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Autore: PrimPrime    18/04/2024    1 recensioni
Emily Lewis è sorpresa quando riceve la sua lettera per Hogwarts, ma inizia a frequentare la scuola con grandi aspettative.
Quello che una nata babbana come lei non sa, però, è che cinque anni prima in quella stessa scuola ha avuto fine una guerra che aveva spaccato in due il mondo magico.
Inoltre non sa che i pregiudizi tra i maghi non sono del tutto spariti, come anche la competizione e l’antipatia di una casa verso l’altra.
E così Emily, quando stringe le sue prime amicizie e viene smistata in una casa diversa dalla loro, non ha idea di cosa l’attende.
In quella scuola dove un tempo si era combattuta una guerra, dove in qualche modo lei riuscirà a sentirsi al sicuro, non sa che verrà messa alla prova da sfide ben più complicate di un compito in classe.
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Leggendo questa storia conoscerai Emily e i suoi amici, e li seguirai in un percorso di crescita ed evoluzione che avrà inizio al primo anno scolastico e continuerà fino al settimo e oltre.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Filius Vitious, Horace Lumacorno, Minerva McGranitt, Nuova generazione di streghe e maghi, Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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CAPITOLO 47

 


Diversi giorni erano passati dall’inizio della scuola ed Emily aveva già fatto le sue prime ronde notturne. Con lei c’erano tre prefetti del suo anno, ragazzi con cui non aveva mai parlato anche se li aveva visti a lezione. Si incontravano al piano terra, quindi decidevano come dividersi la scuola e procedevano con il giro.

Non era poi tanto male aggirarsi per Hogwarts di notte, con la bacchetta alla mano e stando pronti a intervenire in caso di bisogno, o a togliere punti agli studenti trovati nei corridoi senza permesso.

Certo, era stancante fare le ore piccole e il giorno successivo, a lezione, ne risentiva sempre, ma niente le avrebbe impedito di stare attenta e prendere appunti.

Una mattina, mentre faceva colazione con Blue e Cecil come ormai era diventata un’abitudine, decise di proporre al ragazzo un appuntamento di studio. Settembre sarebbe presto terminato e con esso avrebbero salutato anche le ultime giornate tiepide, perciò voleva approfittarne per stare un po’ all’aria aperta.

“Che ne dici di un picnic al lago nero, oggi pomeriggio? Prendiamo qualcosa dalle cucine e ci mettiamo a studiare sul prato,” lo invitò, speranzosa.

Tra studio e doveri vari, lei e Cecil non avevano avuto molto tempo ultimamente. Certo, spesso studiavano insieme in biblioteca, ma non era la stessa cosa rispetto a uscire… E la sua proposta di quel giorno voleva essere una giusta via di mezzo tra le due cose.

“Oggi non posso, ho una riunione con la preside e Desvara. Però, se non va per le lunghe, possiamo vederci in biblioteca subito dopo,” le disse il ragazzo, seduto accanto a lei.

“Va bene,” rispose Emily, abbassando lo sguardo sul suo porridge.

Era rimasta delusa e non poteva negarlo, ma non lo avrebbe detto ad alta voce. Le sembrava di essere stata estromessa da una parte della vita del ragazzo, anche se era normale che non facessero tutto insieme. Era sempre stato così e le cose sarebbero continuate in quel modo anche in futuro.

Quel giorno, per darsi la carica che le mancava, aggiunse più gocce di cioccolato del solito al suo piatto.

 
Nel pomeriggio, al termine dei suoi impegni, si avviò verso la biblioteca. Era presto per incontrare Cecil in realtà, ma non per leggere qualche libro interessante. Con i compiti era in pari, perciò esplorò gli scaffali finché non trovò un vecchio volume di babbanologia che non aveva ancora consultato.

Tornò sui suoi passi per trovare un posto libero e notò Solomon Sharpridge che studiava da solo.

“Posso sedermi?” gli chiese.

Lui sollevò il viso rivolgendole uno sguardo sorpreso, perché evidentemente non l’aveva sentita arrivare. Annuì e lei si accomodò.

“Non capisco come fa a piacerti quella roba,” commentò il ragazzo qualche minuto dopo, distogliendola dalla sua lettura.

“Ognuno ha i suoi gusti,” ribatté Emily, sbirciando ciò che stava leggendo lui.

Dalla copertina, pareva fosse un libro sugli aracnidi. Non aggiunse altro, decidendo che le sue parole di poco prima fossero abbastanza.

“Alla fine tu e Hanna Arsen siete diventati amici, anche se all’inizio negavi che lo foste,” gli disse poi, perché era curiosa da un po’ di tempo a riguardo.

“Già… Ma non lo eravamo davvero, quindi non ho mentito,” dichiarò lui, inserendo un segnalibro tra le pagine e chiudendo il volume. “Abbiamo iniziato a conoscerci meglio solo l’anno scorso.”

Emily annuì e tamburellò con le dita in un angolo della pagina che stava leggendo. Non era molto in vena di studiare in quel momento, forse perché non sapeva se Cecil l’avrebbe raggiunta davvero e quando. Piuttosto avrebbe preferito chiacchierare con Solomon un altro po’.

“Senti, se la storia di Hanna con la Cane finisse male, noi due resteremo comunque amici?”

La sua domanda la spiazzò.

“Ma certo che sì. Perché, ne dubiti?” gli chiese di rimando, sorpresa.

“No, volevo solo assicurarmene,” ribatté Solomon scuotendo la testa, come se volesse lasciar cadere l’argomento.

“E dimmi, credi che si lasceranno? A me sembrano felici… e Blue è una brava ragazza, sono sicura che stia trattando bene Hanna. Aspetta, non sarà che lei ti piace?”

“Frena!” le chiese Solomon, senza alzare la voce per non attirare l’ira di Madama Pince. “A me piacciono solo le creature magiche,” puntualizzò, mostrandole l’acromantula sulla copertina del libro e indicandola con la sua piuma.

Emily la osservò solo per un secondo, sforzandosi di non apparire disgustata. Capiva il suo amore per gli animali fantastici, ma non fino a quel punto.

“Anzi, mi piacciono anche quelle non magiche, salvo alcune eccezioni,” continuò il ragazzo, riappoggiando il libro e la penna. “Insomma, il punto è che non provo interesse per le persone. Anche per quanto riguarda gli amici, sto bene con i pochi che ho. Per questo mi dispiacerebbe perderne qualcuno.”

“Un po’ lo immaginavo, l’ho sempre saputo che eri un tipo solitario,” commentò Emily, chiudendo il libro a sua volta. “Comunque, io non sono molto in confidenza con Hanna e se Blue dovesse lasciarla, o viceversa, a me non cambierebbe poi molto. Auguro a entrambe la felicità e scelgo di tenermi stretti tutti quanti i miei amici.”

Continuarono a chiacchierare della loro idea di amicizia per un po’, quindi Solomon le chiese con quanti studenti fosse in confidenza e come facesse a gestire i rapporti con tutti, senza sentire mai il bisogno di stare da sola.

Emily in realtà apprezzava anche il tempo trascorso in solitudine, che fosse ad ascoltare musica o in compagnia di un buon libro, ma era da un po’ che cercava di stare più spesso con le persone a lei care.

Smisero di parlare quando Cecil varcò la porta della biblioteca, attirando subito l’attenzione di Emily che aveva una buona visuale sul corridoio.

“È arrivato il tuo ragazzo, io tolgo il disturbo,” dichiarò Solomon con il suo solito atteggiamento disinteressato, mettendo via le sue cose e facendo per andarsene.

“Ma no, non sentirti obbligato,” gli disse Emily, dispiaciuta.

Non lo voleva certo cacciare via.

“Non mi ci sento, voglio solo stare un po’ per i fatti miei,” insistette il ragazzo.

Rivolse a Cecil un cenno di saluto e lo superò per uscire dalla sala.

“Studiavi con Sharpridge?” le chiese lui, mettendosi a sedere.

“No, in realtà stavamo chiacchierando,” ammise. “Com’è andata la riunione?”

“Non è stata niente di che, la preside voleva essere aggiornata su come vanno le cose con alcuni studenti e farci le solite raccomandazioni. Allora, ho portato erbologia, storia e devo finire una relazione di pozioni, tu invece?” le domandò, spostando il discorso sullo studio.

“Ho qui il libro di trasfigurazione, difesa e anch’io quello di erbologia,” rispose, prendendolo per primo.

L’aveva portato perché era certa che a Cecil servisse una mano con la materia.

“Non riusciremo a fare tutto oggi, perciò è meglio decidere subito,” propose lei.

Scelsero di dedicarsi a erbologia e di ripassare difesa contro le arti oscure.

Iniziarono a studiare condividendo gli appunti, ma Emily ogni tanto si ritrovava a viaggiare con il pensiero.

In uno di quei momenti, osservò di nascosto il viso di Cecil intento a studiare e pensò al picnic di quel pomeriggio che era sfumato, anche se non per sua volontà.

“Qualcosa non va?” le chiese lui, prendendole la mano con cui stava tenendo una pagina del libro. “Sei bloccata in questa posizione da almeno un minuto,” le fece notare, guardandola negli occhi per provare a capire cosa stesse pensando.

Emily scosse la testa e si lasciò scappare dalle dita la pagina.

“Sono solo un po’ stanca… E mi piacerebbe avere più tempo per stare con te, ecco tutto. Vado a cercare un libro per approfondire l’argomento.”

Dopo averlo detto, sottrasse la sua mano destra dalla presa gentile di Cecil e si alzò per dirigersi al reparto di erbologia. Doveva tornare in sé, altrimenti non sarebbe riuscita a combinare niente quel pomeriggio.

Notò un ragazzo che la osservava insistentemente dal fondo del corridoio, ma decise di non farci caso e sbrigarsi per tornare al suo tavolo. Quando individuò un volume che faceva al caso suo si apprestò ad appellarlo con la magia perché era troppo in alto, ma quel ragazzo allungò una mano e lo prese per lei.

“Cercavi questo?” le domandò, avvicinandosi un po’ troppo per i suoi gusti.

Emily si trovava con le spalle al muro, anzi con la schiena molto vicina a uno scaffale, e quel ragazzo sconosciuto davanti.

In realtà non era del tutto un estraneo, perché lei essendo al settimo anno conosceva tutti almeno di vista, ma gli studenti erano troppi per tenerne a mente i visi e soprattutto i nomi. O almeno, per lei era così.

Comunque quel tipo non frequentava nessuna lezione con lei, quindi doveva essere del quinto o del sesto anno.

“Sì… Ma potevo farcela da sola,” puntualizzò, allungando una mano per prenderlo.

Lui glielo passò senza fare scherzi e rivolgendole un sorriso che probabilmente avrebbe affascinato molte ragazze. Non lei, però.

“Ehm ehm.”

Si voltò e scoprì che Cecil li aveva raggiunti e stava osservando quella scena con un sopracciglio inarcato. Si fece più vicino per mettersi in mezzo tra i due, anche se l’altro studente lo superava di una manciata di centimetri.

“Torniamo a studiare, Emily,” le disse, con un’espressione che non nascondeva abbastanza bene il suo fastidio.

“Andiamo,” concordò lei, avviandosi con lui per il corridoio da cui erano arrivati.

“Potevo pensarci io,” gli fece notare una volta che furono tornati seduti. “So difendermi da sola…”

“Lo so, ma non posso fare a meno di preoccuparmi,” ribatté lui, con lo sguardo basso sul suo libro. “E quando l’ho visto così vicino a te non ho capito più niente.”

“Eri geloso?” gli domandò, sorpresa.

Cecil incontrò il suo sguardo.

“Forse… E anche se fosse?”

“Mi fa piacere,” ammise lei. “Temevo che non ti interessasse molto cosa facessi e con chi.”

“Scherzi? Non è assolutamente vero,” disse e sospirò. “Dicevi che vorresti passare più tempo insieme, ma per me è lo stesso.”

Emily strabuzzò gli occhi e non seppe come ribattere. Era un po’ giù in quel periodo e credeva di essere stata tagliata fuori da molti momenti che avrebbe potuto condividere con Cecil, ma non aveva pensato minimamente a come stesse vivendo lui la cosa.

“Scusami, non credevo di essere così egocentrica…”

Il ragazzo scosse la testa.

“Se qualcosa ti preoccupa, parlamene,” le chiese, rivolgendole uno sguardo serio.

Emily si morse il labbro inferiore, combattuta. Avevano avuto quella conversazione almeno un milione di volte, però lei continuava a tenersi tutto dentro.

“Ti piace fare il caposcuola?” gli chiese, dato che non ne avevano mai parlato davvero.

“Sì e no… È un onore e ne vado fiero, ma comporta tanti impegni noiosi o dei quali farei volentieri a meno.”

“E Melita Desvara che tipo è?” gli domandò, dato che non conosceva la ragazza malgrado fosse una Serpeverde come lei.

“Non lo so, non abbiamo mai parlato se non per dividerci il lavoro. Ho notato che sembra sempre sul punto di addormentarsi, invece poi si scopre che era attenta a tutto,” raccontò, quindi riaprì il libro di erbologia.

Emily annuì. Era felice che stessero parlando dei suoi compiti da caposcuola, anziché ignorare l’argomento. Ora riconosceva che avrebbe potuto fargli quelle domande prima, invece di intristirsi perché entrambi avevano da fare.

“A te è successo qualcosa di particolare da quando sei prefetto?” le chiese Cecil, sollevando di nuovo lo sguardo su di lei.

“Niente di che, a dire il vero. Ah, una notte ho interrotto degli studenti del quarto anno che si stavano baciando in un’aula.”

Ne parlarono ancora per un po’, poi tornarono concentrati sullo studio dato che avevano molto altro da fare.

 
Di venerdì sera Emily aveva la ronda notturna, perciò indossò il mantello e uscì dal dormitorio di Serpeverde. I corridoi di Hogwarts erano freddi e bui di notte, ancora più del solito quando si trattava dei sotterranei.

La sua bacchetta non illuminava molto, perciò stava attenta a ogni minimo rumore nel tentativo di accorgersi se ci fosse qualcuno.

Quella sera, prima di cena, si era già accordata con gli altri prefetti sul giro da fare, che forse sarebbe rimasto fisso dato che era lo stesso delle settimane precedenti.

A Emily spettavano i sotterranei e il piano terra, perciò esplorò ogni aula e controllò ogni nicchia. Una volta fuori dalle cucine, fu tentata di entrare a prepararsi una bevanda calda ma si trattenne. Stava per salire le scale quando udì un rumore provenire da un corridoio che aveva già controllato.

Strinse la presa sulla bacchetta. Probabilmente qualche studente del suo dormitorio era uscito dopo di lei, pensando così di riuscire a evitarla. Sospirò e si domandò se i membri delle altre case facessero le stesse stupidaggini.

Mise fine all’incantesimo con cui si stava facendo luce e si avvicinò con passo felpato al punto in cui aveva sentito quel rumore. Una volta qui, certa di non essere sola, lanciò nuovamente lumos.

Eppure tutto taceva e non si vedeva anima viva.

“Finite incantatem!” esclamò.

Davanti a lei comparvero William Baxter e Samuel Napier.

“Non ci posso credere… Anzi, ci credo benissimo! Che ci fate fuori dal dormitorio a quest’ora? Avete un permesso?” domandò, infastidita dalla loro presenza.

Sicuramente erano in giro ad architettare degli scherzi di cattivo gusto o a infrangere altre regole.

“Non ci serve un permesso, non c’è mai servito,” ribatté Baxter, guardandola in cagnesco.

“Ah sì?”

Emily sollevò un sopracciglio e accennò un sorriso furbo.

“Sai Baxter, quando ti ho visto fare il cameriere al Lumaclub ho pensato che fosse una serata grandiosa, ma anche questa non è da meno perché posso togliervi punti e segnalarvi entrambi alla preside… e al professor Brodie.”

“Quand’è che avresti fatto il cameriere?” gli chiese Napier in tono di scherno.

“E sta’ zitto tu!” esclamò l’altro dandogli uno spintone, poi tornò voltato verso di lei. “Non so chi ti credi di essere, ma hai proprio dei gusti strani. Se questi per te sono bei momenti, devi avere una vita molto triste.”

“Trovo gioia nelle piccole cose,” ribatté Emily, facendo spallucce. “Cinquanta punti in meno a testa perché vi trovate in corridoio dopo il coprifuoco.”

“Cazzo, cinquanta punti! Guarda che siamo Serpeverde proprio come te!” le fece notare Napier, stringendo i pugni.

“Già, ma io sono un prefetto e voi siete due che si divertono a maltrattare il prossimo,” puntualizzò lei, come se avesse detto una cosa da niente.

“Dici bene, noi siamo in due mentre tu sei da sola,” intervenne Baxter armandosi di bacchetta. “Tu ti diverti a toglierci punti, ma noi conosciamo altri modi per divertirci.”

Emily avvertì uno spiacevole brivido correrle lungo la schiena. Che alludesse a farle semplicemente male o altro, lei non lo sapeva, ma in seguito agli anni di soprusi non aveva certo paura di loro. Non adesso che aveva affrontato studenti più grandi e più forti in duello.

I due sollevarono le bacchette ma lei fu più veloce e li pietrificò con un incantesimo non verbale. La posizione in cui erano rimasti bloccati faceva capire chiaramente che stessero per attaccarla, perciò lei era sicura che non avrebbe avuto problemi a lasciarli così in infermeria.

“Altri cinquanta punti in meno per aver ingaggiato un duello senza permesso, perdipiù con un prefetto. E intendo a testa. Stavo giusto per andare verso l’infermeria, verrete con me fino a lì,” annunciò, facendoli levitare dietro di sé.

Li adagiò su due letti e avvisò Madama Chips, quindi tornò in corridoio per riprendere il suo giro.

Non poteva dire che fosse stata una notte adrenalinica, ma di certo sarebbe stata un argomento divertente per le conversazioni dell’indomani con i suoi amici.





Note di quella che scrive

Mi scuso per essere sparita ancora ma in queste ultime settimane è successo di tutto! E forse lo avevo già detto, ma la situazione non era a questo livello...
Comunque, capitolo leggero e breve... di passaggio, mi viene da dire, ma in realtà siamo in una fase della storia più rilassata delle precedenti.

La conversazione di Emily con Solomon Sharpridge è un po' un'occasione sprecata, perché non gli ho fatto dire quanto avrei voluto, ma non era il momento. Sicuramente getta le basi per altro che riguarda lui, ma ci torneremo più avanti.

Alla prossima!
   
 
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