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Autore: Johnee    26/04/2024    0 recensioni
Una storia parallela alla trama principale di Inquisition che concerne: due nevrotici, i traumi™, gufi appollaiati su trespoli impossibili e la ricerca della reciprocità.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cullen, Hawke, Inquisitore
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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35 - Convenienza

 


Emprise du Lion era spettacolare.

Le descrizioni non rendevano giustizia al panorama candido e sinuoso che si distribuiva attraverso boschi di sempreverdi e vallate brillanti come lo zucchero raffinato.

Il fiume ghiacciato sembrava respirare, reagendo al sole con agglomerati di vapore che venivano plasmati dal vento in mulinelli. Le cascate gelide ai suoi margini sembravano vetro fuso da un mastro artigiano.

Più a sud del fiume, a ridosso del burrone che si inabissava al disotto del Passaggio di Judicael, gli agglomerati di lyrium rosso costeggiavano strade e costruzioni, rubando l’attenzione alle monumentali stalattiti che scendevano dai costoni di roccia.

Cullen, che controllava i lavori di ricostruzione del ponte, si perse un istante a osservare i due draghi che volavano in cerchio sopra un vecchio anfiteatro cento metri a est della sua posizione. Li tenne d’occhio con la meraviglia nello sguardo e, per un po’, il senso di nausea derivato dagli effluvi di lyrium rosso scomparve.

-Non so come faccia a essere così tranquillo.-

Proveniente dalla strada che s’insinuava a nord, in direzione dell’accampamento dell’Inquisizione limitrofo, un signore imbacuccato in pellicce lussuose si stava avvicinando a Cullen e al gruppo di operai che supervisionava.

Incastonato in una sciarpa di lana ricamata finemente, il viso dell’uomo era affilato e scevro di rughe, con una fronte spaziosa che suggeriva un principio di calvizie e un paio di occhi neri e penetranti che a Cullen ricordarono i corvi di Leliana. Tutto l’insieme gli ricordava un corvo, a dire il vero, soprattutto il naso lungo e dritto.

Quando fu abbastanza vicino, Cullen gli diede quarant’anni e riconobbe subito che non era del posto.

-Non ci attaccheranno. Siamo lontani dalla loro zona di caccia.- spiegò, allungando una mano per aiutarlo a scavalcare un cumulo di neve.

Il signore piantò a terra un bastone da passeggio la cui impugnatura raffigurava la testa di un mabari, poi si issò al suo fianco con eleganza. -Sarà, ma la cosa non mi conforta.- disse, le esse accentuate e le vocali chiuse.

Cullen inarcò un sopracciglio. -Cosa ci fa un signore fereldiano ai confini della civiltà?- domandò, studiando il nuovo arrivato mentre si godeva un alito di vento gelido con il naso a becco puntato verso il cielo e gli occhi chiusi dalla beatitudine.

-Potrei chiederle la stessa cosa, comandante.- disse, senza smettere di godersi l’attimo. -Se mancassi d’intelletto, certo.- aggiunse, allacciando le dita guantate sull’impugnatura del bastone. -Sono qui per vedere l’Inquisitrice. Come lei, d’altronde.-

Cullen lo guardò con poca convinzione. -Avrebbe potuto aspettarla a Skyhold. Il clima è più clemente lì.-

-Non ho preferenze climatiche. Le mie preferenze si riferiscono al tempo e alla disponibilità delle persone. E con persone intendo me.- elaborò il signore, rivolgendo a Cullen un sorriso astuto.

Nell’immaginazione di Cullen, la figura del corvo venne sostituita repentinamente da quella di una gazza ladra. E, per una frazione di secondo, gli venne anche da sovrapporre il ghigno del signore a quello che Lav riservava ai nobili orlesiani prima che lei e Josephine siglassero accordi svantaggiosi per loro.

-Lei dev’essere Bann Olivier.- ipotizzò Cullen, senza mettere troppa reverenza nel tono di voce.

Il signore diede un cenno lento d’assenso con il capo. -E lei è il comandante Cullen. Ser Cullen.- rispose, per poi scorrere lo sguardo su di lui. -I resoconti non le rendono giustizia. E con resoconti, intendo ciò che si dice di lei a corte.-

-A corte?- ripeté Cullen, immaginandosi con orrore la regina sbadigliare sonoramente mentre i nobili al suo cospetto si lamentavano dell’Inquisizione, o di lui nello specifico. Istintivamente, si passò una mano sui capelli per rimetterli in ordine.

Bann Olivier ridacchiò. -Già. È l’unico fereldiano in una posizione di potere nell’Inquisizione, è ovvio che il suo nome sia sulla bocca di tutti. Non oso immaginare la mole di messaggi che deve arrivarle sulla scrivania ogni mattina!- inspirò a lungo l’aria frizzante, rilasciando un sospiro soddisfatto. -Non si lasci intimidire, al di là dell’eredità terriera e dell’educazione, sono solo uomini. Lo sa che alla regina piacciono i bignè salati? E che quando ha scoperto che le avete rubato la stilista ha lanciato suddetti bignè salati in capo a Bann Teoric? È anche lei dei Colli Occidentali, o sbaglio? Dall’accento non si direbbe, ma da quello che si dice, è stato portato via dai Templari in adolescenza, quindi è possibile che l’accento sia andato via via degradandosi nel tempo.-

Cullen, stanco di essere costantemente sotto una lente d’ingrandimento, spostò uno sguardo infastidito altrove. -Non sono informazioni corrette.- disse.

Bann Olivier gli gettò un’occhiata divertita. -Allora dovrò dire a Bann Teoric di smetterla di vantarsi che il comandante dell’Inquisizione è “un suo uomo”.-

-Non sono l’uomo di nessuno, specialmente di Bann Teoric.-

-Anche questa è un’informazione scorretta.- lo contraddisse Bann Olivier, alzando un indice. -Lei è l’uomo dell’Inquisitrice. E con uomo...-

-Posso aiutarla in qualche modo, signore, o è venuto fin qui per innervosirmi?- lo interruppe Cullen, spazientito.

-La sto innervosendo?- domandò Bann Olivier, con un tono fin troppo drammatico per esprimere una curiosità genuina.

Cullen infatti lo guardò con uno scetticismo lampante. Di fronte a quell’espressione, Bann Olivier scoppiò a ridere. -Volevo solo punzecchiarla un pochino, Ser Cullen. Ankh sostiene che la sua integrità, se messa alla prova, sfoci in un eccesso di onestà. In realtà, è un tratto che ci accomuna e ne sono molto fiero.-

Nel sentire che la chiamava per nome e non per titolo, a Cullen suonò un campanello d’allarme nella testa.

-Comunque sì, può aiutarmi.- proseguì Bann Olivier, osservando gli uomini al lavoro con attenzione. -Le ronde nel Bannorn non stanno aiutando solo i profughi, hanno permesso alla milizia dei Bann di tirare il fiato, tanto che adesso abbiamo un lieve eccesso di scorte. Il problema è che non ho un’ottima nomea nelle Terre Centrali, quindi non posso propormi personalmente di aiutare Arle Teagan con la ricostruzione della Strada del Re. Può intercedere lei al mio posto?-

-Non ha intenzione di seguire i canali ufficiali?-

-E perdere tempo dietro alla burocrazia? È un eccesso momentaneo. Ora che gli stramaledetti canali ufficiali si sveglino, la Corona avrà già messo le mani sulle risorse che le sto offrendo adesso e al Crocevia la circolazione diventerà da intasata a terrificante.-

Cullen inarcò un sopracciglio. -Cosa c’è sotto?-

-Gliel’ho detto: ho un bruttissimo rapporto con Arle Teagan, non accetterebbe mai di farsi aiutare dal sottoscritto, nemmeno se gli andassi sotto casa con le ceneri di Andraste! Se l’Inquisizione intercedesse, ancora una volta, potremmo fare del bene per chi dà la giusta importanza (ovvero nessuna) a queste diatribe con lo stendardo.- Bann Olivier aprì una mano verso il suo interlocutore. -Inquisizione compresa, dato che a parere di Ankh i nobili sono una piaga per la società contemporanea e le ricchezze dovrebbero essere ridistribuite in base al merito.-

Cullen continuava a essere scettico. -E tutto ciò lo farebbe per bontà d’animo, o per un rientro di qualche tipo?- chiese.

Bann Olivier lo guardò come se gli avesse appena chiesto la somma di due numeri a una cifra. -Ser Cullen, spero davvero che questa sfiducia derivi dall’esperienza politica che sta vivendo nell’Orlais e non da una densità imbarazzante della sua materia grigia.- fece, diretto come la sberla guantata che sancisce i duelli. -Come le ho già detto, e mi secca ripetermi, l’Inquisizione ci ha liberati di un peso, sono avanzate risorse, preferisco che vengano impiegate per il benessere di chi ne ha realmente bisogno anziché finire nei cantieri della capitale.- riassunse, scandendo bene le parole. -Nessuna dietrologia. La penso come voi.-

Cullen, che non riusciva proprio ad abituarsi al modo in cui lo trattavano i nobili, tirò fuori gli artigli. -Se non ci fossero dietrologie, si sarebbe rivolto direttamente a La… all’Inquisitrice. Sta discutendo con me perché è consapevole che la mia integrità è un’arma a doppio taglio.-

Bann Olivier si infilò il bastone sottobraccio, per unire le mani in preghiera e sporgersi verso il suo interlocutore con l’aria di un maestro che sta perdendo tempo dietro a un alunno molto poco propenso all’apprendimento di concetti basilari. -Sono venuto da lei per evitarmi proprio questi discorsi.- ammise. -E per evitare perdite di tempo. E con perdite di tempo intendo che piuttosto che discutere di politica con un’antivana preferirei fare il bagno nudo nel Calenhad in pieno inverno.-

Cullen però era deciso a non cadere in trappola. -Stia attento alle sanguisughe, allora.- disse, tornando a prestare attenzione ai lavori.

Bann Olivier lo guardò con una vena d’interesse nello sguardo. -Ankh mi ha riferito quanto la vostra esperienza al Palazzo d’Inverno vi abbia traumatizzati. Non mi ha specificato quanto abbia traumatizzato lei per primo.- disse. -Ed è uno spreco, davvero, perché...-

Entrambi si voltarono verso il costone che fiancheggiava la strada, avendo udito un rumore intenso di vetri rotti. Cullen imbracciò spada e scudo, portandosi a protezione del Bann, mentre gli operai si distraevano a loro volta per capire cosa stesse succedendo.

Quello che sembrava un agglomerato di lyrium rosso atterrò sulla strada, rilasciando un’onda d’urto che fece rovesciare un carro e sbilanciò diversi operai. Cullen spalancò lo sguardo dalla sorpresa, prima di mettersi in posizione di difesa. -Ser Darrow!- gridò.

Quella, assieme ai pochi soldati che comandava e che erano a protezione degli operai, si fiondò immediatamente al suo fianco, alzando lo scudo per riparare se stessa e creare un muro di scudi assieme ai suoi compagni.

Bann Olivier osservò il Colosso con aria rapita, mentre un soldato lo trascinava al riparo dietro a un muretto.

Mentre il nemico si rialzava, cercando di bilanciarsi sul terreno nevoso, venne raggiunto da due Ombre e da un Cavaliere dei Templari Rossi, pronti a sabotare le riparazioni.

-Signore, deve andarsene.- consigliò Ser Darrow, deflettendo una lancia di lyrium rosso con lo scudo.

Cullen la ignorò. -Avanzare!- gridò, diretto ai soldati, conscio che la carica del Colosso li avrebbe travolti. Purtroppo, non aveva altra scelta, perché la mobilità era ridotta e senza arcieri quei pochi uomini che c’erano avrebbero potuto solo contrastare un attacco frontale e diretto.

L’unica opzione era avanzare il più possibile e cercare di creare un corridoio di sicurezza per gli operai e Bann Olivier, in modo che si mettessero al sicuro e dessero l’allarme.

Il Colosso, purtroppo, era incontrastabile. Anche se avessero eliminato la minaccia data dalle truppe più piccole, tutti loro erano spacciati.

Fortunatamente, quando Cullen annusava una sfida ci si catapultava addosso e aveva supervisionato gli addestramenti di ciascuno di quei soldati. Era genuinamente certo che avrebbero retto il colpo.

I difensori alzarono tutti gli scudi all’unisono, mentre avanzavano abbastanza da creare una linea di protezione, poi Ser Darrow benedì le armi dei suoi compagni, in modo che potessero aumentare la loro efficacia.

Il problema era che i nemici avevano la possibilità di fare lo stesso.

Cullen evitò un colpo potenzialmente mortale del Cavaliere, schivò il maglio di lyrium rosso del Colosso e parò l’assalto alle spalle di una delle Ombre. Ser Darrow, al suo fianco, cercava un modo di penetrare le difese del Colosso, con scarso successo.

-Proteggete i fianchi!- gridò Cullen, cercando una visione d’insieme nel combattimento. Si distrasse giusto un istante per constatare che gli operai e il Bann fossero riusciti ad allontanarsi e il Cavaliere ne approfittò, stampando una pedata sul suo scudo.

-Comandante!- gridò Ser Darrow, mentre lui atterrava giusto sull’orlo del burrone.

Cullen puntò il gomito a terra e la roccia franò, rischiando di farlo precipitare. Gli capitò di vedere ciò che avrebbe rischiato se fosse atterrato giusto mezzo metro più avanti, deglutì un principio di terrore e si affrettò a rimettersi in piedi per parare l’assalto successivo.

Contrastò un fendente verticale, approfittando che fosse andato a segno sul suo scudo per eseguire un affondo che si inserì sul fianco del Cavaliere. Con uno scarto dell’ultimo secondo, evitò che il Colosso lo travolgesse mentre caricava i soldati alla sua sinistra, poi deflesse una stoccata.

L’Ombra provò di nuovo a prenderlo alle spalle e per poco non ci riuscì, perché per pura fortuna si stava rimettendo in posizione difensiva. Vide una stalattite di lyrium rosso sfiorargli la guancia e subito si ritrasse, muovendosi di lato per evitare di finire infilzato da entrambi i suoi nemici.

Considerato lo svantaggio, sarebbe stata una lotta quasi ribaltabile al successo, se non fosse stato per i due arcieri nemici apparsi sul costone per dare man forte ai loro alleati. Ben presto, rimasero in piedi in cinque; Cullen e Ser Darrow erano gli unici che riuscivano a tenere testa a più nemici contemporaneamente.

-Dobbiamo solo resistere!- disse lui, con la voce rotta dalla fatica. -L’accampamento è vicino, avranno già dato l’allarme.-

Il soldato a cui si stava rivolgendo venne schiacciato dal maglio di lyrium rosso del Colosso.

Attonito, Cullen indietreggiò, giusto in tempo per permettere a una delle Ombre di sgusciare alle sue spalle.

Percepì la sua presenza tempestivamente e deviò un colpo con il bracciale dell’armatura, un altro con lo scudo, ma il terzo colpo andò a segno, squarciandogli uno spallaccio.

Ser Darrow schiantò lo scudo sull’Ombra, dando il tempo a Cullen di rimettersi in posizione di guardia. -Non lo dico spesso.- fece lui, a denti stretti. -Ma ora come ora, farei di tutto per avere un Mago.-

-Stavate parlando di me?- tuonò una voce conosciuta.

L’Ombra venne colpita da una palla di fuoco. Il Colosso indietreggiò verso la parete di roccia in risposta a un’esplosione e il Cavaliere venne caricato, e di conseguenza sbalzato via, dal colpo possente di un’arma a due mani.

Cullen si ritrovò il Toro di fianco, voltò la testa e riconobbe Dorian che scatenava l’inferno (letteralmente) sul campo di battaglia. A correre sui margini del burrone c’era Lavellan, che alternava lanci di trappole elementali a tiri esplosivi, bersagliando il Colosso.

Cullen ne approfittò per placcare uno dei pochissimi soldati rimasti, in modo che non finisse schiacciato, poi lo trascinò a bordo campo, permettendo a Cassandra di sostituirlo.

-Ehilà Ricciolino!- lo salutò Varric, impedendo al Cavaliere di avvicinarsi troppo a Ser Darrow. -La prossima volta che vuoi fare festa, porta ospiti migliori. Questi si rompono subito.-

-Sono bellissimi quando prendono fuoco!- gridò Dorian, senza smettere di concatenare evocazioni. -E non puzzano nemmeno!-

-Questo lo dici tu!- intervenne Lavellan, schivando l’assalto di un’Ombra con un salto all’indietro. Una volta atterrata, usò la forza di spinta per proiettarsi di lato e lanciare una bomba elementale tra le gambe del Cavaliere. Quando esplose, in una raggiera di spine di ghiaccio, il Toro calò il martello da guerra sul nemico, appiattendogli la testa tra le spalle. Per l’azione del ghiaccio, le gambe gli si sbriciolarono, lasciando a terra solo un torso in armatura.

A gambe all’aria sulla neve, Lavellan sollevò l’arco per esultare. Il Toro la indicò con enfasi, annuendo soddisfatto, poi si gettò nuovamente nel combattimento, al fianco di Cassandra.

Cullen accorse ad aiutare Lavellan ad alzarsi, nonostante non ne avesse bisogno. Lei afferrò la sua mano, issandosi agilmente di fronte a lui con un sorriso gioviale, riparato a malapena dall’elmo. -Lo butto giù e tu lo finisci?- gli propose, con aria allegra.

Cullen annuì con decisione. -Ha un punto debole?- domandò.

-Quando avrò finito con lui, ne avrà una caterva!- rispose Lavellan, brandendo una fiala verde acceso con un sorriso terrificante.

Cullen, indeciso se avere paura di lei o esserne eccitato, scelse entrambe le opzioni. -Mettilo in ginocchio.-

Lavellan non se lo fece ripetere due volte. Legò la fiala a una freccia e la scagliò sul Colosso, il cui braccio armato prese a ribollire.

Il rumore frizzante dell’acido si unì al clangore della battaglia e alle urla di dolore dei Templari Rossi, che non riuscivano a tenere il passo dei loro avversari.

Lavellan circolava attorno al Colosso come uno squalo attorno a una balena ferita, alternando tiri lunghi a tiri esplosivi. Era infaticabile, determinata e Cullen non poté non disconoscerla dalla ragazza che il mese prima faceva fatica a compiere un salto in lungo da ferma senza farsi venire un capogiro.

Aveva fatto passi da gigante e questo gli strinse il cuore.

-Ci siamo!- gridò lei, arretrando abbastanza per evitare che il Colosso la travolgesse nella caduta.

Cullen roteò la spada, piegò le ginocchia e scattò verso il nemico, a quel punto carponi sulla neve. Menò un fendente obliquo, che gli mise fuori uso il braccio armato definitivamente; fece scorrere la lama sul suo torso, scatenando una pioggia di sangue e schegge di lyrium rosso; infine, si liberò dello scudo per afferrare con due mani l’impugnatura della spada e la calò sul suo collo con tutta la forza che aveva.

Il Colosso eruppe in un grido allucinante, che si smorzò nel momento in cui la sua testa venne liberata da ogni pensiero e prese a rotolare fino all’orlo del burrone.

Lavellan la recuperò in tempo con il piede, calciandola indietro. 

-Noo!- gridò Sera, davvero delusa. -Avresti dovuto lanciarla di sotto! Immagina la faccia di quelli che se la sarebbero vista piovere in giardino!-

-Sera, attenta!-

La testa di uno dei due arcieri cadde sulla schiena di Sera, facendola urlare di paura. O di schifo. Soprattutto di paura.

Si raddrizzò per lanciare a Blackwall una catena di imprecazioni che lo fecero trasalire.

-Non è una bella faccia.- scherzò Lavellan, per poi raggiungere Cullen, che si stava ripulendo il mantello dai frammenti di lyrium rosso.

-È insopportabile.- ammise lui, mentre Lavellan lo aiutava nell’impresa al meglio delle sue possibilità. -Mi sembra di essere a uno di quegli spettacoli in cui fanno suonare i bicchieri di cristallo. Il problema è che sono tutte note alte.-

-Lo senti cantare?- gli chiese Varric, accigliato.

Cullen lo guardò con aria confusa, poi realizzò perché fosse preoccupato. -Ero un Templare. Il lyrium rosso ha più influenza su di me che su di te.- spiegò. -Fortunatamente, a me dà la nausea.-

Ser Darrow, finalmente disimpegnata, si unì al gruppo. -Fa meno casino qui che al Tempio delle Sacre Ceneri, questo è certo. Io e il capitano Rylen dovevamo fare i sopralluoghi a turno per evitare di impazzire.-

-Beati voi.- bofonchiò Cullen, spazzandosi il mantello con ampie manate.

Lavellan aggrottò la fronte. -Avresti potuto dirmelo.-

-E a che scopo?-

-Per evitarti di soffrire di più.-

-Mi sono mai lamentato?- 

-Sia mai!-

Si scambiarono un’occhiata, poi un breve sorriso d’intesa.

Dorian, nel frattempo, aveva appena abbattuto l’ultimo nemico, rubandolo a Cassandra. -E il Mago ancora una volta salva il mondo! Prego, a proposito.-

Cullen alzò gli occhi al cielo, Lavellan prese a ridacchiare.

-D’accordo, sistemiamo questo casino e installiamo un perimetro di sicurezza per gli operai.- disse Cassandra, battendo le mani per attirare l’attenzione su di sé. -Se questi ci sono sfuggiti, di sicuro ce ne saranno altri.-

Lavellan fece per rubare un bacio a Cullen, ma rimise i piedi per terra in tempo per evitare una figuraccia. Si salvò all’ultimo secondo, spazzolando via una scheggia di lyrium rosso dai suoi capelli per mascherare le sue intenzioni, poi si mosse in coda a Cassandra, in direzione dell’accampamento.

Cullen, perfettamente conscio di ciò che aveva appena evitato, complice il suo cuore che gli aveva ricordato quanto Lavellan gli fosse mancata con una fitta di dolore acuta, si sistemò lo scudo sulle spalle, prese un respiro profondo e tornò a supervisionare i lavori. Il tutto, molto tristemente.

 

Si rividero qualche ora dopo, alla fortezza di Suledin, ospitati dal barone Desjardins in una delle poche stanze agibili del mastio.

La porta era divelta, sostituita da una tenda di piombaggine e residui di brina; all’interno, la poca luce proveniente da una fila di tre feritoie era ben compensata da un braciere che faceva rilucere le pareti, fredde e costernate.

Entrando, Cullen dovette fare pace con l’idea che l’incontro con Bann Olivier non sarebbe stato un evento eccezionale. Infatti, quello sedeva con Lavellan attorno a una botte adibita a tavolino. Il suo bastone da passeggio era stato lasciato sullo stipite della porta e le pellicce erano state abbandonate all’ingresso, lasciando spazio a un completo signorile viola regale. La giacca, composta da un gilet in doppio-petto e maniche a sbuffo, era tempestata di pietre preziose e ricami dorati raffiguranti teste di cane e fiori di sambuco.

Lavellan, che aspettava di ripartire per l’ennesima missione, non aveva smesso l’armatura, elmo incluso. Appariva sicuramente meno sontuosa del suo interlocutore per praticità, ma l’occhio di Adra per le proporzioni e per la scelta dei tessuti, in combinazione con la maestria nella lavorazione dei metalli di mastro Harritt, permetteva alla grazia naturale di Lavellan di spiccare senza sforzo.

Cullen si soffermò a guardarla con un accenno di vergogna nell’espressione ammirata, prima di raggiungerla. 

-A volte vorrei strapparti il cervello dalla testa per mangiarlo!- esclamò Bann Olivier, versandosi da bere. Cullen venne assalito da un odore pungente di grappa alle more che gli fece passare immediatamente la nausea.

-Se non fosse socialmente inaccettabile, ovviamente. E con socialmente inaccettabile intendo dire che mi secca sporcarmi le mani.- concluse il Bann, appuntando una cifra su un quadrato di carta di cotone.

Lavellan agguantò uno sgabello per permettere a Cullen di prendere posto, poi gli rivolse un mezzo sorriso. -Vuoi il contesto, o preferisci restare nell’ignoranza?- gli chiese.

Cullen le lanciò un’occhiata eloquente, facendola desistere dall’elaborare.

Bann Olivier gli appoggiò la bottiglia di fronte, in un’azione asciutta. -Beva, Ser Cullen. Non è una richiesta.- disse, per poi intascarsi il foglietto. -Il contesto, se mi permette, è che l’alchimia è una scienza che stupisce la matematica. Il suo fascino è insito nello sbaglio e bisogna approcciarla con un entusiasmo direttamente proporzionale al rispetto.- indicò Lavellan. -La signora qui presente ha appena risolto un dilemma che andava avanti da mesi è che, sfortunatamente, ha rischiato diverse volte di scatenare un incendio nel mio laboratorio. E con rischiato intendo che il mio laboratorio è attualmente inagibile.-

Cullen non riuscì a trattenere un sorrisetto, ricordandosi le condizioni in cui versava la fucina ogni martedì mattina. -Ah, si?- 

In risposta, Lavellan gli assestò un calcetto sullo stinco.

Bann Olivier però non era interessato a elaborare oltre. -Allora, questa mediazione?-

Lavellan appoggiò un gomito sul coperchio della botte. -Ma che mai avrai fatto per inimicarti Arle Teagan? Leliana sostiene che sia un uomo buono di cuore e valoroso sul campo di battaglia.-

Ricevette due occhiate incerte. -È complice di suo fratello di aver reso l’infanzia di Ser Alistair un inferno.- puntualizzò Cullen.

-E a me non ha perdonato di avere ucciso i miei, di fratelli.- aggiunse Bann Olivier.

Cullen lo guardò con tanto d’occhi. -Mi sembra una ragione valida per disprezzare qualcuno.- disse. Il fatto che non volesse aggiungere una frase di specifica a quell’affermazione grave, gli dava a intendere che non fosse un eufemismo.

Bann Olivier spostò l’attenzione su Lavellan, rivolgendole il suo caratteristico sorriso da gazza ladra. -Pensavo gliel’avessi detto. Se non tu, la tua capospia. E con detto intendo messo in guardia sul mio conto.-

-Penso che sia in grado di valutare chi ha davanti senza che io glielo sussurri all’orecchio.- replicò lei, versando la grappa in un bicchierino, dato che Cullen era troppo impegnato a guardare il loro interlocutore in cagnesco.

Bann Olivier scosse la testa con disappunto. -Me lo avete rovinato, questo ragazzo! A stare troppo con gli orlesiani, gli avete fatto crescere la paranoia.-

-Un’ottima difesa contro i nobili di qualsiasi paese.- lo contraddisse Lavellan.

-Perdonatemi ma non riesco ad andare oltre alla cosa dei fratelli.- borbottò Cullen, prendendo un sorso di grappa. Il calore si distribuì subito dalle guance al torso, facendolo rabbrividire dal sollievo.

Bann Olivier si sporse su di lui. -Sono un figlio nato fuori dalla relazione coniugale.- spiegò. -Non è un segreto, mio padre mi ha riconosciuto pochi anni dopo la mia nascita. Pensava che, dato che l’erede di tutte le sue fortune era già stato deciso, e che nel caso di una sua dipartita il suo posto sarebbe stato coperto, io non avrei costituito un pericolo per la sua linea di successione.- fece una pausa. -Ovviamente, sbagliava. E con sbagliava intendo che sapeva fin troppo bene che io avevo una marcia in più e che i suoi figli fossero due cretini patentati. Era chiaro su quale cavallo volesse puntare.-

-Ah, beh! Tutto a posto, allora.- commentò Cullen con sarcasmo, per niente affascinato dal resoconto. Lavellan lo guardò con una punta d’orgoglio.

Bann Olivier si fece riempire il bicchiere, poi lo svuotò in un solo sorso. Lo usò per indicare Cullen. -Se li avessi conosciuti, non ti farebbero così tanta pena.-

-E non è quello che dice ogni fratricida?-

-Può essere, ma Cailan, il maggiore, era un uomo degno del suo nome. E con degno del suo nome intendo che ce la metteva proprio tutta per farsi ammazzare. Me ne prendo il merito, ma in realtà non mi sarei mai sporcato le mani con lui. Era un tontolone, di quelli che ti fanno tenerezza.-

-Pensa se ti stava antipatico.- commentò Lavellan.

-Nessuno dei due mi stava antipatico, erano solo degli inetti. Sai cosa succede a degli inetti se consegni tra le loro mani il potere di vita e di morte di centinaia di persone? Si montano la testa e diventano tiranni.-

-Non è un buon motivo per assassinarli.-

-Disse quello che ha appena fatto fuori i suoi confratelli solo perché sono di una fazione che si oppone alla vostra.-

Cullen ritrasse il capo, indignato. -Quelli non erano i miei confratelli. Corypheus li ha corrotti con il lyrium rosso, li ha svuotati di ciò che li definiva persone.- ribatté. -Sono due situazioni molto diverse.-

-Sono moralmente sbagliate entrambe.- puntualizzò Bann Olivier. -Volete che tiri in ballo ciò che avete fatto all’Imperatrice, o mi lasciate concludere?-

Lavellan si strinse nelle spalle. -La conclusione è sempre la stessa Cormac, in politica non vince mai nessuno.-

-No, ma una mano tesa adesso può essere afferrata domani da qualcuno che ne ha un bisogno reale.- aggiunse Bann Olivier, sorridendo astutamente. -Se non avessi ucciso i miei fratelli, voi non avreste un alleato. E se tu avessi preferito il potere alla compassione, a quest’ora il Bannorn sarebbe invaso dai demoni e dai briganti, pronto per la conquista.- aprì una mano verso l’esterno. -Un atto tremendo oggi può scaturire una gentilezza domani. O no. Nel mio caso, ho preso due piccioni con una fava. Letteralmente.-

Lavellan sospirò. -Sei incredibile.- disse, versandogli di nuovo da bere.

-Lo so.- rispose Bann Olivier, sollevando il bicchiere in un brindisi solitario. -Dico le cose per quello che sono.-

-Quasi se ne vanta.- si lamentò Cullen, con l’amaro in bocca.

-Ah, no, mi ha frainteso. Se volessi davvero vantarmi di una cosa del genere, avrei detto che li ho battuti valorosamente a duello, o che la mia presa di potere è scaturita da grandi macchinazioni che si sono svolte in segreto per anni, per desiderio di rivalsa.- specificò Bann Olivier, appoggiando gli avambracci sul bordo del coperchio, come se si stesse preparando a mangiare. -In realtà, l’ho fatto per necessità. Tante necessità. Tra le altre, se uno dei miei fratelli fosse salito al potere, mi sarebbe toccata la stessa fine. Se fossero stati più clementi del sottoscritto, probabilmente sarei finito in un’Enclave. E con più clementi intendo...-

Cullen lo interruppe gesticolando e curvandosi nella sua direzione. -Aspetti, aspetti, un’Enclave? È un Mezzelfo?-

Bann Olivier aprì un sorriso intrigato. -Non gliel’hai detto?- domandò, spostando lo sguardo su Lavellan.

Lei ridacchiò. -Non sei sempre al centro delle mie conversazioni, Cormac. Ho molti amici sparsi per il Thedas su cui preferisco concentrarmi.-

-Non siamo amici, siamo alleati. Troppe implicazioni politiche.- puntualizzò il Bann, per poi indicare Cullen. -Con uno come lui potrei essere amico, ma io e te non potremo mai essere amici.-

-Uno come me?- ripeté Cullen, inarcando un sopracciglio.

-Tu sei onesto.- specificò Bann Olivier. -Se io ti chiedessi un’opinione, mi diresti quello che ti passa per la testa. Avrei la tua lealtà di amico e tu avresti la mia. E saprei che prima di colpirmi alle spalle chiameresti il mio nome, così da guardarmi in faccia mentre affondi il pugnale nel mio cuore.- fece una pausa. -È un complimento, Ser Cullen.-

-Un signor complimento, se pensi che l’unica persona che chiama “amica” è l’Eroe del Ferelden.- suggerì Lavellan, nascondendo la bottiglia di grappa.

-Non so cosa farmene di complimenti del genere.- ammise Cullen, per niente contento.

Bann Olivier ridacchiò. -E va benissimo così.- dichiarò. Lanciò il bicchiere vuoto dietro di sé, poi si rivolse di nuovo a Lavellan. -Già che siamo presenti tutti e tre, hai riflettuto sulla mia proposta?-

Lei rimase in silenzio un istante. -Mi sembrava di essere stata chiara già la prima volta, quando ti ho riso in faccia.- disse.

-Un no è un no.- tagliò corto Bann Olivier. -Anche se non mi riferivo a quello.-

Cullen guardò l’uno, poi l’altra. Lavellan era chiaramente sulla difensiva e di solito, quando si metteva sulla difensiva con un nobile, le implicazioni erano più complesse del previsto.

-A corte c’è del malcontento.- spiegò Bann Olivier. -L’Inquisizione è una forza esterna, in molti hanno vissuto durante l’occupazione orlesiana e vi considerano alla loro stregua. Considerato che nella vostra catena di comando ci sono un’orlesiana e un’antivana con affiliazioni alla Chiesa e all’Impero, in molti sospettano che la vostra sia un’operazione militare con lo scopo di rovesciare la Corona.- fece una pausa per guardarli entrambi con una certa gravità. -La presenza massiccia delle vostre forze armate sul territorio non aiuta. Per non parlare del diritto di coscrizione, ma quella è un’altra bestia.-

-Rovesciare la Corona?- gli fece eco Cullen, allibito. -Se non fosse stato per noi, la Corona si sarebbe rovesciata da sola. Arle Teagan ha lasciato le Terre Centrali in mano ai Venatori, se non fossimo intervenuti non si sarebbero limitati a conquistare un castello!-

-Lo so, è un demente.- tagliò corto Bann Olivier. -Ciò non toglie che la nobiltà fereldiana sia sospettosa e quando sono così uniti c’è da preoccuparsi. E con preoccuparsi intendo dire che se non correte subito ai ripari la situazione potrebbe degenerare per voi e per i vostri alleati, me incluso.-

Lavellan appoggiò una mano sull’avambraccio di Cullen e lui recepì il messaggio chiaro e tondo. Nel loro linguaggio era una richiesta di portare pazienza e di prepararsi psicologicamente al resto senza trarre conclusioni affrettate.

-Dovete mettere un vostro uomo a corte e io potrei essere quell’uomo.- propose Bann Olivier, raddrizzando la postura. -Dato che non avete intenzione di percorrere altre strade, è l’unico modo che avete per guadagnare tempo.-

Lavellan annuì. -Lo farò presente all’ambasciatrice.- rispose.

Bann Olivier la guardò come se di fronte avesse un asino parlante. -Dovete pensarci subito, Ankh. Ci siamo provati fiducia reciproca in più di un’occasione, sono l’opzione migliore che avete. Come sai, l’unica cosa che voglio è la stabilità e senza l’Inquisizione il Ferelden regredirebbe allo stato in cui versava durante il Flagello.- lanciò un’occhiata rapida a Cullen. -E con opzione migliore, sapete benissimo cosa intendo.-

Cullen lo osservò con una punta di preoccupazione nello sguardo. -L’unica.- disse.

Bann Olivier confermò quell’ipotesi con un cenno del capo.

-Per curiosità, quali erano le altre strade?-

-Il matrimonio.- rispose Lavellan, asciutta.

Cullen le lanciò un’occhiata confusa. -E di chi?-

Bann Olivier gli rivolse un sorriso compassionevole, come se di fronte a lui si trovasse un orfanello di guerra. Lavellan prese subito la via dell’onestà. -Il mio, o il tuo.- rispose. -Sfortunatamente per te, tra di noi sei tu quello che avrebbe avuto più possibilità di guadagnarci, dato che oltre a essere un cavaliere sei Umano e pure fereldiano.-

Cullen la guardò con tanto d’occhi, il viso contorto in una smorfia schifata. -Ci hai pensato a lungo, a quanto pare.-

-Dopo aver rifiutato. A prescindere- puntualizzò lei, senza traccia d’entusiasmo nel viso. -La proposta è stata fatta a me, ma era chiaro che tu saresti stato la prossima vittima nel caso avessi rifiutato. E l’ho fatto.-

Indeciso se arrabbiarsi con lei per non averlo consultato, o ringraziarla per averlo tenuto fuori da una simile macchinazione, Cullen si limitò a guardare un punto fisso nel pavimento.

-Di sicuro la vostra ambasciatrice le avrà detto che è il modo più rapido per consolidare un’alleanza.- aggiunse Bann Olivier, tranquillamente. -L’Orlais ha già dimostrato di essere molto interessato. Recentemente sono stato ospite nel salotto di un duca, a Val Royeaux, e mi ha riferito che suo figlio ha inoltrato diverse richieste di colloquio alla vostra segreteria per contrattare sulla dote di sorella Leliana. E ora che la vostra ambasciatrice ha riscattato il nome della sua famiglia, il suo nome viene fatto altrettanto spesso nelle corti e nei salotti.- fece una pausa. -E se la sta giocando molto bene per elargire e riscattare favori, già che chiunque adesso vuole entrare nelle vostre grazie.-

Cullen assunse un’espressione disgustata. -Non so come faccia a parlarne così facilmente.- commentò.

-Perché sono un uomo pragmatico, Ser Cullen. Un’organizzazione come la vostra, senza un chiaro futuro nel mio ambiente, è destinata al fallimento. Più crescete, più fate paura, e più fate paura più i vostri alleati cominceranno a chiedersi se ne vale davvero la pena di mettersi contro le altre potenze del Thedas per supportarvi.-

Cullen sentì i battiti del suo cuore pressargli la giugulare. -Il nostro scopo non è quello di sostituirci alla regina, o all’imperatore. Noi siamo nati per aiutare le persone, per riportare l’ordine.- disse, con frustrazione crescente. -Siamo qui per rimediare al fallimento dei prelati, dei nobili e dei signori, che hanno fatto i loro comodi finché non gli conveniva più, riparandosi nelle loro ville estive mentre i profughi facevano loro da scudo.-

-Ma chi pensi che ascolterà la gente, degli stranieri che hanno distribuito pane e coperte una volta durante la crisi, o i loro signori che garantiscono stabilità perpetua alle loro famiglie e hanno mille e più modi per catturare la loro lealtà? Quando gli squarci non saranno più un problema, voi ve ne andrete e loro rimarranno sotto la nostra influenza. Avete visto cos’è successo con i Custodi. Hanno letteralmente salvato il Ferelden e adesso sono considerati feccia. E si parla di dieci anni fa soltanto.- Bann Olivier aprì una mano in direzione di Lavellan. -Idee come la carità e l’onore non bastano per creare un’eredità accessibile dai posteri. Il cambiamento, quello vero, lo fa chi conosce le regole ed è più bravo degli altri a sfruttarle.-

Lei, che era rimasta in silenzio fino a quel momento, scosse appena il capo. -Il prezzo da pagare è troppo alto. Finché sarò in carica, nessuno sotto di me verrà sacrificato per questo genere di “doveri” e men che meno verrà usato perché è conveniente. La storia mi sarà testimone.-

-La storia la fa chi vince, Ankh, e voi purtroppo siete troppo poco spietati per metterci del vostro. Siete dei bravi giocatori, di quello devo rendervene merito, ma vi manca lo stomaco per andare fino in fondo.-

-A essere onesti, preferisco così.- ammise lei, rivolgendogli un sorriso tirato.

Bann Olivier la fissò a lungo, con lo sguardo corvino e calcolatore che analizzava ogni singolo componente del suo viso come se cercasse un’apertura per la sua mossa successiva. Quando si rese conto di giocare con un avversario disposto a sacrificare la regina per permettere ai pedoni di arrivare fino al bordo della scacchiera, il suo viso assunse una sfumatura di gentilezza. -Vi farò avanzare il più possibile, ma fate in modo di avere qualcosa di concreto sotto ai piedi quando cadrete.-

Lavellan inarcò un sopracciglio, divertita. -Nessuna specifica?-

Bann Olivier le sorrise. -Nessuna specifica. Come ti ho detto, spero che resistiate il più a lungo possibile. Lui, soprattutto.- indicò Cullen con un cenno. -È un unicorno.-

-Nah, è più un grifone. I grifoni hanno gli artigli e possono volare.-

-Fatti infilzare da un corno d’avorio lungo quanto un braccio e poi ne riparliamo.-

Cullen li interruppe sbuffando. -Se evitaste di prendervi gioco di me a ogni occasione, ve ne sarei grato. Guardi che l’ho notato che le precisazioni le fa sempre quando si rivolge al sottoscritto. Non sono un idiota.-

Bann Olivier smise il sorriso. -Se la considerassi un idiota avrei smesso di rivolgerle la parola a prescindere e non avrei trascorso una mezz’ora che avrei potuto impiegare in mille modi altrettanto fruttiferi a mettere in guardia lei e l’Inquisitrice sulle conseguenze delle vostre azioni.- inclinò la testa di lato, come un gatto che si prepara a rovesciare un vaso con una zampata. -Ora che mi conosce e ha tutti gli elementi per giudicarmi, penso che sia più lei a ritenermi un idiota che il contrario.-

-Se la ritenessi un idiota, glielo avrei detto in faccia.- disse semplicemente Cullen.

Bann Olivier riprese a indossare il suo sorriso astuto. -Ha ragione, ho fatto l’errore di svalutarla in chiusura.- ammise, per poi rialzarsi. Si raddrizzò la giacca, chinò la testa in segno si rispetto e si diresse alle sue pellicce. -Siete destinati a grandi cose che verranno usate a vostro svantaggio, signori miei. E con svantaggio intendo dire che vi affosseranno.-

-In alto i cuori.- commentò Lavellan, mentre Cullen si alzava a sua volta per educazione.

Bann Olivier finì di rivestirsi con calma, poi fece roteare il bastone prima e lo piantò a terra con un gesto secco. Sorrise con eloquenza a Cullen, fece un cenno a Lavellan e se ne andò senza dire altro.

La stanza piombò in un silenzio che sapeva di condanna.

Il futuro dipinto da Bann Olivier era drastico, ma plausibile e preoccupava entrambi, chi più chi meno.

Eppure, Lavellan sembrava davvero poco scossa dalle sue parole; Cullen dedusse che non era la prima volta che le sentiva. Si ricordò di una conversazione che avevano avuto a Haven, sulla memoria storica degli Umani, e tutto ciò che era stato discusso pochi minuti prima si consolidò in un nodo nel suo petto.

-Insomma, se non si salva almeno uno di noi quattro, affonderemo in blocco.- commentò.

Lavellan lo sfiorò con lo sguardo, poi annuì.

-Hai provato a dirmelo, ma pensavo che fosse...-

-Paranoia?-

-No, pensavo che potessimo cambiare il mondo per davvero.- rispose Cullen, abbacchiato. -Ho peccato d’ingenuità.-

Lavellan si alzò faticosamente, per portarsi al suo fianco. -Non puoi sradicare un albero millenario senza distruggere il bosco.- disse. -Salveremo il mondo e lo riporteremo a com’era prima, con qualche modifica che beneficerà il futuro. Ma più di così non possiamo fare, non se lo scotto da pagare è così alto.-

Cullen la guardò con una certa delusione in viso. -E a te sta bene?-

Lavellan infilò le mani nelle tasche della giacca. -Mi fa ribollire il sangue nelle vene, ma è una cosa che ho dovuto accettare nel momento in cui ho messo piede nel Palazzo d’Inverno.- voltò lo sguardo verso la tenda di piombaggine che frusciava, mossa dal vento. -Preferisco morire piuttosto di uniformarmi a una classe sociale con cui non ho niente in comune.-

Cullen sentì il nodo allentarsi. Sapere che non si sarebbe spinta oltre al suo ruolo, pur rinunciando alla sicurezza diplomatica che sarebbe derivata dal matrimonio suo e dei suoi colleghi lo aiutò a digerire molto di quello che avevano discusso.

Si avvicinò a lei di un passo. -Perché non me l’hai detto?- le chiese, in un sussurro. -Avremmo potuto parlarne. Parliamo di tutto.- la sua voce aveva un che di mansueto, nonostante ciò a cui si stesse riferendo fosse tutto fuorché delicato.

-Non te l’ho detto per risparmiarti un pensiero.- rispose lei, attenuando il tono a sua volta.

-Perché farlo adesso, allora?-

Lavellan rimase chiusa in un mutismo nervoso, indecisa se guardarlo negli occhi e mostrargli la sua rabbia o fare la parte di quella che non si fa toccare dalle emozioni e dimostrarsi altera. Optò per la prima. -Perché voglio lottare per la tua felicità. Se iniziassimo davvero a fare questi calcoli con le persone che amiamo, non saremmo diversi da loro.- indicò l’uscita con un cenno. -E noi funzioniamo proprio perché siamo disposti a fallire per dimostrare che essere diversi è possibile.- si fermò per prendere fiato. -E non voglio parlamentare di contratti matrimoniali, perché se venisse il giorno in cui uno di noi volesse passare il resto dei suoi giorni con la persona che ama, dovrebbe farlo ai suoi termini, non perché è necessario per il bene comune.-

Cullen rimase a fissarla silenziosamente, con il nodo che si trasferiva dal suo petto alla sua gola, graduale ma inesorabile.

Raccolse una sua mano per stringerla forte e venne ricambiato. E se la sua scelta di prendere le cose con calma non avesse creato un’inevitabile patina d’imbarazzo nel comportamento che tenevano l’una in relazione all’altro, le avrebbe sfilato l’elmo per baciarle le labbra e dirle che era fiero di essere sotto al suo comando e che sarebbe stato fiero di essere suo marito, se lei avesse accettato.

-L’avete preso?- domandò lei, per togliere un po’ di potere a quella stretta.

-Preso e portato a casa. Aspetta solo di parlare con te.-

-Ah sì?-

-No, in realtà ha un terrore viscerale di farlo, ma visto che è stato acciuffato dai De Fourier ha una voglia matta di lamentarsi con qualcuno dell’imprevisto.-

-Lo capisco.-

-Siamo in due.-

Si scambiarono un sorriso d’intesa, ancora mano nella mano.

Cullen ne approfittò per portarsela alle labbra, in un gesto che agognava di fare da settimane. E anche se metà della sua espressività era nascosta, parve che anche Lavellan lo aspettasse come non aveva mai aspettato niente in vita sua.

-Torna a casa presto.- le chiese.

Lei, che era ovvio che stesse trattenendo il fiato, rilasciò un respiro tremulo dal naso. -Ce la metterò tutta.- rispose, con una fermezza imposta.

 

 

 

 

-Nota-

Quando le cose iniziano a riguardarti sale il “e mo’ so cazzi”
Siamo a ridosso dell'estate, la grigliata di Arle Teagan ci voleva, su!

   
 
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