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Autore: Marauder Juggernaut    26/04/2024    0 recensioni
[Traduzione dell'opera Prince Incendié di LawEsculape su AO3]
King è il braccio destro di Kaido, imperatore dei mari e feroce capitano della ciurma delle Cento Bestie. Katakuri è il figlio secondogenito di Charlotte Linlin, la terribile imperatrice dell'arcipelago di zucchero Totto Land.
Quando King viene catturato dai figli di Linlin, viene posto sotto la sorveglianza di Katakuri per impedirgli di causare problemi.
Katakuri si innamora immediatamente di lui e tra loro nascerà un'amicizia che nessuno dei due si aspetta, ma che salverà entrambi.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Altro Personaggio, Charlotte Katakuri, Charlotte Pudding
Note: Missing Moments, Traduzione, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Capitolo 4: Prima di Dormire

 
38 anni prima
 
 

Come ogni sera alla stessa ora, nel dormitorio regnava il caos. I trenta bambini Charlotte stavano passando il tempo prima dell'arrivo della madre. I giochi “tranquilli” degeneravano rapidamente in battaglie di cuscini o zuffe tra gemelli. Risate e lacrime echeggiavano insieme e gli oggetti incantati di Mamma facevano del loro meglio per far sfogare questi ragazzini energici. I più grandi, di dodici, undici e dieci anni, occupavano l'angolo più ambito: proprio davanti alla poltrona di Mamma, e scacciavano senza pietà i più piccoli che cercavano di unirsi al loro prestigioso circolo.
 
Solo Katakuri si era fatto da parte ed aveva evitato il putiferio. Non gli era mai piaciuto urlare e si godeva il suo piccolo spazio personale, ma ultimamente si era isolato per altri motivi. Non provava più alcun piacere nel battibeccare con i suoi fratelli minori. L'"incidente" di Brûlée gli aveva tolto ogni voglia di giocare innocentemente con gli altri. Si sentiva colpevole e infelice. Non aveva ricevuto alcuna punizione per il suo errore, poiché aveva vendicato lui stesso la sorella, ma Mamma lo aveva ignorato per giorni e lui aveva ricevuto lezioni di morale dai suoi fratelli più grandi: "Ti avevamo detto di nascondere la bocca, doveva succedere! Sei egoista!”, Perospero gli aveva spesso detto che se si fosse coperto le fauci, gli altri bambini avrebbero subito smesso con le prese in giro e con il loro bullismo. Nel suo orgoglio, l'aveva ignorato. Diceva che non gli importava di loro e delle loro opinioni. Gli bastava la famiglia e comunque non era mai stato molto socievole.
 
Ma la piccola Brûlée aveva pagato il prezzo più alto. Da allora ascoltava scrupolosamente i consigli del fratello maggiore e nascondeva le sue zanne sotto una sciarpa soffice e pesante. Anche se già all’inizio non aveva una natura particolarmente estroversa, ora odiava le zuffe. Il minimo movimento poteva togliergli la sciarpa e rivelare quella bocca colpevole ai più giovani che non avevano ancora avuto il tempo di abituarsi. I più piccoli inizialmente avevano avuto difficoltà ad abituarsi a questo improvviso cambiamento di comportamento. Avevano provato a togliergli la sciarpa, senza capire perché il loro fratello maggiore, prima allegro come gli altri, li evitasse come la peste. Si erano arresi in fretta; era diventato troppo noioso per loro e lo avevano dimenticato. Anche se gli faceva male, non lo dava a vedere. Non aveva il diritto di lamentarsi dopo quello che aveva fatto, avrebbe dovuto riconquistare il loro affetto in altri modi.
 
I giochi finirono quando finalmente Mamma entrò nella stanza. Una miriade di bambini allegri si precipitò ai suoi piedi, impazienti.
 
"Mamma! Mamma! Una storia! Una storia!"
 
Ogni sera, la madre raccontava loro una nuova storia per calmarli e farli addormentare tutti. Tutti aspettavano questo momento con una gioia indescrivibile perché lei trovava sempre il modo di offrire loro le meraviglie che descriveva in quelle storie. Più il tempo passava, più Totto Land somigliava all'ideale che prometteva attraverso quei racconti. Si chinò per salutare i più piccoli e premiarli con qualche abbraccio amorevole. Tutti lottavano per essere tra le sue braccia per primi e lei scoppiò a ridere ricompensando i più veloci con dei baci. La sua alta statura le permetteva di sopportare gli assalti dei figli senza cadere all'indietro e senza lasciare andare l'ultimo nato, Mont D'or, che teneva stretto al petto.
 
Compote, la figlia maggiore della famiglia, corse subito da Mamma e si offrì di alleviarla del suo fardello. Lei accettò prontamente e le mise tra le braccia il bambino. Compote ritornò tra i ranghi, con un sorriso trionfante sul volto. Avere la fiducia di Mamma era la migliore delle ricompense e nessuno perdeva mai occasione per vantarsene davanti agli altri. Compote prese posto accanto a Perospero e gli fece la linguaccia, felice di averlo superato. Perospero alzò le spalle, fingendo indifferenza, e compensò usando la sua autorità di figlio maggiore per mettere a tacere il resto dei fratelli.
 
«Ehi! Silenzio! Sedetevi adesso, piccoli, venite qui! E ascoltate con attenzione».
 
Tutti obbedirono senza discutere. Mamma, soddisfatta dell'atteggiamento entusiasta dei suoi figli, si sedette nella sua gigantesca poltrona e chiese al suo Sole volante, Prometeo, di fare meno luce per creare più atmosfera.
 
«Ho una bella storia per voi stasera» disse, mostrando loro un nuovo libro di fiabe.
 
Tutti tacquero per lasciare il posto al sacro silenzio del racconto della sera. Mamma aprì il libro sulle sue ginocchia, contemplò il suo pubblico e notò Katakuri, ancora in disparte dal gruppo. Quando i suoi occhi si posarono su di lui, una sensazione di ansia gli comparve nello stomaco. Sarebbe stato sgridato?
 
«Katakuri, cosa ci fai così lontano?».
 
Tutti si voltarono per guardarlo. Se avesse potuto scomparire sotto una montagna di mochi, lo avrebbe fatto. Ma l'ultima cosa che voleva era far arrabbiare sua madre.
 
«Uh, niente» disse timidamente nella sua sciarpa «Ascolto».
 
«Non sentirai niente, avvicinati».
 
Che immenso sollievo fu per lui! Con questo invito aveva posto fine al suo calvario. Lei riteneva che si era sufficientemente pentito della sua colpa e avrebbe finalmente smesso di ignorarlo. Avrebbe voluto piangere, ma non lo fece, si alzò e si unì agli altri. Immediatamente la piccola Brûlée, ancora malconcia per ferita al viso, lo raggiunse. Paradossalmente lei era l'unica a non aver mostrato alcuna rabbia nei suoi confronti nonostante lui fosse interamente responsabile della sua sofferenza. Si sedette proprio accanto a lui, con il suo peluche sotto il braccio, e gli rivolse uno sguardo implorante.
 
«Posso tenerti la mano?».
 
Brûlée aveva paura, le storie di Mamma le causavano regolarmente gli incubi. Di solito preferiva la compagnia della sorella gemella per ascoltarle e si rassicuravano a vicenda. Chiedere conforto a Katakuri era il suo modo di ristabilire un legame che probabilmente aveva molta paura di spezzare. Katakuri, toccato dalla sua assoluta fiducia nonostante ciò che aveva sofferto per colpa sua, gli tese la mano. La bambina si acciambellò attorno al suo braccio e si aggrappò a lui, felice di rivedere il suo fratello maggiore. Sentì il suo stesso cuore riscaldarsi; Mamma non ce l'aveva più con lui e Brûlée non lo odiava. La serata si prospettava buona.
 
«Siete tutti pronti?».
 
«Sììììì» risposero i più giovani, tutti insieme.
 
«Perfetto. La storia di stasera è una storia d’amore…».
 
«Oh uffa» sospirarono Perospero, Oven e Daifuku all’uninsono.
 
Altri bambini più piccoli iniziarono a protestare contro la storia d’amore, per ingraziarsi i ragazzi più grandi.
 
«Mamma, no!» supplicò Oven.
 
«Perché no?» chiese lei, fingendo di non capire il loro scarso entusiasmo.
 
«Le storie con mostri e magia sono meglio!».
 
«E quando ho detto che non ci sarebbero stati né mostri né magia? Per chi mi hai preso?».
 
«E poi se dovessimo fidarci dei tuoi gusti ascolteremmo sempre le stesse storie!» brontolò Compote mentre cullava Mont D’Or.
 
«Votiamo» disse Mamma «chi non vuole proprio ascoltare una storia d’amore?».
 
Solo i tre musoni (e il piccolo Cracker che faceva il leccapiedi e avrebbe dato la vita perché i più grandi lo includessero nel loro gruppo) alzarono la mano. Mamma rispose al loro fiasco con una smorfia di scherno e tutti scoppiarono a ridere.
 
«Scusate ragazzi, dovrete accettarlo. Ma va tutto bene, è anche una storia di mostri».
 
“C’era una volta, in un regno lontano, un principe che abitava in un enorme castello, grande quasi quanto il nostro! Una sera, una vecchia bussò alla sua porta mentre fuori infuriava un temporale.”
 
Zeus tuonò sopra la spalla di Mamma per un effetto più realistico. Brûlée strinse il braccio di Katakuri. Le sussurrò di non avere paura e lei si rilassò un po'.
 
"La vecchia chiese ospitalità per la notte. Vedendo i suoi stracci, il principe la respinse e le sbatté la porta in faccia."
 
«Non è molto gentile» disse Broyée.
 
«Ssshh» sussurrarono gli altri.
 
"Quello che il principe non sapeva era che questa vecchia era una strega. Arrabbiata per essere stata cacciata in questo modo, si vendicò e lanciò un incantesimo sul giovane principe. Immediatamente questi si trasformò... in una BESTIA!"
 
Esclamazioni risuonarono nel dormitorio.
 
“Al principe crebbero gli artigli, poi una folta pelliccia e infine … zanne enormi, lucenti e disgustose”.
 
Katakuri abbassò lo sguardo e strinse la sua sciarpa per assicurarsi che fosse a posto.
 
"Quando il principe vide il suo nuovo aspetto nello specchio, gridò inorridito. Non aveva mai visto nulla di così mostruoso! Cadde in ginocchio, piangendo e implorando la strega di liberarlo da quell’orribile destino. La foresta che circondava il castello si fece più fitta, gli alberi crebbero fino al cielo e lo avvolsero nell'oscurità. Così nessuno sentì più parlare di quel principe egoista... ".
 
Perospero fece una battuta a bassa voce che fece ridere entrambi i gemelli di Katakuri. Aveva la sensazione che questa battuta riguardasse lui e si sentì male. Fortunatamente, a Mamma non piaceva che si fosse disattenti. Mandò Zeus a punirli; scagliò contro di loro piccoli fulmini che li costrinsero a calmarsi immediatamente. Dopo aver dato a tutti il ​​tempo di ridere dei piantagrane, riprese a leggere.
 
"Con il passare degli anni, il castello nella foresta oscura e spaventosa divenne una leggenda per gli abitanti del villaggio che vivevano nella zona. Tra questi abitanti del villaggio, c'era un brav'uomo che aveva tre figlie. Le prime due si erano appena sposate, ma l’ultima, la più piccola, la più bella di tutte, non riusciva a trovare marito. Rifiutava tutti i suoi corteggiatori, preferendo la lettura e la solitudine ai balli e agli incontri. La giovane aveva un solo uomo nella sua vita: suo padre, con il quale condivideva l’amore per le storie e la solitudine. La preferiva sola e felice piuttosto che essere promessa a un imbecille indegno di lei. Un giorno, per fare un regalo eccezionale alla sua figlia eccezionale, si allontanò dal villaggio. Visitò tutti i mercati, tutti i negozi, ma non trovò nulla, tanto che si avventurò fuori dai sentieri battuti, nonostante gli avvertimenti: "Stai attento, signore, non entri in quella foresta. Non ne uscirai! Camminò per ore in questa foresta buia e sconosciuta, pronto a tornare indietro, quando finalmente trovò il regalo ideale! Cosa pensate che fosse?"
 
Si alzarono le mani e i bambini proposero idee, una più folle dell'altra. Katakuri pensò dentro di sé. Se fosse stato nei panni del personaggio, avrebbe portato qualcosa di unico. Qualcosa che avrebbe reso davvero felice. Osservò Brûlée con la coda dell'occhio, se dovesse farle un regalo, cosa le darebbe? Non ebbe il tempo di riflettere sulla questione che lei alzò la mano per rispondere a Mamma.
 
«Un bel fiore?».
 
Si presero gioco di lei e della sua risposta ingenua, ma il sorriso di Mamma li fermò.
 
«Brava Brulée. Risposta esatta. Ma non un fiore qualsiasi...».
 
"Una rosa, una rosa magnifica come non l'aveva mai vista. Il fiore era così bello che sembrava magico. Lo colse subito, impaziente di portarlo a casa. Ma fu allora ... Che apparve la Bestia! Un mostro terrificante e peloso, alto diversi metri con una mascella piena di denti, che mostrava gli artigli! Urlò allo sfortunato: "Chi osa entrare nel mio giardino?" se lo mise in spalla e lo riportò al suo castello per gettarlo in una cella fredda e umida. I giorni passavano e la festeggiata non aveva ancora notizie di suo padre. Era preoccupata e andò a cercarlo. Seguì lo stesso sentieri, sentì gli stessi avvertimenti.
 
Li ignorò ed entrò nella foresta. Camminò per molto, molto tempo, prima di imbattersi nell'immenso castello della Bestia. Chiamò, senza alcuna risposta. Varcò il cancello, attraversò i giardini avvolti nella nebbia e bussò alla grande porta. Nessuno rispose, ma sentì una voce non lontana. Qualcuno la chiamava. Corse nella sua direzione e trovò suo padre! Era rinchiuso in una gabbia, completamente spaventato. Ordinò a sua figlia di fuggire. Non fece in tempo: la Bestia arrivò e ruggì ancora. La giovane ebbe paura, ma resistette. Gli venne un'idea: "Offro la mia vita in cambio di quella di mio padre! Lascialo andare e io resterò". La Bestia accettò la sua offerta. Scacciò il padre e fece giurare alla figlia che sarebbe rimasta con lui per sempre."
 
Mamma faceva le voci dei personaggi e incantava il suo pubblico. Anche Katakuri si sentiva stranamente coinvolto. Non era un grande fan delle favole della buonanotte ora che era più grande, ma questa gli piaceva. E più Mamma andava avanti nella storia, più l’apprezzava. Non aveva mai avuto la sensazione di riconoscersi nei personaggi prima di oggi.
 
"I giorni passavano e la Bella scopriva di avere cose in comune con la Bestia. Entrambi condividevano la passione per la lettura e per i grandi spazi aperti. La loro conversazione non si interrompeva mai. E più si conoscevano, più la Bestia si mostrava attenta nei confronti della sua prigioniera. La giovane donna scoprì la persona oltre il mostro: era una persona generosa, sensibile e delicata, molto diversa dagli uomini che aveva sempre conosciuto nel suo villaggio. D’altra parte, la Bestia dimenticò i suoi modi rudi e la sua natura mostruosa a contatto con la giovane. Nacquero sentimenti da entrambe le parti.”
 
“Ma fu allora che una folla si presentò alle porte del castello. Gli abitanti del villaggio, allertati dal padre della Bella, si erano precipitati a salvarla dalle grinfie della Bestia! Brandivano torce e forconi, pronti a dare battaglia al mostro. La Bella provò a fermarli, a dire loro la verità! La Bestia non era cattiva, anzi, e lei non era in pericolo. Ma nessuno l’ascoltò. Gli abitanti del villaggio presero d'assalto il castello, armi in mano, pronti a sconfiggere l'orribile mostro."
 
La loro madre fece una pausa per aumentare la tensione. I più piccoli pendevano dalle sue labbra, ma anche gli altri sembravano impazienti di sapere cosa sarebbe successo dopo.
«E poi?».
 
Katakuri ebbe difficoltà a realizzare che era stato lui a porre la domanda e arrossì quando le teste si girarono verso di lui. Voleva sapere quale fosse la morale della storia. Mamma riprese.
 
“Cominciò la battaglia e il mostro, colto di sorpresa, si difese. Ma per la forza del numero, fu ferito e buttato a terra. Mentre era in balia di lance e pali, in punto di morte, intervenne la Bella. Gli fece da scudo con il corpo e disse loro la verità: si era innamorata della Bestia. Seguirono grida di indignazione, ma una persona si staccò dalla folla e si avvicinò alla Bestia: era la vecchia che lo aveva maledetto. Si avvicinò e sussurrò all'orecchio del mostro: "Per fortuna non ti ha giudicato dal tuo aspetto." Poi scomparve. Fu allora che la Bestia perse la sua pelliccia, le sue zanne, i suoi artigli, e ritornò a essere il bel principe che una volta viveva nel castello. Gli abitanti del villaggio non potevano credere ai loro occhi!”
 
L'entusiasmo di Katakuri per questa storia svanì immediatamente. Non gli piaceva per niente questo finale, senza sapersi spiegare perché. Se la Bella amava la Bestia nonostante il suo aspetto, perché era tornato bello?
 
Nonostante tutto, non mostrò alcun disappunto, apparentemente era l'unico a cui non piaceva questa svolta. Tutti sembravano pensare che fosse giusto. Mamma concluse con la solita formula “vissero per sempre felici e contenti ed ebbero molti figli” aggiungendo il suo piccolo finale:
 
«Come noi!».
 
Questa affermazione era solitamente seguita da applausi e grida di gioia. Questa volta non fece eccezione. Brûlée si era unita al giubilo generale, ma non Katakuri. Batteva semplicemente le mani senza voglia, non vedendo l'ora di tornare a letto. Mamma accolse le opinioni e le domande dei più piccoli promettendo loro mari e monti, poi recuperò Mont d'Or dalle mani di Compote. I maggiori accompagnarono i fratelli e le sorelle minori ai loro letti. Katakuri, contrariato, si girò verso Brûlée.
 
La sua sorellina sbatté le palpebre, era stanca. Lei lo guardò e gli chiese, con tutta la sicurezza del mondo: «Puoi portarmi?».
 
«Certo».
 
Gli mise le braccia al collo e lui la sollevò come una piuma. Stava già sonnecchiando, tenendo in mano il suo coniglio di peluche. Si lasciò cullare, ma fece un movimento goffo; tirò la sciarpa di Katakuri e rivelò un po' dei suoi grandi denti. Di riflesso si ritrasse e strappò i suoi vestiti dalle mani di sua sorella. Se ne pentì immediatamente quando vide il suo volto sorpreso. Le prese delicatamente le dita in modo che non avesse paura della sua reazione.
 
«Per favore, non tirarla».
 
«Perché la indossi?» disse lei, per niente risentita.
 
«Ho freddo» mentì.
 
«È per colpa mia?».
 
La sua domanda gli spezzò il cuore. Sapeva perfettamente che i ragazzi che l'avevano aggredita lo avevano fatto per vendicarsi di lui e che aveva qualcosa a che fare con la sua bocca, ma lui non le avrebbe mai permesso di pensare una cosa del genere. Era fuori questione che si assumesse la colpa per i suoi errori.
 
«Ma no, mi fa male la gola, tutto qui. Non devo toglierla, altrimenti sarà peggio».
 
Lo fissò per un attimo, ma alla fine fu soddisfatta di questa spiegazione. La mise nel suo letto, accanto a Broyée, e le lasciò tra gemelle. Tornò al suo letto e ignorò il caos che ancora una volta regnava nella stanza. Tutti erano andati a letto, ma la gente gridava ovunque. Finché Mamma non avesse spento le luci e baciato tutti, ci sarebbe stato rumore. Katakuri ignorò la cacofonia circostante e giocherellò con la sua sciarpa, ancora contrariato.
 
Pensò alla storia di stasera e al suo significato. Di solito Mamma raccontava loro storie fantastiche, descrizioni di paesi meravigliosi, personaggi fantastici e li faceva sentire parte di questi universi magici. Non erano i bambini più fortunati del mondo? Vivevano negli stessi luoghi delle fiabe grazie a Mamma. I loro sogni potevano diventare realtà ogni volta che lo desideravano. Ogni volta che raccontava loro qualcosa, poi la ricreava. Erano loro gli eroi della storia! Allora perché stasera si sentiva così amareggiato e ferito?
 
Quando Mamma arrivò a posare un bacio sulla fronte di Amande nel letto accanto, lui esitò, ma osò porre la domanda.
 
«Mamma?».
 
«Sì?».
 
«Io … non ho capito la tua storia».
 
Aveva paura che si arrabbiasse, del resto sarebbe potuta tornare a ignorarlo se non avesse tenuto a freno la lingua. Ma lei non fece nulla al riguardo.
 
«Cosa non hai capito?».
 
«Beh, la fine. Qual è l’insegnamento?».
 
«La morale della storia è che la Bella avrebbe potuto abbandonare la Bestia e la fine sarebbe stata terribile. Avrebbe rinunciato a tutto: castello, principe e ricchezza. Ma non lo fece. Lei è rimasta e tutto è finito bene. Questa è una lezione che voglio che tu ricordi: nessuno ti abbandonerà mai e tu non dovresti mai abbandonare la tua famiglia. Insieme siamo forti e nessuno può fare nulla contro di noi. Andarsene è il peggior tradimento che potresti fare al nome Charlotte».
 
Se ne andò senza cerimonie e lasciò Katakuri con queste parole sulle quali lui meditò.
 
La calma tornò subito dopo che Mamma se ne fu andata. Daifuku e Oven stavano ancora chiacchierando e i più grandi consolavano due o tre bambini che piangevano. Avrebbe dovuto aiutarli, ma non si mosse di un centimetro. Era congelato nei suoi pensieri. Guardò fuori dalla finestra il cielo di Totto Land, pensando ancora a quanto gli era stato detto. Non era convinto della spiegazione di Mamma. Non sarebbe mai stato così pazzo da contraddirla, ma aveva la sensazione che ci fosse dell'altro.
 
“Ma i miei denti non scompariranno mai…”
 
Sentì le lacrime arrivare così chiuse gli occhi e fece del suo meglio per dormire.
 
Fortunatamente era stanco. I suoi pensieri svanirono rapidamente e si mescolarono ai suoi sogni. Sognava il castello di Mamma, un'immensa foresta di cui era prigioniero e aspettava che qualcuno venisse a prenderlo.


 
   
 
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