Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Cj Spencer    28/07/2024    1 recensioni
Quinto volume de "Napoleon of Another World!"
Daemon ha fatto la sua mossa, l'invasione di Eirinn è cominciata.
Lo Stato Libero si prepara a combattere la sua prima guerra d'aggressione.
Nel frattempo, le altre nazioni seguono preoccupate l'evolversi degli eventi.
Come si concluderà questo conflitto? E quali cambiamenti è destinato a provocare ad Erthea?
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

“La famiglia è il fondamento

di ogni società.”

EPILOGO

 

 

Il tamburo rintoccava come un orologio l’ininterrotto incedere dei condannati verso il patibolo.

Uno alla volta, tutti i ribelli che non erano morti in battaglia o non avevano avuto il coraggio di mettere fine alla propria vita venivano portati fuori dalle gabbie, e scortati da un picchetto percorrevano a passo di marcia la breve strada verso il patibolo nella piazza centrale di Maligrad.

Niente corde o pire. Si trattava pur sempre di nobili, in alcuni casi veri e propri eroi militari, e almeno l’onore di una morte rapida si era deciso di concederglielo.

Aria, che osservava la scena dalla terrazza di un palazzo, trovava quasi inverosimile un cerimoniale tanto complesso e formale; anche nel modo in cui dispensava la giustizia verso i traditori l’Impero non si smentiva mai.

Il Barone Severus e sua figlia stavano in una gabbia a parte, e sarebbero stati gli ultimi.

Severus aveva chiesto di poter salire al patibolo prima di Ophelia, e che gli fosse risparmiato almeno il dolore di veder morire l’unica figlia rimastagli, ma il Senato era stato inflessibile; il capo dei ribelli sarebbe morto per ultimo, dopo essere stato costretto a guardare la fine di tutti i suoi seguaci. E per lui, solo per lui, non ci sarebbe stata la rapida lama di una scure, ma la lunga agonia dell’impiccagione.

Dopo quasi tre ore di esecuzioni ininterrotte si era ormai prossimi alla fine; il popolo, che all’inizio aveva salutato con un boato di esultanza ogni singolo colpo di scure, ora sembrava quasi annoiato, e sembrava che la maggior parte fosse rimasta lì solo per poter dire un giorno che erano presenti quando il più infame dei traditori aveva incontrato la sua giusta fine.

Ophelia sembrava una statua di ghiaccio, ma quando ormai mancavano solo una manciata di teste prima che venisse il suo turno si abbandonò in un pianto disperato tra le braccia del padre, che la strinse a sé accarezzandole gentilmente la testa.

Di fronte a quella scena, Aria ebbe come una specie di epifania; la sua mente si mise a viaggiare, rievocando ricordi che non si potevano certo definire piacevoli, ma che avevano contribuito a fare di lei ciò che era.

 

Quella di Aria non poteva dirsi un’infanzia felice.

La madre, oltre ad essere di salute cagionevole, non le dava molte attenzioni ed era spesso scostante, come se non la considerasse realmente sua figlia, o non avesse voglia di occuparsi di lei.

Era Victor il figlio prediletto, l’erede designato che avrebbe ereditato il trono. La sua nascita era stata una specie di miracolo, visto che era arrivata quando entrambi i suoi genitori erano ormai piuttosto avanti con gli anni, e con molte gravidanze infelici alle spalle. Forse per questo nei suoi primi anni di vita era cresciuto così viziato e coccolato, mentre per lei invece era stato l’opposto: lei doveva impegnarsi, dare molto e pretendere poco.

Peggio ancora, suo padre si era messo in testa di farla crescere come un uomo, forse perché ormai rassegnatosi al fatto che non avrebbe avuto un erede maschio.

Niente bambole, solo soldatini; niente vestitini, ma uniformi; niente ricamo, ma lezioni di scherma; nessun precettore o maestra di etichetta, ma generali da cui apprendere l’arte della guerra e del comando.

A sette anni Aria della bambina aveva solo l’aspetto esteriore, e solo perché sua madre, poco prima di morire, aveva lasciato ad Alfred l’ordine tassativo di provare a farne almeno una fanciulla adatta al matrimonio.

Poi, quando Victor era cresciuto, di colpo tutte le attenzioni per quanto severe si erano spostate su di lui, ma a quel punto ormai la rotta era tracciata nella mente di Aria.

Senza più una madre, con un padre severo che la trascurava, e un fratello che più cresceva e più diventava insopportabile nel suo ritenersi una sorta di predestinato, Aria aveva bisogno di una valvola di sfogo.

E come era lecito aspettarsi da una bambina cresciuta per diventare un soldato, l’aveva trovata nella guerra.

Eirinn non aveva una scuola ufficiali, ed era tradizione che i giovani di buona famiglia avviati alla carriera militare andassero a frequentare l’Accademia Imperiale a Maligrad.

In questo però suo padre era stato stranamente refrattario, rifiutandosi a più riprese di assecondare il suo desiderio di poter andare a ultimare la scuola nell’Impero e successivamente iscriversi all’Accademia.

Questo almeno fino al giorno in cui a Faria era arrivato Sua Maestà Arnold Ademar, da poco salito al trono dopo la morte prematura del fratello maggiore.

L’Imperatore amava i giovani di spirito, e per Aria sembrava aver sviluppato un interesse particolare fin dal loro primo incontro.

Lei dal canto suo aveva fatto del suo meglio per impressionarlo, presentandosi all’udienza con l’uniforme della Guardia Ducale e chiedendo di poter sfidare il capo della sua scorta. Il tutto ovviamente si era risolto in una sonora bastonata, ma era servito ad impressionare positivamente Sua Altezza, che non aveva mancato di invitare suo figlio Julius, anch’egli presente, a prendere esempio da una ragazzina sei anni più giovane di lui.

A quel punto Aria gli aveva esposto il suo desiderio di frequentare l’Accademia Militare; e quando è il sovrano di cui il tuo regno è vassallo a chiederti una cosa è difficile dirgli di no.

Così, il giorno dopo aver compiuto tredici anni, Aria era finalmente salita a bordo della carrozza che l’avrebbe portata a Maligrad, dove avrebbe frequentato l’ultimo anno di scuola ordinaria per poi iscriversi all’Accademia.

Al suo fianco come scorta, oltre ad alcune guardie inviate appositamente dalla capitale al comando del Capitano Pullone, anche il maggiordomo Alfred.

Ancora non lo sapeva, ma quel viaggio sarebbe stato assai più movimentato del previsto.

 

Il modo più facile per andare da Faria a Maligrad era prendere la Via Altinia fino ad Acadia, quindi passare sulla Via Concordia che conduceva dritti alla meta.

Ma quelli erano tempi pericolosi; la rivolta dei Baroni andava guadagnando sostenitori a oriente giorno dopo giorno, e la Via Altinia passava proprio ad un tiro di lancia dai confini di alcuni feudi in rivolta.

Così la scorta imperiale e quella ducale avevano concordato di fare il giro lungo attraverso l’ovest, raggiungere la Via Imperiale e da qui procedere fino a Rhodes.

Tutto molto semplice, non fosse per il fatto che subito dopo essere arrivata a Basterwick la carovana era stata informata del fatto che la famigerata Banda Macaire aveva preso ad assaltare chiunque percorresse la strada verso il confine a nord.

Una comune banda di briganti non avrebbe mai osato alzare un dito contro il membro di una famiglia reale; ma visto che nell’Impero in quel periodo erano in tanti a voler creare problemi all’Imperatore era stato stabilito di far viaggiare Aria in incognito, senza insegne o stendardi.

Per tutti Aria era Lady Hanne, secondogenita del Marchese Jannsen, diretta nell’Impero per conoscere il suo futuro sposo: il perfetto ostaggio, insomma.

E anche se la scorta si sentiva abbastanza preparata da poter far fronte ad un pugno di briganti, per non correre rischi si era infine deciso di allungare ulteriormente il tragitto.

«Ci vuole ancora molto per arrivare a Dundee?» disse Alfred sporgendosi dalla carrozza. «Lady Aria è stanca.»

In realtà l’unica cosa di cui Aria era stanca, oltre al sedile imbottito, era quel dannato vestito da damigella che era stata costretta a indossare per rendere credibile la sua finta identità; abituata com’era ormai a portare abiti maschili, mettere una cosa simile per lei era, oltre che imbarazzante, anche terribilmente scomodo.

«Abbiate pazienza, signorina. Ancora qualche ora e saremo arrivati, e stanotte potrete dormire in un letto come si deve.»

«Non posso credere che le famose legioni imperiali si facciano spaventare in questo modo da dei comuni briganti.»

«Fidatevi di me, il Capitano Pullone è un soldato molto esperto. Se ha deciso di non correre rischi è solo per la Vostra incolumità.»

«Sono perfettamente in grado di badare a me stessa.»

«Non siate così sicura di voi, Signorina. Siete indubbiamente un’abile spadaccina, ma il talento serve a poco quando si ha a che fare con una banda di banditi che pensano solo al profitto.»

Il signor Dyckings che portava la carrozza era preoccupato anche per lo stato della strada, che più si avvicinavano a Dundee può si faceva dissestata e pericolosa.

Così, quando la carovana incrociò quattro bambini che giocavano, decise di chiedere loro informazioni.

«Siete di Dundee?»

«Sì, signore.» rispose educatamente una bella bambina con i capelli castani e gli occhiali

«Com’è la strada? Questo vecchio rottame di carrozza non credo reggerebbe altre buche.»

«Se è a Dundee che volete andare, mi sa che dovrete scegliere un altro percorso.» disse quello che sembrava il capo della combriccola.

«Daemon ha ragione.» disse l’altro bambino del gruppo. «Più avanti sono caduti dei massi. Non credo proprio che riuscirete a passare.»

Visto che a suo dire non ci si poteva fidare della parola di quattro bambini Pullone inviò uno dei suoi uomini a controllare, ma questi poco dopo tornò indietro confermando ogni cosa.

«Hanno ragione Capitano, la strada è bloccata.»

«Possiamo rimuovere i massi?»

«Forse sì, ma non finiremo prima di notte.»

«In realtà c’è un’altra via che potreste prendere.» disse il bambino di nome Daemon «Se tornate indietro di due miglia troverete un sentiero che passa attraverso la foresta aggirando la frana.»

«Lo si può attraversare con la carrozza?» chiese Alfred

«Andando piano e facendo attenzione ai rami bassi sì.» disse quasi ghignando la bambina con i capelli rossi. «Ma la foresta è fitta, e perdersi sarebbe molto facile. Se solo aveste qualcuno che potesse indicarvi la direzione giusta…»

«Giselle, sei incorreggibile.» disse sottovoce l’altra bambina «Sono persone che hanno bisogno di aiuto, non polli da spennare.»

«Per una volta non fare la guastafeste, Mary.»

«Daemon, anche tu?»

«La mia amica ha ragione. Noi veniamo spesso a giocare qui, e conosciamo ogni albero di questa zona. Con il nostro aiuto arriverete a Dundee prima del tramonto.»

«E visto che mio padre è il proprietario della locanda del villaggio, forse potrei convincerlo a farvi un trattamento di favore.»

La situazione stava assumendo connotati quasi grotteschi; ma se Pullone era sul punto di perdere la pazienza Alfred sapeva come trattare con i bambini.

«E va bene, piccole pesti. Tre goldie a testa se ci portate fino a Dundee.»

«Facciamo cinque.»

«Septimus, ma insomma!»

«E naturalmente ci lascerete fare un giro sulla carrozza.»

In fin dei conti era un piccolo prezzo da pagare per uscire da quel pasticcio, così i quattro bambini furono fatti salire assieme ad Aria, mentre Alfred si accomodò accanto al cocchiere.

Anche se era stata cresciuta per essere un soldato Aria non aveva mai avuto a che fare con persone di un ceto sociale troppo inferiore al suo; e quei quattro ragazzini, oltre ad essere più piccoli di lei di almeno un paio d’anni, non solo erano rumorosi, ma anche a dir poco irrispettosi.

Il loro capo in particolare era una specie di cavallo imbizzarrito incapace di stare fermo, ma che pur sembrando il più giovane di tutti teneva le redini del gruppo con insospettabile carisma. Tutto l’opposto della ragazzina che chiaramente stravedeva per lui, e che non faceva che scusarsi per le intemperanze dei suoi tre amici.

«Vi prego di essere paziente signorina, e vi chiedo scusa per il loro comportamento.»

«È tutto a posto. Tu però sembri una ragazzina decisamente troppo educata per accompagnarti a questi casinisti.»

«Come ci hai chiamati, principessina? Guarda che qui abbiamo tutti un nome.»

«Scusa, ma eravate così impegnati a lasciare impronte di fango sui sedili che dovete esservi dimenticati di dirmeli.»

«Effettivamente… In questo caso, io sono Septimus. Questo maschio mancato è Giselle, la principessina è Mary, mentre lui è l’ultimo arrivato del nostro party, Daemon.»

«Ormai sono due anni che faccio parte della tua banda Septimus, potresti anche smetterla di chiamarmi l’ultimo arrivato.»

«Il tuo accento non sembra di queste parti.» disse Aria.

«Vengo dal nord. I miei genitori sono morti, e ora vivo con mio zio in una baita sulle montagne.»

«E tu invece chi sei? Non sembri affatto la classica damigella di campagna.»

«Giselle, mostra un po’ di rispetto. Vi prego di perdonarla, è un maschiaccio nel corpo di una bambina.»

«Tranquilla. Però ha ragione, io vengo da Eirinn. Mi chiamo A… Hanne. Lady Hanne. Sono diretta nell’Impero per conoscere una persona.»

«Davvero?» ammiccò Septimus. «Non sarà mica il tuo fidanzato?»

Ad Aria stava quasi per partire istintivamente un ceffone, ma Giselle fu più veloce di lei e stese il suo amico con un colpo degno di una lottatrice professionista.

«Sembri un vecchio arrapato! Ma come fai ad avere di questi pensieri alla tua età?»

«Accidenti a te, ma lo capisci o no che i tuoi pugni fanno un male cane?»

«Se continui così non troverai mai una ragazza.»

«Se tutte le ragazze sono come te, ne sarò ben felice!»

Aria provava quasi invidia verso quei bambini, anche se non l’avrebbe mai detto. Nessuno di loro era sicuramente ricco, e bastava guardare la costituzione minuta di Daemon, le mani rovinate dalla lana grezza di Septimus o i lividi sul volto di Mary per capire che la loro doveva essere una vita dura.

Eppure nonostante ciò sembravano felici e molto uniti, pronti a fare qualsiasi cosa l’uno per l’altro. Ed era una sensazione che Aria non aveva mai conosciuto.

 

Il sentiero indicato da Daemon e dai suoi amici non era esattamente comodo, ma permise alla carovana di raggiungere Dundee quando ormai era già sera.

Se non altro la locanda gestita dal padre di Giselle era un locale accogliente benché umile, e il modo in cui Aria e la sua scorta vennero accolti fu molto caloroso.

Pullone e i suoi uomini erano abituati ad arrangiarsi, e anche se il dovere gli imponeva di stare lontani dal sidro si fecero prendere ben presto dall’atmosfera gioiosa.

«Tu non vai a casa?» chiese Aria quando si accorse che Daemon, malgrado l’ora tarda, si attardava per dare una mano a gestire il locale pieno di avventori

«A quest’ora è pericoloso girare da soli fuori dalle mura. In questi casi il padre di Giselle mi permette di passare la notte nella stanza degli ospiti, e io in cambio lo aiuto alla taverna.»

«Ma tuo zio…»

«Tranquilla, capirà.» quindi allungò sfacciatamente la mano verso di lei dopo averle servito lo stufato. «Soprattutto se porterò a casa delle buone mance.»

A differenza degli altri suoi amici, Aria davvero non sapeva come inquadrare quel bambino; a prima vista sembrava solo la piccola peste del gruppo, uno scavezzacollo tutto corse e giochi senza nessuna fretta di diventare adulto.

Eppure sembrava dotato di un fascino quasi ipnotico, un magnetismo particolare che spingeva la gente attorno a lui a dargli fiducia; per non parlare dei suoi rari momenti di maturità, durante i quali sembrava in grado di ottenere quello che voleva con la sola forza delle parole.

«Hai un futuro come esattore delle tasse.» disse scocciata prendendo una moneta

Nel momento in cui le loro mani si toccarono Aria ebbe una specie di epifania, vedendo per un istante che parve una vita intera cose che non sapeva spiegarsi.

Immagini di soldati, di grandi battaglie, di cannoni e cavalli, di bandiere al vento e stivali nel fango.

«Molto gentile. E goditi lo stufato.»

Chi e cosa accidenti era quel ragazzino?

 

Se la cucina e l’ospitalità erano di prim’ordine altrettanto non si poteva dire per le camere.

Il materasso era così scomodo che Aria malgrado fosse stanchissima prese sonno solo dopo mezzanotte, rimuginando tra sé che forse sarebbe stato meglio andare a dormire con Pullone e gli altri nella caserma della milizia piuttosto che in quel letto pieno di pulci.

E per lei non ci fu quiete neanche dopo essersi addormentata, dato che i sogni che fece furono tutto fuorché piacevoli. Sognò di essere immersa in un mare di fuoco, incapace di muoversi, e di sentire tutto il suo corpo bruciare facendole provare un atroce dolore.

In una simile situazione fu quasi un sollievo venire svegliata anzitempo; peccato che a tirare giù dal letto lei e tutta la città nel cuore della notte fu nient’altro che il frastuono delle campane d’allarme.

Corsa alla finestra, Aria vide levarsi oltre le mura a nord delle inquietanti ombre rosse.

«Che sta succedendo?» chiese appena Alfred entrò nella stanza

«Qualcuno sta assaltando la città, Signorina. Il Capitano è andato a scoprire di più.»

Era poco probabile che si trattasse di qualcuno interessato a lei, perché nessuno sarebbe stato così stupido da mettere su un tale macello per fare del male ad una sola persona.

E il rapporto che consegnò poco dopo Pullone confermò questa teoria.

«Sono mercenari. Li aveva assunti un signore locale per difendersi dai Macaire, l’idiota non li ha pagati e loro si sono scatenati.»

«E per rifarsi attaccano un’intera città?» disse Aria

«Lo sanno tutti che questa zona è smilitarizzata da quando è stato firmato il trattato con l’Unione. Ci sono solo la Guardia Cittadina e la Milizia a mantenere l’ordine, ma sono solo contadini e avanzi di galera prestati all’esercito. Non hanno nemmeno una catena di comando. C’è solo un comandante della Milizia ma pare sia un sadico incapace, e per di più in questo momento non è in città. Ora è il suo secondo a dare gli ordini, un certo Oldrick.»

«Ma com’è possibile che ci sia un tale livello di disorganizzazione in una regione così importante?» sbottò Alfred

«Resti fra noi, ma ho sentito gran brutte storie sul Governatore Longinus. Pare che suo padre sia un senatore molto importante. Avrà riscosso qualche vecchio favore.»

«E ora noi che cosa facciamo?»

«L’unica cosa fattibile, Lady Montgomery. Ce ne andiamo.»

«Cosa!?»

«Quei manigoldi si stanno concentrando alla porta a nord, ma pare non siano in molti. Ho già parlato con le guardie e con il sindaco. Se partiamo in dieci minuti dovremmo poter abbandonare la città da sud ed essere al sicuro prima dell’alba.»

«Dovremmo abbandonare queste persone!? Quei mercenari sono assassini e rapinatori. Potrebbero fare una strage.»

«La cosa non ci riguarda. La nostra unica priorità siete Voi. Il mio dovere è condurvi in salvo a Maligrad, non occuparmi delle beghe di questo schifo di città.»

«Temo che il Capitano abbia ragione, Signorina. La vostra incolumità è troppo importante per metterla a rischio in questo modo. Se dovesse capitarvi qualcosa i rapporti tra la nostra patria e l’Impero potrebbero guastarsi seriamente, per non parlare dei problemi che causeremmo a Sua Maestà Ademar.»

Per tutto il tempo del suo addestramento Aria aveva sognato il momento in cui avrebbe potuto mettere alla prova quanto appreso in una vera battaglia.

Ma non fu tanto questo a spingerla ad ignorare infine le esortazioni delle sue guardie, ma la consapevolezza che in quanto soldato e in quanto nobile proteggere i deboli era un compito al quale non poteva sottrarsi.

Del tutto indifferente al fatto di avere due uomini che la fissavano la ragazzina si tolse la camicia da notte, e aperto il suo baule da viaggio infilò in pochi attimi l’uniforme della Guardia Ducale.

«Che fate, Signorina!?»

«Io non fuggirò. Voi restate pure qui se volete. Questa gente ha bisogno di qualcuno che li guidi e intendo farlo, con o senza il vostro permesso.»

«Questa è follia! Signor Alfred, aiutatemi a portarla fuori qui.»

Invece Alfred, dopo un attimo di incredulità mista ad ammirazione, si mise accanto alla sua signora, fissando il Capitano con occhi di fuoco.

«Io sono il maggiordomo della Famiglia Montgomery, e obbedisco unicamente a loro. Se la Signorina ha preso questa decisione io resterò al suo fianco.»

Per qualche motivo Pullone non ci provò nemmeno a discutere con quel vecchio dall’aria solo apparentemente inoffensiva, e rassegnatosi si accodò ai due nel tragitto dalla locanda alle mura della città, dove la battaglia era già entrata nel vivo.

I mercenari non avevano né scale né rampini, così avevano recuperato un carro riempiendolo di tronchi e usandolo come un ariete stavano cercando di sfondare le porte, mentre i loro compagni arcieri fornivano loro copertura.

I balestrieri dell’Eirinn Occidentale erano famosi non tanto per la loro abilità, quanto per il fatto che si diceva fossero praticamente inesauribili; non importava quanti ne si uccideva, il loro numero non sembrava voler diminuire.

Ma non si trattava né di un sortilegio né di qualche forma di allenamento particolare; semplicemente una balestra era un’arma che qualunque contadino era capace di usare con un addestramento minimo.

«E voi che ci fate qui!?» strillò Aria quando vide Daemon, Septimus e Giselle intenti a scagliare a loro volta dardi oltre le mura con armi adatte a loro. «Questo non è posto per dei bambini!»

«Senti chi parla, guarda che avrai sì e no due anni più di noi.» rispose Giselle mentre ricaricava la sua arma

«Potrebbero uccidervi da un momento all’altro! Dovete andarvene!»

«Ti sei scordata che siamo sul confine?» disse Septimus. «Qui tutti veniamo addestrati per questo fin dai tempi della scuola. E se cerchi Mary, sta dando una mano a trattare i feriti.»

Aria stava aprendo gli occhi su di una realtà che non si sarebbe mai aspettata; anche se non le dispiaceva il suo essere un soldato qualche volta aveva pensato che suo padre fosse stato troppo severo a pretendere così tanto da lei.

Ora invece scopriva che fuori dal suo palazzo c’erano bambini a cui veniva insegnato a impugnare un’arma prima ancora che a leggere e scrivere.

«D’accordo, come volete. Ma obbedirete ai miei ordini. E lo stesso vale per tutti voi! Da questo momento, assumo il comando della difesa di questa città!»

«E tu chi ti credi di essere per dire una cosa del genere?» chiese uno

«Sono la Duchessa Aria Montgomery, figlia primogenita di Berthold Montgomery Granduca di Eirinn! E in nome di questa autorità d’ora in avanti farete tutti quello che dico, mi sono spiegata?»

Nessuno protestò.

Non tanto per via dello status, quanto piuttosto perché a quasi tutti, inclusi Daemon e i suoi amici, sembrò davvero che Aria avesse tutti i crismi per guidarli in quella situazione disperata.

Sotto la sua guida i tiratori si fecero più coordinati e precisi, ma nonostante ciò i mercenari riuscirono comunque a portare il loro ariete improvvisato fino al portone.

Oltretutto le merlature delle mura non erano così alte da fornire copertura adeguata contro le frecce degli assalitori, e dopo meno di mezz’ora da che la battaglia aveva avuto inizio i ballatoi erano già pieni di morti e feriti.

Aria avrebbe voluto inviare qualcuno ad occuparsi degli arcieri nemici, ma a parte la sua guardia e pochi elementi della milizia nessuno aveva un cavallo, e il rischio di finire tra l’incudine e il martello era troppo grande.

«Quanti soldati abbiamo a disposizione?»

«I venti legionari del Capitano e un centinaio tra guardie cittadine e miliziani. Alcuni civili hanno delle lance, ma dubito sappiano usarle come si deve.» rispose Alfred

«Sono troppo pochi. Siamo sicuri che il portone resisterà?»

«Temo di no. È grosso, ma anche molto vecchio. Probabilmente basteranno pochi colpi perché i cardini saltino.»

«Dobbiamo eliminare più nemici possibili prima che riescano ad entrare. Fate venire altri balestrieri.»

«Li stiamo finendo. Sapranno anche tenere in mano una balestra, ma sono pur sempre dei civili. Alcuni vengono colpiti prima ancora di aver tirato una singola freccia.»

Nel mentre i nemici, oltre alle frecce, avevano iniziato a tirare anche delle pietre, una delle quali fu sul punto di colpire Aria mentre lei era occupata a dare ordini a destra e manca.

«Attenta!»

Anche se Daemon indossava un elmetto di cuoio l’urto fu abbastanza forte da fargli perdere conoscenza.

Il gesto lasciò Aria senza parole; i suoi servi e le sue guardie erano tenuti a rischiare la vita per lei, ma quella era la prima volta che qualcuno si metteva in pericolo in modo disinteressato per proteggerla.

«Un medico, presto!» gridò vedendo che il ragazzino non dava segno di riprendersi

Mary, Giselle e Septimus arrivarono di corsa permettendo ad Aria di tornare a concentrarsi sulla battaglia, ma proprio quando stavano per aiutare il guaritore a portarlo giù dalle mura Daemon finalmente riaprì gli occhi.

«Aïe... ma tête... est-ce qu'un cheval m'a frappé?»

«Sia lodata Gaia.» disse Mary abbracciandolo

«Calme-toi, mi fa male tutto.»

«Scusa, mi sono fatta trasportare.»

«Ci hai fatto prendere un bello spavento, accidenti a te.»

Daemon però era strano, e non solo per le strane cose che diceva o il modo in cui parlava.

«Tranquilla, ora mi sta passando tutto. Grazie dell’interessamento Gi… Gina… Giulienne…»

«Giulienne? Cos’è, non ricordi neanche il mio nome? Sono Giselle.»

«Sì, scusa. Giselle. Se non altro sembra che almeno io riesca a capirvi. E suppongo voi capiate me.»

«Ma quanto forte ti hanno colpito?» disse incredulo Septimus. «D’accordo che sei sempre stato strano, ma così è troppo.»

Daemon si rimise quindi in piedi, guardandosi attorno come un comandante che ispeziona il campo di battaglia.

«Ascoltatemi bene. Voi e gli altri bambini fate il giro della città. Prendete quelli che non possono combattere e portateli tutti al sicuro nel municipio. Io devo parlare con Aria. Accidenti a te, Faucheur. Potevi anche scegliere un momento migliore.» e detto questo se ne andò a passo svelto.

«Aspetta, Daemon.» tentò inutilmente di chiamarlo Giselle. «Ma che gli è preso tutto d’un tratto? Non sembra nemmeno più lui.»

Quando una freccia la mancò di pochissimo però, lei e gli altri si resero conto che la situazione stava diventando davvero pericolosa.

«Sapete che vi dico, forse è meglio fare come ha detto.»

Daemon nel frattempo aveva raggiunto Aria poco lontano, e guardandolo negli occhi la ragazza per un attimo pensò di avere a che fare con un estraneo.

«Che ci fai qui? La tua ferita sta sanguinando. Dovresti essere in infermeria.»

«La situazione sta precipitando. Tra poco quei mercenari riusciranno ad entrare. E se i nostri balestrieri saranno ancora qui quando succederà non ci sarà modo di difenderli. Potrebbe finire in una strage.»

In quel momento uno dei nemici riuscì non visto ad arrampicarsi in cima alle mura, e balzato sul ballatoio corse verso Aria gridando e brandendo la spada. Presa alle spalle la ragazzina fu colta di sorpresa, ma Daemon con freddezza quasi sconvolgente raccolse la balestra di un soldato morto, prese la mira e centrò quell’uomo nella croce degli occhi, uccidendolo sul colpo.

«Devi ascoltarmi. Stiamo finendo i balestrieri, e continuare con questa difesa ad oltranza ci farà solo uccidere. Se vogliamo evitare di dover abbandonare la città in mano a quegli animali, dobbiamo essere noi a scegliere il campo di battaglia.»

«Che intendi dire?»

«Ho un piano, ma mi serve il tuo aiuto e quello dei tuoi soldati.»

Aria non riusciva a credere di stare disquisendo di strategia nel bel mezzo di una battaglia con un bambino di dieci anni.

«Di che piano si tratta?»

Nessuno poté sentire i loro discorsi, fatto sta che poco dopo Aria chiamò a raccolta Pullone, Alfred, Oldrick e tutti i capisquadra.

«Possiamo ancora salvare Dundee ed evitare altre morti. Capitano Pullone, raduni tutti i suoi uomini e chiunque sia in grado di montare su un cavallo e radunatevi alla porta sud in attesa del mio arrivo. Per tutti gli altri, da questo momento siete tutti agli ordini di Alfred. I suoi ordini varranno quanto i miei.»

Ancora una volta, nessuno sollevò una parola di obiezione. Anche perché ormai la situazione era così disperata che veniva comodo avere così qualcuno così carismatico e sicuro di sé da riuscire a tenere la situazione in pugno; e poco importava che a farlo fosse una ragazzina.

«Conto su di te, Alfred. E fa attenzione.»

«Vale lo stesso per voi, Signorina. Siate prudente, ve ne prego.»

 

L’ordine arrivò perentorio, e fu visto dai pochi balestrieri e coscritti ancora incolumi come una benedizione.

«Ritirata! Abbandonare le posizioni!»

La cosa non sfuggì ai mercenari, che naturalmente la interpretarono come la decisione da parte degli abitanti di abbandonare la città. Avrebbero perso averi e case, ma almeno avrebbero avuto salva la vita.

«Se ne stanno andando! È il momento! Forza ragazzi, spingete! La città è nostra!»

Infervorati da una vittoria che ormai sembrava a portata di mano, così come il bottino che li attendeva, i banditi si radunarono attorno all’ariete, che dopo pochi colpi ebbe ragione delle vecchie porte aprendo loro la via di Dundee.

«Gli arcieri restino fuori! Se qualcuno tenta di scappare da qui ammazzatelo a prendetegli tutto! Tranquilli, cercheremo di lasciare qualcosa anche per voi!»

Una volta dentro i banditi notarono che tutte le strade più strette e piccole erano state bloccate da delle barricate di fortuna, realizzate probabilmente nel tentativo di rendere loro più difficile la razzia.

Ma la cosa non gli importava; alcuni di loro erano già stati a Dundee, e sapevano che la maggior parte delle ricchezze della città erano custodite nella cassa del municipio e nel granario. Il resto poteva anche aspettare, ma i veri soldi erano lì.

Così proseguirono imperterriti lungo la strada principale, bruciando e distruggendo tutto quello che trovarono sul loro cammino.

Alla fine, tutto quello che trovarono a frapporsi fra loro e la loro meta era un’ennesima barricata all’ingresso della piazza, poco più di una staccionata, che abbatterono come un’onda che si infrange su di una barca scalcinata.

Ma fu proprio per via di quel mucchio di pietre, sedie e tavoli che non si accorsero della presenza pochi metri più indietro di tre file di balestrieri con le armi puntate verso di loro.

«Fuoco!» urlò Alfred al loro fianco.

I mercenari, colti completamente alla sprovvista, caddero a decine. E quello era solo l’inizio, perché ad un secondo comando del maggiordomo altri balestrieri sbucarono da dietro i tetti degli edifici tutto intorno, scaricando sui nemici una nuova serie di raffiche.

Alcuni degli assalitori colti dal panico cercarono la salvezza in qualche vicolo secondario, solo per scoprire che dietro quelle barricate erano appostati guardie cittadine armate di lance e scudi; l’ideale per combattere in spazi così ristretti.

Il maldestro tentativo dei mercenari rimasti sulla strada principale di assalire i balestrieri fu vanificato nel momento in cui questi adottarono un cambio di tattica.

«La prima e la seconda fila restano in ginocchio!» gridò Alfred seguendo i consigli della sua padrona «La terza fila si alza in piedi e spara! Dopo aver sparato, la terza fila avanza di cinque passi, si inginocchia e ricarica! La nuova terza fila si alza, spara e avanza!»

Sottoposti da un fuoco incessante, considerato che la maggior parte di loro indossava equipaggiamenti essenziali e brandiva solo piccoli scudi rotondi, i mercenari iniziarono a perdere terreno, venendo ricacciati sempre più indietro verso la porta.

Poi, quando i nemici ebbero subito sufficienti perdite, venne il momento di colpire duro, e guidati da Oldrick i membri della milizia si lanciarono in un assalto frontale cui si unì in un secondo momento lo stesso Alfred. Il vecchio maggiordomo per l’occasione diede prova di celare sotto l’elegante completo nero ed il portamento composto abilità insospettabili, scagliando in ogni direzione raffiche di pugnali che ogni volta andavano a segno senza lasciare scampo.

Con quella che sembrava una facile razzia che stava assumendo per loro i contorni di una strage molti mercenari a quel punto cercarono la salvezza fuggendo da dove erano venuti, ma li attendeva una nuova, brutta sorpresa.

Dopo aver lasciato la città da sud, Aria aveva guidato un manipolo di cavalieri al galoppo tutto attorno alle mura, piombando da un momento all’altro sugli arcieri mercenari che attendevano ancora all’esterno della città e facendone scempio.

Uccisi o messi in fuga gli arcieri, la giovane Montgomery aveva quindi ordinato di varcare nuovamente le porte e sorprendere alle spalle i mercenari ancora impegnati in combattimento lungo la via principale, che assaliti da ogni lato e senza alcuna via di scampo furono costretti ad arrendersi.

La battaglia era finita in un modo in cui nessuno si sarebbe aspettato.

E per quello che restava della notte fu festa grande tra i cittadini di Dundee.

 

Al sorgere del sole la città appariva molto provata.

C’erano molti danni, soprattutto per le case e le attività della via principale, ma niente che non si potesse sistemare, e il bilancio delle vittime tutto sommato non fu così drammatico.

Aria era l’eroina della battaglia, e la gente fece a pugni per poterle stringere le mani e ringraziarla per il suo aiuto.

Lei era la prima a sapere di non meritare tutti quei complimenti, e che la persona che avrebbe dovuto riceverli era un’altra.

Ma non poteva dire niente. Era una parte fondamentale dell’accordo che aveva dovuto accettare per capire come trasformare un’imminente tragedia in un trionfo da ricordare.

«Ancora non capisco perché tu abbia insistito affinché fossi io a prendermi il merito del tuo piano.» disse a Daemon quando riuscirono finalmente a restare da soli. «Ora per questa gente saresti un eroe.»

«È stata solo un’intuizione. E poi l’idea di erigere le barricate è stata tua. A me non serve notorietà. La vita che conduco qui mi piace molto. Voglio godermela ancora per un po’, senza avere addosso attenzioni indesiderate.»

«Potrei mettere una buona parola per te all’Accademia Imperiale.»

«Apprezzo l’offerta, ma sappiamo entrambi che sarebbe inutile. Sono un orfano cresciuto in una provincia di confine. Al massimo mi farebbero lavorare nelle cucine.»

«Si deve pur partire in qualche modo. Non mi interessa chi sei o da dove vieni, ma solo quello che puoi fare per aiutare il nostro Paese e i suoi abitanti.»

«Sarà. Ma se davvero c’è qualcosa di grande che mi aspetta nel mio futuro, voglio essere io a scegliermi la mia strada. E per il momento sento che la mia strada porta qui.»

Solo dodici ore prima Daemon era un ragazzino scalmanato che pensava quasi solo a divertirsi, per quando dotato indubbiamente di un grande carisma. Ora parlava e si comportava quasi come un uomo.

Forse, pensava Aria, aveva semplicemente voluto sempre tenere nascosta quella parte di sé per poter continuare a godere di un’infanzia serena; o forse stava solo attendendo il momento giusto per rivelare la sua vera essenza.

E questa seconda ipotesi in realtà quasi la spaventava.

«Come preferisci. Ad ogni modo, se cambiassi idea, sai dove trovarmi. Ti basterà scrivermi una lettera. Anche io ho dei progetti per il mio futuro, e sono determinata a realizzarli.»

«In questo caso, sarà interessante scoprire chi di noi due arriverà per primo a coronare le sue aspirazioni.»

Poco dopo la carovana fu pronta a partire, e per Aria venne il momento di riprendere il suo viaggio verso nord.

Prima di andarsene Aria promise al sindaco e alle altre autorità cittadine di perorare la causa di Dundee una volta arrivata a Maligrad, per far sì che un presidio imperiale riprendesse possesso del forte cittadino scongiurando in futuro eventi simili.

Tutta Dundee si radunò per salutarla ed augurarle buona fortuna, e ricambiando la loro gentilezza con cenni della mano mentre la carrozza si metteva in marcia, per la prima volta la giovane primogenita dei Montgomery sentiva di aver fatto qualcosa di davvero importante nella sua vita.

La sensazione di aver aiutato delle persone indifese ed aver compiuto fino alla fine il proprio dovere era una delle più appaganti che avesse mai provato.

Ma quella felicità era parzialmente offuscata dal pensiero di un ragazzino dalla mente insondabile, che ora la osservava seduto a cavalcioni delle mura insieme ai suoi amici.

Si sarebbero rivisti, ne era certa.

E quasi di sicuro, sarebbe avvenuto su di un campo di battaglia.

 

Lo schianto dell’ascia che si abbatteva sul collo di Ophelia e le urla della folla riportarono Aria alla realtà.

Quante cose erano successe da quel giorno.

E ora sapeva di non essersi sbagliata nel giudicare Daemon.

Nel momento stesso in cui aveva udito le prime voci su quanto stava accadendo laggiù, a due passi dalla sua terra, aveva capito subito che dietro doveva esserci la sua mano.

Allora era questo che intendeva quando aveva parlato di qualcosa di grande che vedeva nel suo futuro.

Il pensiero di avere fallito era un macigno che le schiacciava l’anima.

Non solo non era riuscita a raggiungere prima di lui i traguardi che si era prefissata per la sua vita, ma era consapevole che ora non ne avrebbe più avuto l’occasione.

E in tutta onestà ancora non riusciva a spiegarsi come mai fosse lì ad assistere a quella macabra processione verso il patibolo dall’alto di un balcone invece che dall’interno di una di quelle gabbie.

Ciò che aveva fatto era il crimine più imperdonabile che si potesse commettere contro l’Impero, a prescindere dalle ragioni che l’avevano spinta ad agire in quel modo.

Saedonia non aveva pietà per i traditori, o per chi pretendeva di sovvertire l’ordine imperturbabile della sua società.

Probabilmente era solo una questione di tempo, ma sarebbe arrivato anche il suo turno.

Ma anche se aveva sempre saputo che poteva finire solo in quel modo non aveva alcun rimpianto, ed era pronta ad andare incontro al suo destino.

Daemon doveva essere fermato, in un modo o nell’altro.

Troppo grande era il cambiamento di cui si era fatto portabandiera, e troppo vasta la sua ambizione di farlo dilagare come un’onda distruttrice su tutta Erthea.

Anche lei voleva cambiare il mondo tanto quando lui, ma non in quel modo, e non al prezzo che sicuramente un tale sconvolgimento avrebbe richiesto.

«La sete di sangue della plebe mette i brividi. Hanno visto morire decine di persone, e ancora non gli basta.»

«Vostra Maestà!?»

«Ero sicuro di trovarti qui.»

Entrambi volsero quindi nuovamente lo sguardo verso la piazza mentre Severus, scortato da due guardie, saliva stoicamente la scala verso il patibolo.

«Mi dispiace.» disse Ademar. «Avrei tanto voluto che finisse in un altro modo.»

«Per quanto possa valere, Vostra Maestà, ci tengo a farvi sapere che ho agito nel migliore interesse Vostro e dell’Impero. I miei ufficiali hanno solo obbedito ai miei ordini, perciò vi supplico di non essere troppo duro con loro.»

«Sei pronta a morire, dunque?»

«Ho giurato a mio padre e a Voi di combattere con tutta me stessa, per Eirinn e per Saedonia, allo stesso modo.»

«A quanto pare le prime notizie portate dagli esploratori erano vere, purtroppo. Faria è caduta. Il Granduca Montgomery è morto, e tuo fratello è fuggito. Eirinn è ora sotto il controllo delle forze ribelli.»

I pugni di Aria si serrarono allo spasimo, e anche se cercò di nasconderle alcune lacrime scesero dai suoi occhi. Aveva desiderato per tanti anni di rivedere suo padre prima che Gaia lo chiamasse a sé, e ora non avrebbe potuto farlo più.

Se non altro il pensiero di poterlo rivedere presto la rincuorava almeno un po’.

«So di non meritare nulla dopo quello che ho fatto. Ma se la vostra amicizia con la mia famiglia è grande come mi avete sempre raccontato, io vi supplico di onorare la promessa che mi faceste quel giorno. Quando anche io sarò morta la Famiglia Montgomery non esisterà più, ma il Generale Lefde saprà onorare più che degnamente l’eredità di mio padre. Avete la mia parola che se sceglierete lui come nuovo sovrano, egli non vi deluderà mai.»

«Dunque sei pronta?»

Severus nel frattempo si era consegnato nelle mani del boia, che dopo avergli stretto il cappio al collo si apprestava a tirare la leva.

L’Imperatore fece un cenno ad una delle sue guardie; Aria era già pronta ad allungare i polsi per farsi mettere i ceppi, invece Ademar le mise in mano un bastone d’avorio sormontato dalla testa dorata di un leone.

«Vostra Maestà…»

«Le legioni che hanno combattuto ad oriente contro i ribelli sono ancora molto provate per il lungo periodo trascorso al fronte. Ci vorranno ancora alcune settimane per riformarle e riequipaggiarle, quindi si uniranno a quelle già pronte a marciare contro lo Stato Libero.»

«Ma cosa…»

«Congratulazioni, Generale Montgomery. Da questo momento, siete il Comandante dell’Esercito Meridionale. Dieci legioni.»

Aria era talmente sconvolta che neppure il boato assordante della plebe nel momento in cui il boia aprì la botola riuscì a farla trasalire.

«Io…» cercò di dire mentre Ademar si voltava per andarsene

«In realtà avrei voluto salvare entrambi. Ma il Senato in questo è stato irremovibile. Hanno detto che l’Imperatore in tutta la sua vita ha il potere di graziare una sola persona accusata di alto tradimento. Ho dovuto fare una scelta tra te e lui. Sta a te ora convincermi di aver fatto quella giusta.»

 

 

Nota dell’Autore

Salve a tutti!

Con questo, anche il Volume 5 è terminato.

E come promesso, è giunto il momento di fare quelle considerazioni di cui avevo accennato all’inizio.

Ci ho pensato a lungo in questi due mesi e mezzo.

La verità è che mentre la versione inglese della light novel su Wattpad sta riscuotendo un consenso crescente, quella italiana pubblicata qui su EFP, pur tenendo conto della differenza di pubblico, sta passando molto in sordina.

Pazienza le recensioni, che fanno piacere ma che comunque sono un’aggiunta, sicuramente molto utile in alcuni casi per aiutarmi a tastare i gusti dei lettori e avere un rapporto con loro (come accade appunto su Wattpad); il problema è che anche le letture sono molto inferiori a quelle che mi sarei aspettato.

Per questo motivo avevo preso in seria considerazione l’idea di sospendere la pubblicazione qui su EFP, e continuare solo con quella in inglese su Wattpad.

Poi però ho capito che sarebbe una decisione doppiamente senza senso, sia perché la storia nasce in italiano, per poi venire successivamente tradotta in inglese (quindi non si tratta di un lavoro “in più” che devo fare), sia perché non sarebbe giusto nei confronti di chi questa storia comunque la sta seguendo, e magari non ha voglia/modo di passare alla versione in inglese.

Quindi ho deciso che per il momento continuerò a pubblicare anche qui.

Il prossimo Volume verrà rilasciato tra due settimane, Domenica 11 Agosto.

A presto!^_^

Cj Spencer

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Cj Spencer