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Autore: Kyulia03    11/07/2024    0 recensioni
- Tu non sei un ragazzo pericoloso, hai solo bisogno di riprendere il contatto con te stesso! E io ti aiuterò a farlo-.
Cosa succede quando hai visto così tanto dolore da non riuscire più a sentire il tuo? Cosa succede quando ti sei arreso al fatto che sei destinato a passare una vita senza valore chiuso in una cella, perché pensi sia tutto ciò che ti meriti?
E cosa succede quando, improvvisamente, qualcuno decide di ricordarti che anche tu hai il diritto di vivere?
Storia originale del mio profilo Wattpad: Kyulia03
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Akashi fissò lo specchio di fronte a lui.

Uno specchio... Da quanto tempo non si guardava allo specchio? Sei anni, almeno; non gli sembrava di aver mai visto uno specchio in prigione.

Qualche volta erano andati dei barbieri li, infatti non aveva praticamente barba, anche se ricordava poco di quegli incontri; e i suoi capelli erano decisamente più lunghi di quanto era solito tenerli.

Però, visto che stava indossando un completo piuttosto elegante, ci stavano quasi bene...

Aveva passato una settimana a ricevere visite da Tsukishima in quanto suo nuovo avvocato: il biondo aveva dato ufficialmente il via al processo, per cui anche Akashi aveva dovuto prepararsi.

Non aveva potuto ricevere visite, se non quelle di Bokuto ovviamente visto che era il suo psichiatra.

Gli sarebbe piaciuto vedere i suoi genitori, ma purtroppo con il fatto che aveva dovuto rincominciare a prendere i farmaci i loro tempi erano stati diminuiti.

Adesso, si trovava in una stanza del tribunale, dove gli avevano fatto indossare un abito che gli aveva fatto mandare Oikawa per l'occasione.

- Ti senti pronto?- gli chiese Kei, unico dentro la stanza con lui oltre alle guardie che avrebbero dovuto scortarlo.

- Sì- rispose Keiji - sicuro che io non debba fare niente?-.

- Limitati ad ascoltare i tuoi amici: testimonieranno già in tanti, e abbiamo le valutazioni psichiatriche. Ho trovato anche i documenti dell'assunzione di Kyoko e di Daichi e nessuno dei due aveva chiesto il trasferimento in quel penitenziario o simili, per cui non avranno alcun problema. Io sono pronto, tu pensa solamente a quando potrai riavere la tua vita- dichiarò Kei, afferrando la sua valigetta - andiamo-.

Akashi annuì; affiancato dalle due guardie, seguì Tsukishima fuori da quella stanza.

In quel momento i corridoi del tribunale erano praticamente vuoti, e Akashi ne fu rassicurato: ancora non sapeva quanta gente fosse a conoscenza della sua situazione, se il suo caso fosse stato pubblicato sui giornali o se Tsukishima fosse riuscito a tenere lontana la stampa, ma in ogni caso, dopo tutto quello che i suoi amici avevano fatto per lui, non ci teneva ad andare in giro a venire additato come un assassino a sangue freddo, non dopo tutto ciò che era successo fino a quel momento.

Ma non era ciò di cui preoccuparsi ora: stava per entrare in aula; l'ultima volta si era dichiarato colpevole senza dire altro, ma questa volta aveva la possibilità di fare sapere come fosse andata veramente.

Non era un mostro, stava solo soffrendo.

Le guardie aprirono la porta dell'aula e Akashi cercò di ignorare gli sguardi di tutti quanti su di sé mentre entrava.

C'erano tutti i suoi amici, tutti quelli che erano andati a parlare con lui e che quel giorno avrebbero testimoniato, più qualche altro membro della Nekoma arrivato apposta per l'occasione.

E, ovviamente, Bokuto; seduto in prima fila dietro a dove ci sarebbe dovuto essere lui, con un completo decisamente fin troppo elegante per il suo carattere, infatti si vedeva che avrebbe preferito non indossarlo.

Ma voleva risultare al meglio in quell'occasione: era lì per dare tutto il suo sostegno ad Akashi e avrebbe dato il massimo.

Quando lo vide comparire, non poté fare a meno di rivolgergli un sorriso, che Akashi non riuscì a ricambiare solo perché la sua attenzione venne catturata da due figure sedute di fianco a Bokuto: i suoi genitori.

Il suo cuore perse un battito: non li vedeva da anni... Erano invecchiati leggermente ovviamente, ma non erano poi tanto diversi da come li ricordava.

Sua madre aveva sempre un'espressione gentile, e un lieve sorriso in volto che non esitò a dedicare al figlio non appena lo vide. Suo padre aveva sempre avuto un'aria più severa, Akashi da quando era bambino lo riteneva un uomo piuttosto saggio, ma anche lui nel rivedere il figlio dopo tanto non poté fare a meno di sospirare di sollievo e rivolgergli un cenno d'incoraggiamento.

- Cerca di non guardare troppo dietro durante il processo: la giuria deve vederti concentrato e deve vedere le tue reazioni per capire quanto tu sia pentito e sofferente- si raccomandò Kei, mentre si sedevano al tavolo.

- Va bene- rispose il ragazzo, tornando a guardare il biondo.

- Non sei il tipo che fa cose simili, ma non parlare assolutamente, e anche se dovessi sentire qualcosa di spiacevole non provare a contestare e non fare casino- disse Kei, ringraziando mentalmente che il suo cliente fosse Akashi e non una persona come Bokuto, perché in quel caso tenerlo buono sarebbe stato decisamente più difficile.

- Va bene- rispose Keiji.

Tsukishima lo osservò per un attimo. Quando aveva saputo che Akashi non aveva neanche voluto un processo, si era chiesto come avessero potuto lasciare che un ragazzo palesemente così sconvolto non avesse neanche l'occasione di dire qualcosa. Anzi, il fatto che non avesse voluto avrebbe dovuto portarli a indagare più a fondo.

L'aveva trovato parecchio ingiusto, e probabilmente anche per questo aveva deciso di seguire quel percorso nella sua vita: non gli era mai importato troppo delle persone, ma riconosceva che non tutte erano colpevoli come si pensava, e avrebbe fatto in modo che almeno loro potessero avere ciò che meritavano davvero.

La giuria e il giudice entrarono in aula e il ragazzo tornò a concentrarsi: quello era il suo momento; avrebbe fatto il possibile.

E, come al solito, avrebbe vinto.

Non aveva mai amato particolarmente parlare con le persone, di solito vi interagiva principalmente per prenderle in giro, ma quel giorno parlò come non aveva mai fatto prima nella sua vita.

Interrogò quasi tutte le persone presenti in aula che aveva già dichiarato come suoi testimoni: tutti i loro amici, Bokuto in qualità di psichiatra, e il precedente psichiatra di Akashi che gli aveva dato i medicinali senza esitare.

Interrogò anche il direttore del penitenziario, chiamato a testimoniare dal suo avversario, ma l'uomo dichiarò, come lui aveva previsto, che Akashi non aveva mai causato problemi in quegli anni, neanche in quei pochi giorni in cui gli erano stati tolti i farmaci; anche se lui attribuiva il merito proprio ai medicinali, comunque oggettivamente aveva dimostrato che Akashi non era un ragazzo violento, anzi era molto calmo e razionale, e il pentimento lo aveva portato, in tutti quegli anni, ad accettare la punizione che si era prefissato senza battere ciglio.

Era esattamente l'immagine che serviva: quella di un bravo ragazzo, sempre razionale e in grado di calcolare la situazione intorno a sé, che in un momento di debolezza, distrutto dal dolore, si era trovato a incolparsi di qualcosa che non aveva fatto.

La sua mente non era riuscita a sostenere quel pensiero, era crollata, e l'aveva portato a fare credere a tutti che fosse stato tutto organizzato da lui e accettare senza fiatare la punizione che pensava di meritarsi; aveva accettato di dare la sua vita in modo da compensare la perdita delle loro, scegliendo di non darsi neanche da solo la possibilità di comprendersi.

Akashi assistette ai suoi amici che, davanti a tutti, lo perdonavano; assistette ai genitori dei suoi amici che, nonostante avessero perso i loro figli, avevano deciso che invece lui sarebbe dovuto tornare tra le braccia dei suoi genitori.

Rimase un silenzio per tutti il tempo, il cuore che gli martellava con forza nel petto, mentre si chiedeva cos'avesse fatto per meritarsi così tanti amici e così tanto sostegno; non aveva abbastanza vite per riuscire a esprimere tutta la gratitudine che provava nei loro confronti, ma ce l'avrebbe messa tutta perché lo potessero capire.

La giuria tornò in aula e Tsukishima fece cenno al ragazzo di fianco a lui di alzarsi; aveva già previsto che avrebbe potuto volerci di più, avevano a malapena fatto la pausa pranzo, ma pareva che anche il giudice ci tenesse a concludere quella storia il prima possibile.

- ... dichiariamo l'imputato assolto, con l'obbligo di venire trasferito in una casa di cura fin quando le sue condizioni mentali non torneranno completamente ristabilite-.

Akashi per un attimo quasi non riuscì a realizzare il significato di quella frase: avvertì le persone gioire dietro di lui, vide la giuria e il giudice andarsene, sentì qualche applauso, ma non subito comprese cosa significasse.

Lui adesso... Era libero; non sarebbe più stato costretto a stare in quella cella solitaria, non avrebbe più dovuto indossare le manette, avrebbe potuto vedere i suoi amici, sarebbe potuto tornare a scrivere, a studiare, a fare ciò che più amava.

Adesso, avrebbe potuto farlo davvero.

- Congratulazioni-.

Si voltò verso Tsukishima.

- Sei libero-.

Akashi lo fissò per un attimo.

- Ti ringrazio... Davvero tanto- sussurró.

- Dovrei ringraziare tutti loro, non me. Non avrei potuto fare nulla senza le loro testimonianze- affermò Kei - verrai trasferito subito, avevo già fatto richiesta, per cui probabilmente tra poco dovrai andare; ti conviene salutarli-.

Akashi annuì e si voltò; prima che potesse dire qualcosa, si trovò avvolto nell'abbraccio di sua madre.

- Oh Keiji, non hai idea di quanto tu mi sia mancato!- esclamò la donna, iniziando a singhiozzare.

Il ragazzo fece un piccolo sorriso e la strinse leggermente a sé; com'era strano, poterla finalmente riabbracciare, essere libero di compiere quel gesto, non avere più un paio di manette a bloccarlo, avere di fronte qualcuno che voleva lo facesse... Gli era mancata un po', come sensazione.

- Mi dispiace... Per ciò che ho fatto, per avervi allontanati e avervi tenuti in pena per me per tutti questi anni. Avevo bisogno di espiare, almeno in minima parte, le mie colpe- sussurró il ragazzo.

Sentì una mano posarsi sulla sua spalla e si voltò verso suo padre.

- Siamo felici che tu abbia deciso di tornare- dichiarò l'uomo; Akashi gli rivolse un piccolo sorriso.

- Dovete ringraziare tutti loro... Mi hanno aiutato a capire che sarebbe stata la scelta giusta, e che mi avrebbero appoggiato in ogni caso- sussurró,correndo lo sguardo sui suoi amici, e notando che si stavano riunendo in fondo all'aula, raggiunti anche da Tsukishima con Yamaguchi.

Solo Suga e Daichi gli si stavano avvicinando, un lieve sorriso in volto.

- Complimenti per la vittoria, te la sei limitata- affermò il secondo.

- È stato Tsukishima a farcela... Grazie all'aiuto di tutti voi- rispose Keiji.

- Ne parleremo meglio più avanti; visto che hai poco tempo, ti lasciamo parlare con i tuoi genitori. Noi ti verremo a trovare alla casa di cura- dichiarò Koushi.

- D'accordo... Grazie ancora, ditelo anche agli altri. Farò tutto ciò che posso per sdebitarmi con voi-.

- Per adesso pensa solo a riprenderti- si raccomandò Koushi, prima di salutarlo per allontanarsi insieme a Daichi.

Akashi li seguì con lo sguardo e qualcosa catturò la sua attenzione: Bokuto si era alzato, un po' in ritardo rispetto agli altri, e anche lui stava per dirigersi verso l'uscita.

- Scusate, arrivo subito- disse ai suoi genitori, allontanandosi velocemente da loro per raggiungere il ragazzo.

- Bokuto-san- lo chiamò; il maggiore si fermò e si voltò verso di lui, rivolgendogli un piccolo sorriso.

- Akashi, ciao!- gli disse.

- Ecco... Volevo ringraziarti, Bokuto-san. Senza di te... Tutto questo non sarebbe mai potuto succedere. Mi hai dato tu la forza per farcela- affermò Keiji.

Bokuto scosse la testa.

- Sono il tuo psichiatra, è più che normale- dichiarò.

Akashi non rispose: era vero, Bokuto glielo aveva già detto... Una volta uscito da lì, non avrebbe più dovuto contare su di lui, doveva rincominciare a cavarsela da solo.

Avrebbe avuto altri psichiatri al suo fianco... E i suoi amici.

Ma non lui.

Almeno per il momento.

- Sei giunto alla fine del nostro percorso, Akashi: complimenti, adesso so che sarai in grado di farcela con le tue forze- dichiarò Koutaro.

Non avrebbe voluto separarsi da lui ma... Era il suo psichiatra; era quello il suo compito.

- Lo farò di sicuro- dichiarò Keiji - la ringrazio; addio, dottore-.

Bokuto fece un piccolo sorriso.

- A presto- salutò, prima di voltarsi e uscire dall'aula.

Akashi rimase immobile ancora per un attimo.

Non più come dottore e paziente, non più come un ragazzo arreso e la persona che voleva riportarlo in vita... Ma era certo, che un giorno si sarebbero rincontrati.

E in attesa di quel giorno, avrebbe fatto di tutto per rincominciare a vivere al massimo delle sue forze.

 

   
 
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