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Autore: Swan Song    15/06/2024    7 recensioni
«E ora che fai?»
«Secondo te che faccio? Mi cambio per l’incontro con quel poliziotto. L’hai sentito detective Scemo, no?»
«Non sono sicuro sia il suo cognome.» ironizzò il marine.
«Abbiamo una scena del crimine da visionare.»
Steve ricambiò con un sorriso vittorioso «Ti voglio bene.» l’aveva detto.
«Io invece ti odio.» disse Price, aggiustandosi il colletto «Ti odio profondamente.»
Quel sorriso sul volto di Sheppard si allargò.
-
In un tranquillo paesino di montagna, nel Vermont, il sole di luglio splende alto nel cielo, baciando le maestose cime che circondano il luogo.
L'atmosfera è apparentemente immutata e sonnolenta, ma Steve e Jonathan lo sanno bene: anche nei posti più tranquilli aleggiano ombre inquietanti.
❤️ Indagine di Steve Sheppard e Jonathan Price
❤️ Bromance
❤️ Cozy Mystery
❤️ Comedy
❤️ Agatha Christie vibes
Genere: Comico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'THE 1950s'
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Primo Passo








Da qualche parte nel Vermont, 1951.


Arrivarono la sera, precisamente all’ora di cena, verso le otto. Jonathan Price poteva affermarlo con certezza perché, esausto, aveva gettato un’occhiata all’orologio da polso, mentre con la mano destra aveva trascinato la valigia all’ingresso, come un uomo che trascina il proprio cagnolino senza forze.
Gli istanti prima, però, sia lui che Steve Sheppard si erano fermati ad ammirare la facciata di quell’hotel immerso nel paesino più isolato dell’intero Vermont. Non vi era certezza, ma era molto probabile.
Risplendeva di autenticità e fascino alpino.
Era realizzata in legno rustico, e le pietre locali adornavano la base dell’edificio, conferendo solidità e tradizione.
I balconi in legno erano un’esplosione di gerani rossi e petunie che si affacciavano sulla valle sottostante.
Un cartello in legno sopra l’ingresso recitava: Hotel Il Cervo. Perlomeno, notò lo stesso Price, era scritto in caratteri eleganti.
«Ricordami perché siamo qui.» ripeté per l’ennesima volta in quella giornata, raggiungendo l’ingresso con una certa difficoltà.
Steve, accanto a lui, gli scoccò un’occhiataccia «Stai sempre a lamentarti. È da quando siamo partiti che ti lamenti. Inoltre, non vedo perché dovrei rispondere ad una domanda di cui conosci già la risposta.»
«Mi lamento perché questa non è una vacanza, e perché mia moglie è incinta e l’ho lasciata a casa da sola.»
«Ma se è stata lei stessa ad incoraggiarti a venire. Per farmi compagnia, certo. Avrei preferito quella di me stesso, a questo punto.»
Il maggiore Price sgranò gli occhi e mollò la presa sulla valigia, la quale raggiunse il pavimento con un sonoro tonfo «Tu sei proprio un animale, lo sai? Bell’amico. È così che mi ricambi?»
«La tirerai ancora per molto con questa storia dell’animale? Che vuoi, vuoi che ti porti io la valigia? Lo faccio, non ci sono problemi. Se sei stanco...»
Price non trattenne una risata «Perché tu sei fresco come una rosa, vero? Oh, il grande Steve Sheppard non patisce niente!»
«Sono perfettamente in forze, sì.»
«Ma per favore. Adesso torno a casa. Ti ho già sopportato abbastanza.»
Fece dietrofront e qualche passo nella direzione in cui erano arrivati.
Steve sollevò una mano per aria «E la valigia non la prendi?»
Il Maggiore storse il naso, digrignò i denti e sbuffò, bloccandosi sul posto. Poi chiuse gli occhi e ripeté mentalmente un mantra, muovendo le labbra senza parlare davvero, borbottando.
«Guarda che ti sento.» disse Steve.
Price si girò e lo raggiunse «No che non mi senti. Non puoi avermi sentito, non ho detto niente.»
«Ti conosco, Jonathan, hai fatto appello a tutta la tua pazienza per sopportarmi. Credi che io non l’abbia fatto? Rilassati ed entra. Te l’ho detto, la cosa sarà velocissima. Domani ce ne andiamo, e per il 4 di luglio sarai a casa con la tua carissima Odette, a festeggiare.»
Price si prese un po’ di tempo, poi annuì ed afferrò la valigia «Non trascorrerò l’Indipendenza qui, è chiaro?»
«Hey. Nemmeno Susan ha voluto venire, e sai quanto lei ami le avventure. Ha detto che sarà una cosa veloce, ecco perché ha mandato me.»
«Tua figlia ha più sale in zucca di te. Andiamo.»
Price puntò la reception, Steve non riuscì a trattenere un sorriso vittorioso.
Quando entrambi furono sufficientemente vicini, vennero accolti da un sorriso raggiante. La donna che lo possedeva aveva due labbra sottili, qualche ruga in viso ed i capelli tinti di un biondo miele.
«Benvenuti al Cervo, signori. Avete una prenotazione? Lo spero, è tutto pieno, in caso contrario. È sempre bene prenotare prima, per telefono, è quello che dico sempre a tutti.»
«Prenda fiato, signora.» rispose Steve, tirando fuori i documenti «Ce l’abbiamo.»
«Ottimo! Io sono Rose. Per qualsiasi cosa, rivolgetevi a me o al mio collega. Lavoriamo a turni alternati.» la vecchietta prese i documenti e poi il registro «Sono ligia al dovere, è la legge. Nessuno mi sfugge. Non sono documenti falsi, vero?»
Price scoppiò a ridere «No, direi di no. Siamo qui per quella cosa.»
Rose incrinò le sopracciglia «Quale cosa?»
«Quella cosa...» insistette l’uomo «Andiamo, non mi dica che non è stata avvisata.»
Steve poggiò il gomito sul bancone il legno e le sussurrò «Il detective del posto ci ha chiamato. La sparizione dei fuochi d’artificio.»
Come colta da illuminazione improvvisa, Rose portò la mano al cuore «Ma certo! Voi siete gli altri detective, quelli famosi!»
«Solo lui, a dire il vero, e sua figlia.» chiarì Price, facendo roteare l’indice in direzione di Steve «Che ora non c’è.»
«Peccato. Mi sarebbe piaciuto conoscerla.»
«Chissà perché non ha voluto venire...» sussurrò il Maggiore, fingendo di ammirare il caminetto spento.
«La sparizione dei fuochi d’artificio.» ripeté Rose, restituendo i documenti ai due uomini «Tutti in paese ne parlano.»
«Non ho dubbi, signora.» questa frase Price la disse a voce alta «Quanti abitanti ha…sa una cosa? Non lo voglio sapere, lasciamo perdere.»
«Oh, quindi avete appuntamento col detective per parlare del misterioso furto!» Rose batté le mani e saltellò sul posto «Cenate qui? Siete arrivati giusto in tempo.»
«Sì, il detective ci ha dato appuntamento qui, al tavolo.» disse Steve «E’ per caso già arrivato?»
«Mmh, conoscendolo, cena sempre per le otto e mezza. Avete tempo per andare in camera e posare le valige.»
«La ringrazio molto, signora Rose.»
«Qualsiasi cosa, chiedete a me. O al mio collega che...»
«Fa il turno dopo di lei, abbiamo capito.» tagliò corto Price.
«Qui leggo che restate solo una notte. Siete certi di risolvere il mistero in poche ore?»
«Si tratta di un banale furto.» si vantò Steve, prendendo la valigia «Certo che sì. A costo di metterci tutta la notte.»
Rose annuì, poco convinta «La vostra camera è al secondo piano.» quindi consegnò la chiave «Il facchino provvederà a portare su i bagagli. Potete lasciarli qui. Ahimé, non abbiamo un ascensore.»
Steve e Jonathan erano rimasti pietrificati «Una camera?» disse il Maggiore «Avevamo prenotato due camere. Due separate.»
Improvviso silenzio.
La vecchietta si strofinò il collo e si morse il labbro, abbassando lo sguardo «Desolata, signori. Deve esserci stato uno sbaglio, il mio collega ha segnato una doppia. Se aveste parlato con me, anziché con lui...»
«Lasci perdere.» Jonathan sospirò e prese le scale «Sempre meglio che matrimoniale.»
Steve, rassegnato quanto lui, sorrise e lo raggiunse «Le portiamo noi le valige.»
«Oh, no! Si figuri. Adesso arriva subito il ragazzo. Ma dove si è cacciato? Sempre dietro la sottana di quella Debora!» disse Rose.
«Sul serio, signora. Ce la facciamo.»
«Oh. D’accordo.»
Price prese un ampio respiro e, con le braccia doloranti, raggiunse il piano.
«E questo dovrebbe essere un quattro stelle? Steve, è una topaia! E non c’è nemmeno l’ascensore. L’ascensore è importante.»
«Siamo fuori dal mondo, amico mio. Credo sia davvero un quattro stelle. Quindi non oso immaginare gli hotel a due.»
Infilò la pesante chiave nella toppa ed aprì la porta.
La camera era piccola ma accogliente, con pareti rivestite in legno chiaro che emanavano un profumo di abete. La finestra, aperta per far entrare la fresca brezza di montagna, offriva una vista spettacolare sui maestosi picchi circostanti.
In un angolo, una scrivania con una sedia invitava a scrivere cartoline o a pianificare le avventure del giorno successivo.
Esausto, Price si gettò a peso morto sul letto accanto alla finestra e chiuse gli occhi per qualche secondo «Ah, mi sto immaginando casa mia.»
Steve, invece, aprì la valigia e cercò i vestiti più adatti per la cena «Deduco che tu abbia scelto quello.»
Price aprì un occhio e domandò «Quello cosa?»
«Letto.»
«Mi piace stare accanto alla finestra, spero non ci siano problemi.»
«A tutti piace stare accanto alla finestra.»
Il Maggiore sbuffò «Non è mica detto. Chi ha problemi di vescica sta vicino al bagno.»
«E se il bagno è accanto alla finestra?»
«Steve, seriamente, dobbiamo parlare di questo? Là sotto, tra meno di mezz’ora, arriverà il detective. Pensiamo a darci una sistemata.» disse l’altro, alzandosi con uno scatto e dirigendosi in bagno «Ho una fame da lupi.»
Steve lo sfidò «Ce la fai a darti una lavata in cinque minuti?»
Jonathan curvò le labbra in un sorriso «Anche tre.»
«Voglio vederti.»
«Cronometra.»
Quindi si chiuse in bagno, del tutto ignaro che Steve stava cronometrando davvero. A mente.

Alle otto e mezza in punto, scesero per la cena.
Vestiti casual ma eleganti, sorrisero mentre attraversavano il tappeto rosso verso il ristorante.
La musica jazz fluiva dolcemente dalle casse, accompagnando i loro passi. I tavoli erano apparecchiati con tovaglie bianche e candele tremolanti.
Il maitre li accolse con un sorriso e li condusse al loro tavolo, vicino alla finestra. Da lì, era possibile ammirare la vista mozzafiato delle montagne illuminate dal tramonto.
Il profumo di cibo prelibato si mescolava con le note del sassofono, creando un’atmosfera magica.
«Ritiro tutto.» disse Price «Questo posto è una bomba.»
«Mi scusi.» Steve attirò l’attenzione del maitre prima che andasse via «Il detective...» afferrò il bigliettino con su scritto il nome e lesse «Ascanio Inutile?»
Che strano nome. Era forse di origini italiane?
«Oh, sì, signore. Appena arriva, lo faccio accomodare.»
«La ringrazio molto.»
I due amici si scambiarono uno sguardo imbarazzato. Le parole sembravano essersi dileguate nel velluto dell’atmosfera, e ora si ritrovavano a girarsi i pollici come due adolescenti impacciati.
Steve, con gli occhi spalancati, cercava di trovare una frase intelligente da dire, ma la sua mente era un vuoto totale.
Jonathan, invece, si grattava la testa e sorrideva nervosamente, cercando di rompere il ghiaccio «Bella serata, eh?» balbettò, cercando di riportare la conversazione su binari più familiari.
Steve annuì, ma non riusciva a trovare le parole giuste.
Si guardarono ancora, e poi scoppiarono entrambi a ridere.
«Amici da anni e ancora ci imbarazziamo come due ragazzini!» esclamò Price, e finalmente la tensione si sciolse.
«Sì, bè, non capita tutti i giorni di stare soli al ristorante.» disse Steve.
L’altro gli rivolse uno sguardo severo «Steve, per l’amor del cielo.» disse con voce ferma «Stai seduto composto, per favore. Sembri un neanderthal, come al solito.»
Sheppard sbuffò, raddrizzandosi «Scusate, Sir Price.» lo prese in giro.
Questi scosse la testa, ma il suo sorriso tradiva la sua irritazione «Amici da anni e ancora non sai come comportarti a tavola.» afferrò il calice e lo sollevò in brindisi, sebbene ancora vuoto «Vuoi essere il mio Valentino?» recitò, scoppiando a ridere e rovinando la scenetta.
Steve fece per ribattere, quando davanti a loro, scortato da un cameriere, comparve un bizzarro omino.
Indossava una camicia troppo grande per lui, con le maniche che gli scendevano oltre le mani. I suoi occhiali spessi e storti gli scivolavano continuamente sul naso, e ogni volta li spingeva su con un dito tremante. Aveva un ciuffo di capelli arruffati che sembrava sfidare la legge di gravità. 
«Buonasera.» disse con una voce stridula «Sono il detective che cercavate. Spero di non avervi fatto aspettare troppo.»
Steve e Jonathan si guardarono increduli, ma decisero di accoglierlo con un sorriso.
Dopotutto, forse la sua goffaggine nascondeva una mente brillante. O forse no. Ma una cosa era certa: quella cena sarebbe stata tutto tranne che noiosa.
«Assolutamente no. Prego.» disse Steve.
L’uomo prese posto e poggiò il tovagliolo sulle ginocchia.
«Ascanio Inutile.» si presentò.
Price premette le labbra sul dorso della mano, nel tentativo di soffocare una risata. Steve lo guardò incuriosito e confuso, per poi focalizzarsi sul detective «Steve Sheppard, lui è il maggiore Jonathan Price.»
«Oh, so bene chi siete.» l’omino si guardò intorno «Cameriere! Una bottiglia di vino pregiato per me e i miei colleghi! Offro io. Siete venuti fin qui, spero di coprire almeno il viaggio.»
«Sì, io non sono un detective, non so più come dirlo.» chiarì una volta per tutte Jonathan, esausto.
Ma Ascanio era la classica rappresentazione di “Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire”: «Allora, detective. Mi pare di capire che c’è anche una signorina nella squadra.»
«Mia figlia.» annuì Steve «Ma è rimasta a casa perché...» il cameriere che arrivò con la bottiglia di rosso lo salvò «Grazie molte.»
«Un furto in un paesino sperduto non la intriga?» parlò Ascanio, tracannando subito la bevanda, per poi conficcare la testa nel menù «Fa troppo caldo per il sugo di cervo, in questa stagione...»
«Diciamo che è abituata a...delitti.» blaterò Sheppard, bevendo a sua volta.
«Un furto non è forse un delitto?»
«Omicidi.» precisò il marine.
«Ah. Meh, allora ha fatto bene a restare a casa. Ma io, personalmente, trovo il furto di fuochi d’artificio affascinante. Voi?»
Price s’inumidì le labbra con la punta della lingua, dopo aver sorseggiato il vino «Ci dice la verità?»
«E quale sarebbe?»
«Che si elettrizza per un furto perché in questo dannato paesino non succede mai niente.»
Steve lo guardò male, ma Price fece spallucce «Cosa?» ricambiò con il labiale.
Ma nessuno dei due si sarebbe mai immaginato la reazione di Ascanio «E’ vero.» cominciò a singhiozzare, versandosi altro vino, disperato «E’ vero. Sono così depresso. Non succede mai niente qui. Non viene ucciso nemmeno un moscerino sul parabrezza delle auto, niente! Sempre tutto tranquillo. Per un detective non è il massimo, converrete.»
Steve roteò gli occhi e sospirò «Che si mangia qui?»
«Prelibatezze di montagna, naturalmente.» rispose l’altro detective «Io suggerirei questi gnocchi con fonduta, speck...»
«Signor Inutile, ci racconti come si sono svolti i fatti.»
«Oh.» l’omino si grattò la nuca «Bè, sono stati rubati i fuochi d’artificio per il 4 luglio. Tutti quanti. Ne abbiamo bisogno, capite? Festeggiamo sempre, anche se siamo nel nulla cosmico. Ciascuno Stato festeggia. Uno scherzo di un balordo, sicuramente. E siccome brancolavo nel buio, ho chiamato voi.»
Steve lo guardò con sospetto «Non mi ha chiamato perché sono diventato famoso e voleva portare un po’ di notorietà alla cittadina, vero?»
Come ferito profondamente nell’orgoglio, Ascanio portò la mano al cuore «Certo che no! Ma come le viene in mente??»
«Mmh. Quando sono stati rubati?»
«Tre o quattro giorni fa.»
Steve appuntò mentalmente «Tre o quattro?»
«Come?»
«Tre o quattro?» scandì meglio il marine «Cerchi di essere preciso.»
Ascanio scosse la testa «Perché, è importante?»
Steve tacque.
«Bè, quattro. Facciamo quattro. Oggi è il primo di luglio, dobbiamo agire in fretta.»
Steve memorizzò.
«C’è qualche giovane dispettoso che potrebbe averli rubati per ripicca?»
Come se niente fosse, Ascanio rispose «Bè, sì. Il figlio del gestore del museo delle cere, Sheldon Reyes.»
Calò un raggelante silenzio, dopo il quale Price sgranò gli occhi e non chiuse più la bocca «Sta scherzando, spero.»
«No. Perché dovrei?»
Steve inclinò il collo di lato «Lei ha già un sospettato?»
«Dal giorno del furto, sissignore.»
«E ci ha parlato? L’ha interrogato?!»
«Bè, no. Aspettavo voi.»
Sheppard premette due dita sulla sommità del naso, allibito. Susan l’avrebbe preso in giro a vita, lo avrebbe fatto eccome.
«Dove si trova questo museo?»

Erano tutte uguali. Le strutture di quel posto erano tutte uguali.
Price si tenne quel pensiero per sé, perché sapeva che Steve l’aveva già notato. Perfino gli ingressi e le porte sul retro erano uguali.
Gli parve, esagerando, che perfino i gerani fossero gli stessi.
«Non ci siamo già passati, in quella stradina?» domandò, indicando una strada laterale che conduceva al museo.
«No, noi siamo arrivati da là.» indicò a sua volta Steve.
«Mi oriento più in Italia che qui. A proposito d’Italia...» disse il Maggiore, infilando una mano in tasca «Non ti fa ridere il cognome di quel detective?»
«Ho visto che hai riso e ho ipotizzato fosse di origini italiane, ma...»
«Non hai compreso fino in fondo? Te lo dico io, grande detective. “Inutile”, in italiano, sta a significare qualcuno che non dà alcuna utilità o vantaggio. In parole povere, che non serve a nulla.»
Avendo a disposizione la traduzione, Sheppard sorrise «Hai imparato parecchio, a Venezia.»
«Mi piace il suono di quella lingua. Ah, per di qua.»
«No, per di qua.»
«Va bene, io ci rinuncio. Non siamo tornati all’hotel?»
«No, questo è il museo. Almeno, credo lo sia.» disse Steve.
Price guardò ancora una volta l’orologio. Le nove e venti di sera.
Il museo delle cere si ergeva solitario, con la sua facciata in pietra scura, legno e finestre a vetri opachi.
Le persiane erano semiaperte, rivelando solo una debole luce al suo interno.
Sui gradini di ingresso, due statue di cera sembravano vegliare sulla soglia. I loro volti erano fissi, ma gli occhi sembravano segretamente scrutare chiunque si avvicinasse. Le loro mani, intrecciate, davano l’impressione di pregare o trattenere qualcosa.
La luna piena si stagliava dietro l’edificio, gettando ombre spettrali sul terreno.
Un’antica insegna arrugginita, con lettere sbiadite, recava il nome del museo. 
“Museo delle Cere di Montagna”.
Il vento sussurrava tra le crepe delle pareti, portando con sé un odore di muffa e vecchio legno.
Le finestre al piano superiore erano oscurate da tende pesanti, ma una luce filtrava attraverso le fessure. Si potevano intravedere figure di cera all’interno: celebrità, criminali famosi, persino personaggi storici. Alcuni sembravano sorridere, altri avevano espressioni di terrore o tristezza.
La porta di ingresso era pesante e scricchiolò quando Steve l’aprì.
«Perché con te mi ritrovo sempre in luoghi angusti e per niente inquietanti?» borbottò Jonathan, subito dietro la schiena dell’amico.
«Preferivi il ristorante, eh?»
«Preferivo casa mia.»
Le stanze erano fitte di piedistalli polverosi, ognuno contenente una scena diversa.
Un’intera famiglia di cera era seduta a tavola per una cena immaginaria. Un assassino famoso era raffigurato mentre compiva il suo atto nefasto. E ancora, una bambina con gli occhi vuoti giocava con una bambola di cera.
«C’è nessuno?» domandò Steve «Sheldon Reyes?»
Il silenzio era opprimente. Si poteva percepire solo il proprio respiro e il leggero fruscio delle candele che illuminavano le stanze. Ogni tanto, sembrava di udire passi dietro le tende o il sussurro di voci lontane.
Price, con le mani in tasca, si avvicinò alla statua di Patrick Henry, protagonista della rivoluzione americana.
Lo fissò come se fosse vivo, focalizzandosi su ogni dettaglio del suo viso, per poi esclamare, con voce solenne e baritonale: «“Dammi la libertà o dammi la morte!”»
«Datemi.» corresse Steve.
«Come?» Price si girò verso di lui.
«Sarebbe “datemi”. “La vita è così cara o la pace così dolce, da essere comprate al prezzo delle catene e della schiavitù?”» citò «“Non so cosa decideranno gli altri, ma io dico datemi la libertà, o datemi la morte!”»
Price storse il naso e gettò ancora un’occhiata alla statua «Seh, immaginavo sapessi anche questo. Grande sostenitore dell’indipendenza americana. Anche se è buffo trovarlo qui. Voglio dire, non mi sorprenderei di trovarlo a Washington o New York, ma qui...in un paesino sperduto di montagna...»
«Hey, anche loro festeggiano il 4 luglio.»
Price fece spallucce «Forse è stato lui a rubare i fuochi d’artificio.»
Steve scosse la testa negativamente, ma allo stesso tempo sorrise.
«Benvenuti al museo.» disse all’improvviso una voce inquietante, quasi spettrale, appartenente ad un personaggio che si era alzato di scatto da una sedia nascosta dal semibuio.
«Cristo Santo!» balzò Price, portando una mano sul cuore «Quella statua ha parlato, Steve, quella...»
«Ma quale statua!» venne avanti un ragazzo. Era magro, decisamente sottopeso, con i capelli biondicci «Posso aiutarvi, signori?»
Steve, che non aveva fatto una piega, lo squadrò «Sei tu Sheldon Reyes?»
Questi si strofinò gli occhi, rossi e gonfi, e sbuffò «Merda. Sono nei guai, vero? Per la questione dei fuochi d’artificio.»
«E lo dici così?!» starnazzò Jonathan «Semplicemente?»
«E come dovrei dirlo?»
«Mi sono fatto una passeggiata non da poco, dopo cena, anziché buttarmi nel letto, e tu ammetti il furto così!»
Sheldon scosse le spalle «L’ho fatto per prendermi gioco di questi stupidi, per farli spaventare un po’. Scusate, ma voi chi diavolo siete? Pensavo il detective ci fosse arrivato.»
«I detective più bravi.» disse Steve a denti stretti «Odi il paese?»
«Odio la mentalità di paese. Insomma, qui ti parlano dietro anche se ti fumi del rosmarino!»
Price inarcò le sopracciglia.
Ad un silenzio invitante di Steve, il ragazzo spalancò le braccia ed ammise «Mi piacciono le donne più grandi, è colpa mia? Non credo.»
«Okay, sto in questo paesino da qualche ora e già mi gira la testa.» disse Jonathan «Insomma, la tua è stata solo una vendetta perché ti parlavano dietro.»
«Non potete arrestarmi per questo. Anzi, so che mi comprenderete.»
«Sì.» garantì Price «Nella maniera più assoluta.»
«Rubare è reato.» berciò invece Steve, come al solito ligio al dovere.
«Calmati, amico. Restituirò tutto. Anche se...è un gran peccato, sapete. Così quei maledetti avranno quello che vorranno e festeggeranno.»
«Il 4 luglio è una data importante. Dovresti festeggiare anche tu, anziché portare rancore.» diede un taglio Steve «Restituisci tutto e chiuderemo un occhio. Allora, ci stai?»
Sheldon annuì.
«Bene. E mettiti sulla giusta carreggiata, ragazzo.»
Price gli diede un colpetto sulla spalla «Il tuo vecchio è qui?»
«No, finisco io il turno, la sera. Sto per chiudere.»
Price annuì «Non credo verrà qualcuno. Senza offesa.» quindi prese la porta «Voglio uscire da questo postaccio.»
Steve poggiò le mani ai fianchi. Non credeva ai propri occhi e alle proprie orecchie. Era tutto lì?
«Sai, amico, penso che quel detective ti abbia davvero chiamato per risollevare il paesino.» disse Jonathan.
«No, cosa te lo fa pensare?»
L’altro rise, e insieme tornarono in hotel.
«Te l’ho detto che domani saremmo tornati a casa.»
«E’ stata una veloce e poco gradevole gita fuori porta.» concluse Price «Non voglio mettere piede in questo posto mai più.»
E siccome in quel posto le voci giravano più veloci di una roulette russa, in pochi minuti tutti erano venuti a conoscenza dell’interrogatorio di Sheldon, padre compreso.
Il signor Reyes, infatti, si era recato al museo e aveva sgridato il figlio, minacciandolo di licenziarlo se si fosse rifiutato di cambiare stile di vita. Non era la prima volta che lo faceva, ma aveva tutta l’aria di essere l’ultima. L’ultimo avvertimento.
Probabilmente, nessuno aveva mai visto Frank Reyes così fuori di sé.
Fu l’ultimo a vedere Sheldon Reyes vivo.








Angolo Autrice:

Probabilmente non dovrei pubblicare ancor prima di finire la scrittura di questa nuova avventura, ma...al cuor non si comanda!
Sorpresa, sorpresa, cari lettori!
Eccoci nuovamente insieme! Ammetto che non credevo avvenisse così presto, ma è da un po' che mi ronzava in testa il delitto del 4 luglio, dato che i nostri amici o indagano durante le festività, o non indagano proprio xD xD
Potevo quindi saltare il giorno dell'Indipendenza americana? Suvvia...

Ma riavvolgiamo il nastro.
Per chi non mi conosce ed è nuovo su questi lidi, sono Swan Song, e mi piace scrivere in più generi; il giallo è uno di questi, anzi, uno dei miei preferiti.
Questa storia fa parte della serie "The 1950s", che potete trovare sul mio profilo (nella dicitura "Serie"), per orientarvi meglio. I personaggi sono stati introdotti nel primo racconto, ma questa storia è a sè stante, quindi comprensibile lo stesso anche da chi non ha letto le altre. Certo, alcuni riferimenti riguardanti parentele e mestieri vari sono comprensibili da chi sa, ma non sono fondamentali.

I titoli dei capitoli riecheggiano i passi di montagna, quindi "primo passo", "secondo passo" e così via.
Ringrazio la mia amica di penna Eleonora, perché tempo fa mi ha detto che sarebbe bellissima un'avventura di Steve e Price in solitaria, e io l'ho presa sul serio.

Grazie a tutti coloro che seguiranno questa storia o che semplicemente sono arrivati fin qui.
Le letture più alte le ho proprio nei gialli, ed è una soddisfazione pazzesca. <3
Prossimo aggiornamento: a sorpresa ;)

Un saluto,

SwanXSong


 
  
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