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Autore: blackjessamine    07/07/2024    4 recensioni
Voci.
Tentativi di comunicazione.
Contatto non stabilito.
[“Questa storia è candidata agli Oscar della Penna 2025 indetti sul forum Ferisce la penna”.]
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Non dormi?
Ovvio.

Perché?

Non ci riesco.

Perché?

Ho il cervello su di giri.

È ansia?
Forse.

Perché?
Ci dev’essere un perché?

(spalle che scrollano)

A cosa pensi quando il cervello ti va su di giri?
Cose stupide.

Tipo?
Tipo che devo mandare una mail. E che non mi hanno risposto a un’altra mail. E che a settembre devo chiamare l’Anzani e poi magari va tutto in niente.

Ma siamo a luglio.

Lo so.

È presto per preoccuparsi dell’Anzani.

Lo so.

(sospiro lungo)

Però non riesco a smettere di pensarci.
Ma ti preoccupa così tanto?
Neanche un po’. Di giorno a malapena ci penso.

(sospiro a metà)

Ma di notte è un’altra cosa.

(silenzio, movimenti interrotti)

Mi sento stupida. Se devo perdere il sonno, almeno che sia per la guerra. O il cambiamento climatico.

O la deriva neofascista?
Eh.

Forse è meglio perdere il sonno per le mail e l’Anzani.

Mmh.

(respiri regolari)

Sei ancora sveglia?
È un peso sul petto. E più cerco di non pensarci, più sono angosciata, ma so benissimo che non c’è nessun motivo per l’angoscia. È tipo come se l’angoscia ce l’avessi a prescindere, il mio cervello deve solo trovare una scusa per appiccicarcela sopra.

A me sembra ansia.
In effetti… 

È che mi ci rivedo. Cioè, ti capisco. 

Lo so.

Non per l’Anzani.
Non per l’Anzani, no.

(risata per stemperare la situazione)

Forse dovremmo fare come tutti i millennials e andare in terapia.
Dovremmo, sì.

Che poi, l’altro giorno ho letto un post, o forse era un video, non me lo ricordo; c’era una tizia che diceva che noi della nostra generazione siamo cresciute con la sindrome della crocerossina, ma adesso usciamo solo con persone che vanno in terapia, perché almeno sono risolte. O se non sono risolte, hanno preso consapevolezza del percorso da fare per provare a risolversi.

Tu però sei a letto con me.

E?

E io mi sento più vicino al crocerossinabile che al risolvibile.

In effetti.

Grazie, eh.

Scusa. Però io sono quella che chiama angoscia l’ansia, perché a chiamarla ansia dovrei riconoscere di avere un problema che si può curare in un modo solo.

In effetti.

Comunque non sarei stata una brava crocerossina, quindi forse meglio così.

Così come?
Così. Che parliamo solo di notte, perché non ci vediamo in faccia.
Parlavamo anche per messaggio.

Appunto.

(silenzio carico di dolore da entrambe le parti)

Non so.

Che cosa?
Questo. Forse vorrei abbracciarti.
Lo stai facendo. Più o meno.
Vorrei farlo meglio. 

Scusa.

Di che?
Che non sono brava a farmi abbracciare.

Ok.

(silenzio, lacrime in gola)

Non l’abbiamo neanche fatto.

Che cosa?
Come, che cosa?
Lo sai.
Non abbiamo scopato?
Non volevo scopare.

Ok.

No, nel senso, scopare. È una brutta parola. Se lo facessimo, non scoperemmo.

Ah, faremmo l’amore?

(risata ironica che non nasconde il dolore)

Ma ti prego.

Ecco.

No, nel senso, avremmo bisogno di un modo di dire meno preciso.

Fare cose?
Ma no, non hai capito.

Ho capito, ma non voglio parlarne.

È di nuovo il tuo muro?

Mmh.

Scusa.

Ok.

(silenzio)

(per tutta la notte, il respiro di due persone sveglie)




 

 


 

Note:

Mi rendo conto che questa cosa avrebbe bisogno di qualche spiegazione. Spiegazione che, però, non credo di voler dare.
Non so bene cosa sia, non so se avrà un seguito (idealmente dovrebbe averlo, ma all’atto pratico non sono sicura di voler continuare, perché scrivere queste cinquecento parole mi ha fatto piangere più di quanto avessi preventivato). Però è forse la cosa più “reale” e sentita che io abbia scritto nell’ultimo anno e mezzo. So che si distacca molto da quello che pubblico solitamente qui, e so che anche stilisticamente può sembrare qualcosa di molto lontano da ciò che scrivo di solito, ma di nuovo, è paradossale, ma forse è anche l’unico momento in cui mi è sembrato di scrivere per necessità e non per volontà.

Vi chiedo solo di trattare queste parole per quello che sono, e cioè fragili.


 

   
 
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