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Autore: Sidney Prescott    15/06/2024    0 recensioni
Inghilterra del 1910; il nuovo secolo porta aria di novità e di sogni, ma la gente nonostante tutto continua ad ignorare una verità importante: l’esistenza di un mondo parallelo in cui il soprannaturale la fa da padrone senza alcun freno!
L’associazione Hunter, antichi cacciatori discendenti da nobili famiglie fondatrici, è l’unica barriera tra il mondo umano e quello ultraterreno, il cui compito è proteggere gli uomini da ciò che non conoscono e impedire che un simile fardello venga rivelato, distruggendo l’equilibrio tra sanità mentale e pura follia.
Una delle stirpi fondatrici, il casato Griffith, dovrà lottare con tutte le sue forze per mantenere intatto il confine tra umano e sovrumano, ma ad un carissimo prezzo: la propria famiglia.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Chapter 20: Dance of Swords.

Current Day.


Part 1: skulls and bones.

Lo studio di Bogart Blake era appena più distante dal cuore del lusso inglese, quasi a prendere le dovute distanze da un ambiente a cui era, per forza di cose, pure troppo familiare, anzi, pure più intimo dei suoi stessi componenti. La sua, però, a differenza di molti nobili inglesi, era stata una scelta di fatto imposta unicamente dal suo personale interesse: economico? 
Può darsi, anche perché i soldi e la fama non erano cose a lui estranee.
Soho sapeva nascondere molte cose, tra cui piccoli appartamenti, uffici, botteghe, negozi di ogni genere, bisognava solamente capire il motivo della propria visita e da lì in poi la strada sarebbe apparsa proprio sotto il naso di chi si avventurava nei quartieri rossi della città inglese.
Un pigro mattino, un pigro caffè senza zucchero, un sole pallido, uno studio fortunatamente vuoto per via dell’orario e il suono del grammofono che andava e veniva per via della puntina non correttamente fissata sul disco; il dottore borbottò qualcosa in francese, sollevando poi il suo biondastro sopracciglio in altro.
«Kendas, se quel vinile si rovina lo ripaghi tu stesso con la tua magra paghetta; apriresti un prestito che arriva da qui fino alla Scozia…»
«Eh?! Oh…mi dispiace, non me n’ero accorto! Provvedo subito.» 
«Già che ci sei, chiudi anche la porticciola dell’anticamera…stamattina non voglio vedere nemmeno il diavolo!» 
«Luna storta stamattina? Credevo che avessi degli appuntamenti: la signora Puckett, quell’altro tipo…quello che viene sempre insieme a lei, che avrà forse 25 anni in meno!»
«Il suo amante? Pff…crede che non sia già abbastanza palese così, portarselo invece dietro come se fosse il suo paggio è sicuramente molto più discreto!
Temo che il figlio sia proprio suo; il marito della signora Payne è sterile dacché ho memoria, quindi, a meno che non si sia fatto impiantare un organo più valido del suo…»
«SEI SERIO? NON CI CREDO, MA CHE SCHIFO!»
«Giuro, parola di scout…Kendas?»
«S-si? Cosa c’è?»
«Il vinile.»
«Eh? OH, già, me ne stavo dimenticando!»
Non appena la puntina venne sistemata al suo posto, le composizioni giovanili di Beethoven tornarono riempire quel bellissimo studio privato, invaso da miriadi di volumi, saggi, libri che il piccolo Kendas aveva riordinato chissà quante volte e che aveva imparato a riconoscere semplicemente con l’uso del tatto: unico senso in grado di assisterlo, poiché la vista non gli era mai stata d’aiuto.
Lavorava nello studio del dottor Blake da quando era un poppante, il suo assistente, il suo galoppino, a detta dei pazienti, ma era molto più che un semplice dipendente, ma questo era una questione che sarebbe dovuta rimanere fra i manuali di medicina e il modello anatomico di zio Reginald, un vecchio e inquietante scheletro sorretto da un bastone di acciaio, messo proprio in un angolo, alle spalle del dottore.
Il bambino, vestito in maniera spoglia, quasi un trovatello, si sollevò con le magre manine sopra una cassa su cui era solito sedersi a gambette conserte mentre il dottore svolgeva il suo lavoro, ma non quel giorno, che sembrava essere indetto all’insegna della sana pacchia, o almeno così sperava il piccolo, colpendo coi talloni il baule, disturbando così la riproduzione del disco.
«Ti stai annoiando? Guarda che ci sono moltissime cose da fare, sai? Spolverare le librerie, le mensole, lasciare al portiere le impegnative dei pazienti, dare da mangiare ai gatti che tieni in soffitta, sebbene ti abbia già detto mille e una volta che non voglio animali in casa!» ribadì quasi indifferente lo stesso dottore, svaccato serenamente sulla sua poltrona girevole rivolta verso la persiana aperta con le gambe accavallate. Kendas fu giusto in procinto di ribattere ma sbuffò sconsolato, annuendo sconfitto.
«Ma allora lo sapevi! E me li hai lasciati tenere comunque?» 
«Non farti idee strane, palla di pelo, tu puoi restare ma le bestiole le voglio fuori di casa! Hai la vaga idea di quante lady allergiche avrei sulla coscienza? Troppe, quindi, prima che lo faccia io, disfati tu dei tuoi amici che puzzano di latte e tonno.»
«MA! Uffa,e va bene…però prima devo farli guarire,l’altro giorno è arrivato un gatto randagio sul tetto!
Era talmente bello che credevo fosse fuggito da qualche appartamento delle zone in vista; in realtà non ci capisco granchè, ma credo sia di razza!
Si era fatto male ad una zampa e gliel’ho curata con una stecca, come fai tu quando ti portano i ragazzini con le caviglie slogate; ora sta meglio, però voglio tenerlo sotto osservazione, ti prego!
Può restare? Per favore!» 
Bogart non era uno facile da impietosire, ma quel faccino era in grado di convincere persino il più incallito dei giudici, e ne aveva visti parecchi; si grattò la testa pigramente appoggiata sul palmo della sua mano, finendo per acconsentire a quella follia ma ,prima che il bambino potesse mettersi a festeggiare, un bussare affatto gentile o discreto finì per tonare grave all’interno del piccolo studio. Il ragazzino dai ricci capelli miele annusò l’aria a pieni polmoni, in allerta esattamente come un felino in presenza di un grosso e rabbioso cane randagio, balzando giù dalla cassa con le mani in avanti alla ricerca di qualcosa a cui aggrapparsi.
Anche il dottor Blake non rimase indifferente a quella visita inaspettata, già in piedi da qualche secondo.
Kendas avvertì il suono dei suoi passi accanto a lui, afferrando la camicia dell’uomo per tirarlo verso di sé, alla sua altezza, bisbigliando qualcosa di inequivocabile.
«Demoni: sono 2, armati probabilmente…»
Il dottore annuì a quel presagio, confermando così la sua tesi, ma non attese un secondo di più, intimando all’orecchio del fanciullino di ritirarsi nella soffitta e di non farsi vedere per alcun motivo, nemmeno se fosse caduto il palazzo. Kendas non se lo fece ripetere due volte, sapendo bene quanto fosse inutile discutere con il suo vecchio amico, finendo per nascondersi così nella sua stanzetta improvvisata adibita a camera da letto da un paio d’anni: poteva sembrare una sistemazione appropriata, ma era praticamente tutto ciò che possedeva quel bambino di appena 11 anni. Si acquattò silenzioso vicino alla botola che dava giù per il piano di sotto per poter sentire al meglio la conversazione, facendo attenzione a non svegliare il micio dal manto pece che dormiva sul suo materasso, accanto alla luce proveniente dallo stretto abbaino.
C’era una puzza di zolfo quasi stomachevole, un biglietto da visita per gli amici infernali dello stesso dottore, non esattamente graditi, specialmente in casa sua.
«Sbaglio o vi avevo espressamente chiesto di non farvi vedere da queste parti? Non amo ripetermi, specialmente con due bifolchi come voi due. Spero che stia per cadere il mondo, altrimenti potete andarvene come siete venuti!»
«Rilassati Bo! Siamo o non siamo amici? E poi lo hai detto tu che se c’erano notizie importanti eri il primo da informare, vero, Otto? Ah già, lui si è mangiato la lingua…»
Kendas chiuse le palpebre, avendo sentito quella battuta almeno un migliaio di volte: Otto e Bismarck erano due demoni delle periferie dell’Est End,due leccapiedi farabutti in grado di vendere la propria madre pur di ricavarci qualcosa, due piaghe non indifferenti conosciute in tutta la città per il giro di spaccio che avevano messo in piedi da diversi anni. A Bogart queste cose non interessavano minimamente, figurarsi con il giro di pazienti che aveva, tuttavia, dietro a quel completo elegante, quei modi ricercati, quel fare affascinante e colto, non c’era altro che un demone ben nascosto, conosciuto soprattutto nei bassifondi e nelle categorie più misere della classifica naturale dei demoni. 
Bogart era un incubo, un demone minore, ma sempre creatura dell’inferno restava, e le faccende della Hunter, in un modo o in un altro, sfioravano anche i suoi interessi. Otto era alto e magro, senza lingua, muto da quando l'aveva conosciuto, Bismarck invece era basso e grasso, incapace di tenere la sua di lingua a freno nemmeno nei momenti meno opportuni, ed era proprio per questo che Blake non lo sopportava. 
«Che sei venuto a fare, palla di lardo? Vai dritto al sodo, io qui ci faccio venire i clienti e se vedono gente come voi due finisco disoccupato…»
Bismarck si finse appena offeso, togliendosi il cappello per mimare un inchino di beffa verso lo stesso medico, rivelando la calva biglia pelata.
«Mille scuse, my lord, non sia mai che si venga a sapere che frequenti gente di un rango inferiore al tuo! Ah no, già, dimenticavo…tu ti sei solo ripulito meglio di molti altri compagni, ma sotto quel faccino seducente da scopa mogli sei orrendo e inguardabile proprio come tutti noi, Bogart…rassegnati!
L’unica tua fortuna è che gli esseri umani non sono in grado di vedere oltre questi vestiti di carne su misura, altrimenti nemmeno una donna zoppa verrebbe a letto con te!»
Il medico roteò gli occhi verdi verso l’altro, massaggiandosi stufo la fronte; Otto, sempre muto e silenzioso, diede una gomitata al compare per tagliare corto con le chiacchiere e così, con un grugnito infastidito, quello fece, ravanandosi nelle tasche alla ricerca di qualcosa.
«Allora?» fece eco il medico, appoggiato col fondoschiena alla sua scrivania.
«Si, si, ci sto arrivando…immagino che tu sappia delle novità, giusto? Dei Darcy…»
«Se parli della gastrite di lord Cillian, allora si, altrimenti non ho idea di cosa tu stia parlando...»
Bismarck assottigliò i piccoli occhi neri, avvicinandosi minaccioso all’uomo nettamente più alto.
«Non fare il coglione con me, reietto, so benissimo che hai prestato assistenza a Rhys Griffith e suo cognato, il Darcy piccolo…quel Cillian!
Sapevi dell’arrivo della cavalleria e non hai detto nulla?
Perchè?»
Kendas deglutì spaventato da quel tono sospettoso e sinistro, ma la voce calma e indifferente del dottore fu in grado di rasserenarlo: lui sapeva sempre cosa fare.
«Non ricordavo di averti assunto come aiuto medico, Bismarck! I Darcy e i Griffith, come ogni famiglia abbiente di questa città, hanno usufruito dei miei servizi, tutto qua,che cosa c’è di strano?»
«Vogliamo cominciare dalla tua amicizia coi Griffith? Credi che se sapessero la verità sul tuo conto userebbero i guanti bianchi con te? Oh, non fare quella faccia…tutti sanno quanto tu sia vicino alle 5 famiglie, e loro non si sono mai accorte di te…hai saputo camuffarti come pochi, ma mi domando…anche il sommo amministratore non si è accorto di niente?
So che lo hai incontrato, all’incirca una settimana fa…»
Bogart fece spallucce, iniziando a fumare una sigaretta di fattura molto sottile, incrociando le braccia al petto; il pingue demone stava seriamente perdendo la pazienza, non sopportando proprio il fare intangibile di quel maledetto arrampicatore sociale.
«Ve l’ho dissi anni fa, ve lo ripeto ora…io e la Hunter non abbiamo nulla a che vedere, Bismarck. Si, ho incontrato Luther Richter, no, non credo abbia capito chi…cosa fossi realmente, altrimenti non sarei qui per raccontarvelo.
Non so chi sia la vostra spia, non mi interessa, e sapete perchè? Perchè non mi importa nulla dei cacciatori, come non dovrebbe interessare a voi. La conoscete la regola per noi…ospiti…»
«Noi…ospiti? Non farmi ridere, noi siamo abusivi…siamo usciti dall’inferno in maniera irregolare, e non sai che ci capita se ci trovano!»
«Appunto per questo, idiota pelato, se continui a mantenere un basso profilo come la tua statura sarà meglio…credi che sia stato facile ricostruirci una facciata come questa?
Mi ci sono voluti più di 20 anni, e non ho intenzione di mandare tutto a puttane perchè i demoni di quartiere vogliono ribellarsi…
Non sono mai stato un fan della politica, tanto meno di quella del sottomondo, e la risposta è no!»
«Ma io non ti ho fatto alcuna domanda!» replicò il grasso uomo, guardando complice lo stesso alto collega, che annuì rafforzativo. Bogart soffiò divertito una nube di fumo grigio verso il viso di Otto, più in linea con la sua altezza, sciogliendo le spalle all’indietro.
«Ah no? Non mi stai chiedendo implicitamente se io e le famiglie abbiamo discusso, tra una terapia e l’altra, del segretissimo attacco ai danni della comunità dei demoni! 
Uhhh, sto tremando di paura, davvero? Bismarck? No. Non so nulla, e non mi importa niente di tutto questo. Io sono un medico, sono un uomo quasi rispettabile, non me ne frega niente di…»
«Avrai anche cambiato pelle, ma resti come noi un dannato. Noi non saremo mai uomini, abbiamo avuto una possibilità ma non l’abbiamo colta da uomini, perché ora dovrebbe essere diverso?»
Quella domanda era molto più che retorica, era un memento per qualsiasi demone uscito in via eccezionale dall’inferno, un monito a ricordagli che quella era una concessione straordinaria di breve durata: Bismarck trovò lo stropicciato invito che ormai circolava più di un volantino durante le elezioni comunali, sventolandolo sotto il naso del medico ancora poco convinto.
«Te lo ricordi Cedric Darcy? Il piccolo stronzo che ha un montepremi da capogiro sul testamento di suo nonno…ha parlato parecchio della festicciola di compleanno che si terrà stasera a casa sua, dopo aver cercato di fotterci un po di soldi, ma non mi sono fatto imbrogliare da quella puttana viziata….»
«Vai.al.sodo. Non sono interessato agli stravizi dei dandy londinesi, figurarsi a quelli dei Darcy…»
«Va bene, va bene, non sei uno che ama i pettegolezzi, vero?»
Bogart lo fulminò con occhi traversi, ma quello riprese subito a parlare, non mancando di far sorvolare lo sguardo su alcuni pezzi assai costosi appoggiati qua e là in quello studio.
«Stavo dicendo…prima che ce ne andassimo del tutto, vuoi sapere chi è arrivata? »
«Giuro che se parli ancora per enigmi ti sbatto fuori di cas..»
«Eris Griffith.»
«Cos…non è possibile, la figlia di Rhys? »
«No, quella di sua maestà! Certo, dottorino, la stessa che tu hai fatto nascere, dico bene? L’ho vista con i miei occhi, è tornata ed è anche cresciuta…molto più che bene. Non ho conosciuto sua madre, sfortunatamente, ma avrei fatto i complimenti alla signora, se fosse stata viva…si intende…»
Il dottor Blake sentì un gelido respiro sul collo, non immaginando affatto che il motivo di tanto chiasso fosse proprio l’unica cosa che sperava non sarebbe accaduta mai; strinse i pugni attorno al bordo di legno della sua scrivania, lasciando i due demoni non poi così perplessi, specialmente il chiacchierone, che si avvicinò ulteriormente al medico.
«Potrebbe essere la nostra occasione, Bogart…lo capisci? Niente più nasconderci come formiche sotto i sassi, libertà, assoluta, i Pheles verrebbero finalmente schiacciati come insetti e noi demoni verremmo finalmente scagionati dalla nostra pena eterna…
Te lo ricordi il piano di Lilith? Tutti ci credevano, anche tu…abbiamo aspettato già 2 generazioni di Darcy per poter riavere la nostra rivincita, e la prossima chissà quando arriverà!
La Hunter non può fare niente contro un demone così potente, non hanno i mezzi per affrontarlo…ma noi? Lo so, non siamo tanti, ma non siamo nemmeno così pochi come loro credono…»
«Cosa stai farneticando? Che razza di follia è questa? Hai idea di quanti morti ha causato questo piano, 30 anni fa? Conrad non è riuscito nemmeno in un terzo del piano, e a che cosa è servito?»
Chiese l’uomo ora incupito, spingendo via dalla sua aria lo stesso grassone il necessario per farlo respirare; gli occhi Bogart assunsero un lieve colorito violaceo, simile a quello di una prugna, che costrinse i due compari ad indietreggiare fino al muro.
«Te lo dico io: a niente! Abbiamo perso tutti i nostri compagni, i serpenti sono morti, perfino i Drake ci hanno rimesso la vita sebbene avessero cercato di aiutarci, e noi gli abbiamo ricambiato il favore tradendoli…
Ti sembra una vittoria?
A me non pare affatto, e adesso…andatevene via…»
Perfino il bambino nella soffitto avvertì quel brusco cambio di tono, non avendo mai sentito il dottore perdere la pazienza in quella maniera; il micio dal pelo nero e dai profondi occhioni azzurri finì per svegliarsi altrettanto turbato da quegli schiamazzi. Kendas sentì il manto morbido del gatto sfiorargli la caviglia. Lo prese e se lo mise sul grembo, quasi ad evitare qualsiasi suono indesiderato, specialmente in un momento così cruciale.
Otto e Bismarck si guardarono di sottecchi, concordando telepaticamente la prossima mossa; Bogart lo notò, aggrottando la stessa fronte.
«Cos’altro c’è? »
«Il serpente…potrebbe essere vivo. Voci indiscrete hanno detto che Mephisto, il nostro umilissimo padrone, abbia bazzicato pure fin troppo vicino alle rovine della vecchia magione Spellman nell’ultimo anno, inoltre si dice che sia stato visto molto spesso in compagnia di uno degli attori del Circus Theater, un certo Elaijah che, guarda caso, assomiglia schifosamente al vecchio bastardo che ci ha imbrogliati.»
Il medico si fece sfuggire una risata sarcastica ma dovette rimangiarsela non appena vide che le due brutte facce dei demoni non subirono nemmeno una variazione, rimanendo serie e grigie. 
Non era possibile, avrebbe giurato su se stesso che fossero tutti morti, o almeno, lo sperava.
«Non è possibile…non ci credo, e poi questo non prova nulla! Mephisto è un subdolo bastardo, non lo nego, ma ricostruire l’irricostruibile è assurdo anche per uno come lui…e poi, chi sarebbe questo Elaijah? Conrad aveva una sola figlia femmina, non un maschio…»
Bismarck sorrise lascivo, imitando una camminata nauseante sulla superficie della parete che divenne una corsa, una fedele riproduzione di una storia orribile e ormai dimenticata, che sarebbe dovuta rimanere sepolta.
«Questo è vero, ma come ben ricorderai, Conrad e sua figlia, la piccola Sabina, sono stati fuggitivi per tanto tempo,e sempre da soli…e quando sono stati uccisi erano sempre in due, il che implica che non ci fossero altre donne con cui poter generare un figlio, perciò…»
«Schifoso…bastardo impenitente…»
Soffocò nauseato lo stesso medico, guardando un punto indefinito della stessa stanza, il quale iniziò a collegare dei punti ciechi che avevano un senso molto più di prima, ma questo non avrebbe cambiato la sua idea, anzi, ne avrebbe rafforzato le fondamenta. Trattenne il disgusto per un’azione così orribile, afferrando crudamente Bismarck per il colletto della camicia fino a trascinarselo davanti alla faccia.
«Andatevene, non voglio avere a che fare né con voi né con tutta questa merda che va avanti da mezzo secolo; volete Luther? Uccidetelo pure, non m’importa, ma lasciate in pace i Griffith, Eris, tutti questi innocenti non hanno colpa in questa storia…»
«Bogart, com’è che siamo sempre tutti innocenti, ma poi è sempre uno che paga le colpe di tutti?
Onestamente mi dispiace quasi per la tua amicizia, ma sei un demone e loro sono cacciatori, questo è quanto. Mi dispiace anche per la ragazzina, ma non credi che sia un po ' egoista il preferir salvare una vita rispetto a tutti noi poveri bastardi?
Uh?
Lo hai detto tu, 20 anni fa; “se solo Merrion si fosse abbandonata al volere divino, non avrebbe perso la vita e sua figlia”.
Siamo fautori del nostro destino, in un modo o in un altro…»
«AVEVA SOLO 20 ANNI!»
«E con ciò? Bogart…non mi importa nulla di questa gente, come non interessa a nessuno di noi e ti consiglio caldamente di rivedere la tua posizione perchè quando si ribalterà la situazione, e fidati che succederà, non vorrai più essere sul carro del perdente, quindi fanculo la lealtà!
Quella gente ti tratta bene solo perchè non sa chi sei, altrimenti ti appenderebbero per le palle insieme a tutti gli altri, quindi perdonami se non mi faccio scrupoli a sacrificare la figlia di un uomo che ha ucciso per anni i miei compagni e il probabile figlio di puttana che detiene la mia libertà come se fosse un suo diritto!
Noi non staremo fermi a guardare, non più…te l’ho detto, i tempi cambiano, il terzo popolo troverà sempre un modo per fare le scarpe ai padroni, la storia insegna, Bogart Blake!
Andiamo Otto, sono più che convinto che Dorian ascolterà di gran lunga con più interesse ciò che abbiamo da dire…»
Il pingue demone si incamminò falsamente verso l’uscita, ondeggiando come un palloncino al vento, seguito dal muto collega sempre in silenzio; l’uomo sui 40 anni chiuse di colpo la porta d’ingresso con un semplice gesto della mano, sbattendola proprio sulla faccia di Bismarck.
«Se c’è uno che deve restare fuori da questa storia è quel bastardo di Dugray. Non provocarmi, Bis, non sono rammollito fino a questo punto…»
«Ohhh…ora sono io quello che trema di paura! E che farai? Mi impedirai di andare a parlare col tuo vecchio partner in crime? Ma come, non eravate grandi amici? Ancora me li ricordo i tempi dei vostri festini: droga e puttane come se piovessero, e tu non sembravi assai dispiaciuto…com’era quella prostituta con cui te la facevi regolarmente?
Floriane? O forse se la sbatteva il tuo amico…sai, non ricordo! »
Bogart non era uno violento, tuttavia sapeva diventarlo nei casi di estrema necessità, tuttavia, prima che Bismarck potesse diventare una macchia di sangue ambulante, Otto si parò davanti al panciuto collega, mettendo le mani in alto in segno di chiara resa. Gli occhi indemoniati del dottore chiarirono subito il concetto, cosicché gli stessi invitati ospiti finirono da soli per scortarsi fuori dallo studio nella speranza di non rimetterci mai più piede. 
Non appena fu sicuro di poter scendere, Kendas sbucò fuori dalla stessa soffitta con il micio ferito ancora in braccio, stranamente più fermo e mansueto del solito.
Dei due farabutti non c’era più traccia, pensò, ritornando così dallo stesso dottore, chino sulla scrivania a scrivere velocemente qualcosa su un foglio di carta, con il volto pallido e cupo; il ragazzino riuscì a sentire la penna raschiare contro lo strato di cellulosa per la foga, accarezzando istintivamente la testolina del felino rannicchiato.
«Che stai scrivendo così di fretta, che succede?»
«Non fare domande, Ken, limitati a portare questa busta a Molly!
Hai capito?
Devi consegnarla solo ed esclusivamente nelle sue mani…»
Il bambino rimase ancora più perplesso, avvicinanodsi alla voce del suo amico, cercando di capirne qualcosa di più, ma gli risultò praticamente impossibile, perché si ritrovò in mano quella busta frettolosamente sigillata con della colla o qualcosa di simile.
Bogart si abbassò all’altezza del ragazzino, appoggiando entrambe le sue mani sulle magre spallucce del bambino.
«Non ascoltare mai niente di quello che dicono questi demoni, vogliono solamente portarti sulla cattiva strada, Kendas…e non ascoltare nemmeno quello che dicono di…»
«Mia madre? Tanto lo so che era una prostituta, non è mica un segreto, ci sono abituato a sentire cattiverie, non ti devi preoccupare…»

Assentì il ragazzino, fin troppo maturo per avere poco meno di 12 anni; il cuore del demone gli si strinse nel petto quasi a soffocarlo, tuttavia non poteva restare coinvolto, non in un momento così importante e critico, così si limitò a sospirare. Prese cappello e giacchetta, vestendo il ragazzino come uno spaventapasseri, rammentandogli passo passo cosa avrebbe dovuto fare.
«Molly saprà cosa fare; vedi, lei conosce un uomo che forse può aiutarci, ma non ne sono così sicuro, nessuno lo vede più da anni…anzi, c’è chi crede che sia perfino morto!»
Kendas, se solo avesse potuto vederci, avrebbe notato da sé che il volto del dottore era più bianco di una mozzarella, ma il tono di voce era talmente ben camuffato che quasi lo ingannò del tutto.
«Ma se nessuno sa dov’è, come può aiutarci tutti? Se fosse morto davvero? O peggio…se si fosse ritirato? »
«Impossibile, Ostergaard è tante cose, ma mai un traditore, perciò ci aiuterà! Ora vai, e non fermarti con nessuno, intesi? 
Anzi, lascia a me questo dannato gatto…»
Non appena il demone provò anche solo a sfiorare l’animale,quello si ribellò nettamente contrario, graffiando l’uomo sulla mano con gli artigli belli tesi, sguainati come spade.
«Cesare, stai buono!
Che ti prende?!»
«Questa bestiaccia così simpatica ha pure un nome? Argh…lasciamo perdere, portati pure dietro la palla di pulci, ma stai attento…ti prego…»
Bogart aveva pure troppi buoni motivi per temere il peggio, ma Kendas era nelle mani di un gatto molto protettivo e non ne era ancora consapevole; le strade del quartiere erano stranamente più deserte del solito, ma il ragazzino conosceva scorciatoie segrete che lo avrebbero condotto al vecchio pub in meno di un tiro di schioppo.
Il Molly Malone’s era avvolto nella sua innaturale calma piatta, con i soliti clienti ubriachi accasciati sul bancone che non aspettavano altro che il secondo round, mentre la povera proprietaria non faceva altro che contare gli incassi della sera precedente, non aspettandosi grandi visite, non a quell’ora del mattino, di sabato poi!
«Maurice?» 
«Si, Molly?»
«Lascia pure tutto com’è, tanto ci vomiteranno di nuovo tra meno di 2 ore; basta una sola passata di straccio!»
«Come vuole la padrona di casa, ma dimmi, cos’è questa moria generale? In genere i ragazzi spaccano tutto, palle comprese, nei fine settimana…»
La bella donna mise via nelle tasche alcune banconote, rispondendo con un una nocca della mano contro il calendario alle sue spalle.
«Oggi c’è la festa di Cedric, saranno tutti ad imbellettarsi come zitelle d’alto borgo! Nulla che non succeda ogni anno, alla fine…però meglio, almeno stasera non dovremo raccogliere bottiglie rotte contro la porta come al solito!»
L’anziano cameriere di colore annuì con uno sghignazzo sentito, alzando per i capelli uno dei clienti svenuti per pulire uno dei tavoli sul retro, gettando poi lo straccio sudicio nel secchio ancora più malridotto.
«Questi giovani d’oggi, sempre a fare feste e ad ubriacarsi! Più sono ricchi e più sono stronzi…»
«Suvvia, Cedric ci fa una buona pubblicità, in 20 anni non avevo mai visto una clientela così ben pagante!»
«Non essergli così riconoscente, ci porta risse, tavoli sfasciati, droga come se fosse zucchero a velo in pasticceria, e quel che è peggio!
Ci porta cacciatori…»
Molly sollevò lo sguardo verso il vecchio Maurice, quasi preoccupata, ma non c’era pericolo visto che gli unici due clienti rimasti erano belli che cotti; si sciolse il grembiule dalla vita, chiudendo la cassa e trascinando a peso morto la coppia di ubriaconi fuori dal locale, accatastati come sacchi dell’immondizia nel vialetto sul retro. Si passò una mano sulla fronte, stancamente, per poi ritornare dentro e contare gli ultimi spiccioli rimasti, seduta al banco con l’unico dipendente che poteva permettersi di pagare; una conta non poi così silenziosa, visto che da una porticina malandata sul retro bottega sbucò un topolino ben conosciuto, tutto trafelato.
«Kendas?? Ma che ci fai qui, non siamo ancora aperti!»
«Ma come? Il ragazzo ci viene a trovare ed è tutto quello che sai dirgli? Su su, mocciosetto, siediti, che ti prendo qualcosa da mangiare, sei tutto uno scheletro!»
Il ragazzino accettò l’invito, ancora con il gatto accucciato sulla spalla, con le guance ancora rosse per la corsa.
«Scusate, ma sono venuto il prima possibile, è urgente!
No, Maurice, sono di fretta, non mi posso proprio fermare stavolta…»
«Tesoro, sei pallido, ma cos’hai? Bogart ti fa lavorare troppo, quel negriero!» fece preoccupata la donna, con una mano sul visetto del piccolo.
«Ma no, non è vero, è che ci sono cose importanti di cui mi ha detto di avvisarti, Molly! Stamattina sono venuti in studio...i due brutti ceffi, quelli con il nome strano.»
Molly e Maurice si guardarono, intendendosi al volo.
«Vuoi dire Bismarck e Otto? Che volevano? Ti hanno visto per caso?»
«Oh, no,no…mi sono nascosto! Cercavamo il dottor Blake...volevano convincerlo a prendere parte a qualcosa, ma non ho capito cosa!
Ecco…»
Il bambino prese dalla tasca della giacca la letterina, porgendola subito alla donna, la quale la lesse senza perdere altro tempo; Maurice e Kendas rimasero in silenzio, aspettando il responso della donna, che da rossa diventò bianca, richiudendo la bustina su se stessa, ma non la lasciò certo in giro, dandola piuttosto in pasto alla tremolante fiammella di una candela accesa al tavolo.
«Allora? Che dice il biglietto?»
«Molly?»
«Dice che siamo in guai belli grossi, ecco cosa!» 
Rispose asciutta, senza commentare oltre, appoggiando le labbra sulle mani giunte sotto al mento, come a riconciliare i pensieri in uno sensato. Kendas conosceva i silenzi di Molly, ma mai quanto il vecchio cameriere, che si preparò al peggio con una delle bottiglie migliori di bourbon segretamente nascoste sotto le panche del locale; intuibile,il Molly Malone’s non era una semplice taverna di terz’ordine e quelli che la gestivano non erano semplici poveracci, o sperduti immigrati. Le iridi scure della proprietaria ebbero un piccolo bagliore tendente all'azzurro, più precisamente acquamarina: un segnale allarmante.
Maurice tacque, annuendo silenzioso.
«Dobbiamo limarci le unghie e tirare fuori le armi? Uh? Chi è che sta facendo il gradasso la fuori?
Lo sapevo, era troppo bello per essere vero; è troppo difficile per questi omuncoli dell’inferno stare al loro posto e mantenere la pace…»
«Mio vecchio amico, la guerra è facile da ottenere, la pace invece è così difficile da mantenere, bisogna lottare e fare molti sacrifici per non infrangerla. Bogart ha lanciato l’allarme...i demoni vogliono ribellarsi, vogliono liberarsi dei Pheles…vogliono uscire dall’inferno!»
«Come?! Ma è mai possibile una cosa del genere?»
«Purtroppo sì, piccolo Ken…a dire il vero nessuno ci è mai riuscito fino ad oggi, non che non ci abbiamo mai provato, ma chi può dirlo!
Magari dai fallimenti hanno imparato cosa li ha tratti in inganno…Merida!»
Il vecchio cameriere si avvicinò alle mani giunte della donna, chiedendole con lo sguardo cosa dovessero fare, cosa avrebbero dovuto fare per scongiurare una simile svolta; la proprietaria del locale chiuse gli occhi.
«Credo sia il momento di correre ai ripari…»
Il bambino sussultò, incuriosito.
«Chiamerete l’uomo di cui parlava il dottor Blake? Quello che non si sa se è vivo oppure morto? Il traditore…»
«Ostergaard non è morto e tanto meno è un traditore, ragazzino!
Bada alle parole, perchè mi si potrebbe perfino arruffare il pelo…che roba…dalle vostre parti girano ancora queste voci sul suo conto? Non me lo aspettavo!»
«CHI HA PARLATO!?»
Strillò il ragazzino preso alla sprovvista, quasi cascando con di dietro per terra. Maurice chiuse gli occhi, grattandosi la barbetta ispida.
«Il gatto.»
«IL GA…il gatto? Come il gatto!? Siamo diventati tutti matti qui?!» 
Merida rimise in piedi il ragazzino, avendo già sospettato dal principio di quel curioso animale, assai lontano da essere uno domestico, ora appoggiato ad una delle colonne di legno del pub; Kendas non poteva vederlo, ma riuscì a sentire il suo odore, molto cambiato, quasi come se fosse arrivato qualcuno di nuovo, dal profumo penetrante, simile alla frutta secca, estremamente gradevole. Maurice rimase seduto, con le mani in grembo, squadrando il giovane uomo con in silenzio, guardando poi Merida, con la mano sul fucile nascosto sotto la panca.
«Sparo al fustacchione?»
«No, è dalla nostre parte, o almeno è quello che spero, vero…Balthasar? Sarebbe un vero peccato aprirti un buco extra, specialmente fra quei begli occhi!»
«Balthasar…?» mormorò il ragazzino verso la voce di Merida, la quale lo rassicurò con una stretta sulle spalle.
Lo stregone roteò lo sguardo in un punto indefinito di quella topaia, alzando seccato le braccia toniche verso l’alto, dichiarando tacitamente la resa; annuì, sebbene non fosse ancora personalmente convinto di tutta quella situazione, ma ormai aveva già disobbedito al padre adottivo.
Era tornato, ora doveva per forza giocare.
Molly gli fece cenno di mettersi comodo con gli occhi, ma quello preferì restare in piedi, con quella sua costante di diffidenza pura incisa perennemente negli occhi, sciogliendo poi le mani lungo ai fianchi.
«Io non sono schierato da nessuna parte, signorina…sono tornato perchè…»
«Perché cerchi rogne? Hai scelto il posto giusto. Agli inglesi non piacciono né gli stregoni e gli stranieri ancora meno, quindi benvenuto in famiglia, pupone…»
Drake capì appena il sarcasmo del cameriere, ma ritornò sui suoi passi, guardando principalmente la proprietaria, con un sospiro amaro.
«Si tratta del serpente…è vivo, e sono venuto qui perché ho scoperto che si trova proprio in questa città del diavolo!
La Hunter ancora non sa, non conosce il vero potere…il vero male; mandano i loro cacciatori a fare il lavoro sporco, stanano creature che non fanno del male a nessuno, sono dei mostri!»
«Grazie per la lezione di storia, ragazzo, ma io e Maurice siamo al mondo da più di quanto tu creda e si, conosciamo bene i crimini di quei fanatici, quindi non ho bisogno di un belloccio che venga a dirmi cose che già so!
Ostergaard ha mandato te…? Perchè? Lui è troppo impegnato per noi?» chiese non troppo gentilmente l’oste, stringendo la presa sulle spalle di Kendas per il nervosismo. Balthasar percepì il rancore e lo scetticismo dei due più anziani, dovendosi calare la maschera dell’indifferenza e del autocontrollo, solo per un momento.
«Mio padre non mi ha mandato da nessuna parte, lui nemmeno voleva che mi infilassi in questa storia; sono stato io, io ho fatto tutto questo! Lui ha cercato di proteggermi, di proteggerci…»
«Scappando in Norvegia? O in qualche terra dimenticata da Dio?!»
«Tu non capisci, vero? L’ha fatto affinchè la Hunter non sapesse di me, che ero vivo, che non ero morto insieme ai miei genitori…il problema, però, è che non sono stato l’unico ad essere sopravvissuto.
Ma io non lo sapevo, ve lo giuro! Ostergaard…è un uomo pieno di segreti…solo un anno fa ho scoperto che il figlio di Conrad era vivo, esattamente come lo ero io!»
A quella rivelazione, Maurice e Molly si guardarono in maniera sinistra, pienamente atterrita; il vecchio cameriere strinse inconsapevolmente sul fucile nascosto.
«Quella bestia aveva un figlio…? Quando…come…anzi, non voglio nemmeno saperlo il come!
Voglio solo sapere, e con questo? Dobbiamo andare di nuovo in guerra per colpa vostra?
UH? VOSTRA?»
«Maurice, manteniamo la calma.»
«La calma? La calma, Merida…? Credevo che quella merdosa famiglia almeno fosse sepolta all’inferno, insieme ai Drake e alle loro idee avanguardiste del cazzo!»
L’uomo sputò per terra, puramente nauseato da quelle lotte di potere che avevano portato solo morte e sangue; si alzò, con l’arma in mano, guardando negli occhi turchesi del persiano con tutto il risentimento che poteva avere un uomo nel cuore.
«Cosa ti aspettavi, ragazzo? Che ti avremmo accolto come accogliemmo Ostergaard una vita fa?
Il “Salvatore”? Si. Ci ha salvato ma ci ha anche abbandonato, quando la tua famiglia ha deciso saggiamente di fidarsi della Hunter, degli Spellman, ma che bella idea!
Per colpa vostra lo sai quanti di noi sono morti?
Dimmi, lo sai?»
«Io..»
«LO SAI OPPURE NO, STRONZETTO?»
Perfino Kendas si nascose a quel tono di voce furioso, sotto lo sguardo della donna, muta, esattamente come Balthasar sotto le iridi di Maurice, che gli puntò in faccia il fucile.
«No…non lo so.»
«Tsk, ci avrei giurato!
Tu…la tua famiglia ci ha condannati, voi stregoni siete tutti uguali, pensate di poter governare il mondo con quattro formule e di giocare con la vita degli altri; siete in minoranza, ma non vi importa di chi soffre, e noi siamo, o meglio, eravamo molti più di voi e non abbiamo mai fatto del male a nessuno!
Voi, i demoni, siete la causa di tutto questo, siete i veri assassini, e la Hunter invece di perseguitare i veri colpevoli, ci ha uccisi tutti…»
«Io ho perso tutta la mia famiglia, non credere di essere l’unico ad aver sofferto, vecchio!»
«Ah si, e dimmi, quante persone credi che siano state adottate e tenute al sicuro invece da un cacciatore?
Fammici pensare….NESSUNA, nessuna a parte te! 
Ostergaard avrebbe potuto uccidere quel viscido sociopatico, ma non l’ha fatto…lo ha lasciato in vita, quindi dimmi perchè non dovrei riempire il tuo faccino di piombo…»
«Maurice adesso basta, posa subito quel fucile, Balthasar non ha colpa di tutto questo!
Non vorrai mica comportarti come un hunter, ora!»
Molly, o come si faceva chiamare, disarmò il vecchio amico, prendendo lei in mano il vecchio fucile esattamente come la situazione, ormai diventata spinosa; non guardò il ragazzo davanti a sé in maniera assai diversa da quella del cameriere, tuttavia non si sentì di condannarlo come tutti avrebbero fatto, raccogliendosi in un sospiro riflessivo.
«Lascia che ti spieghi come funziona qui a Londra, ragazzo…perchè non credo che tu sappia come vanno le cose da queste parti!
C’era un tempo in cui noi creature eravamo libere, vivevamo nei nostri veri ambienti, non nascosti come ratti, fra gli uomini comuni, che ci obbligano ad essere…questo…un oste di una bettola fallita e un vecchio cameriere che è troppo vecchio per lavorare…
Eravamo vivi, ora siamo dei fantocci che recitano una parte!
Ci siamo integrati, come si dice in giro, e fingiamo di essere come tutti ci vedono: normali.
Viviamo accanto, respiriamo la stessa aria dei nostri aguzzini, che bevono e mangiano proprio ai tavoli a cui servo, ora capisci la situazione?
E ridiamo alle loro battute, sapendo, ricordando ogni giorno che, una volta usciti di qui, imbracceranno un fucile per andare a caccia di altri sfortunati che non sono stati abbastanza bravi a nascondersi, come me, come Maurice, come Kendas, come…Ostergaard, che ha tagliato la corda per un motivo oppure per un altro!
Maurice ha ragione; per colpa della vostra guerra tra folli ha pagato chi non c’entrava nulla, ma ormai ho superato il dolore, non significa certo che lo abbia dimenticato, perciò, se sei venuto per aiutarci, io sono più che disposta ad accoglierti…ma se sei venuto per incrementare questa lotta al potere, mi dispiace!
Io non voglio più averci a che fare…
Tuttavia, c’è una cosa che ho imparato, sebbene sia un qualcosa di assai lontano dai miei principi…» disse quella, levando la sicura dal fucile, che aveva intarsiato nella canna d’acciaio il marchio della Hunter, assieme alle iniziali del suo storico proprietario: O.V.
«…ed è che le guerre non si vincono con le belle parole, purtroppo! Conosco tuo padre meglio di quanto conosca me stessa, e lui lo sa, lui conosce cosa c’è dietro alla maschera della rettitudine della Hunter, delle famiglie che comandano questa città…
Slealtà, disonore, invidia, collera, sete di potere, niente che collida con la pace, Balthasar!
La tua famiglia era composta da brava gente che si è fidata delle persone sbagliate, e come noi ha pagato questa impudenza con la vita e con la libertà, perciò, se ci sarà da sparare, da fare il lavoro sporco, noi siamo pronti…a patto che anche tu faccia la tua parte, stregone…»
«Mi stai chiedendo di combattere con voi nel caso la situazione vada al diavolo o…»
«Tu sei qui per il libro, giusto?
Si, ho sentito di quello che è successo con Ivo Nardi, lo conoscono tutti quel ragazzo, e so anche che ti ha lasciato scappare, o almeno, è quello che si dice tra un bicchiere e un altro!»
Balthasar chiuse gli occhi con un sospiro amaro, mordendosi internamente la carne della guancia, ma quella continuò ancora prima che il ragazzo potesse giusticarsi.
«Non sono fatti miei come sei uscito da li, lo sai tu e il tuo carceriere, anche se sarà interessante ascoltarti, se vorrai confessarti, quello che voglio sapere, è…sei in grado di tenere testa, Drake, al figlio di puttana che potrebbe scatenare un’altra rivolta, oppure no?
Mi dispiace, ma non ho posto per altri pesi morti…e devo sapere di più sul mio avversario per poterlo combattere.»
«Non so il suo nome, ma lo riconoscerei, il fatto…è che io non ho più il libro!
Quando mi hanno arrestato, la Hunter lo ha preso e spero vivamente che sia nelle loro mani, piuttosto che in quelle di quel…serpente…
Sentite, io non vi posso promettere i miracoli, sono venuto qui per potergli impedire di commettere un’altra strage; mia sorella, mio padre sono morti per questo, e non voglio che altri patiscano per una guerra senza senso…»
«Emm…scusatemi, sono un tantino confuso!»
Il bambino, rimasto seduto ad ascoltare la discussione, mise in alto la manina in maniera scenica, quasi a chiedere un timeout
«Insomma…se la chiave sta in quel libro, perchè non chiedi ad Ivo di aiutarti? Dopotutto…è un hunter, ed è anche in città!»
«Non ci penso nemmeno a…»
Merida inarcò verso lo stregone un sopracciglio, punzecchiandolo quasi dispettosamente con la punta aguzza del fucile, come ad intimarlo a ripensarci vivamente. Il giovane uomo dovette massaggiarsi la fronte, guardando poi il ragazzino, ma molto lontano dall’essere convinto.
«Cosa ti fa credere che…e poi non so nemmeno dove stia…»
«PFFF! Niente di più facile, straniero! Stasera saranno tutti a casa Darcy, e se c’è un posto dove Ivo non può mancare sono proprio le feste…»
«Fatemi capire bene, voi volete che io mi imbuchi alla festa del re degli stronzi, per dimostrarvi che non bluffo, ho capito bene?»
Chiese il persiano, trovandosi quegli sguardi addosso, quasi compiaciuti e curiosi da quella sfida che gli si stava presentando davanti; Molly gli diede un pizzico sulla guancia, non nascondendo un sorrisetto perfido.
«Benvenuto a bordo, straniero…ti avverto, una volta scelta una parte, qui non si torna più indietro!
Ah comunque,piacere…il mio nome è Merida, lui è il vecchio Maurice e quel nanetto, li, è Kendas…»
«E…cosa sareste…?»
«Non fare il razzista!
Per adesso siamo alleati, magari diventeremo amici, si vedrà!
Ma ti do una dritta; a Londra non bisogna fidarsi di 3 cose: dei nobili, degli attori e soprattutto, di chi ti sembra troppo bello per essere vero…perchè non lo è!
E guardati soprattutto da chi incarna tutti e 3 questi aspetti…»
Il giovane uomo sbatté le lunghe ciglia, confuso.
«Tsk, come se i bugiardi fossero una minaccia! Credevo mi mettessi in guardia dai demoni, dalla hunter…insomma, dai reali pericoli!»
«Non c’è niente di più pericoloso di chi sembra essere disarmato, Balthasar…è vero, un proiettile può uccidermi, qui ed ora, ma pensa a chi è in grado di entrare nella tua testa senza nemmeno toccarti!
Non esiste mostro peggiore, te lo posso assicurare…e credimi, personalmente, ne so qualcosa…
Le sirene, i serpenti, se ne fregano delle vere armi, noi arriviamo dove nemmeno te lo immagini, dormiamo nelle profondità e ci svegliamo quando abbiamo fame!
Insomma…dovresti conoscere il tuo nemico, oppure no?
Apri bene gli occhi, giovane stregone, benvenuto nella terra dei veri mostri.»

   
 
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