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Autore: EleAB98    22/04/2024    2 recensioni
Amanda Benassi è appena diventata una scrittrice affermata.
Non è mai stata una ragazza particolarmente estroversa, tantomeno appariscente. Tutto d'un tratto, si ritroverà catapultata in una realtà completamente diversa da quella di un tempo, diventando oggetto delle più svariate attenzioni maschili.
Ma sarà un uomo in particolare a catturare tutta (o quasi) l'attenzione della giovane, stravolgendo a poco a poco la sua esistenza.
Emozioni contrastanti faranno da sfondo a quella vita che, pur avendo sempre sognato, si rivelerà più impegnativa del previsto, mentre le ombre di un passato mai dimenticato la travolgeranno a viva forza, spingendola ad affrontare una verità del tutto sconvolgente.
Amanda sceglierà, prima o poi, di cedere alla forza dei propri sentimenti? Chi farà mai breccia nel suo cuore?
*Opera Registrata su Patamù*
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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CAPITOLO XXX


 

 

«I tuoi livelli di pressione sono nella norma», sentenziò Amanda, mentre risistemava con cura l'apparecchio elettronico nella sua scatola.

«Era ora!» esclamò Federico. «Non ne potevo proprio più, di quelle minestrine scondite che mi propinavano in ospedale.»

«Immagino. In ogni caso, non bisogna mai esagerare con il condimento.»

«Non posso darle torto, infermiera Benassi.»

Il sorriso spensierato di Amanda si bruciò d'un colpo, e Federico si rese subito conto della sua gaffe. «Scusami tanto, tesoro. Non volevo ferirti, e... soltanto adesso ho pensato che—»

«Che Benassi non è il mio vero cognome», completò la ragazza, scostando lo sguardo.

«Ma tu ce l'hai comunque, un'identità. Devi soltanto scegliere a quale appartenere. Oppure, puoi anche non farlo. Non siamo mica obbligati a scegliere "da che parte stare"! Amanda, voglio che ti sia chiara una cosa: io non pretendo che tu, a partire da questo momento, "porti" il mio cognome. Non sono un cavernicolo. E non è questa, la cosa più importante. Certo, i legami di sangue sono un qualcosa di indissolubile, ma i sentimenti lo sono ancora di più. Solo quelli, contano. E io vorrei solo il meglio per te.»

«Lo so», gli rispose Amanda, in tono conciliante. «È che... una parte di me si è sentita presa in giro, e... e, almeno per adesso, non intendo tornare sui miei passi.»

«Questo significa che... che vuoi continuare a stare con me?»

«Tu che ne dici?» gli chiese lei, l'espressione dubbiosa.

«La scelta è solo tua. Io, per parte mia, sono felicissimo di averti intorno. E, se non fosse che ormai non sei più una bambina da un pezzo, ti avrei regalato un intero negozio di giocattoli, pur di vederti sorridere.»

Amanda scosse il capo, intenerita e altrettanto sorpresa dagli sguardi adoranti che l'uomo, di tanto in tanto, le rifilava. «Sarei cresciuta come la classica bambina viziata a cui tutto è concesso, però.»

«Viziata, ma felice. Certo, sono l'affetto e la presenza, quello che conta di più. Avere tra le mani tante cose non ci rende necessariamente delle persone soddisfatte.»

«Tu sei stato un bambino felice?» gli chiese Amanda, sinceramente interessata.

Federico sembrò perdersi nei suoi ricordi più belli. «Sì, direi che lo sono stato. I miei genitori sono stati un grande esempio, per me.»

A differenza di quelli di mia madre, pensò Amanda.

«È stato anche grazie a loro, se io e mio fratello non ci siamo mai sentiti in competizione su qualcosa», proseguì Federico. «Anche se di una cosa, in realtà, mi dispiacerà sempre moltissimo. Mia madre ci teneva parecchio, a diventare nonna. Ogni tanto, mi chiedeva se io e Roxanne avessimo mai preso in considerazione "l'idea" di allargare la famiglia, fino a quando, be'... fino a quando, poverina, non ha smesso di chiedermelo – proprio lei, incredibile a dirsi, aveva finito per arrendersi! Sarebbe stata contenta di conoscerti.»

«Non sconvolta?»

«Be', di sicuro, avrei dovuto spiegarle un paio di cosucce, ma ti assicuro che ne sarebbe stata davvero felice. Ti avrebbe accolta a braccia aperte.»

«Come si chiamava?»

«Serena. Si chiamava Serena», rispose Federico, gli occhi fissi dinanzi a sé.

«Ti manca molto, non è vero?»

«Sì. Mi manca lei, mi manca mio fratello... Adesso ci sei tu, però.» Si rivolse di nuovo ad Amanda. «E spero vivamente che niente e nessuno ci possa più separare.»

«Tuo padre... tuo padre sa di me?»

«Sì. Gli ho raccontato tutto poco prima che finissi ricoverato in ospedale.»

«Strano, perché io non l'ho mai incontrato.»

«Lui veniva a farmi visita soltanto quando ero io, a dargli il via libera. Mi sono premurato di non farvi incontrare. Ma non perché non volessi. Il mio unico desiderio era aspettare il momento più appropriato per organizzare un incontro, qualora a te avesse fatto piacere conoscerlo. Anche in questo caso, non ti imporrò certamente la sua presenza.»

«E io non impedirò certo che venga a trovare suo figlio. Per me, può venire qui quando vuole.»

«Non sarebbe un problema per te? La situazione è piuttosto delicata, e—»

«Ma prima o poi bisognerà pure togliersi il dente, no?»

«Anche questo è vero. Sai, lui è rimasto a dir poco stravolto, dalla mia confessione. Ne abbiamo parlato a lungo, e l'idea di conoscerti non lo disgusta affatto, anzi.»

«Meglio così. Sarà che io so molto bene cosa significa crescere senza il concreto sostegno dei genitori. Anche quando si diventa grandi, d'altra parte, abbiamo comunque bisogno di loro, e loro... di noi.»

«Hai ragione. Sai, nonno Michele è in ottima salute, forse addirittura più di me. Anzi, direi che lo è di sicuro. Lui non ha mai toccato neanche mezza sigaretta.»

«Quindi si chiama Michele», appurò Amanda, che tutto d'un tratto cominciò a sentirsi strana. Il terrore le si insinuò nelle viscere.

No, non di nuovo.

«Mi puoi scusare un momento? Devo andare un attimo in bagno.»

Senza attendere una risposta, si alzò dal divano e sgattaiolò via dal soggiorno, rifugiandosi nella toilette. Il suo stomaco aveva ripreso a lamentarsi, e lei non riusciva proprio a capirne il perché.
Eppure, ho mangiato una semplice zuppa di verdure.
Chinò la testa quel tanto che bastava ad avvicinarsi al water, pronta a rigettare il gustoso pranzetto che aveva preparato insieme a Federico.

«Amanda, è tutto a posto?» Suo padre bussò appena alla porta, mentre la giovane si perdeva in profondi respiri.

«Sì, non ti preoccupare! Aspettami pure di là», si forzò a rispondergli Amanda. Lo stomaco le doleva abbastanza, ma a poco a poco quella spiacevole sensazione si diradò. Non appena si fu assicurata di stare meglio, sgusciò fuori dal bagno e si apprestò a tornare in cucina, quando sorprese Federico con una scatolina di cartone tra le mani. Se il suo sguardo era contemplativo, quello di Amanda diventò furioso non appena si avvide che il logo di quell'innocua scatolina recava la familiare scritta Chesterfield.

«Papà, che diavolo ci fai con quelle? Non ti azzardare!»
Si fiondò come un animale su di lui e gliele strappò di mano.

Lui rimase a bocca aperta, le mani a sospese a mezz'aria. «Niente, Amanda. Non stavo facendo niente, ti giuro che—»

«Non giurare», l'avvertì lei. «Ti ho visto con i miei occhi.»

Federico tentò di calmarla. «Sì, mi hai vista con i tuoi occhi, d'accordo. Ma quella scatola è vuota. Mi era rimasta dentro la giacca che indossavo ieri.»

Amanda aprì la scatola. Proprio come lui le aveva detto, all'interno non c'era neanche un piccolo rimasuglio di tabacco. «Magari le hai nascoste da qualche parte», gli rispose, uno sguardo profondamente indagatore.

Federico soffocò una risata, un sorriso gli rischiarò gli spigolosi contorni del viso. «Davvero mi credi capace di una cosa simile?»

«Non c'è niente da ridere!» lo rimbeccò Amanda, incrociando le braccia. «Anzi, più ridi, e più mi fai pensare che i miei sospetti sono fondati!»

Federico le si avvicinò. «Amanda, non sto ridendo per quello che hai detto. Sono "solo" l'uomo più felice del mondo.»

La ragazza lo scrutò con aria confusa. Doveva essere impazzito. «E... e questo perché?»

«Perché qualcuno a caso, giusto pochi secondi fa – e a cinquant'anni suonati, per giunta –, mi ha battezzato papà per la prima volta.»

Amanda si ammutolì. Quando andava a trovarlo in ospedale, aveva sempre evitato di utilizzare quell'appellativo. Fino a quel momento, non era mai riuscita a pronunciare quella semplice parola di quattro lettere. E adesso, in un solo attimo, era cambiato tutto quanto. E non se ne era neanche avveduta.

Federico se la strinse al petto, e la scatolina incriminata cadde per terra. Amanda ricambiò l'abbraccio, piangendo di gioia insieme a lui.

«Mi giuri che non ne fumerai più neanche una?»

«Tu mi puoi chiedere qualsiasi cosa, figlia mia. Qualsiasi cosa. Certo, che te lo giuro.»

«Non ti voglio perdere», farfugliò Amanda, l'emozione nella gola.

«Non mi perderai. Con quello schifo non voglio averci più niente a che fare.»

Amanda gli sorrise, dubbiosa. «Mi posso fidare di te?»

«Ciecamente. E comunque, già da qualche tempo stavo cercando di smettere. Da quando mi sono deciso a conoscerti, per essere precisi.»

«In effetti, qualche mese fa ho notato con quanto zelo ti premurassi di buttare quasi subito la tua amata sigaretta, che non avevi consumato neppure per metà.»

«Sì, quella era una tattica. Adesso che ho smesso del tutto, però, mi dovrò almeno comprare delle gomme da masticare. Così, giusto per scongiurare il rischio di—»

Amanda lo ammonì con un'occhiata severa. «Papà!»

Federico rise. «Ecco, appunto. L'alternativa è proprio questa. Puoi semplicemente continuare a chiamarmi papà fino alla fine dei miei giorni, e sta' sicura che non avrò bisogno di nient'altro.»

«Certo che ci sai proprio fare, con le parole.»

«Tua madre me lo diceva spesso. Ma le mie non sono solo parole. E non lo sono mai state.»

Amanda sorrise, soffocando nel segreto un residuo di sincera preoccupazione. 

Ah, papà, se solo sapessi!

«Ti comprerò senz'altro un pacchetto di gomme, appena esco. E no, non la smetterò più di chiamarti papà. Sei contento, papà

«Contentissimo.»

«Bene, papà. Allora non me ne vorrai, se questo venerdì sera esco con un amico.» La giovane sottolineò volutamente la parola amico per evitare che Federico le propinasse strani discorsi.

«Ah, per me puoi uscire tutte le volte che vuoi. E con tutti gli amici che vuoi.»

Amanda si morse il labbro inferiore. No, non se l'era bevuta. «Perfetto», buttò lì, trattenendo il fiato. Non se la sentiva ancora di parlargli di Alessandro, per quanto lui non fosse affatto nato ieri.

«Anzi, quando lo vedi, già che ci sei, porgigli i miei saluti», riprese Federico, guardandola di sottecchi.

«Ma che mi stai prendendo in giro?» indagò lei, ricambiando il suo sorriso strafottente.

«Ma scherzi? Sono felice che tu esca e ti diverta. Anche perché io, come avrai visto, sto cominciando a morire di noia.»

«E che cosa faresti, se non fossi costretto, come dici sempre tu, a quelle insulse passeggiate che ci facciamo tutti i giorni lungo il perimetro che costeggia casa nostra?»

«Be', potrei fare mille cose. Innanzitutto, potrei riprendere il mio lavoro in ospedale. Nel tempo libero, potrei farmi un giretto in moto, massacrarmi i piedi su una falesia, andare a sciare, fare trekking o, magari, praticare un po' di alpinismo.»

«Ma non mi dire! Sei un appassionato—»

«Montanaro, esatto. Io e Brando condividiamo questa forte passione per la montagna fin da quando eravamo piccoli. Ci piace da matti trascorrere il tempo in mezzo alla natura.»

«Io sono più per il mare, invece», rispose Amanda. «Però, ammetto di trovare la montagna molto affascinante.»

«Quando ti ritrovi in cima alla vetta, dopo ore e ore di fatica, provi un senso di pace e di libertà assoluti. Ogni singola traccia di quella fatica si dissolve all'istante. Non riesco nemmeno a descrivere tutta la gioia che provo in quei momenti.»

«Vedrai che riprenderai a scalare. Devi solo avere un po' di pazienza.»

«Per quanto mi riguarda, ne sto avendo fin troppa. Se non fosse stato per te, avrei già trasgredito qualche regola. Non sono abituato a stare fermo, mi sento un leone in gabbia.»

«Non ti facevo così ribelle, lo sai? Tantomeno così ostinato. Sei proprio come ti ha descritto la mamma.»

Federico spalancò gli occhi, e Amanda fece altrettanto non appena si rese conto di quello che, senza volerlo, gli aveva appena confidato.

«Valeria ti ha—»

Proprio in quel momento, Amanda fu investita da un altro conato di vomito. Scappò di nuovo in bagno, lasciando Federico appeso lì, e questa volta non riuscì a non rigettare l'intero pranzo.
Maledizione! pensò. Respirò profondamente e cercò di capire cosa le stesse succedendo, da qualche giorno a quella parte. Non si era certo agitata per la reazione di Federico, per quanto sapesse di aver fatto un passo falso.

Per la seconda volta in quella giornata, un leggero picchiettio alla porta la fece sussultare. «Amanda? Che ti succede?»

«Credo di non aver digerito troppo bene la zuppa, a questo punto», gli rispose lei. Si sciacquò più volte la bocca e il viso e uscì fuori dalla porta.

«Sei pallida come un cencio», notò Federico, improvvisamente preoccupato. Poi, come colto da un'illuminazione fulminea, le chiese: «Ma sei proprio sicura che si tratti di una semplice indigestione?»

Amanda fu scossa da un brivido. Ebbe la sensazione che quella domanda ne sottintendesse un'altra; un'altra per nulla innocente. Cominciò a salirle un dubbio atroce, un groviglio di immagini e spezzoni confusi le si insinuarono nella testa, il cuore che batteva all'impazzata. Le sembrò di intravedere un uomo e una donna che si lasciavano andare, senza remore, al fuoco della passione, abbracciandosi e baciandosi con sincero trasporto. Due corpi che si univano con estrema dolcezza e altrettanta frenesia, diventando uno solo.
Il quadro della situazione fu ricostruito in un attimo. 

In quel quadretto, potevano esserci soltanto due persone.

E quelle due persone non erano affatto due qualsiasi. Non erano altri che lei e Alessandro.

Oddio, non può essere. Devo chiamare Monica. E devo farlo subito.

 

§

 

«Quanto vuoi aspettare ancora, si può sapere? Ce l'hai in mano da mezz'ora!»

«Lo so da me, grazie!» sbottò Amanda con agitazione. Mai avrebbe immaginato di trovarsi in quella situazione tanto scomoda. Te la sei cercata, però.
«E comunque, non ho lasciato papà a casa per venire qui da te solo per sorbirmi questo tuo pressing!»

«Ringrazia che ho terminato il mio master pochi giorni fa, o non avresti avuto nessuno a sostenerti!» sbraitò Monica, impaziente. «Federico sa cavarsela benissimo da solo, comunque. Ormai sono due settimane che è tornato a casa, no?»

«Sì, hai ragione. Con Alessandro non sono nemmeno più uscita, gli ho detto che non potevo e che ci saremmo visti la settimana seguente. Però—»

«Ma come vi è saltato in mente? Ma ti pare che debba dispensare nozioni di base di educazione sessuale a due testoni che hanno passato i diciotto da un pezzo?»

«Senti, la predica me l'hai già fatta, adesso non ricominciare. È stato inaspettato per tutti e due, e non—»

«E non eravate adeguatamente equipaggiati, diciamo così. Questo l'ho capito, visto quello che tieni in mano.»

Amanda sbuffò. Il test di gravidanza le gravava sui palmi, e sembrava pesasse due quintali, l'ennesimo giramento di testa a offuscarle la vista.

Facciamolo, si disse.

«Sono pronta», esalò.

Monica le sorrise, incoraggiante. «Coraggio, amica mia. Non sei da sola, adesso. Togliamoci ogni dubbio.»

Amanda inspirò a fondo e procedette all'operazione. Tra un quarto d'ora abbondante, avrebbe finalmente scoperto la temuta verità.

 

§

 

Batté più volte i piedi sull'asfalto, continuando a fare avanti e indietro lungo la stradina del centro cittadino, le luci dei lampioni che illuminavano di netto la carreggiata, popolata dai più disparati mezzi di trasporto – monopattini elettrici compresi. Di tanto in tanto, qualche coppietta con annessa carrozzina le passava accanto. Amanda le scrutò attentamente: molto spesso, le pareva che i genitori di turno fossero degli automi. Lo sguardo spento – probabilmente a causa delle tante notti in bianco –, la bocca piegata all'ingiù.

Diventerò anch'io cosìsi chiese lei, esterrefatta.
Dio, non ci voglio pensare. Sembra quasi che si siano gettati spontaneamente al patibolo. Un figlio, di certo, ti cambia proprio la vita.

Si tirò su la manica del cappotto e consultò l'orgoglio. Le ventuno e quindici. Alessandro doveva essere già lì.

Avrà avuto un contrattempoArriverà senz'altro tra pochi minuti.

Amanda, nel frattempo, pensò e ripensò a quanto avrebbe dovuto dirgli a fine serata. Come avrebbe reagito? L'avrebbe scacciata in malo modo? Avrebbe fatto mille passi indietro? Avrebbe cominciato a trattarla con una freddezza che sapeva non appartenergli?

Dopo qualche istante, una station wagon dall'aspetto familiare si presentò al suo cospetto, interrompendo il burrascoso flusso dei suoi pensieri. Alessandro abbassò il finestrino. «Posso darle un passaggio, signorina?»

«Soltanto perché la conosco», replicò Amanda, facendogli la linguaccia.

«Dai, salta su.»

Amanda aprì lo sportello della macchina e salì a bordo, un profumo intenso a invaderle le narici. Acqua di colonia, pensò estasiata.
Alessandro le stampò un bacio sfuggente sulle labbra e l'accolse con un sorriso a trentadue denti. Lei, come se non fosse già successo tempo prima, rimase imbambolata a guardarlo per qualche secondo di troppo.

«Cos'è, per caso mi è rimasta un po' di panna ai lati della bocca, o magari sulle guance? Nel primo caso puoi pure tirarla via, nel secondo... be' quello sulle guance potrebbe essere dopobarba, in realtà. Quindi te ne sconsiglio l'assaggio.»

«Ah-ah. Non ce la fai proprio a rimanere serio per almeno cinque minuti, vero?» scattò Amanda, imbarazzata e divertita allo stesso tempo.

Alessandro svoltò sulla sinistra e si addentrò di nuovo in strada. «A parte gli scherzi, poco prima che me ne andassi mia madre ha voluto farmi assaggiare a tutti i costi il bignè alla panna che ha preparato nel pomeriggio. Quindi direi che tutto è possibile.»

Amanda, questa volta, si mise a ridere. Certo, la sua risata tradiva un certo nervosismo e non era cristallina come al solito, ma era pur sempre una risata.

«Ed era buono, immagino.»

«Buonissimo. Ma lo sarebbe stato di più se avessi potuto gustarmelo insieme a te. In effetti, te ne ho portato uno.» Allungò una mano ai lati del suo sportello e gli porse una bustina.

«Ma non dovevi! Grazie mille!»

«Be', diciamo pure che è stata mia madre, a lanciarmi l'idea.»

«Ah. E... cosa sa esattamente, di noi due?»

«Niente di speciale. Le ho soltanto detto che stasera sarei uscito con una mia carissima "amica". E tu? Che gli hai detto a tuo padre?»

Incredibile, pensò Amanda. Siamo uguali pure in questo.

«Più o meno, gli ho detto la stessa cosa.»

«Mia madre non se l'è bevuta, secondo me», ridacchiò Alessandro. «Che posso farci... delle volte, è proprio il mio stesso sguardo, a tradirmi.»

«Credo che nemmeno mio papà ci abbia creduto, sai?»

«E questo è un bene, secondo te?» indagò Alessandro.

La conversazione comincia a farsi seria.

«Be', non saprei. Mio padre ti porge i suoi saluti, quindi mi verrebbe da dire che ti sei già guadagnato la sua benedizione.»

«Wow. Questa cosa mi lusinga.»

A me lusinga il modo in cui mi guardi.

«Si vede che gli hai fatto una buona impressione.»

«La prima impressione conta fino a un certo punto, però.»

«Questo sì.»

«Sai, sono davvero contento di essere qui con te. Spero che tu abbia potuto far fronte a tutti i tuoi impegni, la settimana scorsa.»

Oh, sì. Eccome. Ma continuerai a essere contento anche a fine serata?

«Allora, dove ti piacerebbe andare?»

«Non lo so... Forse al cinema?»

«Perché no. Un classico da manuale, che però che non tramonta mai. Niente film d'amore, però. Direi che noi due insieme bastiamo e avanziamo.»

Amanda scoppiò a ridere. «Ma come, proprio tu che sei così... così...»

«Così come?»

«Così romantico!»

Alessandro sorrise. «Un po' lo sono, forse hai ragione. Anche se non mi sembra di avertelo ancora dimostrato. Non a pieno, almeno.»
Prese la mano di lei e la strinse appena nella sua.

Quel contatto tanto confortante spense le turbe mentali di Amanda per quasi tutta la durata del film. Alla fine, avevano optato per una commedia in perfetto stile americano, malgrado non fosse il loro genere preferito.

 

«Ti ringrazio tanto per questa serata. Mi ci voleva proprio.»

Alessandro e Amanda se ne stavano accoccolati a bordo dell'auto, il braccio dell'uomo ad avvolgere le spalle di lei, il silenzio della notte ad avvolgerli completamente.

«Anch'io sono stato benissimo. Sto sempre molto bene, con te. Ma questo lo sai già.»

Ecco qua. È arrivato il momento.

«Ale, io dovrei dirti una cosa.»

Lui si scostò per guardala negli occhi. «Dimmi.»

«Non è così semplice.»

«Amanda, così mi spaventi. Che è successo?»

«Ecco, la cosa riguarda noi due. Io e te, insomma.»

«Io e te, capito. Che cosa c'è?» le chiese lui in un sussurro.

«Ti ricordi quando abbiamo... quando quel giorno abbiamo... ecco—»

«Ti riferisci al giorno in cui abbiamo fatto l'amore?»

«Sì, proprio quello. Ti ricordi, no?»

Lui le sorrise con assoluta tenerezza. Una tenerezza disarmante. «Come potrei scordarlo?»

«No, intendevo dire che...» Amanda trattenne un sonoro sospiro. Ma perché doveva essere così difficile?

«Ehi, lo sai che puoi dirmi qualsiasi cosa, no? Non devi temere nulla. Non con me.»

Amanda si decise a parlare. «Qualche settimana fa, ho cominciato ad avere qualche capogiro con annesso mal di stomaco, poi mi sono pure accorta di avere un ritardo, e così... a un certo punto, mi è venuto da pensare che potessi essere...» Strinse le labbra. «Se ben ricordi, non siamo stati molto attenti, quella volta.»

«Hai ragione», convenne Alessandro, l'espressione indecifrabile. «Non lo siamo stati.»

«Monica mi ha convinto a effettuare un test di gravidanza.»

A quell'ultima parola, Alessandro si fece ancora più attento. Non distolse gli occhi dai suoi nemmeno per un breve istante, a differenza di lei che temeva, da parte sua, di ricevere un'occhiataccia o, peggio, un sonoro rimprovero.

«L'ho fatto qualche giorno fa, e...»

Sul viso di Alessandro fiorì un sorriso grosso quanto una casa, suscitando in Amanda la più assoluta confusione.

«E no, non sono incinta», gli rivelò d'un fiato.

Alessandro le posò con gentilezza i palmi sulle guance e le accarezzò, quel contagioso sorriso che si spegneva a poco a poco.

«Mi sembrava giusto dirtelo, perché volevo essere del tutto sincera con te. Forse ne sei deluso, e—»

«No. La colpa è stata mia.»

«No. È stata di entrambi, ma non è questo il punto.»

«Forse è vero, non è questo il punto. Però mi dispiace tanto, non avrei mai voluto che passassi un brutto momento e che—»

«Ale, ascoltami. Non è per te, è che non—»

«Lo so. Posso immaginare che tu ti sia sentita smarrita e in preda al panico, e che non saresti stata pronta a un'eventuale gravidanza. Scusami tanto, davvero. Perdonami se non sono riuscito a controllarmi quella sera, se—»

«Ti ho detto che non devi scusarti. Non c'è niente da perdonare, Ale. Ormai è successo, e ti ho già detto che non rinnego niente, di quella notte. Perché è stata bellissima. Ovvio, non ti nascondo di aver provato un certo sollievo, quando ho scoperto di non essere incinta, ma ti ripeto che non è per te. Soltanto che... ora come ora, mi sembra impossibile occuparmi di un qualsiasi scricciolo che, per quanto meraviglioso, non riuscirei ad accudire nel migliore dei modi. La mia vita è un casino.»

Alessandro sorrise. «C'è un tempo per tutto, Amanda. E io ho già capito da un po' che non è questo, il nostro tempo. Però non dispero. Magari quel fatidico tempo arriverà. In ogni caso, se tu fossi rimasta incinta, io non ne sarei stato felice. Ma felicissimo», sottolineò, una luce stupenda negli occhi.

Amanda si emozionò fin sopra alle lacrime. «Ma quindi... non ti saresti arrabbiato?»

«Perché mai avrei dovuto arrabbiarmi? Io ti amo, Amanda. Non ho mai smesso di farlo da quando ti conosco. Certo, sarebbe stato un bel colpo, però... questo bel "colpo" l'avrei considerato un regalo straordinario. Piuttosto inaspettato, ma straordinario.»

Se il cuore di Amanda fosse potuto scoppiare da un momento all'altro per la felicità, sarebbe senza dubbio scoppiato in quel frangente. «Se io fossi rimasta incinta, sono sicura che avrei comunque tenuto il nostro bambino. Ho sempre sognato di avere una famiglia tutta mia. Ma forse, questa volta, non sarei riuscita ad affrontare al meglio la cosa. È un periodo piuttosto complicato, questo qui. Ma sono contenta che tu non te ne sia andato, e che... abbia "insistito" tanto con me. Cambiare strada sarebbe stato più facile.»

«Non devi spiegarmi nulla, Amanda. E non me ne andrò mai, sta' tranquilla. Io voglio esserci, nella tua vita. In qualsiasi veste tu voglia. Sono pronto a lottare per quello che sento, e non mi tirerò indietro, a meno che non sia tu a volerlo. È questa, la strada che voglio percorrere, anche se dovessi farmi del male. Ti prometto che, in futuro, non mancheremo di stare attenti, se mai dovessimo perdere la testa un'altra volta. Anche se io l'ho già persa da un pezzo.»

Le si avvicinò sfiorandole il mento con le labbra, e a quel punto Amanda non si tirò indietro. Si baciarono a più riprese con grande dolcezza, l'entusiasmo che cresceva di minuto in minuto. La perfetta sincronia dei loro sospiri, il fiato caldo di entrambi che, mano a mano, si faceva più corto. Tutta la tensione che Amanda aveva accumulato in quelle settimane svanì con un colpo di spugna. Quell'uomo era proprio speciale, e la ragazza non sapeva più quali aggettivi utilizzare, per descriverlo nella sua totalità. Era semplicemente pazzesco, e godeva di una sensibilità stupenda. Del tutto fuori dal comune. All'improvviso, si staccò da lei, un largo sorriso stampato in faccia. L'intensità del suo sguardo le rese le gambe molli.

«Ma quindi? Ti senti meglio, adesso, giusto?»

Amanda, tuttora inebriata dal sapore dei suoi baci, fece uno sforzo enorme per ricollegare tutti i neuroni ed elaborare una frase di senso compiuto. «Sì, mi sto riprendendo. Sono solo un po' stressata, e a causa di questo il mio fisico ne ha risentito. Non ti devi preoccupare.»

«Allora farò di tutto per fartelo passare, questo maledetto stress», le rispose Alessandro, un tenero bacio sulla punta del naso, quindi sulle guance e, infine, di nuovo sulle sue labbra.

Amanda si sentì in paradiso; il suo cuore traboccava di parole ancora non dette, ma che minacciavano di uscire da un momento all'altro. Lo baciò con ardore e si perse con lui negli abissi di una profonda e turbinosa passione. Se il sentimento che provava per quell'uomo non era esattamente amore, era comunque un qualcosa che gli assomigliava parecchio.

   
 
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