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Autore: EmmaJTurner    17/04/2024    5 recensioni
Un cancello aperto illegalmente; un'accusa di terrorismo interno; una botanica, un ragazzino e un gatto in fuga in pieno inverno. Cosa potrà mai andare storto.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Cercasi Ammazzamostri'
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La Lettrice del Fuoco

La magia a Zolden era classista.

Molti bambini nascevano con la giusta Vibrazione; ma tale talento doveva essere coltivato per poterci fare qualcosa di utile. La magia si studiava come si studiava la pittura a olio: con impegno, costanza e genitori danarosi a sufficienza da poter spedire i pargoli in un qualche sperduto Istituto di montagna provvisto di libri e insegnanti di ruolo. 

Niente soldi, niente istruzione, niente magia.

Ne risultava una società magicamente squilibrata, con talento potenziale in ogni classe sociale, ma sviluppato solo in concomitanza di rilevanti flussi di cassa.

Le Lettrici invece seguivano un percorso a parte. Le Lettrici non diventavano tali per talento di nascita: per poter vantare il titolo era necessario vivere e superare un evento traumatico durante la prima infanzia. Alcune bambine, si erano notato, sviluppavano una certa inclinazione a prevedere il futuro. “Prevedere”, in realtà, era un termine che Meli si rifiutava di usare. Indovinare, forse. Inventare di sana pianta in seguito a un grave trauma e continue minacce, più probabilmente.

Queste presunte chiaroveggenti non erano rare a Zolden. Vivevano in luoghi isolati, vicino agli alberi sacri, e vendevano i loro servizi in cambio di soldi, oggetti, storie o ricordi.

Una di queste era Cassandra.

La madre di Meli.

Un mormorio si levò dai suoi compagni di viaggio.

“Una Lettrice? Questo cambia tutto! Può dirci dove—” esclamò Gale agitando le mani così tanto da far quasi cadere la scodella.

“Io non posso dirvi niente finché non avrò udito le vostre storie” lo stroncò subito Cassandra; non riuscì però a nascondere il sorrisetto compiaciuto per la reazione che le sue parole avevano suscitato.

“Siamo troppo stanchi per le storie, adesso” tentò Meli.

“Niente storia, niente letto”.

Meli fissò la madre con innegabile astio. Il cappellino di lana le pendeva floscio da un lato. Sospirò. 

“Chi comincia?”.

Riuscirono a cavarsela con un breve aneddoto sull’infanzia di Gale al di là della Catena, il quale permise loro di guadagnarsi una notte al caldo. Il ranger avrebbe voluto interrogarla subito, ma la Lettrice non cedette.

“Non ora” dichiarò. “È notte ormai. Andatevene a dormire. Di là troverete letti e coperte; accendete pure il camino. Domani parleremo”.

Furono cacciati oltre la porta di destra. Li accolse una stanza affollata di letti malconci, un focolare impolverato e un distinguibile olezzo di pecora bagnata. 

Meli, infastidita oltre misura, appoggiò il suo zaino per terra, si sedette su un materasso sfondato e si mise a fissare con occhi vacui la parete di pietra. Aveva male ai piedi e un inizio di mal di testa. Se sperava di poter avere un attimo di pace, però, si sbagliava: Theo le si sedette accanto e le chiese come funzionavano le storie.

La botanica fece un sospiro e recitò: “Le Lettrici dicono che i ricordi del passato servono a riequilibrare quanto viene rivelato del futuro. Più una storia è vera, sofferta e personale, più ha valore. Le Lettrici si nutrono di storie come api di nettare; le mantengono giovani e acute e permettono loro di avere visioni più vivide. O così dicono”.

Gale, rimasto in piedi vicino alla porta, si rivolse a lei. “Perché non hai detto che conoscevi una Lettrice? Questo risolve tutto: potrà dirci dove si trova la mutaforma e come fermare questa follia”.

“Non risolveremo un bel niente” ribatté Meli. “Mia madre è una ciarlatana”.

Le sopracciglia di Astrid schizzarono verso l’alto. “Tua madre?”.

Logan ci mise un secondo a assorbire l’informazione. Passato l’attimo di smarrimento, si voltò verso Lynette.

Seduta sull’orlo di una mensola, la fatina si strinse nelle spalle. “Le Lettrici non emettono la Vibrazione. Non posso dire se è una veggente vera oppure no”.

“Potremmo provare a farci leggere qualcosa lo stesso” tentò Gale. “Potrebbe comunque essere d’aiuto”.

Meli, nonostante tutto, apprezzò l’ottimismo. Ci voleva qualcuno deciso a non lasciarsi abbattere da cinismo e disperazione.

“Possiamo tentare” rispose Meli, modulando lo scetticismo nella voce ad appena un accenno. Sapeva che sarebbe stato assolutamente inutile, ma non se la sentiva di stroncare così la poca speranza che avevano. E perlomeno quella risposta accomodante avrebbe chiuso l’argomento per la serata: non aveva più voglia di parlare di storie, letture o Lettrici. Avrebbe preferito non parlarne mai più, in effetti; ma ahimé ora era incastrata in quel buco sotterraneo con sua madre e i suoi vaneggiamenti.

Ci fu un rumoreggiare di abiti e bagagli. Le persone che necessitavano di una buona notte di sonno si divisero i quattro letti; Astrid, insonne ma esausta, si sedette ai piedi di quello di Gale; Lynette si raggomitolò in un consunto portagioie di legno sulla mensola sopra la testa di Meli. La botanica le passò uno strofinaccio ragionevolmente pulito da usare come coperta.

“Dovremo impegnarci assai per poter passare qui tutto l’inverno a furia di storie” bofonchiò Meli combattendo per dare la forma a un cuscino troppo floscio.

Logan, nel letto accanto al suo, stava fissando con sospetto una radice che pendeva dal soffitto. “Siamo al sicuro qui?”.

“Fidati, se al mondo esistesse un qualsiasi altro posto preferibile a questo, ci sarei andata” replicò Meli. Picchiò per l’ultima volta il cuscino e vi adagiò la testa dolorante. 

***

La mattina seguente Meli vagava nel bosco innevato alla ricerca di legno sacro. Come quando aveva dieci anni. Ed era irritata a morte di essere obbligata a fare la servetta di sua madre. Come quando aveva dieci anni.

Soprattutto perché la suddetta madre trovava sempre il modo di apparire accanto a lei con l’unico scopo di infastidirla ancora di più. Poco dopo, infatti, le si affiancò in silenzio. Per un po’ camminarono ignorandosi a vicenda. I loro passi scricchiolavano affondando nella neve.

“So cosa sta succedendo” iniziò Cassandra con studiata teatralità. “So perché siete qui”.

Meli le scoccò un’occhiataccia. “Allora sai già se puoi aiutarci o no”.

“Io non posso. Il fuoco può. Sarà lui a rispondere alle vostre domande”.

Il fuoco.

Meli si rivide a dodici anni, legata in una radura, con le strigi che giravano in tondo contro il cielo azzurro. Scosse la testa per cancellare quella immagine. 

Sua madre le scoccò un’occhiata. "Se da bambina ti fossi impegnata di più anche tu avresti potuto ereditare il dono. Invece preferivi girare con quella vecchia pazza".

“Davvero vuoi parlare ancora di questo?”.

Nessuna risposta. Meli continuò a parlare.“E quella vecchia pazza era tua madre, nonché mia nonna. E avrei fatto qualunque cosa piuttosto di fare la tua vita, rinchiusa sottoterra come uno scarafaggio”.

“Potevi essere giovane per sempre. Potevi aiutare le persone. Ma ormai è tardi”.

“Aiutare le persone? Inventando baggianate generiche su perseveranza, vento da ovest e boccioli in primavera?”.

“Non rivolgerti a me in questo modo insolente”.

Meli avrebbe voluto rispondere “Non sono più una bambina, ti parlo come mi pare!” ma sapeva che sarebbe suonata esattamente come una bambina. Di dieci anni. Invece disse, con tono estremamente maturo e razionale: “Vaffanculo”.

L'interlocutrice alzò le mani al cielo. “Ah! Non si è mai potuto parlare con te”.

Meli la ignorò. Erano arrivate all’albero sacro. 

Gli alberi sacri — di solito querce, frassini o biancospini — erano facili da riconoscere: erano massicci e crescevano lontano dagli altri, circondati da un anello di pietre o nuda terra che segnalava il percorso compiuto a ogni solstizio dalle danze sfrenate delle fate. Meli lo individuò dal dislivello dello strato di neve.

Fece un passo all’interno del cerchio con i sensi in allerta. Non era pericoloso entrarvi se non c’era un rito in corso, ma a Meli quei luoghi avevano sempre fatto un certo effetto. Percepì la magia accarezzarle i capelli.

“Sbrighiamoci”.

Tranciarono pochi rami spessi e ne formarono una fascina. Sua madre invocò perdono con una breve litania in dialetto locale mentre Meli legava la legna in cima allo zaino. 

Uscirono dal cerchio e si avviarono verso casa. Con la coda dell’occhio Meli vide qualcosa di grosso muoversi tra gli alberi. Un animale con un mantello candido chiazzato di grigio e un paio di imponenti corna arrotolate sul capo. Una lince cornuta. 

Meli e l’animale si studiarono in silenzio. Poi la lince balzò via e sparì nella neve.

***

I preparativi per la lettura erano, secondo Meli, esageratamente lunghi e laboriosi. Sua madre rassettò casa da cima a fondo, pulì il camino dai resti di cenere e fece bruciare un mazzolino di salvia e rosmarino per ingraziarsi gli spiriti.

Quando tutto fu pronto e l’odore di aromatiche divenne insopportabile, Cassandra si portò una mano al petto, li guardò tutti e con tono melodrammatico annunciò: “Cominciamo”.

Il gruppo di fuggitivi che affollava la piccola cucina, chi seduto al tavolo, chi in piedi con atteggiamento sprezzante, rimase in attesa di istruzioni.

“Davvero sai leggere il futuro?” chiese Theo.

La risposta di Meli fu più veloce di quella della madre: “No. Le Lettrici possono dare un’interpretazione di ciò che sanno del presente e spingerti a intraprendere una strada piuttosto di un’altra, ma la lettura si ferma qui. Non c’è un vero futuro. Non c’è preveggenza”.

Cassandra lanciò un’occhiataccia alla figlia. “Certo che posso leggere il futuro” scandì, tornando a rivolgersi a Theo. “Ogni mese decine di uomini, donne e creature vengono da me con questa medesima richiesta”.

“Il fatto che tu abbia molti clienti non significa che tu sia in grado di fare quello che dici” rimbrottò la figlia.

“Se fossi una ciarlatana non pensi che qualcuno si sarebbe lamentato?”.

“Penso che tu sia molto brava a essere una ciarlatana”.

Madre e figlia si squadrarono in cagnesco.

Gale si intromise con tono accomodante: “Ti siamo grati per la concessione che ci fai con i tuoi poteri, Lettrice. Possiamo procedere?”.

“Prima, una storia”.

Gli ospiti si guardarono a disagio. Nessuno si fece avanti.

“Su, su. Condividere una storia con una Lettrice ne allenta il peso sullo spirito, giovando anche chi la racconta” li incoraggiò. “È di buon auspicio condividere i propri ricordi con me”.

Meli fece una smorfia. 

Theo alzò timidamente una mano. “Posso andare io?”.

Cassandra fece un cenno benevolente. Theo prese fiato e cominciò a raccontare. Era la storia di come da piccolo aveva scoperto l’esistenza di una radura nascosta scendendo un torrente in secca estiva. 

“Ci sono degli alberi bellissimi, e un sacco di muschio morbido dove sdraiarsi. E una specie di laghetto pieno di pesci minuscoli” narrò entusiasta. “Un giorno mi sono arrampicato su un albero altissimo e ho visto un nido con delle uova blu dentro. Non l’ho toccato perché dentro le uova ci sono i cuccioli degli uccelli, così mi ha detto Marlene, e io non volevo farle cadere. Quindi le ho solo guardate senza toccarle. Dalla cima dell’albero ho visto il tramonto. Tutto diventa rosa, al tramonto. È stato molto bello. Poi sono sceso e sono tornato a casa. La mamma mi ha sgridato perché sono tornato tardi e le ho prese, ma io pensavo al mio posto bello e non mi ha fatto tanto male”.

Quando avrebbe ancora potuto spezzarle il cuore, quel bambino? Meli strinse i pugni e ricacciò indietro la rabbia all’idea che ogni ricordo bello di Theo fosse macchiato dagli abusi dei genitori. Decise che sarebbe morta piuttosto di riportarlo a quella famiglia disgraziata.

Theo finì la sua storia. “Ci vado sempre quando il fiume è senza acqua. Se volete vi posso portare l’estate prossima. È un segreto però: non dovete dirlo a nessuno”.

Il bambino si voltò verso Meli con un sorriso beato in volto. La donna gli sorrise a sua volta e gli strinse la manina nella sua.

Per un istante, il viso attento di Cassandra si rasserenò e si distese. Parve ringiovanita di qualche anno. Meli diede la colpa alla penombra della stanza.

“Benissimo. Grazie per la tua storia, piccolo Theo” disse la Lettrice. “Possiamo cominciare”.

Cassandra sistemò il legno sacro nel camino in una piramide ordinata. Disse qualche parola e avviò le fiamme con la pietra focaia. Li avvertì che per procedere con la lettura era necessario porre una domanda; ne seguì un parapiglia di idee confuse. 

“Come salviamo il mondo?” chiese Theo.

“Come possiamo impedire lo spargimento di altro sangue innocente?” propose Gale.

“Come farmi i cazzi miei senza essere inseguito da tutta la Guardia Cittadina?” suggerì placido Logan.

Meli scoccò a Logan un’occhiata tra l’irritato e il divertito. “Come fermiamo la ragazzina mutaforma e chiudiamo quei dannati cancelli?”.

Cassandra alzò entrambe le mani. “Fermi fermi fermi. Una domanda. Il fuoco è molto specifico nelle sue risposte”.

Il gruppo discusse, litigò e infine propese per una soluzione accettata quasi all’unanimità. La comunicarono alla Lettrice.

“Molto bene”. Cassandra si alzò e afferrò un mazzetto di origano essiccato. Lo avvicinò alla fiamma di una candela e, una volta acceso, lo posizionò nel mezzo della pira di legno sacro. Il fuoco, di un rosso troppo vivo, divampò a una velocità allarmante.

Cassandra, in ginocchio davanti al fuoco, ordinò: “Fai ora la tua domanda, ranger”.

Gale scandì la domanda ad alta voce: “Come impedire l’apertura di nuovi cancelli, chiudere quelli già violati, e fermare la strage di bambini innocenti?”. 

Con un tono così basso da essere udibile solo a Meli, Logan aggiunse “senza rimetterci la pelle, magari?”.

La Lettrice gettò qualcosa nelle fiamme. Il fuoco sfrigolò e si contorse. Il fumo prese un odore aromatico di erba e nocciola. In un lampo, il legno venne divorato dalle fiamme sanguigne e si trasformò in un mucchio di tizzoni. Cassandra afferrò una pala piatta e la infilò con grande attenzione sotto le bronse ancora bollenti.

Le lasciò scivolare sul tavolo lasciando intatta la loro posizione originale. Incuriositi, tutti allungarono il collo verso l’artistica composizione di ceneri ardenti.

Cassandra studiò le ceneri sfrigolanti con la massima concentrazione, facendo solo ogni tanto mugugni di approvazione. 

“Il fuoco dice molte cose”.

“Cose buone?” osò sperare Theo, fissando dubbioso un tizzone che crepitava di fronte a lui.

“Ci sono dei segni fausti. E dei segni infausti” annunciò la Lettrice allargando le braccia. “Siete pronti?”.

Annuirono. Erano pronti.

“L’Ovest è propizio” esordì la donna. La sua voce, carica di dramma, era scesa di un’ottava. “Vedete queste curve?” chiese indicando una sorta di S creata dalla fuliggine. “Intimano il ritorno quando ci sarà luogo a cui tornare. Se invece ancora non vi è un luogo a cui tornare, allora è da favorire la rapidità”.

“Che diamine vuol dire?” bofonchiò Astrid.

“Silenzio” tuonò Cassandra. Scoccò un’occhiataccia alla vampira e continuò la lettura. 

“Questo agglomerato invece è un segno infausto: la luce è immersa nella terra. Sciagura e miseria. Il cerchio qui, però, indica che è propizio essere perseveranti nella miseria: per riuscire nella più sfavorevole delle condizioni è necessario attenersi alla determinazione della propria volontà”.

Il gruppetto si scambiò occhiate dubbiose.

La Lettrice continuò a indicare mucchietti di cenere identici gli uni agli altri. “Segno neutro: confida nell’uomo saggio. Indagare i perché è importante; aggirando l’ostacolo, il fiume trova la via verso il mare. Segno fausto: la fanciulla si sposa. Dopo l’inverno arriva la primavera”.

Silenzio. Meli fissò il rosso acceso di un tizzone brillare sempre meno fino a spegnersi.

“Direi che è molto chiaro” annuì la Lettrice soddisfatta. Contò sulle dita sette responsi: “L’Ovest è propizio. Perseveranza nella miseria. La luce è immersa nella terra. Confida nell'uomo saggio. Il fiume trova la via verso il mare. La fanciulla si sposa. Dopo l’inverno arriva la primavera”.

Li trascrisse su un pezzo di pergamena che consegnò a Gale. Insieme studiarono quelle poche frasi vergate con calligrafia incerta.

Ci fu un lungo silenzio.

Dando voce ai pensieri di tutti, Astrid sbottò: “E questo che cazzo vorrebbe dire?”.

Cassandra alzò il mento con sdegno. “Il responso del fuoco deve essere valutato e interpretato da coloro che hanno posto la domanda. La Lettrice fa da sacro tramite con il mondo degli spiriti, ma il futuro è nelle mani di chi lo usa nel presente”.

Meli udì Astrid borbottare sottovoce “Mi sembra una stronzata”.

La botanica le fece un cenno d’intesa. “Perché lo è”.

Scuotendo la testa bionda, Astrid roteò gli occhi al cielo e fece una smorfia che avrebbe potuto assomigliare a un sorriso.

Cassandra si lanciò un drappeggio dello scialle sopra la spalla. “Il fuoco ha parlato. Ora sta a voi interpretare e agire di conseguenza” sbottò offesa.

Meli e Astrid si scambiarono un’occhiata con un eloquente sopracciglio inarcato.

Cominciarono le interpretazioni.

L’Ovest è propizio sembra indicare che dobbiamo muoverci in quella direzione” propose pratico Gale.

Theo aveva la fronte aggrottata. “Cosa significa proppizio?”

“A meno che il fiume che va verso il mare non indichi che la direzione è a est, verso il mare, superati gli ostacoli” si intromise Astrid.

“Con il perseverare nella miseria direi che ci siamo” aggiunse Logan.

Meli strinse forte le labbra per trattenere un risolino. “Propizio significa favorevole, Theo”.

Lynette osservava il biglietto tra le mani del ranger dalla spalla di Astrid. “La luce è immersa nella terra è un simbolo positivo nella tradizione delle fate, indica la vita che viene dalle radici”.

“È un’immagine negativa per la nostra tradizione però. La luce viene intrappolata dalle tenebre del sottosuolo e non riesce a uscire” replicò Gale. “E chi poi sarebbe l’uomo saggio?”.

“Un prete?”.

“Un santone?”.

“Il Governatore?”.

“Ma se andiamo a ovest il fiume cosa c’entra?”.

“E se andiamo verso il mare perché mai l’ovest dovrebbe essere propizio?”.

“Il fiume è simbolo di perseveranza” spiegò Meli con un sospiro “significa che con pazienza e dedizione si può superare qualsiasi ostacolo e raggiungere l’obiettivo. Perseveranza è una parola che al fuoco piace un sacco, da quel che ricordo…”.

“E chi si dovrebbe sposare, scusa?” chiese Astrid.

Lo sguardo di Meli incrociò involontariamente quello di Logan. “È un simbolo anche questo” ribadì scocciata. “Indica eventi positivi”.

“A me piacciono i matrimoni” li informò Lynette. “Si balla sempre, ai matrimoni”.

Gale si grattò il collo. “Anche dopo l’inverno arriva la primavera sembra un responso positivo”.

“Perlomeno significherebbe che qualcuno di noi arriverà a vederla, la prossima primavera” commentò Logan monocorde.

Cassandra li lasciò discutere per una ventina di minuti, poi fece intendere con un gran ramazzare per terra che avrebbe preferito essere lasciata sola.

“Non abbiamo capito bene cosa dobbiamo fare, signora Lettrice” tentò timidamente Theo.

Cassandra, scopa in mano, lo squadrò. “Potete fare un’altra lettura, se volete. Domani. Nel frattempo mi pagherete vitto e alloggio, ovviamente. Adesso via da qui, che devo ripulire. Sciò, sciò”.

Con un fracasso di sedie spostate, la brigata liberò il tavolo coperto di bronse e si diresse, più confusa di quando era arrivata, verso le lussuose stanze da letto che li attendevano per la notte. 








Spazio dell'autrice
In questo capitolo abbiamo più lore e spiegoni di quanto mi faccia sentire a mio agio, ma portate pazienza. Siamo al penultimo episodio di questa Parte IV e qualcosa doveva essere detto :D Spero sia stato comunque coinvolgente e interessante. Fatemi sapere!

 
   
 
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