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Autore: Yssis    20/04/2024    0 recensioni
Fra problematiche figure genitoriali, amici-bulli molto affezionati, le splendide cotte delle scuole medie e l'affetto per sua sorella, il goffo e magro orfanello Yuuto diventerà l'arrogante regista e capitano Kidou.
*
Dai capitoli...
1: Le abilità di problem solving di Yuuto lasciano a desiderare.
2: Kageyama Reiji e Kidou Honzo giocano a scacchi da tutta la vita. Yuuto però non capisce chi vince e chi perde.
3: Kidou conquista autorevolezza nella sua squadra rotolando giù dalle scale.
4: Kidou e Genda condividono il compleanno.
5: Kidou pensa che la mamma di Sakuma sia molto bella.
6: Genda chiede aiuto ai suoi amici per affrontare un evento familiare intollerabile.
7: Kageyama Reiji è un professore delle scuole medie a cui non piace portare i ragazzini in gita: tuttavia, lo fa lo stesso.
8: Gouenji è il risveglio sessuale di Kidou, ma non il suo primo bacio.
9: Yuuto organizza la festa di compleanno della sua sorellina.
10: In ogni trio c’è un duo e Genda pensava di farne parte.
11: Kidou soffre per l'improvvisa morte di Kageyama e Fudou gli resta accanto.
Genere: Angst, Comico, Hurt/Comfort | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Shonen-ai | Personaggi: Altri, David/Jiro, Joe/Koujirou, Jude/Yuuto, Kageyama Reiji
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Neanche per un momento. Non ti ho dimenticata neanche per un momento.”

Nonostante per la legge non sussistesse più alcun legame fra loro, Yuuto fin da bambino tenne ben a mente il suo essere fratello di Haruna

-Kidou, stiamo aspettando le tue istruzioni! Si può sapere cosa ti prende oggi?-

-Pensi di starti comportando bene nei confronti di tuo padre? Continuando a parlare di quella bambina, lo offendi profondamente e rinneghi l’appartenenza alla tua famiglia, dovresti vergognarti.-

-No, Yuuto, non puoi tenere metà del dolce per tua sorella. Mangialo tutto che dobbiamo andare, è già arrivata l’auto.-

La nominava tutti i giorni. Ogni cibo buono che assaggiava per la prima volta, si chiedeva se anche Haruna lo avesse già mangiato e se le piacesse… Ogni esperienza nuova, domandava il permesso di tornarci con Haruna. Era nei suoi pensieri di bambino costantemente, erano stati insieme i loro primi anni di vita condividendo tutto. Ora, trovandosi da solo, non rinunciava all’idea di lei. 

 -Capitano, cosa hai? Sei distratto oggi!-

-Dove pensi di andare da solo? … “In orfanotrofio da tua sorella”? Non provare a dirlo mai più, se qualcuno ti sentisse? Che figura pessima fai fare a tuo padre?-

-Non possiamo andare in orfanotrofio a incontrare tua sorella, Yuuto, non oggi. Chissà, magari più avanti, se ti comporterai bene…-

Tutti intorno a lui la rinnegavano, insistevano perché quella parte di lui, il suo essere il fratellone di Haruna, sparisse. Ma lui non demordeva e continuava a fare il suo nome, ovunque, in ogni situazione, con una caparbietà che solo la giovane età gli concedeva.

-Bah, è da stamattina che il capitano è strano…-

-E così pretendi di vederla? E dimmi, da quando tu pretendi? Impara ad essere grato per quello che hai e ti viene dato.-

-Finché non finisci tutti i compiti non hai il permesso di uscire, non mi interessa se è urgente.-

Con gli anni si fece sempre più difficile. Era complesso spiegare ai propri compagni di squadra che aveva una sorella con cui non viveva, di cui non conosceva il cognome né la residenza… Già era considerato un ragazzino “strano”, se avesse tirato fuori anche quella storia avrebbe solo rischiato fraintendimenti e domande a cui non sapeva rispondere… Ma con suo padre e Kageyama insisteva, ricevendo sempre porte in faccia e false speranze puntualmente disattese.

-Che fai, capitano, scrivi una lettera d’amore alla tua fidanzatina?-

-Non hai più una sorella, toglitelo dalla testa e concentrati su cosa puoi fare per la tua famiglia.-

-Haruna è stata adottata da un’altra famiglia, se nei test finali di questo mese otterrai i punteggi massimi vedremo cosa si può fare per incontrarsi.-

Per neanche un momento l’aveva rinnegata, ma era sparito per anni. Per neanche un giorno aveva smesso di pensarla, ma non aveva più avuto il permesso di mettersi in contatto con lei. Per neanche un compleanno aveva mancato di scriverle un biglietto di auguri, ma non era mai riuscito a farglieli recapitare. Per neanche un secondo non l’avrebbe voluta al suo fianco, ma non c’era più stato un abbraccio o una confidenza fra loro.

Poi, l’ultimo anno delle medie inferiori, siglò il patto con suo padre che gli avrebbe consentito di tornare a vivere con sua sorella: l’impegno era vincere tre tornei nazionali consecutivi ed eccellere a scuola, sempre sotto la supervisione di Kageyama. Era un impegno folle per un ragazzino di quell’età, che richiedeva una concentrazione irremovibile e una performance encomiabile, costantemente. Non era ammissibile un singolo errore, una mancanza, un momento di debolezza o di esitazione. Ma se ci fosse riuscito, se il suo corpo e la sua mente avessero retto quel carico di stress per tutti quei mesi, alla fine avrebbe ottenuto di nuovo la presenza di sua sorella al suo fianco.

Si buttò a capofitto nello studio e nell’analisi delle strategie di gioco: Kageyama, garantendogli la vittoria, teneva lontani gli spettri del fallimento che di notte gli calavano sugli occhi, togliendogli il sonno. Era terrorizzato all’idea di non riuscire più a riconoscere sua sorella, si crogiolava nell’ansia di sapere quanto fosse cambiata e si sentiva stringere le viscere nello sforzo di ricordare il suono della sua voce di bambina, che nei suoi ricordi diventava sfuggente e vacua. I volti dei suoi genitori erano già svaporati dalla sua mente, ma Haruna… Con Haruna sarebbe stato diverso, con lei avrebbe vissuto di nuovo, avrebbero condiviso tutto, come fanno i veri fratelli, e sarebbe tornato tutto come doveva essere, com’era stato prima dell’incidente che li aveva resi orfani. Doveva solo… Vincere…

Il suo amore per il calcio – quello stesso calcio che aveva conosciuto in orfanotrofio, quando calciava il pallone e aveva la sensazione di sentire il rumore dei passi di suo padre al suo fianco, quello stesso calcio che aveva portato gli occhi di Kageyama a posarsi su di lui, fra tutti gli altri bambini – per quel calcio Kidou disattese il patto, disobbedendo agli ordini di Kageyama e perdendo per due volte consecutive.

Ma non fu vera sconfitta, perché con quel gesto, grazie a quella decisione, conobbe il sorriso radioso di Endou, l’energia contagiosa della Raimon, la forza scoppiettante di Gouenji e, soprattutto, l’abbraccio emozionato di sua sorella. Non avrebbe più dovuto vincere per forza, sarebbe stato possibile anche per lui giocare a calcio : giocare, quella parola così infantile che prometteva divertimento, emozioni positive, sorrisi e strette di mano, non paura e pressione costante. Lasciò la sua scuola, cambiò divisa e anche il suo sorriso, da cupo e sprezzante, si fece più gentile ed entusiasta. Non era stata una scelta avventata, ci aveva riflettuto molto ed era convinto che fosse per il suo bene: per una volta agiva pensando a sé, non per compiacere gli altri.

Era passato poco tempo dal suo trasferimento, si stava ancora abituando alla nuova scuola e soprattutto alle condizioni in cui versava il suo nuovo club di calcio – alla Teikoku erano un’istituzione, avevano più campi di allenamento, spogliatoi all’avanguardia, attrezzature di allenamento sofisticate, squadre di riserva e anche permessi speciali per esoneri mattutini dalle lezioni e punteggi bonus sui rendimenti scolastici. Alla Raimon avevano a malapena un campo, uno spogliatoio disordinato, privo di servizi igienici, che fungeva anche da generico luogo di ritrovo e archivio per la documentazione sia burocratica sia strategica, ciò che chiamavano “attrezzatura da allenamento” erano vecchi pneumatici impilati alla rinfusa contro gli angoli della stanza e alcuni, neanche tanti, palloni da calcio.

Kidou si chiedeva seriamente come avessero superato la fase regionale del torneo, in quelle disastrose condizioni. Ma il loro entusiasmo suppliva ogni genere di difficoltà, sembrava che con la sola forza della determinazione e molto impegno avrebbero sconfitto tutte le squadre del Paese. Kidou aveva deciso di fidarsi di quel sorriso e stava al gioco, letteralmente, offrendo il suo contributo strategico alle loro azioni, coordinando i vari membri della squadra grazie al suo occhio e alla sua esperienza, concedendosi il lusso di sorridere per una palla caduta nel fiume, mentre il sole tramontava fra i grattacieli della città. Gouenji, dopo l’ennesima piroetta infuocata in aria, gli scambiava uno sguardo di intesa, Endou alle sue spalle faceva rumore in quel suo modo energico e vivace, esortandoli a continuare a impegnarsi, Haruna filmava le loro azioni di gioco e Natsumi sistemava le bevande del post-allenamento. Era sinceramente felice, anche se leggermente disorientato.

Un giorno, prima delle lezioni, venne fermato in corridoio da Aki, che sfilò dalla cartella una busta e gliela porse. Kidou, confuso, la prese in mano e aspettò che si spiegasse. La ragazza sembrava di fretta, si trattenne di fronte a lui solo per sussurrargli un veloce: -Fra qualche giorno è il compleanno di Haruna e, visto che è così coinvolta nella squadra, pensavamo di organizzare una festa a sorpresa per lei! Lo sto dicendo a tutti, tu vieni, vero? Ti ho scritto nella busta il mio indirizzo di casa, la facciamo lì!-

Senza neanche aspettare una risposta, Aki si allontanò, sorridente come al solito. Kidou rimase per qualche secondo a sbattere le palpebre da solo, di fronte al nulla: che cosa era appena successo? Natsumi, vedendolo impalato da solo vicino alla porta della loro aula, lo richiamò e il rasta subito lo seguì dentro, per la lezione. La ragazza notò come, appena fu seduto, rilesse l’indirizzo nella busta e la richiuse, riponendola con cura in un fascicolo di fogli, perché non si rovinasse. Sulle sue labbra si era dipinto un sorriso davvero emozionato, Natsumi non aveva mai visto nulla del genere sul suo volto.

Tornato a casa, dopo le lezioni, Yuuto aveva letteralmente la testa fra le nuvole. Non ci poteva credere, era stato tutto così… Spontaneo, normale, semplice. “Tu vieni, vero?” Certo, ovvio che veniva alla festa di compleanno di sua sorella. Poteva andare, era chiaro, ci andava tutta la squadra, lui era un membro della squadra… Niente più gli impediva di frequentare sua sorella, conoscevano i rispettivi indirizzi di casa, andavano alla stessa scuola, si vedevano tutti i giorni per gli allenamenti… Era così naturale, così semplice, non c’era nessun ricatto dietro, nessun vincolo… Poteva andare alla festa di compleanno di sua sorella .

Si buttò nel letto, incapace di gestire la forte emozione di contentezza che gli bruciava nel petto in quel momento. Si scoprì a canticchiare un motivetto festoso a bassa voce, così, per il gusto di farlo, perché era felice.

*

Passò i giorni successivi a prepararsi per la festa: andò a comprare dei vestiti nuovi per l’occasione, si offrì di andare a comprare l’occorrente per decorare la casa, festoni, palloncini, una coroncina per la festeggiata, i cappellini colorati per tutti gli ospiti, fece girare dei questionari nelle classi dei suoi compagni (facendo ben attenzione che Haruna non se ne accorgesse) per sapere quali fossero le loro bevande e snacks preferiti, in modo da comprarli per tempo… Aki era incredula di fronte all’entusiasmo e la vivacità infantile che Kidou, il grande stratega Kidou Yuuto, orgoglioso capitano della Teikoku Gakuen, quel Kidou dimostrava di fronte ai preparativi per una festa di compleanno in casa. Ma Aki, avendo raccolto le confidenze di Endou sulla situazione dei due fratelli, era sinceramente contenta di vederlo così coinvolto e gli lasciò ampio spazio di manovra. Kidou era genuinamente orgoglioso della propria organizzazione e lo rendeva felice fare qualcosa per sua sorella.

Gouenji osservava tutto da lontano: essendo presente, con quel suo modo partecipativo e silenzioso, non gli sfuggì il potenziale d’ansia che Kidou cercava di controllare disperatamente. Era evidente come fosse entusiasta, ma sotto quell’iperattività gaia c’era qualcosa… Kidou aveva paura. Gouenji non sapeva molto del perché il legame fra i due fratelli fosse stato reciso, ma sapeva che Kageyama aveva avuto molta influenza nella vita di Kidou e questo bastava a spiegare perché Yuuto fosse così intimidito e al contempo felice di stare insieme ad Haruna, adesso che si era liberato della sua presenza oscura.

Haruna non sospettava nulla della festa a sorpresa, Aki l’aveva invitata a casa sua quel pomeriggio per festeggiare e lei, com’era ovvio, aveva capito che sarebbe stato un party tutto femminile e aveva proposto di farsi le unghie con il nuovo macchinario che sua mamma aveva comprato di recente. Qualsiasi fosse il suo trascorso con Kidou, era evidente che non pensava a lui, come primo compagno per festeggiare il suo compleanno… Ma Gouenji dubitava seriamente del fatto che non l’avrebbe voluto. Forse Kidou temeva che sua sorella in fin dei conti non lo volesse alla sua festa?

Shuuya ci rifletté su per un po’, poi prese una decisione: non era nel cervello né di Kidou né di Haruna, ma era chiaro come il sole che Yuuto sarebbe stato contentissimo di festeggiare con la sorella il compleanno di lei e, per quel che conosceva Haruna, Gouenji era sicuro che anche lei sarebbe stata entusiasta di averlo fra i partecipanti al party.

Per scongiurare il pericolo che Yuuto all’ultimo non si presentasse, pensò di parlargli dopo la lezione, ma quello scappò, sembrava di fretta e Shuuya non era uno di quelli che rincorre. Se ne andò per le sue e dopo aver pranzato gli scrisse un messaggio: “Anche per me è la prima volta che vado a casa di Aki Kino. Andiamo insieme, se ti va.” In quel modo avrebbe anche evitato la sgradevole sensazione di entrare da solo in una casa addobbata a festa, già piena di gente, con tanto rumore e probabilmente la musica.

Dopo qualche minuto, il messaggio di risposta da parte di Kidou. “Okay, Gouenji. Passo a prenderti in macchina alle 15.”

*

Prima delle 16 non suonarono al campanello di casa Kino.

Kidou si era assicurato contattando Aki che la casa fosse tutta sistemata e addobbata e i regali concordati con gli altri ragazzi della squadra fossero già stati recapitati. Aveva un pacchettino da parte sua - una collanina d’argento con l’iniziale del nome di sua sorella, si ricordava che la loro mamma ne portava al collo una simile e aveva sempre pensato che ad Haruna sarebbe stata benissimo. A furia di tenere in mano il pacchetto e stringerlo aveva sgualcito il fiocco. Gouenji, con pazienza, senza commentare, l’aveva invitato a entrare in casa e l’aveva sostituito. Kidou aveva osservato, con le mani strette a pugno nelle tasche, come quelle di Gouenji si muovessero con agio fra nastri rosa e fiocchetti da pacco. Era… Non era riuscito a trovare le parole per descriverlo, ma era qualcosa di bello, qualcosa che gli ricordava le illustrazioni dei libri per bambini sull’essere fratelli maggiori. Qualcosa che forse lui aveva perso o non aveva mai avuto. Gouenji gli ridiede il pacchetto sistemato e gli dedicò un sorriso tenue, incoraggiante, pieno di calore. A Kidou venne da piangere, ma si fece forza e aspettò che il biondo si finisse di preparare. Preferiva arrivare in ritardo, ma con qualcuno, anziché in anticipo, ma da solo.

Nel frattempo alla festa erano già arrivati tutti e, quando Aki sentì suonare alla porta, chiese ad Haruna di andare lei ad aprire. La blu, nel suo vestitino azzurro primaverile, già ubriaca di contentezza per la sorpresa della festa, si trovò di fronte suo fratello e, dietro a lui, Gouenji. Con un sorriso sprizzante di gioia e un urletto di sorpresa gli lanciò le braccia al collo, stringendosi nel loro abbraccio che tanto le era mancato. Gouenji da dietro osservò come Kidou ricambiasse con dolcezza la stretta, cingendole la vita in modo premuroso.

“Buon compleanno, Haruna. Sono venuto anch’io.”

author's corner
Come poteva mancare un capitolo dedicati a questi due sfortunati fratellini!
Dato che in questa storia ho voluto raccontare una serie di episodi formativi su Kidou, era naturale dare spazio anche ad Haruna.
Spero che vi sia piaciuto, a presto <3
  
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