
«Se davvero lo credi, perché non riesci nemmeno a guardarmi in faccia come fai di solito? Ah? Io lo so…perchè fai lo stronzo con me, Cedric, e sinceramente è un motivo talmente imbarazzante che quasi mi fai tenerezza…»
Duncan guardò del tutto indifferente lo stesso ragazzo, la cui pupilla divenne un punto disperso nel suo oceano bluastro. Le nocche del Darcy divennero bianche, iniziarono a prudergli i pugni, vogliosi di cazzotti.
«Io, tenerezza? Vuoi proprio essere massacrato?»
«Fallo, non farlo, non mi interessa, noi due ripetiamo questa sceneggiata da una vita, Cedric…non sei un po stanco?
Di questo sistema, intendo…
I Darcy che odiano i Griffith per motivi che a noi onestamente nemmeno toccato, tu che mi vuoi pestare a morte perchè un giorno potrei prendere il posto di mio padre, o forse perchè hai semplicemente temuto che, se avessi voluto, sarei stato un picchiaduro perfino peggiore di te…
E invece, hai trovato un pupazzo di paglia che nemmeno risponde, e questo ti fa arrabbiare, perchè nessuno sfida Cedric Darcy “il bulletto”; ecco chi sei, per tutti!
Quello a cui nessuno dice di no perchè non vuole la faccia ammaccata, quello che tutti evitano perchè è solo un piantagrane infantile, quello che tutte le ragazze desiderano perché è sempre in mostra, spavaldo e spaccone, ma che le scarica come rifiuti una volta che si è divertito con loro…
Il primogenito mani bucate e scapestrato di un padre che non gli dimostra una briciola d’affetto, che non vorrebbe nemmeno lasciargli baracca e burattini perché sa che se lo fotterebbe in una settimana tra droga e puttane, vero?
Mi sbaglio, Cedric? Tu sei proprio questo, giusto? Avanti, dammi un bel cazzotto in faccia così la facciamo finita!»
Il giovane Darcy si leccò con la punta della lingua quei denti perfettamente dritti, scuotendo la testa inferocito come un bufalo. Sul voltò di Duncan atterrò un gancio da primo premio, lasciando la sua nuca a penzolare scossa verso il lato opposto, sul muro dove alcuni schizzi di sangue colorarono alcune mattonelle grigie. Cedric dovette perfino tenersi il pugno dal dolore, dolore forse non tanto causato dal colpo, quanto più dalle parole, parole che nessuno gli avrebbe mai rivolto con tanta sfrontatezza o anche solo sincerità; ma Cedric era Cedric, non incassava mai il colpo senza restituirlo. 
Duncan lo sapeva bene, e lo incassò senza grandi cerimonie, pulendosi dal labbro quel rivolo caldo, ritornando però a fissare dritto negli occhi il suo avversario, il quale non aveva più in volto quello sguardo che tanto lo caratterizzava.
Erano forse…pari? 
Era una tregua?
Difficile a dirsi, ma il secondo pugno non arrivò da parte di nessuno dei due, che si tennero quasi a distanza di sicurezza. Nessuno parlò, non finché Duncan azzardò un sarcastico passo in avanti.
«Tregua, Darcy?»
«Tsk, coniglio, non ci pensare! Non lo farei nemmeno se…oh!
A dir la verità una tregua te la potrei pure concedere, ma ad una condizione.»
«Mica non scendevi a patti coi conigli? Che cosa diavolo potresti mai volere da me? Un abbraccio?»
«Azzardati e ti do il resto! C’è...effettivamente una cosuccia uccia che vorrei tanto, e si da il caso che a breve questo bel fanciullo compia gli anni, perciò…» fece gongolando con le mani sui fianchi, porgendo come per magia un fazzoletto direttamente dalla tasca del pantalone al rosso, che lo accettò ma con un corposo sospetto.
«Vai al punto, imbecille con la faccia da cul…»
«Voglio tua sorella, e non la moglie suorina con la pagnotta in pronta consegna, ma la rinnegata sexy con la cicatrice sul viso e un paio di gambe che arrivano fin qui e gli occhi verdi, te la ricordi?»
«Che cosa…ma di che diavolo stai blateran…non stai parlando di Eris, vero?»
«Ohh…si! »
«Tu…tu sei pazzo, io non vedo Eris da 10 anni, come potrei convincerla e soprattutto perchè mai dovrei spingerla tra le braccia di un tossico maniaco faccia da schiaffi come te?
Sei letteralmente fuori strada!» 
Cedric roteò gli occhi all’indietro, annoiato ma non al punto di mollare, appoggiando perfino un gomito sulla spalla di Duncan, sembrando in maniera bizzarra e sì, perfino assurda, di essere quasi amici.
«Sei tu quello che non ha ancora capito che il cazzo nei pantaloni non serve solo per pisciare, coglione…Eris è qui, è tornata, ed è la miglior sorpresa che mi potessi fare, Griffith…» 
Il ragazzo aprì gli occhi fino a sgranarli, come se gli avessero appena sparato alle spalle, non tanto per la richiesta assurda di Cedric, quanto più per quella notizia che, in un modo o nell’altro, sarebbe serpeggiata in tutta la città da lì a breve. Non pensava che sarebbe mai successo, non per davvero, ma non ci avrebbe creduto finchè non l’avrebbe vista con i suoi stessi occhioni luccicanti. Il Darcy lo prese per un braccio, fermandolo sul posto.
«E adesso quale fisima ti affligge? Non vedi l’ora di vederla? Potrei farti compagnia…» 
«Cedric, non diventeremo amici dopo anni di pugnalate solo perché adesso ti sei preso una delle tue ennesime sbandate, e per giunta per una delle mie sorelle, e se conosco Eris come credo, non degnerebbe uno come te nemmeno di uno sguardo!
Sei un bambino infantile che…» 
Il rosso fu zittito da un gesto della mano del suo storico avversario, che aveva addosso un sorriso così strano, insolito, quasi sognante, sicuro della sua riuscita; che ne avevano fatto del vero Cedric, chi era quel tizio? 
Nonostante il dolore alle nocche, il fastidio per quelle parole non poi così distanti dal vero, nella testa di quel ragazzo c’era solamente l’immagine di quella ragazza arrivata dal nulla nella maniera meno indulgente possibile: non gli erano mai piaciute le gatte morte, tutto ciò che si poteva ottenere con troppa facilità, ed Eris non apparteneva affatto a quella categoria e la cosa gli dava letteralmente i brividi.
Duncan lo guardò praticamente andarsene, avvertendolo, avvisandolo che quella era una vera pazzia, ma  Cedric era troppo impavido e spavaldo per dare retta al saggio fratellastro della ragazza, il quale rimase in quel angolo praticamente di sasso, attonito, finchè poi il Darcy non concluse quel bizzarro colloquio iniziato malissimo e finito pure peggio, con un dito a picchiettare sul suo polso.
«Vi aspetto settimana prossima, sabato alle 9 precise, non vorrete mai far attendere il festeggiato, dico bene?» 
No, figurarsi, mai far aspettare un Darcy, porta male.
Cedric e Duncan non sapevano mica di essere stati visti anche loro, da un occhio molto meno indulgente e sicuramente assai annoiato da quella sorta di incontro non poi casuale; Caleb abbassò il giornale a metà viso, oltre il finestrino della Ford, seduto assieme alla fidata gemella, che si calò appena sul naso i tondi occhialini da sole.
Cecile rise.
«Hai visto anche tu quello che ho visto io, vero, Cal?» 
Quello rispose con una smorfia poco lieta, piegando il rotocalco di lato; la sorella accavallò le agili gambe, dondolando come sempre il piede.
«Che le cose stiano cambiando? Guardalo quello scervellato di nostro fratello, fraternizza con il nemico, che nemico non mi pare più la parola gius…» 
«I Griffith non sono così mansueti e avviliti come fanno credere, sorella, non facciamoci prendere per il naso come Cedric, che dietro ad un paio di belle gambe sarebbe pure in grado di cedere titolo e crediti!» 
«Vedo che la cosa ti infastidisce, e parecchio, fratello, come mai? Che ne sai di questa Eris Griffith? » 
La domanda fece inarcare al bel fanciullo dai capelli altrettanto ricci il suo sopracciglio, rivolgendo a Cecile il suo pieno disappunto.
«Da dove comincio? So ben poco, oltre alla nostra discutibile parentela, è un ufficiale della Hunter, uno di quei mastini picchia duro che andrebbe a nozze con il carattere bellicoso di Cedric, inoltre la sua promiscuità è nota nell’ambiente, soprattutto dai suoi…colleghi…» 
«Dannato diavolo di un pianista, come sai tutte queste cose? Chi te le ha spifferate?» 
«Oh, nessuno, se non il nostro stesso irrequieto padre, in via non propriamente diretta!» 
«Uh?
E tu quello dove lo hai preso?!» 
A chiarire le perlplessità di Cecile fu lo stesso fratello, che tirò fuori dalla sua giacca un fascicolo dal colore nero e masticato agli angoli, ma non soddifsfò del tutto le curiosità dell’altra, nascondendolo nuovamente al suo posto non appena la portiera dei sedili posteriori si aprì.
Caleb e Cecile tornarono subito ai loro posti nel preciso istante in cui il padre rientrò in macchina, accanto alla figlia minore, con il viso rivolto verso il vetro; l’autista mise in moto e ripartì, allontanandosi così da quel quartiere, in religioso e sinistro silenzio. 
Cal sapeva benissimo il perchè di quella insolita fermata, a differenza di Cecile, che scalciò contro i sedili.
«Ce ne hai messo di tempo, sono pronti i vestiti? Mmm? Papà?» 
«Vestiti? Di cosa parli?» 
Chiese ancora assorto Cillian, con il volto completamente rabbuiato e rimuginante, uno che tolse il respiro a Caleb. Fu in procinto di chiedere, di parlare, ma lo sguardo contrario del padre lo rimise a sedere nel suo angolino. Cecile non capì il perchè di tutta quella segretezza, sbottando con le mani sui fianchi.
«Si può sapere che cos’è tutta questa segretezza? Da quando Caleb è diventato il tuo prete personale? Uh?» 
«Cecile, non sono…» 
«E tu sta zitto, fratello, non permetterti a difenderlo!
Parlo proprio con te, oh disperso padre, che nascondi tanto gelosamente sotto quella giacca? La mamma ha ragione, sei più strano e pensieroso del solito, e se quel omertoso di mio fratello ti protegge…l'hai fatta grossa, allora!
Da dove cominciamo?» 
La figlia minore di Cillian era già sul piede di guerra, non lontana dall’essere testa calda di Cedric, ma quella reazione non sfiorò minimamente lo sguardo di ghiaccio del giovane padre, il quale tirò fuori dal cappotto alcuni fogli, che lasciò dritto nelle mani della figlia.
Quella li sfogliò, storcendo il naso, arrivando pure ad aggrottare le sopracciglia.
«Sono…fatture? Ricevute di pagamento? A nome dei…Burke?» 
Cillian, furbamente, annuì annoiato.
«La festa di tuo fratello ci sta costando una fortuna, e ultimamente lord Burke, che frequento per questioni puramente burocratiche, si è offerto di pagare il rinfresco perchè vuole che una delle sue figlie sposi Cedric, a suo malgrado, immagino…
Quell’uomo, pur di starci vicino, ci pagherebbe pure i debiti di gioco di tuo zio, cara Cécile, ma non è certamente per questo che gli permetto di starci così vicino!»
«Era..era questo che nascondevi? Alla mamma?
Che i Burke ci leccano il culo? Perché mi suona strano tutto questo? Non abbiamo problemi di soldi, noi…» 
«Indubbiamente vero, ma vedi, figlia mia, un uomo come tuo padre deve saper guardare al futuro!
I Burke sono gente discutibile per condotta morale, ma sono vicini alla Corona, ai vertici della Hunter, nell’industria bellica, insomma…hanno le mani in pasta in troppi posti per averli indigesti, e lord Benjamin è particolarmente interessato alla nostra amicizia!
Non pensare che mi piaccia, mi ripugna, ma tuo fratello è grande, egoista e capriccioso, e non ho buone prospettive; lo vedete da voi, prodigo e perdigiorno, una moglie e un titolo lo terranno occupato il giusto da intascarsi ciò che gli serve, e poi…si vedrà…
Ma non posso certamente rovinarmi perchè la società ha scelto che per farvi ingresso bisogna spogliarsi dei propri beni, e lo farei pure se avessi la certezza che Cedric, un giorno, non manderà tutto a puttane, ma come potete capire non ce l’ho!
E gradirei che le mie manovre non venissero più messe in discussione, Cecile, a meno che tu non abbia un’eredità indescrivibile nascosta nelle costose scuderie dei Cunningham o sotto la gonna di Olivia Burke.» concluse brutalmente lo stesso uomo, con un cipiglio talmente indifferente da far male, specialmente per la figlia, che si voltò quasi in imbarazzo e offesa dal lato opposto.
Fu un viaggio muto, silenzio di tomba fino alla stessa dimora dei Darcy, dove Cecile abbandonò la vettura per prima, e non senza aver sbattuto la portiera più forte che potè; fu una cena senza suono, una serata senza parole, nemmeno un soffio di vento se non per quello che osò entrare dalla finestra aperta dello studio di Cillian, dove stava seduto ormai dalla fine di quel indigesto desinare. Caleb stava seduto, come da bambino, sul bordo della stessa persiana, godendosi la vista sul bel giardino interno avvolto dalla penombra della notte, mentre l’uomo aveva chiuso i suoi bellissimi occhi azzurri da diversi minuti.
Quel fascicolo che gli aveva procurato suor Annabelle non lasciava più la presenza di alcun dubbio, ed era la cosa che fondamentalmente temeva di più.
Il ragazzo si voltò, preoccupato, verso il genitore, non sapendo che dire, cosa pensare o fare.
«Non era Benjamin Burke la causa dei tuoi mal di testa, ma perché non me l'avete detto subito?
Del convento, di tutto! Avremmo potuto…» 
«Cosa…Caleb? Avreste potuto fare cosa?
Per favore, sarai pure perspicace ed intelligente, ma resti un ragazzino, come tua sorella che si ostina a ribattere, per non parlare di Cedric, o di Rebecca…se sapesse di questa storia le verrebbe un crollo, e non è ciò di cui abbiamo bisogno!
Se sai è perché io voglio che tu sappia, ragazzo, perché questa storia non deve uscire da quest’ufficio…è uno scandalo troppo grosso, anche per gente come noi! 
E le ripercussioni?
Sai che notti insonni ho passato da quando tua zia Cybil si è ripresentata qui, a Londra?
Lei…combina solo casini, parte, ritorna, e chi deve risolverli sono proprio io!» 
La voce tormentata di Cillian tradì del sincero fastidio e anche rabbia, incredulo e amareggiato per le recenti notizie che aveva cercato per mesi e mesi interi, da quando la scapestrata zia era ritornata da chissà dove senza mai dare spiegazioni.
Un conto era nascondere dei soldi, ma un altro era nascondere un figlio per oltre 26 anni.
Lord Darcy non aveva il vizio del bere, ma quando ci voleva era più che necessario, infatti vuotò più di un semplice bicchiere di purissimo whisky invecchiato, senza battere ciglio nemmeno una volta.
«Prima di me, si era sempre occupato tuo nonno, quel pazzo incosciente! Le ha dato carta bianca e l’ha liberata dai suoi obblighi matrimoniali, l’ha lasciata viaggiare, e come si ripresenta?
Incinta, poco più che ragazzina, con il figlio di un criminale conosciuto in una delle sue gite orgiastiche, poi ci assicura che sempre quel figlio, anzi, figlia, è morta appena nata, così, distrutta dal dolore, riparte e ritorna, abbandona i titoli nobiliari, poi muore tuo nonno e spero con tutto me stesso che nemmeno lei si rifaccia mai più viva, e invece?
Non solo finge di essere pazza, ma ci ha tenuto segreto che quel figlio era vivo!» 
«Ma perchè? Perché non dircelo?
Non riesco a capire…e ora lui dov’è?» 
Cillian sbottò con un grugnito abbastanza amaro e stizzito.
«Onestamente? Spero all’inferno, Caleb, e non credere che sia un uomo perfido e senza scrupoli, ma hai la vaga idea di cosa accadrebbe se questo ragazzo tornasse mai in circolazione?
Vivo, con tutte le rotelle funzionanti, a conoscenza del suo retaggio?
Potreste iniziare a fare i bagagli insieme a tua madre, Cedric per primo…perchè credi che mi stia agitando allora?» 
Caleb storse il naso, facendo quasi spallucce alla faccenda, come se la cosa fosse priva di logica.
«Ma che state…stai dicendo? Tu sei l’unico erede di nonno Charles, zia Cybil non ha diritto a nulla, quindi perchè ti stai preoccupando tanto?!» 
Cillian rise quasi isterico alle sciocche e ingenue sicurezze di suo figlio, quasi barcollando a destra e a manca, ma poi finì per poggiare le sue mani sulle spalle larghe e solide di Caleb, il quale provò un brivido di paura molto sincero, soprattutto perché il suo fondoschiena si trovò a strapiombo sul bordo della finestra.
«Non hai mai letto il testamento di tuo nonno, allora, perchè se credi che mi spetti…tutto quanto, allora non hai capito troppo bene quanto siano velenose le famiglie aristocratiche!
Mio dolce e ingenuo ragazzo…tuo nonno ha lasciato tutto a me, in caso Cybil fosse morta e senza eredi, indipendentemente dalla loro legittimità, una clausola quasi irritante perché tuo nonno sapeva bene quanto fosse puttana sua sorella, e così…se malauguratamente questo bastardo venisse fuori, un giorno, chissà, dal nulla, potrebbe non solo avere metà della nostra fortuna, e fidati che diviso 4 non sarà un granchè, soprattutto se tuo fratello e tua madre non tagliano corto con spese inutili, perchè ci rovinerà alla grande!
E non è tutto…» 
Aggiunse stanco e contorto in un sorriso macabro, uno che raramente compariva sul volto di Cillian; quello di un pazzo maniaco assassino, che si massaggiò istericamente il collo, fino a grattarselo impulsivamente.
«Se questo Kelly è davvero un maschio, passerà sopra Cedric e si prenderà anche il suo posto da comandante, e della nostra cara e agiata famiglia resterà nient’altro che un ricordo!
Ora capisci…perché non ho detto nulla a tua madre? Perché se quella mi assilla in questo momento, io le spezzo il collo, ti è chiaro?» chiese quasi cantilenante lo stesso Darcy, lasciando praticamente terrorizzato lo stesso ragazzo, il quale annuì per paura o per inerzia, ricevendo poi un semplice sorriso di approvazione, ma non era certo uno sguardo di sincera gioia, quanto più di sinistra complicità, se di ciò si poteva parlare.
«Sapevo che, almeno tu, non mi avresti deluso…dunque, per rispondere alla tua domanda, non si sa di preciso dove sia oggi questo nostro piccolo impiccio, ma so per certo, grazie alla discreta collaborazione di Charlotte, che è stato affidato ad un convento del nord, ed è stato adottato da bambino nel 1889, a 6 anni, da un uomo di cui non si sa assolutamente nulla, ma immagino che non sia una novità!» 
«Che…che volete dire? Non c’è nulla?» 
«Ohh…invece c’è, più del dovuto! Sul certificato d’adozione non c’è il nome di chi lo ha portato via, ma c’è la sigla di chi l’ha adottato…
H.» 
Sotto il naso del ragazzo comparvero gli stessi fogli che Cillian aveva duramente cercato per mesi; non c’era alcun nome, se non quello del ragazzino senza cognome o provenienza, un trovatello: solo la lettere “H”, incisa nero su bianco, ormai ingiallito, sembrava avere un qualche significato. 
«H di Hunter, è così che l’associazione si firmava anni fa quando aveva bisogno di nuove reclute: i ragazzi venivano adottati negli orfanotrofi o nei conventi, un sistema barbaro, senza dubbio, ma non così recente, infatti gli ultimi ad essere stati assoldati in questa maniera sono stati Luther Richter e i suoi compagni, e sono uomini che sfiorano la cinquantina…quindi, questo mi porta a pensare solo una cosa!» 
«Vuol dire che sapevano perfettamente chi fosse e lo hanno nascosto nell’associazione! Qualcuno a conoscenza del segreto di Cybil…
Che ha insabbiato tutto dietro a questi documenti, ma chi?! Luther Richter?» 
«Ne dubito, anni fa era troppo giovane per occuparsi del reclutamento dei nuovi cadetti e sicuramente troppo lontano dalle famiglie per poter sapere di tutto questo! 
C’è solo un nome che mi viene in mente…ed è l’unico ad avere i mezzi per fare tutto questo e, guarda caso, non mette piede da queste parti da 21 anni esatti!» 
Cillian diede uno sguardo al mappamondo sulla sua scrivania, dandogli un lieve colpo che lo fece roteare su se stesso per qualche secondo, finchè non si fermò proprio su un paese molto esteso, gelido, su cui fece tamburellare le sue ossute dita.
«Sai, è da molto tempo che non vedo il mio vecchio amico Boris, credo sia proprio il caso di fargli un'improvvisata, non credi anche tu?».
   
 
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