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Autore: MelaniaTs    16/07/2024    0 recensioni
Chamael e Raziel sono cresciuti insieme senza sapere di essere fratelli. Quando a quattordici anni Chamael sparisce dal collgeio dove studiava con Raziel, quest'ultimo cerca l'amico in lungo e in largo. Durante il suo viaggio scoprirà di chi fidarsi, l'amore e soprattutto che Chamael è suo fratello. Camminando su binari diversi si ritroveranno Chamael e Raziel? E perchè Chamael è sparito?
Genere: Angst, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Wing of freedom Saga dei Keller'
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COPYRIGHT: Le mie storie non sono assolutamente prelevabili e non potete spacciarle per vostre!
Vi ricordo inoltre che: Tutti i nomi, i caratteri e le storie dei personaggi presenti sono frutto di pura fantasia. Ogni riferimento a persone o/e eventi realmente esistenti o esistite è puramente casuale.

ATTENZIONE: ©
Questa una saga di famiglia che segue questi tre libri. 
La storia si chiama Reazione a Catena, poichè segue le reazioni di alcuni personaggi alla scomparsa di Alaska Thompson ne Il Tesoro più prezioso, Essendo una raccolta di one shot, Reazione a Catena è scritto in terza persona, quindi si concentra sull'introspettiva dei personaggi in un solo capitolo e non in più capitoli. 
Se vi fa piacere potrete seguire le vicende che hanno preceduto Reazione a Catena, leggendo anche gli altri libri qui in elenco.

  La storia di Thomas Il tesoro più prezioso; la storia di Gabriel Keller in Liberi di essere se stessi e da questo momento anche con la Thomas & Sapphire story. Grazie a tutti coloro che seguono le mie storie.

PICCOLA CURIOSITA': Nella Religione Ebraica, Raziel è l'Arcangelo del Mistero o custode dei segreti di Dio; Chamael è invece l'Arcangelo dell'amore puro, il nome significa colui che vede Dio (in inglese e tedesco si pronuncia comunque Camel, mentre il diminutivo Chamly si pronuncia Cemly)


INFORMATIVA ARRIVATA FINO AD ORA SULLA SERIE Albero Genealogico:I Thompson - I Keller - Kleinsten

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Ero un ragazzo al di sopra della media. A diciotto anni ci ero arrivato facilmente.
Quando però avevo tre anni, non lo capivo. Mia madre mi chiamava mostro!
Mostro perché sapevo già leggere, mostro perché sapevo scrivere, mostro perché ero mancino. Mostro! Mostro! Mostro! Ero abituato a sentirmi dire questo e ancora: non mi sei servito a nulla.
All'epoca non avevo capito che quella era violenza psicologa!
Ebbene! Mia madre era una cuoca. Si definiva chef, ma non era in grado di creare dei piatti talmente superi da potersi definire una chef.
Era una cuoca! Le veniva dato un menu e doveva eseguirlo, mamma sapeva fare delle ottime copie dei piatti conosciuti al mondo. Ma la cosa finiva lì.
Mia madre viveva per elogiare il suo ego! Si definiva una chef con i suoi colleghi e quando loro la trattavano con modestia non ci vedeva.
Si infuriava e così per questo suo atteggiamento veniva mandata via dal ristorante di turno.
Eravamo stati dalla mia nascita già in tre stati. Ero nato a Norimberga, nella Baviera tedesca, ci eravamo poi trasferiti in Svizzera, prima a San Gallo, poi a Ginevra. Dalla Svizzera eravamo passati in Francia, a Parigi mamma aveva conosciuto quello che parve essere il suo grande amore.
Avevo un anno e mezzo all'epoca. Ma capivo già benissimo ciò che mi circondava. Non capivo l'amore, sia perché all'epoca già non mi veniva dato, sia perché non era qualcosa di tangibile. Ma capivo i libri. Martin l'uomo di mia madre mi faceva giocare con dei libri per bambini, erano disegnati in modo abile e accompagnati da parole ad ogni disegno.
Martin mi leggeva quelle storie mentre la mamma era a lavorare al ristorante. Lui mi diede quello che forse si poteva definire amore e soprattutto apri la mia mentre all'istruzione. A un anno e mezzo il mio cervello già comprendeva che per imparare bisognava leggere e quelle lettere giganti nel libro colorato che Martin mi leggeva mi divennero talmente famigliari che le imparai.
"A-I-NI..." ero curioso e volevo esprimere ciò che vedevo.
"Mais non, mon petit bébé!" Con un sorriso accecante Martin aveva l'abitudine di correggermi. "È una doppia W, si legge Winnie." Mi arruffava la chioma nera e sempre con il suo sorriso mi elogiava. "Sei proprio un bambino molto intelligente se riesci già a leggere."
All'epoca non capivo cosa significasse la parola intelligente. Ma Martin la sapeva e infatti assecondava la mia curiosità.
Mi comprò dei libri e dei video che mi iniziarono all'alfabetizzazione. Trascorrevamo tanto tempo insieme io e lui da soli. Mamma andava al ristorante, per queste mi lasciava sempre a casa, dove c'era appunto Martin.
Stranamente nel periodo in cui ci fu Martin non ci furono trasferimenti, ero troppo piccolo a un anno e mezzo per sapere che fosse isterica con gli altri cuochi. Comunque Martin riusciva a farle avere una certa calma interiore.
Mamma era innamorata, Martin non so, ero troppo piccolo per saperlo. Trascorsi con lui il periodo più bello della mia vita, prima che venissi rinchiuso. Martin mi aveva aperto le porte alla cultura. Poi ci lascio! Non ne seppi il motivo, ma un giorno sentii tante urla a casa, di mamma.
Parole senza senso del tipo: ti ho dato un tetto, non vivrai abbastanza.
Erano frasi buttate lì. Una lite che la mamma pensò fosse passeggera. Forse il problema era la sorellina che sarebbe dovuta nascere a breve, forse il lavoro di mamma, o anche quello di Martin che non sapevo quale fosse. Un pomeriggio mamma come sempre andò al lavoro. Martin mi regalò un altro libro, era più complicato, le lettere erano diverse. Come poteva un bambino di quasi due anni riuscire a leggerlo e decifrarlo?
"Sembra difficile." Mi disse Martin invece di cantarmi la solita ninna nanna. "Lo so, come so che sei straordinario Chamael. Per questo te lo dono, è il mio lascito per te. Forse non capisci neanche di cosa parlo, sappi solo che credo in te Chamael. Io purtroppo devo andare e posso farlo solo adesso che la tua mamma non c'è. Dormi e al risveglio ci sarà lei qui a casa."
Non compresi, non capivo, erano parole senza senso.
Le urla della mamma quando rientrò invece erano spaventose. Mi svegliò e piansi di terrore. Urlava come una pazza, apriva balconi e finestre e chiamava Martin.
Martin però non c'era! Ci lasciò e noi lasciammo Parigi e la casa dove eravamo vissuti con Martin subito dopo la nascita di Rachel Lynn.
Mia sorella alla sua nascita riuscì a calmare la mamma, si era innamorata di lei. Mica come si me con cui tendeva a occuparsi poco.
Ritornammo in Germania. Mamma iniziò a lavorare in un nuovo ristorante e io mi rifugiavo nei libri. Iniziai anche a ricopiare le lettere sul libro. Era bello scrivere le lettere, mamma non badava a me, tanto era presa da Rachel.
Un giorno però mi vide scrivere e urlò come una pazza. "Cosa fai, come disegni?" Mi urlò
Le sorrisi. "Non disegno! Scrivo..." avevo due anni e mezzo e un buon lessico per un bambino della mia età.
Mamma ne sarebbe stata fiera, pensavo, sapevo scrivere.
"I bambini a due anni e mezzo non scrivono." Disse Melissa, la figlia del nuovo compagno di mamma. Lei sapeva scrivere, aveva sette anni e andava a scuola. "Sicuramente dai solo scarabocchi."
Feci una smorfia. Ero sicuro di stare scrivendo. Però sapevo leggere, meglio di Melissa anche se non lo dissi.
Lei quando leggeva per fare i compiti si fermava, non riusciva a leggere bene come me.
Melissa era anche la persona che si prendeva cura di me e Rachel quando la mamma era al lavoro.
Restare in sua compagnia mi scocciava, ogni sera quando mamma e signor Edmond uscivano per andare al ristorante, noi tre restavamo in casa. Melissa metteva Rachel nel box a giocare e accendeva il televisore,  mi lasciava con un quaderno e una penna in mano dicendomi di fare ciò che volevo e aspettava che Rachel si addormentasse mentre lei guardava la televisione. All'epoca non capivo che mi lasciava a me stesso poiché quelli per me erano momenti di libertà. Lei non badava a ciò che facevo e di soppiatto andavo a prenderle i libri e i quaderni su cui studiava per imparare io stesso. Iniziai a scrivere e a ricopiare proprio come faceva lei sui suoi quaderni, le parole, le lettere e i numeri.
Nonostante fossi piccolo, ero più bravo di lei a scrivere e anche a contare. Con i suoi libri imparai i numeri e a metterli uno in fila all'altro.

A  tre anni e mezzo  il mio talento era visibile a tutti all'epoca Melissa aveva quasi otto anni e doveva entrare in terza elementare Durante l'estate mentre leggeva i compiti delle vacanze io ero lì sempre presente a correggerla. Melissa leggeva ancora male e quando lo faceva io le correggevo la frase.  Fu la prima volta che sentii qualcuno  chiamarmi mostro, mia mamma,
Melissa e Edmond. Quest'ultimo disse alla mamma che  i bambini dovrebbero giocare non stare con i quaderni in mano
All'epoca non sapevo che mia madre e il suo compagno erano spaventati dalla mia persona. Io ero, in pratica, non alla loro portata. Decisero infatti di rinchiudermi in un collegio, così mi avrebbero fatto fare il bambino.
"Ne conosco uno a Monaco. Così non saremo costretti a riportacelo a casa." Disse mia mamma.
Io non volevo andare via. Volevo restare a casa con loro e Rachel.
Imparai a otto anni che le persone ignoranti e superbe, erano le peggiori.
Mia madre era un'ignorante, nonostante non lo dimostrasse.
Me lo diceva sempre. "Ti ho generato per capriccio e non sei servito. Se tuo padre vedesse il mostro che è nato dal suo seme ne sarebbe orripilato. Farti nascere non è servito."
All'epoca queste parole non le capivo. Ma mi facevano soffrire tanto.
Ero succube di mia madre che rifugiava nelle mani alle risposte argute che riuscivo a dare ad appena tre anni.
"Chamael te la taglio questa mano! Non ti serve in cucina, usa la destra." Mi diceva legandomi la mano dietro alla schiena.
Soffrivo e piangevo, usavo la mano destra ma con fatica. Lei voleva così.
Per evitare che mi legasse la mano avevo capivo che scappando non sarei stato più obbligato ad obbedire.
Il miglior nascondiglio era dove ella meno se lo aspettava. Sotto il lavandino della sua amata cucina.
Non mi trovava mai. Così imparai che quello era il posto perfetto per scappare da lei.
Mi rinchiuse in un collegio! Era il posto più spaventoso che avessi visto fino ad allora, avevo appena compiuto quattro anni e mi aveva lasciato in un collegio da solo.
Avrei dovuto badare a me stesso, ma sapevo che non ero capace di farlo. Fortunatamente
nel nostro dormitorio, con noi c'era anche il nostro relatore, un maestro che ci aiutava a vestirci e a lavarci, la sera prima di andare a letto. Ci insegnava come dovevamo lavare i denti, come dovevamo resettare le coperte, come dovevamo comportarci. Piano piano iniziai a fare amicizia con gli altri bambini, tuttavia non feci in tempo che venni trasferito in un'altra classe.
Il maestro diceva che per le mie capacità, la prima classe non andava bene per cui dovevo cambiare. Fui quindi spostato  alla seconda classe, qui i bambini scrivevano e seguivano un programma simile a quello che aveva fatto Melissa l' anno prima. Ero  contento perché potevo scrivere. Inoltre prima che mi chiamassero mostro decisi di usare la mano destra per scrivere, mi faceva male scrivere con questa, eppure me la cavavo bene e riuscivo ad essere ordinato. I maestro si complimentò con me e anche io ero felice di essere abbastanza bravo per lui. Ripresi a fare conoscenza con i miei amici di classe , tutti erano un po' reticenti poiché ero piccolo e loro dicevano che non potevano parlare di cose da grandi. Ne ero mortificato, decisi quindi di dedicarmi a quello che sapevo fare meglio:imparare!
Di nuovo però vollero spostarmi aula, ma io non volevo perché sapevo che i bambini più grandi non avrebbero giocato con me. Nessuno mai giocava con me eppure era una cosa che desideravo. Così il primo giorno nella nuova classe scappai nell'unico posto dove sapevo non mi avrebbero trovato. Andai nelle cucine della scuola e mi nascosi sotto il lavandino. In questo modo non mi avrebbero trovato. Non ci riusciva la mamma perché ci doveva riuscire qualcun altro?
Eppure qualcuno mi trovò. Raziel apparve come un angelo a salvarmi. Era arrivato in cucina per prepararsi uno spuntino veloce, aveva il permesso dei cuochi nonostante fosse un bambino poiché era in grado di gestirsi.
Mi disse che aveva visto i piedi uscire dal lavandino e si era preoccupato
"Cosa ci fai lì?" Mi chiese.
Io lo guardai sorpreso. Non so perché ma quel bambino mi piaceva. Forse perché mi ricordava qualcuno, i suoi occhi già li avevo visti e anche questo naso piccolo e a patatina, come il colore dei capelli. Sì avevo già visto quel bambino ma non sapevo dove.
Mi  disse di chiamarsi Raziel Isaak ma che preferiva farsi chiamare Isaak e mi convinse ad uscire fuori dal lavandino.
Decisi che l'avrei chiamato Ras, era più facile e sarebbe stato unico
"Perché ti sei nascosto sotto il lavello?" Mi chiese.
"Perché mi puniscono sempre." Risposi sinceramente. "Non vado bene nella mia classe e mi hanno cambiato. Eppure  evito di scrivere con la mano sbagliata, scrivo sempre ordinato e faccio i compiti di matematica in modo giusto, so anche leggere molto bene. Ma per loro non vado bene." Mi sfogai.
Raz mi fissò. "Non è che sei troppo bravo per stare con i tuoi amici più piccoli?" Mi chiese sereno. "Prova a dir loro che non vuoi cambiare aula. se non te la senti parlo io con il tuo relatore." Mi propose.
"Lo faresti?" Gli chiesi speranzoso. "Nessuno vuole giocare con me dicono che sono un bambino troppo piccolo, tu giocheresti con me io non gioco mai con nessuno e questa cosa mi rende molto triste." Dissi non trattenendo più le lacrime.
"Certo che puoi giocare con me, puoi giocare con me con la mia amica Giaele. Come ti chiami?" Mi chiese asciugandomi il viso.
Al che io risposi. "Sono Chamael, il mio è il nome di un angelo, anche io vorrei essere un angelo." Ammisi, gli angeli erano belli, non come i mostri.
Raz mi sorrise. "Ma lo sai che anche il mio è il nome di un angelo? Raziel è uno dei sette arcangeli. Me lo dice sempre la zia Saffi."
Quindi Raz era veramente il mio angelo salvatore, infatti da quel giorno le cose erano iniziate ad andare bene.
Poco prima di partire per le vacanze di Natale e tornare a casa mi presentò la zia, anche lei era un angelo bellissimo. Infatti appena la vidi ne rimasi incantato. Aveva lunghi i capelli biondi che le circondavano il viso e gli occhi dello stesso colore del cielo. Anche lei era un angelo e senza che me ne accorgessi mi salvò la vita, dandomi ciò che in cuor mio avevo sempre voluto. Una famiglia che mi amava e mi accettava.
Ella infatti non era sola, con lei c'era un uomo, un altro angelo che mi accolse tra le sue braccia.
Mi accolsero e mi salvarono dalla mia famiglia.
Tempo qualche mese infatti la famosa zia Saf tornò da me con l'uomo che potevo definire mio padre. Mi fecero delle domande su di me e sulla mia famiglia, mi chiesero perché mi mettevo in punizione. Mi chiesero risposte sincera dicendomi che non dovevo avere paura di parlare. Allora raccontai tutto, dissi che per la mia famiglia ero un mostro, scrivevo con la mano sbagliata e mamma mi puniva sempre per questo motivo.
"Sei mancino, non un mostro. Anche Raziel è mancino, sai?" Mi disse l'angelo.
"Non devi nasconderti. Come abbiamo detto alla preside, nonostante il tuo alto quoziente intellettivo non devi essere costretto a cambiare classe. Non verrai più sottoposto a cambiamenti fin quando ci saremo noi Chamael." Mi disse il papà.
Il bellissimo e buonissimo papà. Mi aveva amato così tanto. Mi aveva liberato dalla mamma e fatto conoscere tante belle persone.
Oltre la mamma angelo conobbi anche l'altra mamma. Marina, meglio conosciuta come Ma! La conobbi alla sua festa, indossava un vestito bianco, era un angelo anche lei e con lei c'era un altro papà.
Nonostante ciò dopo quell'estate non li rividi. Papà Stephan e mamma Marina ci portarono tutti al collegio e dopo di allora lei non la vidi più.
Papà invece era stato il mio bellissimo mondo. Mi trattava come un bambino, mi elogiava quando facevo dei progressi nello studio, veniva a prendermi ogni week end al collegio. Se non c'era la mamma, lui veniva sempre. Anche quando era ammalato.
Papà come me scriveva tanto. Gli piaceva scrivere.
"A chi scrivi?" Gli chiesi una volta.
"A Marina!" Mi rispose col sorriso. "Alla nonna Rosalie, sai hai anche una nonna americana che vive con Marina."
"Oh!" Esclamai. "La nonna Rosalie non la conosco."
"L hai conosciuta invece. Era al matrimonio di Marina e il tuo papà." All'epoca non capii neanche questo. Il papà Stephan mi aveva rivelato del mio papà.
"Mi impari a scrivere le lettere, voglio scrivere a Marina e alla nonna." Gli dissi.
Quelli erano momenti bellissimi tra di noi. La mamma era a Londra per lavorare e noi eravamo soli a tenerci compagnia in quei lunghi weekend. Imparai a scrivere la mia prima lettera a quattro anni e mezzo e seguendo i consigli di papà Stephan la spedii alla nonna e alla mamma Marina. Scrissi loro che erano bellissime e che mi mancavano tanto, ricevetti anche una risposta da tutte e due. Era stato il momento più bello ricevere le loro lettere. Entrambe si complimentavano per la mia scrittura e per la mia grande intelligenza, per la capacità che avevo di scrivere una lettera ben messa nonostante fossi piccolo. In quel mondo dove vivevo con mamma, papà e tutti gli altri, mi sentii accettato per ciò che ero. Un bambino talentoso e intelligente, un bambino da assecondare quando faceva qualcosa di costruttivo e non un mostro a cui tarpare le ali.
Quel periodo felice passò però velocemente. Il papà Stephan infatti morì l'estate dopo che mi avevano preso in affidamento con la mamma. Per me fu tremendo, papà Stephan era stato il mio riferimento fino a quel giorno e adesso ero solo.
Fortunatamente la mamma non mi abbandonò e mi fu vicina durante il lutto. Fece in modo che Raziel fosse con me e non mi lasciasse in un momento simile, anche se la mamma di Raz più volte lo portava via lasciandomi solo. Mamma mi aveva fatto circondare di persone e di bambini. Lei, Raz, Giaele e tanti bambini.
Mantenendo la tradizione di papà continuai a scrivere lettere alla nonna e alla mamma Marina. Volevo far capire loro che io e papà c'eravamo ancora.
A settembre la lettera si risposta della nonna mi arrivò al collegio.
«Mio caro Chamael come stai? Spero bene bimbo mio.
Purtroppo ho una brutta notizia da darti, devi sapere che la mamma Marina è salita su in cielo con papà Stephan...»
Quelle parole mi penetrarono nell'anima. Credevo di non avere più lacrime eppure piansi leggendo quella lettera. Piansi e poi sorrisi. Papà Stephan non era solo in cielo, con lui c'era mamma Marina.
Così rinvigorito risposi alla nonna. Dicendole che ero bello così, il papà non sarebbe stato solo e neanche la mamma Marina.
Lo scambio epistolare con la nonna Rosalie continuò per altri due anni. Fino a quando non mi arrivò la lettera da un signore di nome Tobias che mi avvertiva della morte di nonna Rosalie.
Risposi anche a lui: Il paradiso si riempie di angeli. Non sarà sola.
E lo ringraziai.
Ringraziavo chiunque trovassi sul mio cammino. Ero maturato avevo otto anni e la mia infanzia in compagnia di mamma Saffi e i suoi figli era perfetta. Non mi mancava nulla, avevo una famiglia che mi amava e tanti fratelli. I bambini più grandi non li temevo più. Raz mi aveva presentato Joel e Gellert suoi coetanei e i più grandi Gabriel e Tommy, con loro stavo bene.  Parlavamo e ci confrontavamo su tanti argomenti. Sentivo che stavo bene perché nessuno mi trattava diversamente, eravamo tutti uguali in modo diverso.
Feci il mio primo cocktail proprio al Santa Maria. Era un analcolico e lo preparai per la festa di addio di Tommy e Gabriel che lasciavano il Santa Maria. Raz stava preparando spuntini per tutti con la sua classe di economia domestica e io decidi di preparare la bevanda.
Succo di Mirtilli e uva, gusti preferiti di Gabriel e Tommy, granita di limone, preferita di Raz, per separare i sapori. Mousse di fragole che mi piacevano tanto, pesche tagliate a pezzi ripensando a Joel, succo di frutta ace per Samuel e infine zucchero e fettine di arance che ricordavano Gellert.
Era colorato e buonissimo e piacque a tutti, lo avrei chiamato rainbow se non fosse stato per Gabriel che diede al cocktail il nome Engel. Sarà il nostro cocktail da qui a quando saremo adulti e separati.
Lo preparai infatti quella volta e mai più.
Da quando Gabriel e Tommy andarono via, parecchie cose cambiarono. Io avevo compiuto undici anni e mamma, sembrava non avere più diritti su di me. Il contratto di affidamento era scaduto e per quel Natale sarei stato costretto a tornare dalla donna che mi aveva partorito
"Puoi decidere se stare con me o con lei Chamael. Basta che tu lo dica alla mamma." Mi disse mamma Saffi.
"Lo farò. Ti voglio bene mamma." La salutai fuori al collegio mentre andava via con Joel e Samuel.
Volevo piangere, ma mi trattenni. Al contrario seguii le direttive per andare a Brema dove chissà come mamma aveva ancora il ristorante.
Melissa era diventata una bella ragazza di quindici anni. Ma ad attirare la mia attenzione fu Rachel. Era cresciuta ed era così simile a Martin, vederla infatti subito me lo riportò alla mente. Eppure ero stato piccolo quando lo avevo conosciuto.
Quel Natale non fu comunque piacevole, mamma faceva di tutto per mortificarmi e non la reggevo. "A Pasqua starò con la mamma Saffi."
Mamma mi diede un ceffone. "Tu quella donna non la chiami mamma, mi hai capito?"
Orgoglioso la sfidai. Non piansi ma non mi sarei nascosto. "Io tornerò da lei." Affermai.
"Fratellone ti prego. Non dire così, torna da noi." Mi supplicò Rachel.
"Rachel la mia mamma e i miei fratelli adottivi mi amano." Le dissi quando fummo soli. "Loro mi fanno sentire accettato."
"Anche io ti accetto Chamly. Ma ti prego, non lasciarmi sola con loro." Mi supplicò in lacrime.
Annuii. "Vedremo Rachel. Io troppo tempo con lei non ci voglio stare." Le dissi.
"Ti prego non mi lasciare." Pianse ancora.
Le sorrisi. "Ti insegno a fare una cosa. Vedrai che non ti sentirai sola e abbandonata." Le dissi.
Lei annuì, alche la portai in cucina e iniziai a preparare un piatto facile come mi aveva insegnato Raz. "Mele. Zucchero di canna e un cucchiaio di zucchero." Dissi a Rachel. "Taglia le mele a rondelle sottili."
Lei annuì e io continuai a lavorare. Cercai cosa ci fosse in frigo e presi delle salsicce. Raz diceva sempre che gli ingredienti erano volubili e si potevano fare gli accostamenti più disparati.
"Adesso cosa faccio?" Chiese Rachel.
"Metti tutto a fuoco." Le spiegai. "Zucchero, mele e acuqa e facciamole rosolare. Poi ci aggiungiamo la salsiccia." Le dissi paziente.
Ma ci voleva anche una verdura come contorno. Una volta Raziel aveva preparato un insalata di mele e finocchi. Se mamma ne aveva potevo aggiungere quello in cottura. Cercai e cercai ma scovai solo degli asparagi.
"Arrangiamo con questi." Dissi a Rachel.
Così dopo meno di mezz'ora il nostro piatto fu pronto. Lo assaggiammo insieme ed era veramente squisito. "Hai visto Rachel, lo senti tutto il mio amore per te in questo piatto?"
"Si! È buonissimo Chamly. Grazie per avermelo preparato." Mi disse.
"Me l'ha insegnato Raz e tu potrai sempre farlo quando ti sentirai sola. Ti giuro che non ti lascio Rachel." Le promisi.
Trascorsi le vacanze in camera mia, volevo evitare di litigare con mamma, così studiai e lessi. Ripresi tra le mani l'ultimo regalo di Martin. Potevo regalarlo a Rachel prima di andare via. Aprii il libro e notai che all'interno della copertina  rigida c'era attaccata una busta.
Da piccolo non sapevo cosa fosse, ma c'era sempre stata. Ora a undici anni sapevo che quella era una lettera, ed era indirizzata a me.
"Mio piccolo Chamael. Credo tu sappia ed abbia capito che sei un bambino unico nel tuo genere. Sicuramente sei una di quei bambini con il Qi superiore alla norma. Nessuno legge a meno di due anni e tu sei riuscito a farlo. Sono contento di aver scoperto io questo tuo talento. Per questo voglio scriverti questa lettera.
Sono andato via. La tua mamma mi ha accolto in casa dopo essersi invaghita di me e io un ragazzo di vent'anni con la vita difficile ne ho approfittato. Vivo di estro, una donna come tua madre è arrivata al momento giusto perché io non dormissi sotto i ponti di Parigi. I sei mesi che ho trascorso con voi sono stati straordinari e tu mio piccolo Chamael sei stato la ragione per cui non sono andato subito via da questa casa. Sinceramente ti avrei portato via con me se avessi potuto. In fondo tua madre sa che mi chiamo Martin e null'altro. Potevo portarti via con me si! Ma poi? Mi è stata data l'opportunità di poter mostrare le mie opere d'arte, ma è tutta un'incognita e non avrei potuto rischiare di farti morire di fame.
la tua mamma avrebbe voluto che restassi con voi, ma come ben saprai non si possono tarpare le ali a un uccello. Non potevo permetterlo, non volevo neanche una famiglia e non sono sicuro che il fratello che stai per avere sia mio. Però mio piccolo Chamael tu mi sei entrato dentro. Tu con la tua genuina curiosità.
Ti ho scritto questa lettera perché avevi bisogno di una spiegazione e soprattutto volevo darti un consiglio.
Non si possono tarpare le ali agli uccelli, figuriamoci agli angeli. Quindi Chamael sii curioso e fai qualsiasi cosa la tua bella testolina vorrà fare, non fermare mai la tua curiosità, ingegnati e grazie ad essa cerca ciò che ti rende felice e unico. Sii sempre te stesso, perché tu sei Chamael, l'angelo dell'amore.
Ti voglio bene bimbo mio. Vai vola sempre più in alto. »
Quella lettera mi commosse molto. Marin come mamma e papà mi comprendeva. Piansi, quanto avrei voluto rispondere a Martin, ringraziarlo e dirgli che mi mancava. Ma tutto questo non potevo farlo.
Presi la lettera e la chiusi nella mia cassettina dei segreti, con le lettere che ancora ogni anno ricevevo da papà Stephan, quelle di Marina e della nonna.
Le foto più belle della mia vita, con papà, mamma e Marina. Erano tutti ricordi preziosi. Misi li anche quella lettera e prendendo il libro lo portai a Rachel.
"Me lo reggiamo tuo papà. Credo che adesso che hai dieci anni pensi sia per bambini. Ma sappiamo bene che il suo valore è molto alto." Le dissi.
"Mio papà... Chamly mamma non parla mai di lui. Papà Edmund non vuole. È veramente di papà?"
Annuì. "Leggi cosa c'è scritto a inizio libero." Le dissi.
Lei lo aprì emozionata.
"A Chamael, vola sempre più in alto con la fantasia e con la mente. Martin." 
"Ti proteggerò. Anche a nome di tuo papà Rachel, non ti lascio." Le proposi.
"Grazie fratellone." Mi disse lei. "Purtroppo ho una brutta notizia."
"Cosa è successo?" Le chiesi preoccupato.
Lei singhiozzò. "Mamma ha replicato il nostro piatto. Lo ha messo nel menù del ristorante e ha deciso di spacciarlo per suo!"
"Cosa?! Ma era il piatto di..." Raziel. Quando glielo avrei detto sicuramente si sarebbe arrabbiato.
Prima di partire per il Santa Maria affrontai l'argomento con mia madre. "Come hai potuto copiare il mio piatto. Non è giusto spacciarlo per tuo nel ristorante."
"Ma stai zitto. Nessuno crederebbe che lo hai fatto tu, sei un bambino e per giunta non sai usare neanche la mano destra." Mi offese mia madre. "Sarebbe la tua parola contro la mia."
"Invece di essere umile." Intervenne Edmund. "Ti ricordo che ogni anno paghiamo mari di soldi per permetterti di frequentare quel collegio."
"Come se non lo sapessi... voi non volete avermi intorno. Poi papà mi ha detto che da quando mi ha in custodia lui non mi pagate più il collegio." Risposi.
"Piccolo impertinente." Esplose mamma dandomi una sberla. "Ti ci tolgo da quella scuola piccolo ingrato."
Indietreggiai. "Sei talmente piccola che rubi le ricette degli altri. Tu non sei una chef, ti manca l'ingrediente più importante per rendere in cucina." Le urlai contro uscendo dalla stanza.
A lei mancava ciò che apparteneva a Raz ogni volta che preparava qualcosa. A mia madre mancava l'amore per il suo lavoro.
Quando tornai al collegio raccontai a Raz del furto del suo piatto. Lui però fu buono con me, mi sorrise abbracciandomi.
"Dobbiamo solo esserne onorati. Ho quattordici anni e una mia creazione è sul menù di un ristorante ... spero importante." Mi disse.
"Non lo so. Ma il signor Edmund ha tanti soldi e il ristorante è suo." Gli spiegai.
"Allora è un ristorante importante. Ma vai tranquillo Chamael. Tu hai usato gli asparagi invece dei finocchi, inoltre nella mia ricetta le mele con i finocchi sono a crudo. Non è proprio la mia ricetta, è tuta!" Mi disse.
"Dentro c'era tutto quello che mi hai insegnato tu." Affermai.
"Sono contando che tu abbia portato qualcosa di nostro a tua sorella. Se riesce a sentire il tuo amore sei riuscito nell'impresa più importante." Mi disse.
"Spero di sì. Ho cucinato per te e per lei Raz. Vi voglio tanto bene." Confessai.
"Anche io Chamael. Vedrai che anche per tua sorella è lo stesso."
"Vorrei esserle accanto Raz. Ma per farlo dovrei rinunciare a te, alle nostre vacanze insieme e a noi due. Non voglio rinunciare." Dissi.
"Non ci lasceremo mai noi due Chamael. Poi puoi dividerti, un po' con noi e un po' con lei." Mi esortò.
"Credi che si possa fare?"
"Certo che si Chamael. Anche perché io non ti lascerò mai." Mi promise.
Quelle parole mi entrarono dentro e me le portai nel cuore.
Non ti lascerò mai!
Anche se ero stato io a lasciarlo.

Era l'estate dei miei tredici anni, a settembre ne avrei compiuti quattordici. Salutai mamma Saffi e Raz alla stazione di Ginevra diretto a Brema. La promessa era di rivederci ad a settembre a Monaco, avrei rivisto anche Giaele e le avrei dichiarato la cotta che provavo per lei. Ma non ci andai.
Tornato a Brema infatti venni catapultato dalla famiglia di mia madre.
Melissa era tornata a casa come me, adesso era una donna. Qualcuno poteva definirla bella, per me era scialba. Forse troppo trucco per una ragazza di diciotto anni. Le unghie erano troppo lunghe e la sua avvenenza mi disgustava. Cercava di attirare l'attenzione su di sé, ma ne io, ne Rachel la tentavano in considerazione.
Un giorno, due giorni, al terzo giorno volevo già raggiungere la mamma e i miei fratelli. Discutere con Diamond, giocare con Emmanuelle, fare a botte con Edward. Li era una noia. "Questa non è una vacanza." Affermai guardando oltre la finestra.
"Dove sei stato  con la tua famiglia affidataria Chamly?" Mi chiese Rachel.
"Sul lago di Ginevra. Facciamo i bagni li." Le risposi estasiato. "È magnifico se parto adesso potrei trovarlo ancora lì."
"Mi mancherai fratellone." Mi disse Rachel. 
"Domani avverto mamma che vado via. Mi dispiace sorellina." Le dissi abbracciandola.
Andai a dormire e al mattino a colazione forte della mia decisione avvertii mia madre della partenza.
"Prendo il primo treno per Monaco e se non sono rientrati ancora da lì andrò a Zurigo." Dissi finendo di mangiare il mio pancake.
"È un peccato che tu vada già via Chamly!" Cinguettò Melissa. "Stai diventando un ragazzino carino ed è un peccato non vantarsi della tua presenza." Concluse schioccando le labbra.
Che storia era quella? Poi da quando i ragazzini carini erano da esposizione?
"Sinceramente non ne sono dispiaciuto." Le dissi serio. "Se mi permettete vado a preparare le valigie." Conclusi posando piatti e posate nella lavastoviglie..
"Certo, va pure. Non ci sei utile quindi prima te ne vai meglio è!" Disse mia madre.
Il pancake che avevo mangiato mi si ritorse nella pancia. Come poteva quella donna avermi partorito? Come quando al contrario trattava Rachel quale persona più preziosa della sua vita. Non ero gelosa di mia sorella, ero anzi contento che ricevesse un po' d'amore. Peccato fosse troppo morboso!
Lasciai la cucina salutando tutti, non sapevo se li avrei ritrovati e a parte Rachel non ci tenevo a saperlo.
Chiusa la valigia nello stesso momento in cui la porta si aprì. Pensavo fosse Rachel invece era Melissa.
"Quindi parti! Cos'ha di così speciale quella famiglia?" Mi chiese.
Sorrisi cinico. "È una famiglia." Affermai. "Sei più grande di me e dovresti capire molto di più."
"Tua madre non sa essere affettuosa." Mi disse chiudendo la porta della stanza. "Io invece si! È un peccato che tutto vada già via."
"Non ho niente per cui restare. A casa ho i miei fratelli e i miei amici." Dissi cercando gli orari dei treni sul cellulare.
"Hai anche una ragazza?" Mi chiese sedendosi sul letto.
"C...che?" Balbettai arrossendo. "N-no... no!" Non sapevo neanche se piacevo a Giaele.
"Piccolo, sei così ingenuo e dolce. Sei ancora più bello!" Mi disse prendendomi per mano.
La guardai stranito. Da quando era così smielata? Poi insisteva con la storia del bello!
"Senti lasciami andare. C'è un treno a mezzogiorno." Le dissi scansandole la mano.
"No, no, no..." disse lei spingendomi sul letto e stendendosi  sopra di me. "Non puoi lasciarmi così. Sei troppo invitante per andare Chamly." Mi disse abbassando il tono della voce.
"Ma cosa fai? Scendi e lasciami andare." Le dissi.
"Non posso." Mi disse sfilandomi i pantaloni. "Sei diventato così attraente...."  Ma cosa voleva da me?
"I-io n-non..." non capivo. Cosa voleva da me? Ero un bambino, non volevo che mi toccasse. "Lasciami."
"Shh..." Mi disse. "È piccolo, ma io posso aiutarti." Continuò sollevandosi la gonna.
Cosa voleva fare? Qualsiasi cosa non volevo, ancora non avevo dato il mio primo bacio e lei stava toccandomi intimamente. "Lasciami... LASCIAMI..." urlai forte piangendo. "NOOO!"
Avvertii il mio sesso stringersi intorno qualcosa. Ma non capivo.
Piangevo e mi dimenavo, Melissa si muoveva sopra di me frenetica. Mi sentivo male.
La porta si aprì all'improvviso, Rachel ci guardò inorridita.
Prese a urlare anche lei, tanto che attirò l'attenzione di mamma e Edmund che corsero nella mia stanza.
Per la prima volta vidi Edmund arrabbiato verso sua figlia. La chiamò e la schiaffeggiò di fronte a tutti.
Mamma si era presa Rachel ed era uscita dalla stanza. Ero solo, solo su quel letto con l'uccello al  vento.
"Come hai potuto? Ti rendi conto di cosa hai fatto?" La voce di Edmund mi arrivava ovattata.
Sapevo cosa aveva fatto Melissa. Aveva abusato di me.

 

 

   
 
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