Il
sonno
Mentre
stanno tornando a casa in taxi, Sanae è pensierosa.
È
quasi mezzanotte, le luci della città sono stelle al neon
che sembrano voler
illuminare la voglia di far festa di quel sabato sera. Ci sono gruppi
di amici
lungo i marciapiedi, giovani coppie che si tengono per mano mentre si
spostano
verso i locali della movida.
Per
qualcuno la notte è appena cominciata.
«Non
sono sicura sia stata la scelta giusta…»
«Ma
come? Mi sembravi stanca, avevo capito che preferissi andare a
riposarti!»
«Sì
che sono stanca… Sto parlando di Yukari! Non riesco a non
sentirmi una stronza,
ho insistito tantissimo perché venisse a questa festa e
prima le abbiamo fatto
trovare Ryo a sua insaputa e poi sul più bello
l’ho mollata alla mercé di
Wakabayashi… Domani me la farà pagare, ne sono
sicura.»
Tsubasa
ridacchia.
«Non
essere così drammatica, dai! Non è alla
mercé di Wakabayashi, lui è un amico
che le sta, anzi, ci sta, dando una mano. E lo fa perché
può, non perché deve.
Hai sentito, no? Lo ha proposto lui!»
«Mmh.»
«E,
secondo me, Nishimoto sarà pure contenta di starsene
tranquilla a dormire, deve
aver preso una sbronza colossale. Gliene sarà grata. A lui,
ma anche a te.»
«Dici?»
«Ma
certo. E poi, dai, un po’ se l’è pure
cercata... È scomparsa per più di due
ore, non ha risposto al telefono, se non avessimo incrociato
Wakabayashi per
caso non avremmo neppure saputo dove si era cacciata! Probabilmente ce
ne
saremmo tornati a casa convinti che lei fosse in compagnia di
Ishizaki.»
Sanae
sorride, e intanto si attorciglia una ciocca di capelli neri
sull’indice mentre
appoggia la testa al finestrino.
«Parla
per te, amore. Io dopo averli visti insieme non ho mai creduto che lei
potesse
essere in compagnia di Ishizaki.»
«Poveretto,
però. Lui se ne deve essere andato incazzato nero. Pensa che
ha il volo di
rientro domani mattina alle sette e mezza.»
«Non
lo invidio…» commenta Sanae sbadigliando.
«Proprio
no. Ma poi hai visto come era nervoso, non sembrava nemmeno
lui… È riuscito ad
alterarsi con tutti, con Wakabayashi ha praticamente litigato, ci
mancava poco
e rischiava di litigare anche con Nitta.»
«Già.»
«E
poi con Nishimoto hanno fatto scintille, ma non in senso
buono.» fa una smorfia
«Lei comunque è la solita castratrice.»
«Ma
non è vero, sei ingiusto. Lui è stato
indifendibile, che cosa pretendeva?»
«Magari
che gli permettesse di parlare?»
«C’è
modo e modo di dire le cose, dai, lo sai bene anche tu… E
lui ha toppato di
brutto. Se l’è cercata anche lui.»
Tsubasa
schiocca la lingua e sospira.
«Sarà…
Però mi dispiace per lui. Non era così che doveva
andare la serata…»
Yukari
sta dormendo.
Era
scesa al piano di sotto con le due amiche di Genzo, le due ragazze di
cui non
ricorderà il nome ma che erano state molto gentili e carine
con lei. L’avevano
tenuta a braccetto, una alla sua destra e l’altra a sinistra,
perché faceva
davvero fatica a reggersi in piedi, figuriamoci a camminare su quei
tacchi. Il
fatto è che le girava la testa da un po’ e poi
aveva rischiato di assopirsi su
quel divanetto, nonostante la musica ad alto volume e il rumore, era
stato
Genzo a preoccuparsi per lei, le aveva chiesto se volesse andare a
stendersi da
qualche parte, lei aveva biascicato qualcosa in risposta e aveva
annuito, lui
l’aveva aiutata ad alzarsi, le braccia intorno al collo, lei
per sbaglio gli
aveva quasi sbavato addosso, aveva riso, e poi si era accorta di stare
traballando. Rocìo e Clarissa erano subito intervenute, e
così si era ritrovata
nella suite. Prima in bagno a vomitare e a darsi una ripulita, e poi
sdraiata
sul divano. Le avevano sfilato le scarpe, avevano recuperato una
coperta
leggera dall’armadio e un cestino per le emergenze che
avevano posizionato con
discrezione lì accanto a lei. Le aveva ringraziate in
qualche modo, loro
l’avevano salutata ed erano scomparse.
Yukari
sta sognando.
Le
sembra di essere ancora alla festa, sente nelle orecchie le voci di
tutte le
persone lì intorno, qualcuno le parla, ma lei fa fatica a
comprendere le
parole. C’è la musica, quella bella musica che
piace tanto a Sanae. Sanae
balla, ha ballato con Tsubasa ed erano felici. Lei non ha ballato, nel
sogno ci
prova ma non riesce a muoversi come vorrebbe, è troppo
lenta, a volte troppo
veloce, sempre fuori tempo.
Scoordinata.
Le
fanno male i piedi. Ha sete, e anche caldo. Si muove e si scopre, la
coperta
scivola per terra.
Vede
Ryo che la fissa con odio, sì, è proprio
un’espressione di odio la sua, e lei
si sente a disagio, così gli volta le spalle. Lo ignora.
Ride. Scuote i
capelli. Barcolla. Wakabayashi la afferra al volo, ha una stretta
sicura e
l’aiuta a ricomporsi. Ha anche un buon odore. Prova ad
andargli più vicino, ad
annusarlo, e si ritrova a leccargli il collo. Si blocca,
vergognandosene, ma
lui sembra non farci caso. Sta dicendo qualcosa, ha questa voce calda e
profonda, persino una bella voce, ma tu pensa, non ha praticamente
niente di
brutto. E Ryo? Chi è Ryo, non se lo ricorda in quel momento,
la voce di Wakabayashi
le sta cancellando la memoria, è una magia…
Genzo
è appena entrato nella suite, la vede dormire e nota la
coperta caduta a terra,
la raccoglie e gliela sistema addosso.
«Ma
che cazzo, devi farle anche da babysitter?»
«Ssh.
Dai, non prendertela… Stava male, hai visto anche
tu… Non me la sentivo di far
finta di niente, rischiava di collassare da qualche parte, magari
dentro uno dei
gabinetti del Touch.»
Uno
sbuffo.
«Problemino
per il tuo paparino, visto che hotel e locale sono suoi.»
«Smettila.
La conosco da quando eravamo ragazzi… E poi la stanza
è grande, noi andiamo di
là.»
«Mi
auguro che la porta della camera da letto abbia la chiave.»
«Ce
l’ha…» un sorrisetto «E
comunque lei è praticamente svenuta, credo non si
alzerà per parecchie ore. Abbiamo tutta la privacy che ci
serve.»