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Autore: S05lj    21/04/2024    0 recensioni
La storia segue le vicende della primissima linea temporale di Mortal Kombat.
Ambientata secoli prima delle vicende conosciute nel primo torneo, la Regina Sindel è costretta a sposare Shao Kahn, dopo la sconfitta di Edenia per mano dell'armata dell'Outworld. Sola, disperata, ma restia ad abbandonare la speranza, Sindel ordisce un piano per tentare di dare a sua figlia un futuro lontano dal Regno Esterno. Per farlo, però, è costretta a stringere un patto con uno straniero, uno stregone venuto da un regno sconosciuto, dalla moralità ambigua e dalle ambizioni sconosciute. Shang Tsung.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Noir | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sindel
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Bo' Rai Cho continuava a rigirarsi per le mani quella boccetta che gli aveva dato l'arcistregone, con l'ordine di somministrarla con l'inganno al generale. Voleva forse avvelenarlo? No, era evidente che il suo piano fosse molto più subdolo. Non gli era nemmeno difficile versare qualche goccia di quella fiala nella sua brocca dell'acqua, visto e considerato che Reiko sapeva, che si infiltrava nell'anticamera per rovistare tra le carte che lasciava in bella vista per lui, ma la domanda che continuava a ronzargli in testa come un insetto fastidioso era: E se fosse stato scoperto?

In fin dei conti Reiko sapeva che lui faceva il doppio gioco con i ribelli, se avesse avuto anche solo il minimo sospetto di un avvelenamento, era logico supporre che i sospetti ricadessero su di lui.

I suoi pensieri vennero interrotti dai passi del generale lungo il corridoio, ormai aveva imparato a riconoscerlo, per poterlo evitare.

Versò rapidamente quattro gocce della fiala nella brocca e se la nascose rapidamente all'interno dell'armatura, dove non sarebbe stato possibile notarla nemmeno ad un occhio attento.

Reiko entrò nell'anticamera e lo salutò con un sorriso finto e inquietante.

Era sempre più disturbante notare quanto si sforzasse di sembrare una persona qualunque.

Reiko non era un uomo, non lo poteva essere. Reiko era una creatura demoniaca con le fattezze umane. Solo così si poteva spiegare la sua completa assenza di umanità.

-Riposo. - Disse avviandosi alla brocca e versandosi subito un generoso bicchiere d'acqua.

Bo' Rai Cho sentì il cuore saltargli un battito, mentre pregava gli Dei che quell'intruglio che ci aveva versato, fosse insapore e inodore.

Ma Reiko buttò giù l'acqua con un sorso e finalmente lui poté riprendere a respirare.

-Avanti, dimmi quello che hai visto. -

-L'arcistregone era sconvolto. - Notò un ghigno compiaciuto e uno sguardo sadico.

-Sconvolto? Mi piace. Dimmi di più. - Si appoggiò alla console a parete con le braccia incrociate sul petto e quel sorriso demoniaco stampato in faccia.

Il generale era un sadico, la sua fama lo precedeva, tuttavia Bo' Rai Cho era intelligente e sapeva fingere.

-Sapete come è fatto l'arcistregone, signore, cerca sempre di nascondere le proprie emozioni, ma era evidente che fosse sconvolto. Immagino che provi qualcosa per quella schiava. Anche se non capisco come sia possibile. -

Reiko sospirò come un padre di fronte ad un'affermazione sfrontata di un figlio.

-Ricordati ragazzo che lui non è dell'Outworld, ma della Heartrealm. La loro realtà è piuttosto contorta, rispetto alla nostra. Assomigliano di più agli edeniani, ma sono più deboli. - Chinò appena la testa di lato. -A proposito, hai saputo qualcosa di quel reame? -

-Si signore... - Bo' Rai Cho raccontò quello che Shang Tsung gli aveva detto del suo reame di appartenenza, ma non si sentiva molto a suo agio a parlare di vegetazione prolifera, sorgenti d'acqua cristalline che sgorgavano dalle montagne, cime innevate e fiori... qualsiasi cosa fossero. Metà delle cose che diceva non le capiva, nell'Outworld l'acqua era data dai pozzi, scorreva tramite fiumi sotterranei, non riusciva ad immaginarsi acqua che scorreva in superficie e ancor meno come potesse un'acqua di superficie, non filtrata dalla sabbia e dalla roccia, essere cristallina, così come non concepiva cosa fossero le stagioni, quei particolari mesi dell'anno in cui a dire dello stregone cambiava temperatura e scandiva la fioritura delle piante e i periodi di semina, ma nonostante la sua titubanza, Reiko sembrava capire ogni minima parola e termine, come se non fossero cose nuove per lui.

-Ti ringrazio. - Disse infine. -Mi raccomando, fatti raccontare ancora dell'Heartrealm. Più dettagli mi offrirai, più sarò generoso nei tuoi confronti. - Gli batté una mano sulla spalla. -Adesso vai pure. -

Bo' Rai Cho era sempre contento di lasciare quelle stanze, ai suoi occhi il generale diveniva un pericolo sempre più crescente e aveva la netta sensazione che presto sarebbe successo qualcosa di estremamente distruttivo.

 

Raramente Nitara usciva alla luce del giorno.

Il sole dell'Outworld era accecante, caldo e secco, la sabbia fine del terreno, alzata e spostata dal vento o dalle persone, le si insinuava nel naso, le raschiava la gola, le dava la netta sensazione di respirare male.

Rimpiangeva ogni momento la sua terra di origine, fresca, umida, con il cielo dai colori tenui che non ferivano gli occhi che tentavano di bearsi della sua bellezza.

Tutto nell'Outworld le procurava dolore o fastidio.

Eppure quello era l'unico modo per potersi incontrare con Bo' Rai Cho.

Nessuna notte, nessun buio, nemmeno il più tetro e oscuro che potesse immaginare, riusciva a nascondere bene come una folla di persone.

E quel giorno sembrava che l'intera Outworld si fosse radunata per le strade della capitale, in fermento per la notizia del giorno.

Gli Zaterran erano stati attaccati e uccisi dai ribelli. Una notizia magnifica... ad eccezione del fatto che non erano stati i ribelli.

Una mano l'afferrò per il gomito scuotendola dai suoi pensieri, e nel momento in cui si voltò infastidita si ritrovò davanti due occhi che non avrebbe mai più potuto dimenticare in tutta la sua vita.

-Seguimi. - La sua espressione era seria, non ebbe il tempo nemmeno di guardare quanto fosse cambiato, quanto fosse cresciuto in quel periodo di lontananza.

Ma lo seguì in silenzio, lanciandosi fugaci occhiate per essere certa che nessuno facesse caso a loro.

Bo' Rai Cho svoltò un angolo e si ritrovarono in un vicolo stretto, che puzzava di fango.

-Cosa sta succedendo? - Domandò osservando come Bo' Rai Cho stesse controllando che nessuno li avesse seguiti.

-Pensavo me lo sapessi dire tu. -

Non lo aveva mai visto così spaventato.

-Sei stata tu? -

-Te l'ho già detto. No! - Nitara lo afferrò per un braccio costringendolo a stare fermo e guardarla negli occhi. -Stavo cercando di mettermi in contatto con gli Zatherran in disaccordo con Shao Kahn... sai se erano loro? -

-Presumo di si, ma anche se così non fosse... sarebbe troppo rischioso adesso prendere contatti con loro. Vi ritengono responsabili dell'attentato... -

Si appoggiò al muro e adesso lo poteva vedere bene.

In quei mesi era cresciuto in un modo che non si aspettava, il volto da ragazzo era divenuto più marcato, la barba incolta stava diventando ispida, gli occhi spensierati erano divenuti pesanti, ma mantenevano ancora quella gentilezza che lo contraddistingueva.

-Cosa sta succedendo? - Gli chiese.

-Non lo so. - Rispose, lui, ancora agitato.

Nitara gli toccò una spalla. -Perché sei così preoccupato? -

-Perché sono stato usato. - Bo' Rai Cho si staccò dal muro e cominciò a camminare avanti e indietro. -Credevamo di fargliela sotto il naso e invece è stato il contrario. E' stato lui ad usarci, è sempre stato lui. -

-Di chi stai parlando? -

-Di Reiko! - Finalmente si era fermato. -Tutto questo fa parte del suo piano e io non riesco a capire di cosa si tratti! Le informazioni che raccoglievo erano tutte pilotate da lui. Vi ha fatto rubare quelle armi, perché adesso incolperanno voi dell'attentato. - Si portò una mano a strofinarsi la barba del mento. -E invece è stato lui! Quel bastardo ha rigirato tutti come voleva. -

Ci fu qualche minuto di silenzio, poi fu lui a parlare di nuovo.

-Devi andartene Nitara. Lascia la città, se ti è possibile lascia l'Outworld... -

-Non dire assurdità. Questa è la mia vendetta! E non rinuncerò per niente al mondo. - Una persona ha bisogno di un motivo per vivere e uno per morire. Il primo se n'era andato e ora le rimaneva solo il secondo. -Se vuoi fare qualcosa per me. Aiutami. -

Quanta delusione in un solo sguardo.

-Per te si tratta solo di questo? Di vendetta? - Abbozzò un sorriso senza allegria. -Credi non ci sia qualcosa di meglio per cui valga la pena vivere? -

-Non lo so. Dimmelo tu. Perché a quanto mi ricordo, sei tu quello che non ha più niente per cui vivere. -

-La gente cambia. -

-Quasi mai in meglio. - Sapeva che lo stava per ferire, ma era giusto così. Gli avrebbe fatto solo bene sentirsi dire la verità. -Ti ho lasciato che eri un ragazzo pronto a tutto per fare la cosa giusta, e ti ritrovo un uomo confuso che non sa più nemmeno da che parte stare. Talmente disorientato da non riconoscersi nemmeno più in quel gruppo che aveva contribuito a creare, da rifarsi a loro con "voi", quando invece dovrebbe essere "noi". -

Bo' Rai Cho si raddrizzò sulla schiena, lo faceva spesso quando qualcosa lo irritava.

-Io mi sto solo preoccupando per te. Shao Kahn ordinerà un rastrellamento dai numeri sbalorditivi... qualcuno che sa qualcosa verrà sicuramente preso. E allora tu non avrai alcuno scampo. -

Allungò appena la testa verso di lui. -Non ti preoccupare per me. Io so cavarmela benissimo. Credo sia di te stesso che devi preoccuparti. -

Come erano grevi i suoi occhi, così matura la sua espressione, quella fu la prima volta che non riusciva a capire che cosa stesse pensando quel ragazzo troppo cresciuto, e fu l'ennesima cosa che non le piacque.

-Devo sapere cosa hai intenzione di fare. Se sei ancora dalla mia parte. -

Bo' Rai Cho sospirò. -Sai benissimo che non ti abbandonerei mai. -

Era sincero, come sempre, questa era una cosa che non poteva cambiare.

-Abbiamo bisogno di alleati, gli Zatherran rimangono comunque la nostra opzione migliore. -

Scosse la testa poco convinto. -Non mi piace. Prima dobbiamo scoprire quale sia il piano di Reiko. -

Sembrava ne fosse ossessionato, o forse spaventato. -Perché è così importante? -

-Perché non voglio essere nuovamente manipolato da lui. Non voglio giocare al suo gioco. -

-Se il suo scopo è quello di uccidere Shao Kahn... -

-Non lo dire. -

-Perché no? Dobbiamo assecondarlo. -

Quel sorriso non era il suo sorriso, era freddo, sembrava una presa in giro. -Non sai quello che dici. Stiamo giocando ad un gioco che non conosciamo, e lo stiamo facendo con il fuoco. -

-Ti spaventa così tanto? Hai così tanta paura di morire? - Non sapeva nemmeno lei come sentirsi. Non aveva il diritto di sentirsi delusa, ma sicuramente si aspettava molto di più da lui e forse fu proprio per questo che si stupì così tanto della sua reazione violenta.

-Io sono già morto! - Bo' Rai Cho si era chinato appena verso di lei, premendosi l'indice contro il petto, urlandole in faccia una verità che non era pronta a sentirsi dire.

Ma Nitara non riusciva a concepire il significato di quella frase. Non era possibile, non era una soluzione accettabile.

Ne seguì un pesante silenzio, carico di significato.

-Alla fine, comunque vada a finire, io sarò morto. -

-Perché dici questo? - Balbettò confusa.

-Te l'ho detto prima. Giochiamo ad un gioco di cui non sappiamo niente... se non il finale. Reiko potrà ottenere o no quello che vuole, ma in qualsiasi caso, io sarò la vittima sacrificale che gli permetterà di scagionarsi agli occhi dell'Imperatore... o del popolo, a seconda della riuscita del piano. - Fece un profondo respiro, forse per calmarsi ancora, o forse per cercare le parole giuste. -Sto cercando di impedirti di fare la stessa fine, anche se so già che non ci riuscirò. Ma una cosa posso dirtela con certezza. Se assecondi i piani di Reiko, la vendetta sarà l'unica cosa che non otterrai. -

-Allora cosa proponi? Fermare la rivoluzione? -

-Per il momento si. Se fermo la fuga di notizie, sarà obbligato a muoversi per primo. Ho degli alleati a corte che tramano per il nostro stesso scopo. Credo di poterlo indurre in un errore. -

-In che modo? - Domandò Nitara.

-L'arcistregone di corte gli sta somministrando del veleno, o droga, crede che questo lo porterà a commettere sbagli fatali. -

-L'arcistregone? Credi di poterti fidare? -

-Francamente non lo so. -

Nitara era confusa, si portò le mani alla testa, come se le facesse male, ma in realtà stava solo tentando di frenare i milioni di pensieri e domande che le stavano affollando le meningi.

-Lo so che può sembrare una follia, ma fidati di me. Ti prego. Voglio solo impedire che ti venga fatto del male. - Insistette Bo’ Rai Cho.

Gli sorrise commossa. -Ti preoccupi per me, quando è di te stesso che dovresti preoccuparti, stupido. - Lo colpì piano con un pugno alla spalla e si sentì leggera quando lo vide sorridere divertito per quel gesto. -Mi fido di te. Dimmi solo cosa vuoi che faccia. -

-Ho bisogno che tu vada a parlare con Kollector e gli porti una cosa. - Da sotto la giacca estrasse una pergamena e glie la porse. Nitara l'aprì incuriosita e strabuzzò gli occhi quando vide il disegno di quello che sembrava un medaglione, o un sigillo.

-Che cos'è? - Chiese.

-Di preciso non lo so nemmeno io. Lo ha disegnato una spia, infiltrata tra le schiave del generale. L'arcistregone crede sia una cosa importante. -

Nitara annuì, anche se c'era qualcosa di familiare in quel simbolo, in un certo senso era convinta di averlo già visto da qualche parte, anche se non si ricordava esattamente dove.

-Farò tutto quello che posso, per aiutarti. - Rispose riponendolo in tasca.

Bo' Rai Cho la salutò con un sorriso triste, ma al contempo gentile e fiducioso, e quando voltò l'angolo, sparì sommerso dal mare di folla.

Nitara si appoggiò al muro, era felice di averlo potuto vedere ancora e triste di averlo lasciato andare nuovamente, con la certezza che sarebbero passati mesi prima che potesse nuovamente incontrarlo.

Gli mancava quel ragazzo e se ne accorgeva sempre di più, ogni volta che era costretta a non vederlo. Ma la sua determinazione ad ottenere vendetta era altrettanto forte. Non poteva permettere a Shao Kahn di farla franca. Il sangue della sua gente gridava soddisfazione.

Eppure le parole di Bo' Rai Cho continuavano a rimbombarle in testa. Ma non gli avrebbe permesso di morire. Non finché lei era viva.

Si staccò dal muro più determinata di prima, con una nuova consapevolezza di cosa doveva fare e quale strada doveva percorrere.

Anche se nella sua mente aveva ben chiaro il piano da seguire, si era dimenticata di una regola fondamentale per chi, come lei, si muoveva nell'ombra.

Mai abbassare la guardia.

Troppo presa da pensieri che spesso cozzavano con la sua missione principale, non si era mai accorta, nemmeno una volta, della figura che li aveva seguiti per tutto il tempo e osservati dall'alto, nascosto tra i tetti degli edifici.

E a niente sarebbe valso il farle notare che la spia in questione sapeva rendersi invisibile, Nitara "doveva" accorgersi di lui. Non erano solo gli occhi che facevano di una spia una brava spia, c'erano una serie di sensi difficili da spiegare ma fondamentali, che permettevano di accorgersi di uno sguardo che li osservava o di percepire un'intenzione aggressiva. Sensi che Nitara aveva sviluppato con anni e anni di addestramento e combattimenti, ma che in quel momento non le erano valsi a niente, perché la sua mente non era lucida. Non aveva l'obiettivo chiaro in testa e questa confusione l'aveva portata a commettere un errore imperdonabile.

Per sua fortuna, il misterioso individuo non aveva intenzioni aggressive, e non appena la vide scivolare fuori dal vicolo, si mosse, arrampicandosi lungo il muro e salendo sul tetto dell'edificio. Solo quando fu lì, la sua sagoma cominciò a delinearsi, mostrando una figura maschile, vestita con un abito nero e verde che copriva ogni centimetro del suo corpo, ad eccezione di una maschera che lasciava intravedere due occhi gialli, da rettile, su di una pelle verde e squamosa.

La spia si appollaiò sul tetto ad osservare le persone sotto di lui, nessuno che avesse alzato lo sguardo per vederlo, era invisibile anche quando era visibile e quel pensiero lo fece sorridere.

Al contrario di Nitara, la sua missione era incisa nella sua mente con le ferite e il sangue del suo popolo, gli Zaterran.

Si drizzò sulla schiena osservando il castello che si stagliava maestoso sopra la città, e gli piacque pensare che la sua vendetta era proprio come l'ombra di quel castello, imponente, inarrestabile, e oscura.

Reiko l'avrebbe pagata cara. Eccome se l'avrebbe pagata.

Con quei pensieri sparì agli occhi di tutti, cominciando a muoversi velocemente tra gli angoli più bui della città.

  
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