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Autore: _Atlas_    22/06/2024    1 recensioni
1997.
Axel, Jake e Jenna vivono i loro vent’anni nella periferia di Mismar, ubriacandosi di concerti, risate e notti al sapore di Lucky Strikes. Ma la loro felicità è destinata a sgretolarsi il giorno in cui Jake viene trovato morto, spingendo gli altri nell’abisso di un’età adulta che non avrebbero mai voluto vivere.
Diciotto anni dopo, Axel è un affermato scrittore di graphic novel che fa ancora i conti col passato e con una storia di cui non riesce a scrivere la fine.
Ma come Dark Sirio ha bisogno del suo epilogo, così anche il passato richiede di essere risolto.
Genere: Generale, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo XXVII
 
 
 
 
 
A Mismar splendeva il sole quella mattina. La primavera era ormai esplosa colorando le sue strade con fiori di pesco e timide violette ai bordi dei marciapiedi.
Una sensazione di leggerezza lo attraversò mentre raggiungeva l’ospedale, lasciandosi alle spalle la paura che per qualche istante lo aveva assalito quando quel mattino fu svegliato dalla telefonata di Jenna, temendo il peggio.
Darryl, a dispetto di tutto, stava andando verso una lenta ripresa e quel mattino i medici avevano concesso loro di vederlo e di passare un po’ di tempo con lui.
Malgrado le buone notizie, tuttavia, non riuscì a non sentirsi sopraffatto dalle emozioni. Quello che lo legava a Darryl andava oltre un semplice legame affettivo, e in quel momento si rese conto per la prima volta di quanto avesse temuto di perderlo anche se con il suo atteggiamento sostenuto sperava di dimostrare, a sé stesso più di a chiunque altro, il contrario.
Esitò prima di entrare nella sua stanza, restando fermo sull’uscio e riconoscendo la sagoma di Richie appollaiata su una sedia mentre sfogliava una rivista specializzata in dessert al cioccolato. Lion era steso sul letto accanto a Darryl, mentre Jenna era seduta a gambe incrociate a un angolo del materasso.
Fu Darryl ad accorgersi della sua presenza, rivolgendogli un sorriso radioso che lo invitava a raggiungerli.
«Santo cielo, da quant’è che non ti fai la barba?» lo rimbeccò immediatamente.
Axel si strofinò il mento, ignorando risoluto il tono di voce flebile che riuscì comunque ad annacquargli appena un po’ lo sguardo. Sorrise nel vederlo farsi beffe di lui, nel tentativo di dare una parvenza di normalità alla situazione. I suoi occhi, vispi e curiosi nonostante tutto, lo cercavano con insistenza come se avessero voluto dirgli molto di più.
«Come ti senti?» gli chiese Axel, scambiandosi con Jenna un saluto silenzioso che lei ricambiò appena.
«Vivo» rispose Darryl alzando appena un po’ le spalle.
«Mi sembra una buona cosa.»
«Già. Come ve la siete cavata senza di me?» domandò l’uomo rivolgendosi poi agli altri presenti.
«Ho montato i tavoli nuovi insieme ad Axel» rispose subito Lion, rimanendo con la testa poggiata sulla sua spalla. Non sembrava molto loquace, ma, come gli aveva già spiegato una volta, quando si sentiva ansioso preferiva non parlare.
«Ottimo.»
«Ho fatto le ciambelle,» aggiunse invece Richie «ma non sono del tutto soddisfatto della tua ricetta. Dovrei farci qualche modifica» spiegò senza spostare lo sguardo dalla sua rivista.
«Provaci e ti taglio le mani» lo minacciò Darryl scherzosamente.
Richie non rispose, ma tutti lo sentirono ridacchiare a bassa voce.
«Jenna?»
«Tutto ok, continuiamo ad essere sul filo della bancarotta» tagliò corto.
Ad Axel non sfuggì la sua voce spezzata, probabilmente aveva pianto o era sul punto di farlo. Cercò il suo sguardo, ma lei lo ignorò.
«Direi tutto nella norma, dunque. E tu?» lo richiamò poi Darryl scrutandolo con attenzione.
Axel deglutì a vuoto, non capendo che tipo di risposta si aspettasse.
«Io?»
«Proprio tu. Che mi dici?»
«Beh, ho montato i tavoli insieme a Lion» disse sperando che quella conversazione finisse lì. E in effetti terminò poco dopo, giusto il tempo di spostare l’attenzione su Richie e minacciarlo ancora una volta per quella storia delle ciambelle, che gli infermieri invitarono gli ospiti a lasciare la stanza.
Axel fu l’ultimo a salutarlo, ma mentre gli altri erano già distanti Darryl lo richiamò a sé.
«Dico davvero, come ti vanno le cose?» gli domandò semplicemente.
Axel abbassò un po’ lo sguardo prima di rivolgerlo di nuovo a lui, incerto su come rispondere.
«Meglio, credo» ammise, e quella rivelazione sorprese persino sé stesso. Le cose andavano davvero meglio?
Darryl gli rivolse un sorriso carico di calore e si schiarì appena la voce.
«Ho fatto una lunga chiacchierata con Lion prima che arrivassi» iniziò a dire.
«E…?»
«Si è affezionato molto a te.»
«Sì, lo so.»
«Quanto sono alte le tue difese in questo momento?»
Axel sorrise a sua volta ma si sforzò di non incrociare i suoi occhi avidi di curiosità.
«Una decina di centimetri e le abbatte del tutto» ammise.
«Lo sospettavo. Basta che poi non te ne scappi da qui senza dirci niente, lui non lo sopporterebbe» lo punzecchiò, questa volta rimanendo serio.
Axel incassò il colpo, ma non rispose alla provocazione.
«Darryl, cosa vuoi fare del Lenox Blues?» gli chiese invece a bruciapelo dopo un lungo silenzio. Non sapeva dire perché avesse urgenza di fargli adesso quella domanda, ma non riuscì a trattenersi.
L’uomo sembrò soppesare le sue parole senza rimanerne troppo sorpreso, dopodiché chiuse gli occhi e si sistemò meglio sul letto.
«Fate quello che ritenete più opportuno» mormorò con semplicità. «Avete carta bianca.»
Axel non disse nulla e quando finalmente trovò il coraggio di parlare un infermiere entrò per accudire Darryl, intimandogli di dover lasciare la stanza.
«Carta bianca?» gli chiese.
«Sì, ma usate la testa e non me lo fate diventare un fast food.»
Axel sorrise un po’, anche se Darryl aveva gli occhi chiusi e non poteva vederlo.
«Sì signore» mormorò.
 
 
*
 
 
All’uscita dall’ospedale non si era trattenuto molto con gli altri. Richie sembrava piuttosto nervoso e desideroso di andarsene, Lion era evidentemente con la testa da un’altra parte e Jenna sembrava aver perso ogni energia vitale. Si era proposto di scortarli fino al locale, ma alla fine tutti avevano declinato l’offerta e lui era rientrato a casa a piedi rimuginando sulle parole di Darryl.
Aveva poi continuato a farlo per il resto della mattinata, durante il pranzo e anche nel primo pomeriggio, ripercorrendo ricordi lontani che si intrecciavano con il presente e, di tanto in tanto, persino con il futuro.
Fu il telefono a bloccare quell’infinito chiacchiericcio mentale. Axel avviò la chiamata con lo stesso entusiasmo che avrebbe avuto un condannato a morte nel salire al patibolo.
«Pronto.»
«Pronto, Terra chiama Axel» rispose dall’altra parte una voce femminile.
«Axel risponde e prega Terra di essere rapida, benevole e non troppo logorroica.»
«Terra ci tiene a precisare che se non si risponde mai al telefono è naturale che le cose da dire aumentino.»
«Axel accetta le conseguenze delle sue azioni e propone di iniziare da capo la telefonata.»
«Proposta accettata. Ciao, Axel.»
«Ciao Lorraine.»
«Come stai?»
«Discretamente. E tu?»
«Non mi lamento.»
Seguì un lungo momento di silenzio in cui Axel contò i secondi che lo separavano dall’ondata di informazioni che gli avrebbe a stento lasciato il tempo di respirare. In effetti, iniziava ad avere già il fiato corto.
«Dai, dimmi da dove vuoi partire. Convegno? Dark Sirio? Salute mentale del sottoscritto?» le chiese infine con vena acida.
«Vorrei solo avere un’idea di quando tornerai a New York. Sarebbe già qualcosa.»
Axel si morse la lingua. Quella era decisamente l’ultima cosa che avrebbe voluto affrontare.
«Non so risponderti» disse con voce piatta, curiosando distrattamente tra le cartacce che aveva sul tavolo. Avrebbe dovuto buttare via tutto.
«Che vuoi dire? Per poco non mandavi a rotoli la tua carriera per quel convegno e ora mi dici che non sai quando tornerai?»
«Esatto. Senti, è difficile. Non si tratta solo del convegno» spiegò a fatica.
«E di cosa si tratta, allora?»
Non sembrava arrabbiata e neppure infastidita. Probabilmente stava solo cercando di mettere insieme i pezzi per trovare una spiegazione che potesse giustificare i suoi comportamenti. Non poteva dire che avesse torto, del resto non aveva mai voluto nascondere la sua volontà di aiutarlo e il convegno alla C.A.M. ne era la prova, tuttavia darle una spiegazione esaustiva era in quel momento impossibile per lui, e non perché non voleva ma piuttosto perché non ne aveva una. O forse, più verosimilmente, ce l’aveva ma non era pronto ad affrontarla.
«Non lo so, Lorraine. Non è stato facile tornare qui, e ora è difficile andare via. Vorrei darti le risposte che cerchi, ma non credo di averne» le spiegò sincero.
«È qualcosa che ha a che fare con il tuo passato?» gli chiese lei ammorbidendo il tono di voce. Questo era senz’altro ciò che amava più di Lorraine, poteva essere furiosa ed esasperata con lui, ma si sforzava sempre di guardare oltre il suo atteggiamento di facciata e alla fine anche lui finiva per abbassare le difese.
«Ha tutto a che fare col mio passato. Credo di esserci finito davvero nel buco nero» le disse.
«Stephen Hawking sostiene che si può uscire dai buchi neri, lo sai?»
«Tutti interi o con un braccio qua e un orecchio là?»
«Non lo so, tu cerca di uscirne così avremo finalmente una risposta.»
Axel non disse nulla e nemmeno Lorraine aggiunse poi altro. Alla fine convennero entrambi che non aveva senso fissare impegni se la data del suo rientro era ancora indefinita, e nonostante fosse una decisione che avrebbe sicuramente portato conseguenze non troppo positive alla sua immagine, era anche l’unica che in quel momento avrebbe funzionato e che in futuro, almeno secondo le speranze di Lorraine, avrebbe fatto funzionare anche tutto il resto.
 
Passò un’altra mezz’ora a rovistare tra le scartoffie che aveva in casa, pensando alla sua carriera, a Darryl, a come Jenna sembrasse avere tutto sulle spalle. Solo quando si ritrovò in mano alcune vecchie foto che aveva scattato insieme a Jake decise che era giunta l’ora di staccare e uscire di casa.
Arrivò al Lenox Blues carico di curiosità, ma Lion non sembrava essere nei paraggi e pregò con tutto il cuore che il suo appuntamento con Amy non fosse saltato.
Trovò Jenna al bancone, con la testa china sul solito quaderno e una calcolatrice a portata di mano. Trasalì non appena lo vide e ad Axel non sfuggì il suo sguardo teso e preoccupato.
«Non ti aspettavo qui…» mormorò confusa.
Lui alzò le spalle e le si accomodò di fronte. «Tu no, ma Lion forse sì.»
«Oh, come mai?»
Axel aggrottò le sopracciglia. «Beh, si vede con…» disse trattenendosi di colpo.
«Con…?»
«Dovrebbe…lui…uhm, non te l’ha detto?» chiese iniziando a insospettirsi e a provare un vago senso di imbarazzo.
«Detto cosa?» chiese ancora lei, incrociando le braccia sotto il seno. Non sembrava arrabbiata, ma evidentemente Lion aveva scelto di non raccontarle niente di Amy. Il che, in effetti, era piuttosto comprensibile.
Proprio in quel momento Lion entrò nel locale, facendosi appena un po’ da parte per lasciare entrare anche la ragazza che era con lui. Axel riconobbe al volo la sua chioma castana, e dagli occhi celesti e uno spruzzo di lentiggini sul naso capì perché a Lion piacesse tanto. Era davvero carina.
«Ciao» li salutò visibilmente a disagio e alternando lo sguardo tra lui e Jenna.
«C-ciao. Uhm, vi posso offrire qualcosa?»
Jenna, che naturalmente aveva già capito cosa stava succedendo, non ci mise troppo tempo a entrare nella parte e gli resse il gioco.
«Sì, prendiamo due frullati alla frutta.»
Axel si gustò divertito l’imbarazzo di tutti i presenti, lieto di non esserne per una volta protagonista. Rubò un paio di noccioline dal bancone e con tutta la nonchalance di cui era capace cercò a sua volta di reggere il gioco.
«Vi preparo un tavolo?» chiese ancora Jenna.
«No, ci mettiamo di sotto. Possiamo, no?» chiese Lion fissando la donna con insistenza.
«Certo.»
«Qui c’è confusione e noi dobbiamo studiare» aggiunse a mo’ di scuse.
Axel si diede un’occhiata intorno e vide che i tavoli erano completamente vuoti. Suo malgrado, per poco non scoppiò a ridergli in faccia.
«Ah, capisco. E cosa avete da studiare?» chiese ancora Jenna, trafficando con un paio di arance nella speranza forse di rimanere seria. Per un secondo incrociò lo sguardo di Axel, ridacchiando di sottecchi.
«Algebra» precisò a quel punto Amy, che era rimasta in silenzio per tutto quel tempo.
«Beh, per quello ci vuole silenzio assoluto e qui Jenna non aiuta, no?» si intromise anche Axel, tanto per non restare zitto e guadagnandosi un’occhiataccia da parte della donna. Rivolse a Lion un sorriso d’intesa e si azzardò a fargli anche un occhiolino.
«Giusto» convenne il ragazzo.
«D’accordo, accomodatevi allora» disse a quel punto Jenna «tra poco vi porto i frullati.»
Axel osservò Lion reggere la porta a Amy e poi voltarsi verso di lui con un gigante punto interrogativo impresso sul viso, gli fece quindi un cenno di okay con la mano, sorridendogli incoraggiante. Sorriso che gli morì sulle labbra non appena rimase da solo con Jenna e con il suo sguardo avido di spiegazioni.
«Quindi?» gli chiese iniziando a sbucciare le arance.
«Quindi stai a distanza di sicurezza o finisce che mi accechi» l’avvertì socchiudendo gli occhi per proteggersi dalle goccioline della frutta.
«Mi spieghi cosa succede? E soprattutto da quando e perché io non ne so niente?! È la sua ragazza quella?»
«Ti sembra la sua ragazza? Non riesce neanche a guardarla in faccia a momenti!»
«Cosa c’entra? Tu non mi guardavi nemmeno quando stavamo insieme» lo rimbeccò, mozzandogli per un attimo il respiro.
«Non stanno insieme» chiarì quindi lui, iniziando ad agitarsi sulla sedia. «È la prima volta che escono insieme.»
«Per studiare.»
«Esatto, per studiare.»
«È stata una tua idea?»
«No, di Darryl.»
«Infatti mi sembrava…»
«Che vuoi dire?» chiese guardandola impettito «Guarda che me lo sono trovato davanti casa implorante di ricevere consigli da me.»
«Sì, e poi? Siete andati a fare anche merenda insieme?»
«Più o meno» ammise, ricordando in che modo fosse andata la serata.
Jenna lo guardò incredula, sbattendo le palpebre in attesa di delucidazioni.
«Abbiamo mangiato un cheeseburger. Da Andy» confessò quindi, mettendocela tutta per non scoppiarle a ridere in faccia.
«È incredibile» commentò lei.
«Cosa?»
«Niente, lascia perdere.»
Axel assottigliò lo sguardo e la scrutò con attenzione mentre lei cercava di ignorarlo.
«Non è che per caso sei gelosa?» la provocò.
A quel punto Jenna interruppe la conversazione avviando il frullatore, che con il fragore coprì quasi del tutto la voce di Axel.
«Complimenti, è molto maturo da parte tua!» le urlò cercando di sovrastarne il rumore.
«Non ti sento!» ribatté lei.
«Ne riparleremo, tranquilla!»
Quando Jenna spense infine il frullatore era chiaramente sul punto di controbattere ancora, ma Richie apparve improvvisamente dalla cucina e interruppe sul nascere la sua protesta piazzando sul bancone una teglia piena di meringhe.
«Ecco qui, così forse vi si abbassa il livello di acidità» suggerì prima di sparire di nuovo in cucina.
«Che tempismo» borbottò la donna preparando poi il vassoio da portare ai due ragazzi.
Axel la seguì con lo sguardo, stavolta però non riuscì a trattenersi dal ridere e in cuor suo sapeva che la gelosia di Jenna era solo un suo modo per tenere il punto e non dargli la soddisfazione di essere contenta per Lion. Mentre usciva per andare al piano di sotto intravide il suo volto sorridente riflesso sul vetro della porta, e una sensazione di calore gli inondò il petto lasciandogli addosso una serenità che non provava da troppi anni.
 
 
___________
 
 
NdA
Ciao!
Ritorno finalmente su questi schermi realizzando che l’ultimo aggiornamento risale al 31 marzo, opsss.
Che dire, Darryl torna a fare capolino nella storia e anche se forse sembra che rimanga più ai margini in realtà la sua presenza è F-O-N-D-A-M-E-N-T-A-L-E-.
E non aggiungo altro al riguardo.
Su Jenna e Axel invece ce ne sarebbe da dire…ma anche qui mi taccio e invito invece voi prodi eroi che siete arrivati fin qui a lasciare qualche recensione e a darmi qualche parere, se lo desiderate. Io conto di tornare presto con un nuovo aggiornamento, pregando che il caldo non uccida la mia ispirazione :’)
 
Ciaoooo!

_Atlas_
 

 
   
 
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