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Autore: MelaniaTs    22/04/2024    0 recensioni
Boston è una cittadina fiorente e bellissima, ordinaria sotto certi aspetti ed anche molto conservatrice. Adelaide Thompson, cresciuta nell'alta borghesia Bostoniana, non vede l'ora di spiegare le ali verso la libertà. Gabriel Keller, però sembra pensare il contrario.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Wing of freedom Saga dei Keller'
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COPYRIGHT: Le mie storie non sono assolutamente prelevabili e non potete spacciarle per vostre!
Vi ricordo inoltre che: Tutti i nomi, i caratteri e le storie dei personaggi presenti sono frutto di pura fantasia. Ogni riferimento a persone o/e eventi realmente esistenti o esistite è puramente casuale.

ATTENZIONE: ©
Questa è una saga di famiglia i primi tre capitolo si svolgono in contemporanea e sono in ordine di lettura La storia di Thomas Il tesoro più prezioso; la storia di Gabriel Keller in Liberi di essere se stessi e da questo momento anche con la Thomas & Sapphire story. Grazie a tutti coloro che seguono le mie storie.

La la KCG è ispirata alla BCG - Boston consulting group esiste realmente, è una multinazionale del Massachusetts con sedi in quasi tutti gli Stati europei (2 almeno in Italia) l’ho usata ma con nomi e storia diverse, quindi anche in questo caso è tutto di mia invenzione.
MAPPA DI BOSTON così da rendervi tutto più chiaro Mappa della Gran Bretagna INFORMATIVA ARRIVATA FINO AD ORA SULLA SERIE Albero Genealogico:I Thompson - I Keller - Kleinsten

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GELLERT 

Il tempo trascorse velocemente una volta che ci eravamo trasferiti. 

Grazie alla presenza di Joel rimodernammo anche l'ufficio. Spostammo la scrivania nella stanza dove avevamo dormito dove ci lasciai la poltrona mettendola ad angolo ed un archivio. 

Brooklyn volle spostare invece gli archivi nella vecchia stanza 'armadio'. Li fece mettere tutti in ordine contro il muro, dopodiché decise che dovevamo girare i mercati dell'usato per trovare nuovi complementi d'arredo. Ci volevano almeno un tavolo nella sala archivi, dove lei avrebbe lavorato, qualche scaffale che avrebbe avuto funzione di libreria per tutti i miei libri di diritto e altri archivi per le pratiche concluse; sedie, un'altra scrivania e qualche quadro. 

"Dobbiamo avere un'immagine adeguata a quello che sta diventando lo studio associato." Mi disse. "Ada mi ha detto che abbiamo un nuovo avvocato che si occupa dei clienti in Turchia e Grecia.  Più cresciamo più dobbiamo essere efficienti." Affermò. 

Effettivamente aveva ragione, un mercato dell' usato era il luogo adatto dove potevamo trovare cose buone a prezzo basso. 

Nonostante la mia compagna non lavorasse perché entrata in maternità stava dandosi parecchio da fare. 

Quando tornammo a casa quella sera era entusiasta all'idea di andare ai mercatini. "Potremmo andare sabato, che ne dici Joel, sei dei nostri?" Disse eccitata scendendo dall'auto.

"Potrei anche restare a casa senza fare il terzo incomodo." Rispose lui seguendola. "Che ne dici Brooke, così al ritorno trovate il pranzo pronto?" 

Risi divertito sentendoli battibeccare. "Potresti non ricordarmi che sono pessima in cucina?" Gli disse lei prendendolo a braccetto

"L'importante è che tu sia brava a riordinare e pulire." Disse lui.

"Brooookyyyyy!" Esultò una voce dalla porta di casa. 

Brooke lasciò andare Joel guardando verso la porta. "Silvia?" 

"Siii! Sorpresa!" Esclamò uscendo allo scoperto. "Ragazzi dovete mettere delle luci esterne, mi sentivo vulnerabile qui da sola." Disse abbracciando Brooke  baciando sulle guance. 

"Con calma faremo tutto."  Rispose l'altra ricambiando l'abbraccio. "Joel lei è Silvia, Silvy lui è Joel il migliore amico di Gellert." 

"Ciao piacere di conoscerti." Le disse Joel che venne a mettersi la mio fianco mentre aprivi la porta. 

"Perché non ci hai chiamato, saremo venuti a prenderti." Dissi alla rossa che entrò in casa guardandosi intorno curiosa. 

"Volevo farvi una sorpresa." Rispose voltandosi verso Joel. "Oh grazie per aver preso la mia valigia." Gli disse raggiungendolo. "Dentro è carino" Affermò.

La differenza tra dentro e fuori era palese, prima di trasferirci avevano fatto imbiancare e dipingere tutte le pareti. Avevamo lasciato il pavimento  in simil cotto perché ci piacevano quelle mattonelle, cambiammo solo quelle dei servizi, ovviamente anche quelli cambiati. La casa disponeva inoltre di una cucina in muratura, demolirla sarebbe stato dispendioso, così avevamo deciso nel frattempo di cambiare solo il forno e il piano cottura rigorosamente a induzione. La casa andava per la maggiore con i pannelli solari che avevo preso alla 2L a un prezzo riservato grazie a Liam. Il pagamento mi era stato però bloccato da London che non voleva essere pagato. 

Quando Liam me lo aveva detto, gli avevo chiesto accigliato di accettare il bonifico. Lui mi aveva risposto che dovevo vedermela con London e che erano affari nostri. "Da quando si è trasferito in Grecia è difficile stabilire quando possiamo vederci." Gli dissi. 

"Disse quello che passa sei mesi l'anno tra Cina ed Emirati Arabi." Ironizzò lui. 

Sbuffai. "Lo sentirò!" Gli dissi. 

Tornai alla realtà quando sentii Silvia urlare. Dio quanto era esuberante! Non sapevo se sarei riuscito a reggerla fino alla nascita delle gemelle. 

"La cucina è spettacolare." Esultò. "Avete le erbe aromatiche? Oh cavolo avrei dovuto portarvi qualche piantina di basilico... vi preparo la pasta e la focaccia... Dio che bella." Urlava muovendosi tra il forno e l' isola a centro stanza. "Potrei insegnarvi tanti piatti squisiti qui." 

"Posso imparare a far la pasta. Per il resto lascio il testimone a Joel." Dissi pensando che avrei potuto reggerla più di un mese se sapeva cucinare. 

"Svogliato! Prima o poi ognuno tornerà alle proprie residenze." Mi prese in giro Joel. "Da dove vieni Silvia?" 

"Genova! I genitori miei e di Brooke si conoscono da quando eravamo piccole." Rispose lei. 

Fissai sorpreso Brooklyn che annuì. "Silvia è stata la mia prima amica di penna, grazie a lei decisi di averne delle altre. Quando conobbi Sabrina, volle conoscerla anche lei perché interessata al tedesco, Sabrina poi ci presentò Shu." Raccontai. 

Silvia intanto stava controllando il frigorifero tirando fuori delle uova. "Tu invece escludesti la mia amica Michelle, è una bomba. Se venite in Italia farò una gran rimpatriata e ve la presenterò." Disse la rossa che continuava ad aprire i pensili. 

"Se mi dici cosa ti serve ti aiuto io." Chiese Joel. 

"Farina, acqua, sale..." Rispaoe la rossa. 

"Quante amiche di penna avete in totale?" Chiesi curioso alle due.

"Mmm..." mugugnò la rossa che stava assaggiando del formaggio. "Io ho Michelle in Francia, sua cugina Dora in Brasile, infine avevo una compagna di Madrid con cui ho perso i contatti e una polacca, che da Genova si è trasferita a Napoli." Raccontò sbattendo le uova. "Mi serve una padella!" Concluse rivolta a Joel. 

"Io avevo un'amica di penna irlandese, ma non è andata a buon fine. Negli anni ci siamo perse e non è mai venuta a trovarmi a casa, io da lei ci sono stata. Poi ho conosciuto Jonathan a sedici anni ed ho smesso di viaggiare." Rispose Brooke. "Shu ha un'amica di penna a Mosca e una in Thailandia." Concluse cambiando argomento. "Sil, le tue cose sono nella stanza di Joel. Poi le trasferiamo domani, ok?" Chiese. 

"Non ti preparerò nulla questa sera a parte una frittata al formaggio, voglio impastare anche kl pane, domani lo inforniamo poi." Disse. "Ho una fame. Vi stavo aspettando da un po'."

"Dobbiamo comprare un altro letto, per ora silvia andrà nella stanza degli ospiti." Dissi a Brooke. "Però poi arriveranno mamma e papà." Le ricordai. 

Lei annuì. "Hai ragione. Non possiamo trovarlo al mercato dell'usato vero?" Mi chiese. 

"Presumo di no." Le dissi divertito. 

"Scusate ma..." Si intromise Silvia. "Sapevate che sarei arrivata, come avete preso la sua camera non potevate farlo anche per me! Anzi no, sicuramente io c'ero prima di lui. Si prende un divano letto e Joel dormirà lì." Propose. 

"Che cosa?!" Esclamò indignato Joel. Guardando ora me, ora Brooke. "Chi di voi glielo dice?" Chiese.

"Brooke." Dissi io. Non volevo inimicarmi ancora di più Silvia.

"Cosa c'è? La principessa è sensibile alle scomodità." Esordì la rossa. 

"Ehm... Silvia quella è la stanza di Joel perché se l'è arredata lui." Le spiegò Brooke. "In previsione del fatto che starà spesso qui, ha comprato la camera da letto." 

"Serio?!" Chiese lei guardando Joel. 

"Puoi comprare un bel divano letto però. Starai comoda." Le disse il mio amico tranquillo. Le diede le spalle andando a prendere delle verdure dal frigo che poi sciacquò, per lui il discorso era chiuso. 

"Comunque, per ora i genitori di Gellert ancora non arrivano. Starai nella seconda stanza degli ospiti." Le disse Brooke. 

"Anche perché le stanze sono queste. Non pensavamo ci fosse bisogno di altre camere e abbiamo cercato una casa confortevole più che gigantesca e ingestibile." Risposi io cercando di capire dove mettere il divano letto.

Brooke mi guardò anche lei pensierosa. Quando avevamo preso la casa il numero di tre camere ci era parso giusto. Una per noi, la seconda per le bambine e poi quella per gli ospiti. Ne avevamo trovata una con ben quattro camere da letto e per noi era già tanto. Ma adesso si poneva il problema di Silvia. 

"Mettete il divano letto nella camera dei bambini per ora." Disse Joel tagliando le zucchine. Come sempre riusciva a comprendermi al volo. "Non è arredata giusto?"  

"Non ancora. I miei genitori dicono che spetta a loro." Affermai. 

"Allora non fasciatavi la testa prima del tempo, se il problema è lo spazio cercherò un altro posto dove stare. In fondo qui è bello, cercherò un appartamento. Io non posso separarmi da te." Mi disse Joel con un'occhiolino e un sorriso stampato in volto.

"Non vorrai mica andartene di casa!" Intervenne immediatamente Brooke. "Sei di famiglia, noi ti vogliamo bene, non te ne puoi andare." Affermò risentita. "Ci stiamo! Cosa volete che sia, saremo un po' stretti ma ci staremo. È stato un errore nostro, sapevo che sarebbe venuta Silvia, avrei dovuto organizzare meglio la casa e pensare a una soluzione. Abbiamo sempre saputo  che una stanza era designata per  Inga e Taddheus." Giusto! Loro sarebbero stati molto spesso da noi. "Quindi per ora compriamo un divano letto, comodo." Precisò la mia compagna. "E lì sistemiamo Silvia, nella stanza dei bambini. Le culle le metteremo nella nostra stanza per ora." Disse rivolgendosi a me. 

Annuii, la nostra stanza non era arredata, ci eravamo portati il letto che era in ufficio e l' appendiabiti. Questo perché la priorità era stata arredare la stanza dei miei e sistemare decentemente il piano di sotto. Almeno così avremmo avuto tutto lo spazio che serviva per la culla. 

"Questa è una bella soluzione." Dissi baciando Brooke. "Si può sempre fondare sulle tue doti organizzative. Quindi voi due, state tranquilli. Siete nostri ospiti e resterete a casa nostra per ora. Va bene?" Chiesi a Silvia e Joel che mi guardarono scettici. 

"Se la principessa si è comprato il letto, mi accontento del divano letto." Disse cinica Silvia fissando con sfida il mio migliore amico.

Quella convivenza sarebbe stata molto, molto dura, me lo sentivo. 

Con queste premesse continuammo ad arredare la casa. Girammo un bel po' di mercatini dell'usato e trovammo ciò che Brooklyn voleva prendere per lo studio. Nonché un armadio per la nostra camera da letto e qualche ninnolo per la casa. Poco alla volta senza invadere troppo, anche Joel iniziava a riempire la sua stanza con discrezione, proprio per non offenderci. Probabilmente aveva preso una panca cassettone in qualche negozio, mentre la poltrona grigia e la scrivania con cui potesse lavorare, le trovò al mercato dell'usato insieme a noi.

Gli scatoloni di Silvia erano stati spostati nella stanza dei bambini, dove oltre al divano letto anche elle aveva una poltrona sempre della stessa collezione del divano, la sua macchina da cucire, adesso era in bellavista e il nostro vecchio appendiabiti.

Silvia si stava dando da fare per il corredino delle nostre bambine, sia io che Joel rimanemmo piacevolmente stupiti dal tipo di lavoro che faceva. Non era facile poiché Silvia ricamava a mano oppure sferruzzava le copertine che stava preparando. Il suo lavoro era quello e lo faceva con passione. Essendo una persona benestante, ci aveva detto, poteva permettersi il lusso di fare ciò che voleva e quando voleva. Aveva molta creatività e una clientela selezionata, non tutti potevano permettersi dei corredi fatti a mano.

Le erano sempre piaciuti i bambini, come ci disse, soprattutto le piaceva vederli preparati bene, che fossero maschi o femmine e poiché non le piacevano i vestitini stereotipati. Per questo quando aveva avuto l'occasione aveva utilizzato il suo talento di stilista, creando i disegni per una collezione commerciale, sui vestiti non c'era il suo nome, ma a lei andava bene poiché le piaceva molto di più creare corredi o vestiti per i battesimi anziché altro. 

Intorno il 10 maggio arrivarono anche mamma e papà erano raggianti e ne capivo il motivo. Appena era nato mio nipote Abel, Gabriel subito mi aveva fatto sapere la notizia mandandomi una foto del secondo figlio. Comprendevo quindi quanto i miei genitori fossero contenti in quel periodo, anche io lo ero.

Ridussi il lavoro ed evitai di prendere impegni per il prossimo mese, la gravidanza giungeva al termine e la presunta data del parto era vicina. 

Il 22 maggio dopo due ore di travaglio, vennero la luce le nostre gemelle, Luna e Aurora. Una aveva i capelli rossi proprio come i miei mentre Aurora aveva dei capelli che tendevano più al castano chiaro come quelli di Brooke, gli occhi di entrambe erano azzurri. Le gemelle calamitarono subito su di loro l'attenzione di tutti noi, le amammo immediatamente. Io e Brooklyn capimmo anche che ci avrebbero dato molto da fare. Rientrammo a casa prima della fine del mese. Mi sorpresi quando vennero a trovarci Shu Yan e Li Son, di passaggio prima che tornassero a casa in Cina, e anche loro a quanto pareva in dolce attesa. Con loro arrivarono anche Zora e Sabrina. Dovemmo organizzare per bene i letti, Joel subito diede la sua stanza alle ragazze, dicendo che avrebbe dormito nel divano letto di Silvia con Li Son senza problemi. 

Il vero problema fu quando arrivarono Sonia e Didier a trovare le bambine, nonostante Shu e Li fossero tornati in Cina, c'erano sempre i miei genitori e Zora con Sabrina. 

Vidi Joel irrigidirsi, infatti quando fummo soli mi disse che sarebbe rientrato a Monaco per la sera. Era da noi da più tempo ed era giusto andasse via. Mi rammaricai molto, vedevo il dispiacere anche negli occhi di Silvia, il problema era che io non ero dispiaciuto che andasse via. Lo ero perché notavo ancora degli attriti tra Joel e Didier con Sonia, eravamo stati molto amici noi quattro e  non riuscivamo più a stare insieme come un tempo. 

"È il caso che vada via anche io. Come Joel sto qui da inizio maggio. Sicuramente i vostri amici vorranno godersi le gemelle e voi tutti." Disse Silvia a Brooklyn temendo di essere di troppo. Così dopo aver pranzato tutti insieme, in un clima decisamente snervante, Joel e Silvia ci salutarono. 

Io intanto ricominciai a lavorare con regolarità. Ad aiutare Brooke c'era mamma, lei e papà restarono parecchio con noi, e meno male. A metà giugno con sorpresa vennero a trovarci anche la zia Terry e lo zio Jason con Eddy e Joan. 

"Non ci credo! Che sorpresa." Dissi vedendoli in ufficio. 

"La sorpresa ce l'hai fatta tu." Disse mia zia venendo ad abbracciarmi. "Quando tua madre ci ha detto delle gemelle siamo rimaste estasiate. Ho aspettato che la tua bellissima casa fosse vuota per venire a trovare te e Brooklyn. Lei sta bene?" Mi chiese. 

"Per ora si. Con l'aiuto di mamma e papà riesce a gestire le gemelle." Le dissi. "Non vedo l'ora di farvi vedere la mia casa." Conclusi entusiasta, mi sentivo appagato e credo si notasse agli occhi di tutti. 

 

BROOKLYN 

La nascita delle gemelle diede alla mia vita una nuova prospettiva. Amavo le mie bambine e sicuramente ne amavo anche il padre. Da quando c'erano loro due le nostre giornate erano piene. Perché ogni cosa doveva finire e dopo la loro nascita a luglio, Inga e Taddheus dovettero lasciarci. Anzi, fummo noi a dover lasciare loro. Gellert fu chiamato da un nuovo cliente in Cina e quale sua assistente dovetti seguirlo, con le bambine ovviamente. 

Adesso che c'erano loro dovevano cambiare i nostri ritmi e anche le nostre scelte di vita. Come anche i viaggi che spesso ci portavano in giro per il nord Europa, gli emirati e l'Asia. A Shangai quando eravamo arrivati ci era andata abbastanza bene, contemporaneamente ricevemmo anche una telefonata dal Fujihara, facemmo scalo quindi negli emirati arabi prima rientrare a Zurigo a fine luglio. 

Rientrammo che la segreteria telefonica era piena di messaggi. Indubbiamente dovevamo recuperare il lavoro in casa e rimetterci in carreggiata. 

Portavo le bambine dietro con me almeno in ufficio, non avevo altra soluzione per poterle seguire. In ufficio invece, io e Gellert ci alternavamo a tenerle se facevano capricci. Eravamo talmente oberati di lavoro, che non riuscì neanche ad andare a trovare i miei genitori a Boston quell'estate.

Addirittura a settembre fui sorpresa nel trovarmi Dallas alla porta dell'ufficio.

Non mi aspettavo di vederlo, mentre lui non si aspettava di vedere le due gemelle. Ne rimase entusiasta e felice accogliendole con molta gioia. 

Mi disse anche che aveva capito perché mi ero tenuta tutto per me, senza rivelare a nessuno delle gemelle. 

"Ti senti libera, senza che nessuno ti opprimi. Per  questo non hai detto niente a nessuno." Affermò.

In realtà non mi era mai sembrato il momento giusto. "Non ho avuto il tempo, avrei voluto dirlo subito alla mamma. Ma all'epoca aveva il pensiero sulla scomparsa di Alaska, e..." Mi trattenni dal continuare.

Fu lui che tranquillo continuò l'argomento Alaska. "Lo so. Ma adesso è più tranquilla, quando sono ritornato a casa a maggio, le ho spiegato che non doveva preoccuparsi. Che Alaska sta bene. Adesso lo dico anche a te, stai tranquilla e procedi con la tua vita. Se Alaska fosse morta lo avrei capito subito." Mi disse, ero a conoscenza del rapporto empatico che c'era tra i gemelli. Fissai le mie gemelline pensando che probabilmente anche loro avrebbero avuto quel tipo di legame. Credevo a Dallas, la piccola Alaska stava bene. Me l'aveva detto anche Gellert, eravamo persone coriacee noi Thompson, per cui reagivamo e non ci facevamo buttare giù neanche dalla tempesta più forte che esisteva. 

"In realtà sarei dovuto venire qui ad aprile." Mi confidò Dallas strizzandomi l'occhio. "Ma ho conosciuto una ragazza ad aprile e ho preferito passare un bel po' di tempo a svagarmi con lei." "Era carina?" Gli chiesi curiosa. 

"Si! Siamo stati bene. Spero  tu non te ne dispiaccia se non sono venuto prima." Mi disse sincero  mio fratello.

Risi divertita. "È stato il fascino della divisa a farti fare conquiste." Lo presi in giro. "Hai fatto benissimo, adesso ti toccherà ritornare in Afghanistan. È importante che ti trovi degli svaghi, non pensare a noi." Gli ricordai. 

"Grazie sorellina, sono contento che tu mi capisca." Mi disse.

Fui contenta di poter presentare Dallas a Gellert quando questi rientrò. Il mio compagno restò stupito della sobrietà di mio fratello. Probabilmente si aspettava una persona rigorosa come me, o di polso come Adela. In realtà Dallas era l'opposto. Anche per questo mi chiedevo come facesse a svolgere lavoro di soldato. 

Ci lasciò una settimana dopo per raggiungere la base Nato a Vicenza, da li sarebbe partito per la nuova missione. 

Organizzai nel frattempo la nuova trasferta negli Emirati Arabi, le pratiche da seguire si erano accumulate in quei mesi, come anche quelle con le aziende in Cina. Gellert aveva iniziato a lavorarci e io procedevo alle traduzioni per la Cina. Ma dovevamo partire, riuscii a fare un programma per i primi quattro mesi, da novembre a febbraio. Intanto decisi di prendere una segretaria che ci controllasse la sede di Zurigo con la sua presenza così da non perdere i clienti. Era assurdo, ma pensai che era bello avere a disposizione un jet come faceva mio cognato per i suoi spostamenti. Se lo chiamavano in poche poteva essere reperibile. 

Il viaggio per Dubai fortunatamente ci fu organizzato da Jams Von König, nostro cliente abituatale negli emirati, la cerchia si era allargata. Ma il rapporto con James e sua moglie era unico. Fu il viaggio in aereo con le gemelle e fu un successo. 

A Dubai prendemmo un'altra decisione, proprio per le bambine. Dovevamo prendere una balia che le seguisse quando noi eravamo a lavorare. A Zurigo l'ufficio era nostro e potevamo gestirle, anche loro nonostante avessero pochi mesi avevano capito che in ufficio c'erano regole da seguireQuando si tornava a casa si davano da fare tra urla e pianti di attenzione, ma in ufficio no. Le due potevano piangere quanto volevano, non le assecondavamo proprio per lavorare e liberarci presto. A lungo andare avevano smesso di piangere quando eravamo a lavoro, avevano la mia attenzione solo quando davo loro da mangiare e Gellert le cambiava. 

Nathalie ci aiutò a trovare una balia che potesse aiutarci con i bambini, poiché era una ragazza diffidente mi consigliò per il meglio la nipote della sua stessa balia, cosicché andassi sul futuro. Aveva quattordici anni, ma Sana sapeva farci con i bambini. Inoltre io le insegnavo l'inglese e lei mi permetteva di ampliare la mia conoscenza con l'arabo.

A dicembre stavamo per affrontare la ormai difficoltà col lavoro a Zurigo, ci chiamavano dalla Shudler e dovevamo intervenire prima di perdere il nostro pezzo grosso. 

"Chiama Ada e vedi se riesce ad andare lei." Disse Gellert.

Speravo sinceramente che mia sorella fosse libera  era quasi Natale e forse non voleva partire. Ma Adela fortunatamente mi disse che ci avrebbe pensato lei. 

"Ti devo un favore!" Le disse a telefono Gellert quando si sentirono la settimana successiva. 

"Tutto bene?" Gli chiesi preoccupata. 

"Sì! Ha risolto tutto. È rientrata a Boston, ma ha detto che ripartirà a gennaio per vedere gli amministratori della Shudler e anche Berkel a Monaco." Mi informò. "Pare che la signora Creek l'abbia aggiornata dei contratti più urgenti da prendere in mano." 

"È incinta sai?" Gli dissi. "Per febbraio dobbiamo rientrare. Non possiamo permetterle di partorire lontano dalla sua famiglia." 

"Non sapevo aspettasse un bambino." Mi rispose lui. 

Gli sorrisi baciandolo. "Ebbene si! Nascerà ad aprile e sarà una bimba." 

"E noi amiamo tanto le bimbe." Mi sorrise lui ricambiando il bacio. "Anche se sono isteriche e ci fanno impazzire." 

"Ce la possiamo fare, vero Gellert?" Gli chiesi speranzosa. 

Lui mi fissò annuendo. "Chiamo Eddy! Al nostro rientro in Europa cercherò un avvocato che possa restare fisso in ufficio per i clienti più importanti."

"Intendi anche l'azienda di tuo padre?" Gli chiesi. "Soprattutto per quella." Ammise. 

 

Lo facemmo! Quando rientrammo a Zurigo, Gellert partì per Londra per affrontare l'argomento con suo cugino. C'era da implementare lo staff e dal momento che eddy nonostante fosse avvocato non militava, avevamo bisogno di una mano fissa e costante lì in Europa Il nostro studio fu ampliato con due nuove leve. Gellert mi disse che sia lui, che Ada non approvavano molto le scelte di Eddy, gli avvocati scelti dal socio infatti gli erano parsi poco combattivi. Ma noi avevamo bisogno urgente di qualcuno che seguisse almeno le pratiche più semplici e anche la compagna di London in Grecia necessitava di assistenza dopo il parto avvenuto a fine gennaio. 

Adela nel frattempo si sarebbe gestita solo la sua piccola clientela a Boston e la Thompson & sons. Poi dopo il parto si sarebbe visto. 

Con queste premesse la KuK ripartì più agguerrita di prima. Anche quell'anno non rientrai a Boston, rividi però genitori e fratelli quando Dallas organizzò una videoconferenza tutti insieme. Li aggiornai che stavo bene e che ero obiettata di lavoro, omettendo di dire loro che chi mi assorbiva di più erano le gemelle e che se ero stanza dipendeva dalla mia nuova gravidanza. 

Non lo dissi a nessuno anche questa volta perché volevo dirlo prima a Gellert che era partito per l'estensione del contratto con la Shudler in Danimarca. Non ero andata con lui a Copenaghen perché ancora non avevamo chi ci tenesse le bambine e non me l'ero sentita di portare Sana fuori dal suo paese. In realtà avevo visto qualcuno, ma tutte le tate che si presentavano erano giovani e belle, sinceramente non mi piaceva come guadavano Gellert durante i colloqui. Fu in quell'occasione che compresi di essere gelosa di lui. 

In compenso Gellert sembrava indifferente a tutte, anzi a fine colloquio mi lanciava uno sguardo insoddisfatto. Ero io che dovevo decidere e l'esito era sempre lo stesso. "Le faremo sapere." 

"Quindi non tornerai a casa per ora tesoro?" Mi chiese mamma dallo schermo. 

"No! Ho in programma di andare a trovare Silvia a Genova, è nato suo figlio Tommaso e ancora non sono stata a trovarla." Le dissi. 

"Così ti potrai godere un po' il mare italiano." Disse London. "Io invece torno massimo il mese prossimo per fare dei controlli alla Thompson e alla G&L, con l'assenza di Gabriel uno dei due deve essere presente." 

"Non vedo l'ora di abbracciare Hope." Disse mamma. 

"Mi dispiace mamma, ma lei non riesce a venire con me. Diamond ha un bel po' di lavoro e qui abbiamo la baby sitter che può aiutarla." Rispose. "Però aspettiamo sempre con piacere te e papà." 

"Ce lo ha detto anche Kostas." Rispose papà. 

Kostas se avevo capito bene era uno dei due soci greci di papà con cui andava molto d'accordo.  

"Tu Dallas quando rientri?" Chiese papà a mio fratello minore. 

"Non per ora. Per questo ho voluto vedervi, dopo la missione mi toccherà l'addestramento alla base di Vicenza, se tutto va bene l'anno prossimo divento sergente." Ci informò. 

"Ormai siete cresciuti e tutti impegnati." Disse la mamma. "Mi mancate, tutti e cinque." 

"Dals non riesci a prendere neanche un giorno di licenza?" Chiesi a mio fratello. 

Lui annuì. "Andrò a trovare il mio amico Ed, ci ritroviamo a metà strada in Francia." 

"Non si era arruolato anche lui?" Chiese mio padre.

"Si! Per questo ci troviamo in Francia. La sua accademia militare è in Inghilterra." Rispose. 

"RiescI a rientrare per Natale Dals?" Gli chiese mamma. 

"Sarò in missione a Natale." Rispose secco. 

"Al limite ci aggiorniamo più avanti." Disse quindi mamma cercando di non mostrare la sua amarezza. 

"Anche Chester non ci sarà a Natale." Intervenni cambiando argomento.

"Bugiarda." Disse mio fratello. "Sono l'unico che resta a Boston." 

"Ma dovresti cercare il ragazzo che ti piaceva, ovunque egli sia sparito." Dissi senza preoccuparmi della presenza di mamma e papà. 

"È acqua passata ormai Brooke." Disse lui.

"Davvero vuoi vivere di rimpianti?" Intervenne Adela. "Ha ragione Brooke. Cerca il suo amore e dichiarati." 

"Almeno se non va tu hai fatto di tutto per stare con lui." Gli dissi. 

"Io so dove si trova." Ci disse London. "Fai un fischio e ti mando il suo indirizzo." 

"A proposito di felicità." Disse Chester. "Il tuo amico Giannis è passato a trovarci settimana scorsa."  

"È arrivato in America quindi?" Chiesi. "Gli ho detto che li avreste ospitati mamma." 

"Non è voluto restare, ci ha portato i saluti dei genitori ed ha preso un té. Ma poi è andato via, la sua ragazza lo aspettava alla barca." 

"Lei non c'era?" Chiese ai nostri genitori London. Non conoscevo il suo amico quindi non potevo seguire la conversazione.

"No! Giannis ha detto che era stanca per la lunga traversata." Disse papà. "Avresti dovuto prestargli il Persefone." 

London rise. "Così sarei rimasto senza casa. Comunque devo raggiungere Di!" Disse a tutti. "Vi saluto e mi raccomando, non lavorate troppo." 

"Vi saluto anche io." Disse Adelaide.  "Devo allattare Eva, si è svegliata." 

"Capisco." Dissi. "Dalle un bacio da parte mia. Poi verrò a trovarvi, a settembre parto per il Qatar e poi andrò negli Emirati. Quindi a Natale avrò il fuso orario."

"Che coincide un po' col mio." Disse Dallas, forse ci vediamo per gli auguri. 

"Ok! Ciao ciao a rutti."  Li salutai. 

"Ciao Brooke. Noi ci sentiamo a telefono." Mi salutò Adela. "Ciao Dals, ti aspetto qui Lon." Concluse prima di staccare la videocamera. 

Salutai anche io tutti di nuovo e staccai. 

Tornai al lavoro e solo quando finii raggiunsi la signora Creek e le mie figlie per tornare a casa. 

Avrei dovuto dire ai miei delle bambine, avevano già  un anno e i nonni non sapevano della loro esistenza. Cosa mi bloccava dal farlo? 

Non lo sapevo ancora, avevo bisogno del mio tempo forse. 

Con Gellert ero abituata ad avere i miei tempi, forse proprio per questo gli dicevo tutto senza attendere, perché scoprivo che eravamo sulla stessa lunghezza d'onda. Quando non gli avevo parlato c'eravamo quasi lasciati e non volevo accadesse. Non con due bambine di un anno e un terzo in arrivo. Chissà come l'avrebbe presa questa volta. 

Dovetti attendere una settimana prima di scoprirlo. Tornò aa Zurigo nel primo pomeriggio dicendo alla signora Creek che avrebbe sentito il giorno dopo del lavoro. Mi cinse le braccia e mi portò nel suo studio. 

Quando fummo soli mi baciò con passione. "Mi sei mancata! Le bimbe?" 

"Quando sono qui sono sempre buone, al contrario casa è un macello." Gli risposi 

"Dobbiamo prendere una governante. Non una balia." Mi dissi sospirando. "Stai bene, ti hanno stancata?" Mi chiese premuroso. 

Risi. "Sono abituata a loro due ormai. Poi non si sentono qui, fidati sono sveglie." Gli dissi. 

Lui sorrise indicandomi la porta della biblioteca. "Che dici, faccio loro una sorpresa?" 

Scossi la testa. "No! Sai che qui devono essere tranquille. Se ti vedono non so come reagirebbero." Gli dissi. "Aspettaci in auto, spengo il pc e ti raggiungiamo." Gli dissi. 

"Si signora." Disse dandomi un altro bacio. "Fai presto." 

Feci il prima possibile. Spensi il pc e andai a prendere le bambine che nel box si stavano contendendo un ninnolo. "Ehi signorine, andiamo a casa." 

Luna mi guardò e mi sorrise. Dio quanto amavo le mie bambine. 

"Mama..." mi chiamò Aurora. 

"Eccomi, adesso andiamo". Risposi tirandole fuori dal box e mettendole nei passeggini. 

Salutammo la signora Creek e andai spedita verso la macchina. Come prevedibile quando videro il padre all' auto iniziarono a urlare come pazze. "Papà... papà...". Non la smettevano di urlare.

Gellert subito regalò alle nostre figlie un sorriso a trentadue denti. 

Le prese in braccio una ad una coccolandole e dando loro il giusto tempo, dopodiché le mise in macchina, chiuse i passeggini e mi raggiunse. 

"Questa macchina non va bene più." Mi disse. 

"Ma no,siamo comodi." Gli risposi, mi piaceva la nostra Panda era piccola e confortevole.

"È un po' stretta ." Affermò ancora lui. "Semmai dovessimo avere un altro figlio non ci andrebbe." 

Al che mi zittii.  Lui mi guardò sospetto. 

"Ho detto qualcosa di sbagliato? Parlavo della macchina che è decisamente piccola. Ma forse ho sbagliato, dimmelo se è così."

Io lo guardai mordendomi le labbra, non so lui cosa capì in quel momento. Ma probabilmente vide l'emozione nei miei occhi, una sorta di felicità e trepidazione al tempo stesso, perché non partì.

"Brooke, siamo in quattro in questa macchina vero?" Mi chiese lentamente. 

Feci spallucce, un'altra smorfia, anche se involontariamente mi toccai la pancia.

Gellert continuava a guardarmi, prima stupito poi raggiante.  

"Forse è presto." Disse. "Però sono contento." Mi disse.

Anche io lo ero, soprattutto perché le gemelle erano ancora piccole. Ma se a entrambi andava bene e la cosa non ci disturbava avremmo potuto farcela. 

"Spero che sia maschio." Gli dissi.

Ma Gellert rise scuotendo la testa. "Io spero non soccomba alle due pesti qui dietro." Rispose. 

Al che risi anche io. Luna e Aurora erano molto vivaci, luna molto di più. Chiunque si sarebbe aggiunto alla nostra famiglia sicuramente diceva tirare fuori la grinta. 

Come dissi ai miei quell'estate la trascorsi in Italia da Silvia, suo figlio Tommaso aveva quattro mesi e ancora non avevo avuto modo di conoscerlo. 

A Genova io e Gellert entrammo in modalità vacanza, anche perché venimmo raggiunti da Inga e Taddheus che non vedevano l'ora di stare con le nipoti. 

Rientrammo a casa prima della fine di agosto, così da organizzare il lavoro in vista della partenza per il Qatar, da lì saremo andati negli Emirati. 

Partimmo con una balia in prova, Lana mi fu presentata da Zora e Sabrina, era una loro amica austriaca laureata in psicologia e pedagogia, si era presa una pausa  dal lavoro dopo essersi lasciato con la sua collega di lavoro. Poteva avere tutte le credenziali per seguire le nostre gemelle, era stata maestra d'asilo, non era immatura, non era interessata agli uomini ed essendo conosciuta da Sabrina, potevo fidarmi di lei. Partimmo per il Qatar, intanto scoprimmo che aspettato una terza bambina, l'avremo chiamata Sonne. In seguito lasciammo il Qatar per andare in Cina, prima a Shangai, poi a Pechino dove festeggiammo il Natale con Shu, Li e il loro bambino. Ci aspettava la tappa degli emirati che ci avrebbe visti lontano da casa per altri tre mesi almeno. 

"Penso sia il caso tu non venga negli Emirati."Mi disse Gellert sorprendendomi.

"Perché?" Chiesi sentendomi messa da parte."Siamo una squadra, facciamo sempre tutto insieme."

 Al che lui mi sfiorò la pancia. "Stai per concludere il settimo mese e sto cercando di  non essere egoista e averti tutta per me." Mi rivelò baciandomi. "Dovrei portarti in giro da un Emirato all'altro in questo stato e senza nessuno che possa assisterti." Mi spiegò. 

Annuii, al parto delle gemelle avevo Inga e Silvia che mi erano sempre state vicine. "So che dev9 fermarti." Ammisi. 

"Torna a Zurigo oppure vai a Monaco dai miei. Comprendo che non posso tenerti con me per quanto io voglia essere sempre presente nelle tue giornate."

Lo comprendevo, non c'ero arrivata da sola anche se spesso mi ero chiesta dove sarebbe nata Sonne. Come sempre io e Gellert pensavamo le stesse cose, non era il caso di far nascere la bambina negli Emirati anche perché oltre essere sola, era un periodo molto caldo e non immaginavo come sarebbe stata dura.

Nonostante con le gemelle avessi avuto solo due ore di travaglio, il mio era stato un parto naturale e lo stesso sarebbe stato anche con Sonne per cui accettai la sua proposta decidendo di tornare a Zurigo

Chiese addirittura a Gellert di non chiamare i suoi genitori poiché a Natale andavano dal papà di Taddheus e lui al ritorno doveva recuperare il lavoro. 

"Chiederò a mia mamma di raggiungermi. Ada deve venire a Zurigo per l'incontro con la Shudler, le chiederò di portare anche mamma, non ti preoccupare avrò chi si prenderà cura di me." Gli dissi. 

"Io terrò le bambine con me, così avrai un pensiero in meno. Tanto ci sarà Lana ad aiutarmi e a Dubai richiamerò anche la piccola Sana."

Mi dissi. 

Così quando fu il momento di lasciare la

Cina, dopo il capodanno, io presi un aereo per Zurigo mentre la mia famiglia andava ad Abu Dabhi. 

Come previsto una volta a casa, quando chiamai mamma, lei subito accettò.

"Era ora Brooke." Mi disse. "Sai pensavo non ci avresti mai invitato e che volessi escluderci completamente dalla tua vita." Confessò.

Non credevo di avere dato questa impressione a mia mamma, così sorridendo  le dissi che non era vero, anzi che la invitavo perché volevo averla nella mia vita per un momento importante. Sapevo aveva tanti altri pensieri e non volevo disturbarla. 

"Io sto bene, visto che avete mille problemi e pensieri tra Adela e Alaska, ho preferito non disturbarvi. Vi aspetto e non per due o tre giorni, vi aspetto per tutto il tempo che volete restare. Sarete ospiti a casa mia." Le dissi.

"Va bene appena tua sorella è pronta per partire noi verremo via con lei, così le daremo una mano con Eva e Abel." Mi disse la mamma con aria rassegnata. 

"Lì come va la situazione?" Le chiesi.

Lei fu titubante, dopodiché mi rispose, forse cercando le parole giuste. "Lei e Gabriel tentennano ma vanno avanti."

"Abbiamo degli avvocati qui proprio per evitare di chiamarla sempre. Purtroppo ci sono dei clienti che conoscono lei e Gel, quindi fanno affidamento su di loro. Purtroppo Gellert al momento è negli Emirati. Mi dispiace perché anche colpa nostra se il suo matrimonio è in crisi."

Al che mia madre fece un colpo di tosse. "Non è colpa vostra, hanno scelto dei lavori per cui entrambi viaggiano molto e quando sono a casa cercano di recuperare il rapporto che hanno. Ma non puoi fare in 15 giorni ciò che dovresti fare giorno dopo giorno per una vita intera." Mi spiegò mamma.

Compresi cosa cercava di dire, era la stessa premessa che c'eravamo fatti io e Gellert. Essere sempre presenti nelle vite delle nostre figlie, ma soprattutto esserci nella vita all'uno dell'altra. Gabriel e Adele si erano sempre amati e voluti bene. Mi chiedevo cosa fosse andato storto a parte gli impegni di entrambi. Speravo sinceramente che risolvessero i loro problemi matrimoniali

"Vi aspetto qui a Zurigo." Le dissi. "Fammi sapere quando atterrate che vi faccio trovare una cena a puntino. Ti mando anche l'indirizzo, io non potrò venire a prendervi." Dissi.

Volevo preparare per loro una bellissima accoglienza, così quando Ada mi chiamò dicendomi che erano atterrati mi mobilitai per mettere a tavola una buona cena.

Chiama il mio ristorante preferito chiedendo i piatti tipici, sinceramente avevo imparato a cucinare un poco ma non ero a livello di Silvia. A casa io e Gellert facevamo il minimo indispensabile per nutrire la nostra famiglia. Io e Gellert avevamo deciso di non focalizzarci sulle cose che non sapevamo fare, era importante fare l'indispensabile per nutrirci e non avvelenare la nostra famiglia.

Quando arrivarono i miei genitori ero al telefono con Silvia. Mi chiamava tutte le sere per sapevo come stavo, o lei o Joel non mancavano di farsi sentire sapendo che Gellert non c'era. Così quando bussarono al campanello per la  consegna della cena aprii porta e cancelletto senza remore. 

Stavo finendo di apparecchiare la tavola chiacchierando con la mia amica, dicendole che Sonne scalciava insistente, che presto ci sarebbero stati i miei genitori  e che avrei mangiato il pollo piccante proprio come piaceva a me in quel periodo.

Mentre stavo dicendo queste cose mi voltai trovandomi di fronte mia sorella e i miei genitori che mi guardavano decisamente stupiti Mamma e Ada avevano tra le mani la nostra cena, del facchino non c'era traccia.

"Silvia devo salutarti sono arrivati mamma e papà." Le dissi. 

"Salutameli e digli che li aspetto a Genova. È tanto che non li vedo." Mi rispose lei.

"Ti salutano anche loro. Ciao Silvia." La salutai. 

Stacca il telefono andando a prendere subito la cena da mano a mamma. "Dovevo pagare. Vi avevo detto di avvertirmi non è ancora pronto." Mi lamentai, ero contenta di rivederli anche se nella mia testa sarei corsa ad abbracciare mamma e papà, non a togliere cibo dalle braccia. "Meno male che non cucini tu." Affermò mia madre tornando in sé. 

"Abbiamo pagato noi il fattorino mandandolo via." Disse papà. 

Io iniziai a svuotare le scatole mettendo tutto nei vassoio  pronti a tavola. 

"Quando mi avresti detto che eri incinta?" Chiese mamma. 

"Volevo farvi una sorpresa." 

"Oh benedetta ragazza!" Esclamò papà. "Ce l'hai fatta, eccome." Disse  con un sorriso che gli arrivava fino agli occhi azzurri. "È una sorpresa bellissima quando è successo?" 

"Più di sette mesi fa papà." Affermai chinando lo sguardo. "Vi chiedo  scusa, sono stata un'egoista." Confessai. "Vi ho chiamati perché volevo foste presenti al momento del parto."

"Non ti azzardare a darti dell'egoista." Disse mamma grintosa. "Sta  per nascere un nipote e io resterò qui prima e dopo il parto." 

"Meno male, perché la vostra stanza è pronta. Io credo di essere pronta manca solo che esca Sonne." 

"È un bel nome, è svizzero?" Chiese mamma.  Guardai i miei genitori e Ada. "Sonne in tedesco vuol dire sole, questa bambina è un raggio di sole nella vita mia e del loro papà." Raccontai raggiungendo Ada. "Dormiamo insieme stasera. Ti va?" Le chiesi e lei annuì.

 

   
 
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